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domenica 12 maggio 2013

I RACCONTI DI CANTERBURY - FRAMMENTO 7 - IL RACCONTO DELLA PRIORA

«"Domine dominus noster" ... O Signore, Signor nostro, come si diffonde meravigliosamente il tuo nome per tutto l'immenso mondo!» ella cominciò. «Non solo celebrano le tue preziose lodi uomini di gran decoro, ma perfino dalla bocca dei bambini viene lodata la tua benevolenza, tanto che a volte sembrano glorificarti proprio mentre ancora sono attaccati alla poppa. Ecco perché anch'io voglio ingegnarmi, come so e posso, a raccontar una storia in lode tua e di quel candido giglio che ti generò ed è sempre vergine. Non ch'io possa accrescere la sua gloria, giacché lei stessa è gloria e fonte d'ogni bontà, dopo suo Figlio, e sostegno delle anime... Vergine Madre, o vergine Madre piena di grazia, o roveto che, senza consumarti, ardesti davanti agli occhi di Mosè, tu che con la tua umiltà strappasti a Dio lo Spirito Santo che in te discese e per virtù del quale, quando ti s'accese il cuore, fu concepita la Sapienza del Padre, aiutami a narrare questo mio racconto in tuo onore!... Signora, la tua bontà, la tua magnificenza, la tua virtù e la tua grande umiltà, non si possono esprimere a parole in alcuna lingua! Però molte volte, Signora, prima ancora che gli uomini ti preghino, tu nella tua bontà liberamente li precorri e ci fai luce con la tua preghiera per guidarci dal tuo diletto Figlio... Regina benedetta, il mio ingegno è così scarso, ch'io non so se riuscirò a sostenere l'impegno di proclamare i tuoi grandi meriti. Mi sento proprio come un bambino d'un anno o anche meno, che dice a stento qualche parola, e perciò, ti prego, guida la mia voce, perché almeno qualcosa di te anch'io riesca a dire.»

EXPLICIT.

RACCONTO DELLA PRIORA
Qui comincia il Racconto della Priora.

