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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

sabato 29 giugno 2013

LA FORTEZZA DELLE VERRUCOLE: UNA GARFAGNANA DOVE "IL TEMPO NON CORRE"

Non è facile descrivere le emozioni che si provano nell’arrivare a Verrucole, borgo garfagnino dove le solide case, sparse attorno alla parrocchiale in pietra dedicata a San Lorenzo, sembrano ancora oggi subire, timorose, la maestosa potenza dell’antico castello e dei suoi baluardi. Tutto sembra immutato dal tempo in cui i Conti delle Verrucole, nobili di stirpe longobarda, abitavano il loro palazzotto arroccato sul colle di basalto che domina, orgoglioso, l’alta Garfagnana. Ancora oggi, per il visitatore, non c’è niente di più rassicurante del ritrovarsi all’interno delle solide mura del castello, o in quel mastio poligonale, chiamato “Rocca Tonda”, dimora per tanti e tanti secoli dei capitani venuti a comandare il Forte, ricco di misteri e segreti. Varcando la soglia della più importante Porta Piana, difesa dalla severa guardiola, si ha la percezione che niente sia mutato. Tutto ci riporta indietro nel tempo, grazie ad un’opera di restauro che il Comune di San Romano in Garfagnana ha curato con instancabile determinazione dagli anni Ottanta, quando decise di acquistare il fortilizio e renderlo pubblico di nuovo, come ai tempi del basso Medioevo. Mura merlate, camminamenti di guardia, prigione, chiesina, baluardi, casamatta, feritoie e  cisterne per l’acqua, porta del soccorso: il castello ha tutto quanto possiamo aver immaginato nella nostra personalissima idea della storia militare, e forse anche di più. Entrando nel recinto murato non vi sarà difficile, chiudendo gli occhi, percepire le strazianti grida dei briganti che vi venivano torturati, farsi cullare dai versi poetici dell’Ariosto che qui pernottò, rivivere le organizzate esercitazioni dei militari estensi e udire le pietre del mulino che, ritmicamente, macinava la farina per il corpo di guardia e per la famiglia del Castellano. Tutto questo merita una visita alla Fortezza e ai luoghi circostanti, alle immense selve che salgono sull’Appennino, all’Orecchiella e alla Pania di Corfino. Con un po’ di fantasia, o per chi crede ai fantasmi, non sarà impossibile incontrare, a cavallo del suo stallone, la Marchesa di Fosdinovo, che nel Seicento cacciava frequentemente in questi boschi, accompagnata dal fidato Castellano delle Verrucole... 

Testo di Manuele Bellonzi

Foto di Roberto Rocchiccioli

Per informazioni e contatti:

LUGLIO LONGOBARDO DAL 26 AL 28 LUGLIO 2013 A NOCERA UMBRA


LUGLIO LONGOBARDO 2013 – Terza Edizione
I Longobardi a Nocera
Manifestazione storico-rievocativa sull'Età Longobarda
Nocera Umbra (Pg), 26-28 luglio 2013
Convegno e Campo storico: Pinacoteca Comunale e piazza Caprera
COMUNICATO STAMPA

Nocera Umbra (Pg), febbraio 1897. Durante i lavori agricoli in località “Il Portone” la vanga si imbatte in una serie di “oggetti di antichità di pregio artistico” (come vengono definiti ad un primo esame): spade, pugnali (sax), finimenti di cavalcatura, frecce, umboni di scudi, vasellame, gioielli, fibule (spille)... Corredi spettacolari e ricchissimi, restituiti nel corso di un anno da ben 165 tombe indagate in uno scavo sistematico, che dimostrano come Nocera e il suo territorio rivestano un ruolo chiave nei secoli VI e VII. Il periodo, cioè, in cui i Longobardi – iniziata l'invasione d'Italia nel 568 – si spingono alla conquista di ampi territori nel centro della penisola e consolidano con l'istituzione di due ducati (Spoleto e Benevento) la loro presenza. Oggi questi corredi sono esposti al Museo Nazionale del Ducato di Spoleto e al Museo dell'Alto Medioevo di Roma. 
A tale eredità fa riferimento la manifestazione storico-rievocativa “Luglio Longobardo”.  Giunta ormai alla terza edizione, sta diventando, partendo da Nocera Umbra, un punto di riferimento imprescindibile per il variegato mondo che si interessa al Medioevo e in particolare per chi si occupa, a livello scientifico ma non solo, di storia e di civiltà longobarda.

