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lunedì 27 maggio 2013

VITA DI UN CASTELLANO NELL'XI E XII SECOLO

Il signore veniva destato all’alba dal canto del gallo, dai cani e nitriti dei cavalli, oltre che dal bisbigliare dei servi. Egli dava un calcio al cane da caccia, che in fondo alle coperte gli faceva da scaldapiedi, si vestiva in cinque minuti, senza lavarsi. La pulizia personale era considerato un lusso nel Medioevo, ci si lavava solo mani, piedi e viso in inverno e poco più in estate. Non esistendo impianti di riscaldamento e medicine avanzate,  in inverno ogni contatto con acqua gelida era considerato un tentativo di uccidersi. A lume di candela o torcia indossava gli abiti del giorno precedente, ogni persona ricca o povera disponeva di un cambio, un capo da indossare e l’altro di riserva, ovviamente solo i nobili disponevano di giubbe, mantelli di lana pregiata, cappucci, tuniche abbellite con pellicce, i villani avevano solo tuniche, calze da infilare singolarmente e munite di piede e forse un mantello di lana non pregiata. Se intendeva mutare abito il signore correva alla cassapanca o baule tirando fuori vari articoli d’abbigliamento gettati dentro alla rinfusa e cosparsi di pepe contro le tarme. Una scelta veloce, considerando i numerosi spifferi d’aria provenienti da tutte le parti e mitigati poco dai pannelli di pelle di capra o panno che chiudevano le finestre alte e strette. Il vetro costava moltissimo. Una volta vestito si recava nella cappella del fortilizio per assistere con la famiglia alla messa. Dopodiché nella sala banchetti per una frugale prima colazione, spesso solo pane, formaggio stagionato e vino. Terminato il nutrimento si apprestava a discutere di problemi agricoli con il balivo e l’intendente, interessandosi dei raccolti, prodotti caseari (formaggio di pecora o capra da stagionare), bestiame d’allevamento (pecore e maiali), degli edifici da riparare e dispensava ordini al palafreniere (colui che si occupava dei cavalli), falconiere, infine riceveva viandanti e visitatori. Alle dieci i servi preparavano il primo vero pasto, servito nella sala banchetti. Gli ospiti venivano disposti per gruppi o importanza, il feudatario e gli ospiti  più ragguardevoli mangiavano infatti su tavole rialzate. C’era spesso un freddo feroce e la paglia stesa sul pavimento di pietra sovente non riusciva a mitigare il clima. In ogni caso i commensali si scaldavano bevendo e mangiando con appetito. Chi mangiava di più era quello più bravo in battaglia! Al banchetto erano esclusi i ragazzi e i vecchi, le dame servivano personalmente l’ospite pezzi di cacciagione: cervo, pernice, fagiano, lepri, quaglie cotte al vapore o allo spiedo, aromatizzati pesantemente con spezie: chiodi di garofano, pepe, noce moscata, garofano, ginepro, indispensabili per la corretta conservazione e disinfezione della carne. Infine il signore riempiva la giornata con battute di caccia, riservate ai nobili e seguito, la selvaggina di grossa taglia uccisa con lancia e arco, le piccole prede invece catturate con il falcone. La sera ci cenava alle cinque, sempre cacciagione o pesci di acqua dolce: luccio , storione, salmone, molluschi e crostacei, spesso allevati a “domicilio”, data la grande quantità d’acqua nella realtà ambientale, sempre accompagnati da salse piccantissime. Inoltre ogni quindici giorni egli doveva assistere alla corte di giustizia signorile, sotto la presidenza del balivo, beninteso anche i servi dovevano partecipare.

Articolo di Giovanna Barbieri. Tutti i diritti riservati.

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