In una grande città dell'Asia, proprio fra l'abitato dei cristiani c'era un ghetto, che il signore del paese proteggeva per turpi usure e altri ignobili interessi, odiosi a Cristo e ai suoi fedeli. Per quella contrada si poteva andare e venire sia a piedi che a cavallo, perché era libera e aperta ai due lati. E proprio laggiù in fondo ad essa i cristiani avevano una piccola scuola, e in quella scuola c'era uno sciame di bambini, tutti figli dei cristiani, che imparavano anno per anno quello che là usava, e cioè a cantare e a leggere, come del resto fanno tutti i ragazzi da piccini.
Tra quei frugoletti c'era il figlio d'una vedova, uno scolaretto di sette anni, che a scuola andava puntualmente tutti i santi giorni. E aveva l'abitudine, ogni volta che vedeva un'immagine della mamma di Gesù, d'inginocchiarsi proprio come va fatto e di dire la sua "Ave Maria", pur trovandosi per la strada. Difatti quella vedova aveva insegnato al suo frugolino che bisogna venerarla sempre nostra Signora benedetta, la cara mamma di Gesù; e lui non se ne scordava mai, ansioso anzi d'impratichirsi sempre come fanno i bambini buoni... Quando penso a questo fatto, mi viene sempre in mente come anche San Nicola, così piccino, facesse onore a Gesù...
Dunque, quel marmocchietto che non sapeva neanche ancora leggere, seduto a scuola davanti al sillabario, sentiva i più grandicelli che già imparavano dal corale a cantare "Alma Redemptoris". Allora si fece coraggio e pian piano si avvicinò a loro, orecchiando bene parole e note, e finalmente riuscì a imparare a memoria il primo verso. Certo, piccino e tenero com'era, non sapeva ancora che cosa significassero quei paroloni in latino, ma un bel giorno andò da un suo compagno e gli chiese di spiegargli quel canto nella sua lingua e di dirgli almeno perché s'usasse cantarlo. In ginocchio lo pregò di tradurglielo e spiegarglielo!
Allora il suo compagno, ch'era un po' più grandicello, gli rispose: «Questo canto, ho sentito dire che fu composto per nostra Signora piena di grazia e benedetta, per salutarla e per pregarla di aiutarci e di soccorrerci nell'ora della morte. Ma poi non so spiegarti altro. So cantare, ma la grammatica la conosco poco».
«E dunque un canto di devozione alla mamma di Gesù?» chiese quell'innocente. «Allora voglio proprio impegnarmi per impararlo prima che arrivi Natale! Anche a costo di farmi sgridare perché non so il sillabario, e di farmi perfino picchiare tre volte all'ora, voglio impararlo per rendere onore a nostra Signora!»
Così, un po' per giorno, tornando a casa, il suo compagno di nascosto si mise a insegnargli quel canto, finché lui non l'imparò bene tutto a memoria, accompagnando senz'alcuna esitazione ogni parola alla sua nota. Da allora s'abituò a ripeterlo due volte al giorno: una mentre si recava a scuola, e un'altra mentre tornava a casa; e tutto per rendere onore alla mamma di Gesù. Proprio dunque mentre attraversava il ghetto, sia all'andata che al ritorno, quel frugolino intonava allegramente a gran voce: "O Alma Redemptoris!"... Aveva il cuore così pieno di dolce tenerezza per la mamma di Gesù, che, pur di venerarla, non poteva fare a meno di cantare per la strada.
Ma il nostro primo nemico, quel serpente di Satana, che ha deposto un vespaio nel cuore dei giudei, si fece tutto gonfio e disse: «Ahimè, popolo ebreo! Vi sembra una bella cosa che un simile monello cammini per dispetto avanti e indietro come gli pare, salmodiando certe frasi che sono un insulto contro la vostra legge?».
Allora gli ebrei complottarono di togliere dal mondo quell'innocente, ed assoldarono un sicario che viveva rintanato in uno di quei vicoli. Così un giorno, mentre quel povero frugolino passava di là, quel giudeo maledetto l'acchiappò e, tenendolo ben fermo, gli tagliò la gola e lo gettò in un pozzo... anzi, in una latrina vi dico che lo gettarono quegli ebrei, proprio dove loro andavano a svuotarsi le interiora!
O razza maledetta di nuovi Erodi, che cosa può mai valervi il vostro animo malvagio? Tanto il delitto non resta segreto, statene certi, soprattutto quando torna a maggior gloria di Dio. Oh, il sangue grida vendetta sul vostro orribile misfatto! O martire consacrato alla verginità, tu ormai cantando segui per sempre il divino Agnello immacolato, descritto a Patmos dal grande evangelista San Giovanni, il quale dice che di fronte a quell'Agnello intonano un canto sempre nuovo coloro che, carnalmente, non conobbero mai donna...