“Luglio Longobardo 2013”  si terrà dal 26 al 28 luglio nel cuore dell'antico borgo nocerino. Il tema di quest'anno è “I Longobardi a Nocera”. Mentre nell'ampia sala della Pinacoteca Comunale docenti e studiosi tratteranno vari aspetti della civiltà longobarda e del suo impatto sul territorio, un grande campo storico allestito nell'antistante piazza proporrà scene di vita quotidiana e artigianato per immergersi nell'atmosfera dell'epoca. Sempre nel trecentesco Museo francescano, inoltre, accanto ai capolavori dell'arte umbra, sarà possibile ammirare un'esposizione di oggetti, corredi, armi e abiti longobardi (riproduzioni).
Aggirandosi tra le tende dell'accampamento, animate dai rievocatori della Scuola di Scherma Antica  Fortebraccio Veregrense, figuranti in abiti ricostruiti nei minimi dettagli mostreranno al pubblico le occupazioni della giornata, le attività artigianali, l'abbigliamento tipico delle donne e del guerriero. Un esperto accompagnerà i visitatori alla scoperta del campo e dei suoi protagonisti; chi preferisce i momenti spettacolari potrà invece assistere ad appassionanti dimostrazioni di combattimento.
Per quanto concerne invece il convegno, sono previsti due giorni di lavori.  La prima sessione,  sabato 27 luglio a partire dalle ore 15, sarà di carattere scientifico e punterà l'attenzione sulla presenza longobarda a Nocera e dintorni partendo proprio dagli importantissimi scavi del 1897-8.
Dopo l'intervento delle Autorità, sono previste tre relazioni. La dott.ssa Elena Percivaldi (storica e coordinatore scientifico del Luglio Longobardo) parlerà de “I primi scavi delle necropoli longobarde: una breve storia”,  il prof. Marco Valenti (Università di Siena) tratterà “I Longobardi di Nocera Umbra. Dalla scoperta della necropoli ai modelli interpretativi” e il prof. Vasco La Salvia (Università di Chieti) “La Necropoli di Castel Trosino e la presenza longobarda in area medioadriatica”.
Domenica 28 luglio (inizio ore 15) sarà invece il momento dedicato all'arte e ai libri. Il dott. Valter Bernardini (storico dell'arte) racconterà l'approccio dei Longobardi alle arti figurative: “Artefici delle pietre e dei metalli. Arte longobarda nel regno d'Italia e a Nocera” è il titolo del suo intervento. A seguire, sarà presentato il Dvd, realizzato dalla Pro Loco in collaborazione con la Camera di Commercio di Perugia, intitolato “Luglio Longobardo”. Il documentario, girato al campo storico durante la scorsa edizione 2012, costituisce una vera e propria “visita guidata” indietro nel tempo che permette di incontrare “faccia a faccia” i nostri antenati e comprenderne – grazie alle spiegazioni della dott.ssa Percivaldi e di Diego Giulietti, capitano della Scuola di Scherma Antica Fortebraccio Veregrense – caratteristiche e stili di vita. 
Spazio infine alla parola scritta con due presentazioni librarie: il dott. Tommaso Indelli (Università di Salerno) illustrerà il suo ultimo saggio “Langobardìa. I Longobardi in Italia” e il prof. Mario Lucidi (scrittore) il suo romanzo “Il guerriero dalla testa di cane”.

“L'obiettivo della manifestazione  – spiegano gli organizzatori - è riportare Nocera Umbra al centro dell'attenzione mediatica e creare le basi per una rinascita partendo dal bene più prezioso e inimitabile che abbiamo: la nostra Storia. Stiamo elaborando un ambizioso progetto, incentrato appunto sulla Nocera longobarda, che prevede due programmi paralleli e complementari: oltre al Luglio Longobardo, nuove indagini archeologiche sul territorio. Lo presenteremo in occasione di questa edizione”.

“Luglio Longobardo 2013” è organizzato da Pro Loco Nocera Umbra, Scuola di Scherma Antica Fortebraccio Veregrense e Perceval Archeostoria  con la coordinazione scientifica della dott.ssa Elena Percivaldi – già direttore di “AD 568. Cividale primo Ducato” (Cividale del Friuli, Ud) -  e si avvale del Patrocinio istituzionale di Comune di Nocera Umbra, Provincia di Perugia, Regione Umbria, e culturale di mensile “Medioevo”, rivista “Alfatenia”, Associazione Culturale Italia Medievale, CTG e Longobardia Regione Virtuale Europea

Durante l'evento sarà possibile acquistare libri e pubblicazioni.  Per informazioni, si possono contattare gli organizzatori scrivendo a lugliolongobardo@libero.it o lugliolongobardo@gmail.com, oppure visitando il sito  http://lugliolongobardo.jimdo.com

SCHEDA TECNICA EVENTO

LUGLIO LONGOBARDO 2013 – Terza Edizione
Manifestazione storico-rievocativa sull'Età Longobarda
Nocera Umbra (Pg), 26-28 luglio 2013
Convegno e Campo storico: Pinacoteca Comunale e piazza Caprera

