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giovedì 2 maggio 2013

CHIESA DI SAN GIORGIO AL VELABRO (ROMA)

La chiesa di San Giorgio in Velabro è un antico luogo di culto cattolico del centro storico di Roma. La basilica, costruita nel IX secolo in luogo di una più antica ed in seguito più volte rimaneggiata, sorge nella piazzetta della Cloaca Massima, luogo in cui la leggenda narra il ritrovamento dei gemelli Romolo e Remo da parte della lupa, nei pressi dell'arco di Giano Quadrifronte. La chiesa è retta dai Canonici regolari dell'Ordine della Santa Croce ed è sede della diaconia di San Giorgio in Velabro, il cui cardinale titolare è Gianfranco Ravasi. Le origini di questa chiesa non sono ben note, ma pare che debbano risalire al VI secolo. È, però, nel 570 che papa Gregorio I la innalzò a diaconia cardinalizia. Probabilmente, il cantiere si appoggiò inizialmente ad una precedente edificazione civile di epoca classica (a ciò fa pensare anche la pianta dello stabile, estremamente irregolare, che sembra il prodotto di successive giustapposizioni). Nel secolo successivo, papa Leone II (682-684) la restaurò e vi unì il culto di san Sebastiano. Il culto a san Giorgio determina l'iniziativa di papa Zaccaria di trasferire dalla Cappadocia la testa del santo in questa chiesa (metà dell'VIII secolo). Ricaduta in rovina, papa Gregorio IV (827-849) la restaurò dalle fondamenta, aggiunse il portico e la fece decorare di mosaici oggi scomparsi. Nel 1295, papa Bonifacio VIII ne fece titolare il cardinale Giacomo Stefaneschi, che invitò Pietro Cavallini a dipingerne l'abside e l'adornò di nuove decorazioni. Nel 1705, il cardinale Imperiali fece rifare il soffitto. Finalmente, nel 1819, papa Pio VII concesse la chiesa alla Pia Unione dei Fanciulli, retta da monsignor Satolli, che trovando la chiesa molto malandata, la restaurò, conservandone la forma primitiva. Nella notte tra il 27 e il 28 luglio 1993, alle ore 00.08, la chiesa fu oggetto di un attentato, un'esplosione dovuta ad un'auto bomba parcheggiata nei pressi della facciata, carica di circa 100 kg di esplosivo, che ha causato il crollo quasi totale del portico antistante la chiesa. L'esplosione ha provocato inoltre l'apertura di una larga breccia sul prospetto principale e dissesti statici alle strutture murarie della chiesa e all'annesso convento dei Padri Crocigeri. Contemporaneamente vi fu un'altra esplosione a San Giovanni in Laterano. Complessivamente i due attentati provocarono 22 feriti. Entrambi gli attentati saranno addebitati a Cosa Nostra, inquadrati in quel periodo che fu definito dagli inquirenti "le stragi del '93". Il restauro ha riguardato in primis la ricostruzione del portico, completamente distrutto dall'esplosione. Si è verificato che era possibile il recupero di uno degli archi in mattoni collocati originariamente sulla trabeazione del portico, che era crollato a terra, quasi integro. L'arco è stato ricollocato nella propria sede originaria sulla campata centrale del portico attraverso una complessa opera di consolidamento e di ingabbiatura. Si sono quindi recuperati tutti gli elementi d'ornato, capitelli ionici, fasce decorate dei pilastri, trabeazione marmorea, e si è ricomposto un lacerto di affresco altomedievale, scoperto negli anni venti. Nell'opera di ricostruzione sono stati utilizzati, per le superfici esterne del portico, tutti i mattoni di recupero; all'interno si sono impiegati mattoni nuovi fatti a mano dello stesso tipo e dimensione di quelli antichi, sui quali è stata posta la data della loro collocazione. Anche le coperture a tetto della chiesa il cui stato fatiscente aveva provocato copiose infiltrazioni d'acqua già prima dell'attentato, sono state accuratamente restaurate. Nel campanile si sono effettuati rinforzi con l'aggiunta di catene e si è proceduto alla pulitura e alla reintegrazione delle parti mancanti. L'interno della chiesa è stato restaurato, provvedendo alla ricostruzione della breccia aperta dalla bomba sulla facciata e alla ricomposizione e alla originaria ricollocazione dei reperti di età classica ed alto-medievale, particolarmente significativi per la storia del monumento.

Fonte: Wikipedia

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