La povera vedova, intanto, rimase tutta la notte ad aspettare il suo piccino, ma lui non venne. Appena cominciò a spuntare il giorno, col volto sbiancato dalla paura e dall'apprensione, corse a cercarlo a scuola, dappertutto, finché non venne a sapere che l'ultima volta era stato visto proprio nel ghetto.
Col suo cuore di mamma colmo di pena, si precipitò, come impazzita, dove ancora aveva qualche speranza di poter trovare il suo piccino, senza cessare un momento d'invocare l'umile e misericordiosa madre di Cristo. E si rivolse dunque a quei maledetti ebrei. L'interrogò ad uno ad uno, quanti abitavano in quel luogo, li supplicò d'aver pietà di lei e di dirglielo se per caso il suo bambino fosse passato di là. Tutti le risposero di no.
Gesù allora con la sua grazia le diede l'ispirazione d'andare a chiamare il suo bambino proprio presso il pozzo in cui era stato buttato... O gran Dio che ti compiaci d'essere glorificato dalla bocca dell'innocenza, ecco, guarda il tuo prodigio! Ecco infatti che quella gemma di castità, quello smeraldo, quell'acceso rubino del martirio, pur giacendo supino con la gola spezzata, improvvisamente riprese a cantare "Alma Redemptoris"... così forte da far echeggiare la sua voce per tutto il quartiere.
I cristiani che passavano per la strada accorsero curiosi di sapere di che cosa si trattasse e senza indugi mandarono a chiamare il borgomastro. Costui venne subito senza farsi aspettare e, invocando Cristo re del cielo e la Madre sua, onore del genere umano, fece incatenare gli ebrei.
Poi, fra pietosi lamenti, venne tirato su quel povero bambino che sempre continuava a modulare il suo canto e, con una solenne precisione, venne trasportato nell'abbazia più vicina. La sua mamma cadde svenuta presso la bara, e a stento le persone intorno riuscirono ad accompagnar via questa seconda Rachele.
Senza perder tempo, il borgomastro condannò a morire fra il tormento e il disonore quegli ebrei ch'erano stati complici nel delitto. Lo fece subito, perché proprio non poteva più tollerare simili scellerati... E chi male merita, male deve avere! Quelli vennero prima fatti trascinar via da cavalli selvaggi, e poi impiccati come voleva la legge.
Intanto quell'innocente giaceva sulla bara davanti all'altar maggiore, mentre veniva celebrata la messa. Al termine, l'abate coi suoi monaci s'affrettò a dargli sepoltura, ma al momento della benedizione il piccino prese a bisbigliare e, proprio mentre l'aspergevano con l'acqua santa, intonò ancora "O Alma Redemptoris Mater"...
Allora l'abate, ch'era un uomo santo, come sono i monaci (o come almeno dovrebbero essere), si rivolse al piccolo dicendo: «Diletto figliolo, ti supplico, in nome della Santissima Trinità, dimmi, come può essere che tu canti, se in apparenza hai la gola mozzata?».
«M'hanno troncato la gola fino all'osso» rispose il bambino «e dovrei dunque per natura esser morto già da tempo. Ma, come nei libri sta scritto, Gesù Cristo vuole che la sua gloria continui e si perpetui: ecco perché in onore della sua cara mamma io posso cantare ancora chiaramente e forte "O Alma"... Ho sempre amato, con tutte le mie forze, quella fonte di misericordia che è la dolce mamma di Gesù, e mentre stavo per lasciare questa vita, ella venne da me e mi disse di cantare il suo inno, proprio quand'ero in punto di morte... e mentre cantavo, mi sembrò che lei mi posasse una perla sulla lingua. Ecco perché ancora canto in onore della beata Vergine piena di grazia... e sempre canterò finché dalla mia lingua non verrà tolta quella perla... Me l'ha promesso lei: 'Piccino mio, ti verrò a prendere, quando ti verrà tolta la perla dalla lingua. Non aver paura, non mi scorderò di te'.»
Quel santo monaco, ossia l'abate, gli afferrò la lingua e ne tolse via la perla, e allora il piccolo spirò dolcissimamente. Vedendo quel miracolo, l'abate non poté trattenere le lacrime, che gli scesero come gocciole di pioggia salata, ed egli cadde bocconi a terra, dove rimase immobile quasi vi fosse incatenato. Anche gli altri monaci si prostrarono piangendo sul pavimento, e resero lodi alla cara mamma di Gesù. Poi s'alzarono e andarono a trasportar via il piccolo martire dalla bara, e ne racchiusero il tenero corpicino in una tomba di marmo chiaro. Là egli è ancora, e Dio ci conceda un giorno d'incontrarlo!
O piccolo Ugo di Lincoln, trucidato anche tu dagli ebrei maledetti, come tutti ancora ricordano, prega per noi malfermi peccatori, affinché, nella sua clemenza, Dio misericordioso moltiplichi su di noi la sua pietà infinita, a maggior gloria di Maria sua madre. Amen.
Qui termina il Racconto della Priora.

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