Organizzazione:
Pro Loco Nocera Umbra
Scuola di Scherma Antica Fortebraccio Veregrense
Perceval Archeostoria

Coordinatore scientifico:
Dott.ssa Elena Percivaldi

Coordinatore organizzativo:
Dott. Giuseppe Pesciaioli

Col patrocinio di:
Comune di Nocera Umbra
Provincia di Perugia
Regione Umbria
Alfatenia
Medioevo
Associazione Culturale Italia Medievale
Associazione Longobardia
Ctg Centro Turistico Giovanile


Informazioni di contatto

Richiesta materiale stampa e interviste:
Ufficio stampa Ep.Pressoffice
tel. 3397768340

PROGRAMMA CONVEGNO 27/28 luglio 2013 – Nocera Umbra (Pg)

I LONGOBARDI A NOCERA

Sabato 27 luglio, Pinacoteca Comunale, ore 15

Saluti delle Autorità

Dott. Giuseppe Pesciaioli (Pro Loco Nocera)
Introduzione al convegno

Dott.ssa Elena Percivaldi (direttore scientifico Luglio Longobardo)
“I primi scavi delle necropoli longobarde: una breve storia”

Prof. Marco Valenti (Università di Siena)
“I Longobardi di Nocera Umbra. Dalla scoperta della necropoli ai modelli interpretativi”

Prof. Vasco La Salvia (Università di Chieti)
“La Necropoli di Castel Trosino e la presenza longobarda in area medioadriatica”


Domenica 28 luglio, Pinacoteca Comunale, ore 15

Dott. Valter Bernardini (storico dell'arte)
“Artefici delle pietre e dei metalli. Arte longobarda nel regno d'Italia e a Nocera”

Presentazione del Dvd “Luglio Longobardo”

Presentazioni librarie

Dott. Tommaso Indelli (Università di Salerno)
“Langobardìa. I Longobardi in Italia”

Prof. Mario Lucidi (scrittore)
“Il guerriero dalla testa di cane” 

martedì 25 giugno 2013

XXXI CONVEGNO RICERCHE TEMPLARI 12 OTTOBRE 2013

XXXI Convegno di Ricerche Templari
Bologna, 12 ottobre 2013
Sala dei Cavalieri, Strada Maggiore

Programma

ore 9,00 - inizio del convegno
ore 9,30-10,00 - saluto delle Autorità
ore 10,00-10,30 - Giampiero Bagni: I Templari a Bologna e frate Pietro
ore 10,30-11,00 - Loredana Imperio: Everard de Barres, terzo maestro del Tempio
ore 11,00-11,15 - intervallo
ore 11,15-11,45 - Vito Ricci: Gli Ordini religioso-militari ed i porti pugliesi
ore 11,45-12,15 - Fabio Serafini: La magione templare de La Rochelle
ore 12,15-12,45 - spazio per le domande
ore 12,45-15,00 - intervallo di colazione
ore 15,30-16,00 - Enzo Valentini: I passatempo dei Templari
ore 16,00-16,30 - Anna Maria Caroti: I Templari ad Ypres (Belgio)
ore 16,30-17,00 - Nadia Bagnarini, Aurora Magalotti: Santa Maria del Tempio di Valentano (Viterbo): tra storia, architettura e recupero
ore 17,00-17,15 - intervallo
ore 17,15-17,45 - Sergio Sammarco: La chiesa di Santa Maria di Norbello (Oristano): un probabile possedimento templare nel Giudicato di Arborea
ore 17,45-18,15 - Vito Ricci: Templari: un fenomeno di business e marketing?
ore 18,15-18,45 - Fabio Serafini: Falsi ed inesattezza nella ricerca templare
ore 18,45-19,15 - spazio per le domande
ore 19,30 - chiusura del convegno

Per maggiori informazioni su alloggi ecc..http://associazionelarti.wordpress.com/

LA CORTE DELLA SETA - TORNEI ISOLANI 29-30 GIUGNO 2013

Il 29/30 Giugno 2013, a Minerbio (BO), la Compagnia d'arme delle 13 porte, la Compagnia della Mandragora la Proloco di Minerbio e Isolani Meeting vi aspettano alla Corte della Seta - Torneo Isolani 
Nobili cavalieri, abili fanti, artigiani, mercanti e popolani ridaranno vita ad un torneo d'arme in un contesto ricostruttivo a cavallo tra il 1380 e il 1410. Nella Splendida cornice di Rocca Isolani un grande accampamento minuziosamente ricostruito. Nel mercato storico abili artigiani esporranno e mostreranno le lavorazioni di un'epoca così lontana. Momenti di didattica sulle armi e l'artigianato si alterneranno a scene di combattimento e intrattenimento. Non sarà possibile accedere alla manifestazione in abiti storici a meno che non si faccia parte di uno dei gruppi di Re-enactors o dei mercanti invitati. La manifestazione si terrà anche in caso di pioggia. Ingresso Gratuito.

SABATO 29 GIUGNO 2013

Ore 10:00 - 23:30
-Apertura dell’accampamento medievale. 
Per tutta la giornata l’accampamento sarà visitabile. 

Sabato e domenica sarà aperto al pubblico 
il campo di tiro con l’arco.

Ore 16:30 
-Presentazione dei partecipanti al torneo dei Fanti 

Ore 17:30
-Torneo dei fanti
Riecostruzione di un torneo d’arme tra fanti.

Ore 21:30
- Vagus Animis
Concerto di musica Medievale

Durante la serata sarà possibile rivivere momenti di vita medievale tra armati, musici, sputafuoco e l’incredibile scenografia degli accampamenti medievali.

DOMENICA 30 GIUGNO 2013

Ore 10:00 - 19:00
-Apertura dell’accampamento medievale. 
Per tutta la giornata l’accampamento sarà visitabile e offrirà piccoli quadri 
di vita medievale.

Ore 10:30
Presentazione dei partecipanti al torneo dei cavalieri.

Ore 11:00 
Prima fase torneo dei cavalieri

Ore 16:00 
Seconda fase e finali torneo dei cavalieri

In entrambe le giornate sarà attivo lo stand gastronomico con ricette medievali e della tradizione Emiliana

Aperto da Sabato a pranzo.

IL CASTELLO DI PONFERRADA


Il castello di Ponferrada, eretto nel XII secolo, fu una delle prime e principali roccaforti dei cavalieri Templari in Spagna. Fu costruito in posizione dominante sopra una collina nella provincia di El Bierzo (León), lungo il cammino di Santiago. Si suppone possa avere avuto una prima origine celtica, cosa comune per i castelli del nord-ovest della Spagna, anche se non sono stati trovati resti archeologici a confermare questa ipotesi. È invece certo che i Romani lì vi eressero un castrum, Interamnium Flavium, successivamente distrutto dai Visigoti durante le invasioni barbariche. La tradizione vuole che i Templari si siano insediati sui resti della vecchia fortezza per edificarne una più grande e solida. All'intero di questa cerchia muraria singola trovò posto il primo nucleo abitativo della città di Ponferrada nel XII secolo. I Templari si stabilirono nel Regno di León nel 1178 con Guido de Guarda, Maestro provinciale del Tempio in Castiglia e León. Nel 1185 erano già padroni di gran parte di Ponferrada e avviarono la fortificazione del luogo nel 1187. Nel 1196 il re Alfonso IX di León ritirò ai Templari la proprietà di Ponferrada come ritorsione per il loro sostegno al re Alfonso VIII di Castiglia, concedendo la fortezza all'Ordine di San Giovanni. Questa concessione agli Ospitalieri durò fino all'aprile del 1211 quando Alfonso XII restituì la proprietà ai Templari.
Uno dei compiti dei cavalieri consisteva nella protezione dei pellegrini che percorrevano il cammino per Santiago de Compostela e infatti, davanti alle porte del castello, passa il Camino Real de Invierno, l'antica strada reale che portava alla famosa cittadina.
Nella regione, sempre lungo il csmmino di pellegrinaggio, i Templari possedevano anche il castello di Cornatel, a metà strada tra Ponferrada e Las Médulas. Intorno all'anno 1200, mentre si procedeva al taglio di legname per la costruzione di nuovi edifici nel castello, un cavaliere templare scoprì nella cavità di una vecchia quercia l'icona della Vergine di La Encina, patrona di El Bierzo. Secondo la leggenda l'immagine sarebbe stata portata da Gerusalemme dal vescovo Toribio de Astorga nell'anno 450. Un altro vescovo di Atorga, San Gennadius, l'avrebbe nascosta nella prima metà del X secolo, nel timore di attacchi da parte dei musulmani. Oggi, nella piazza del centro storico di Ponferrada accanto alla Basilica della Vergine di La Encina, si può ammirare una statua dello scultore Venancio Blanco che ricorda questa leggenda. Nella chiesa è custodita una replica dell'icona originale scomparsa nel XVI secolo.  Nel 1308, in pieno processo contro i Templari, Rodrigo Yanez, l'ultimo Maestro provinciale del Tempio in Castiglia e León, consegnò la fortezza al principe Felipe de Castiglia e Molina, fratello del re Ferdinando IV di Castiglia.
Dopo qualche anno passò ad Alvar Nunez de Osorio, conte di Castiglia e Signore di Lemos. Successivamente, su ordine reale, sia il castello che la Signoria di Lemos passarono a Pedro Fernandez de Castro. Su una finestra sbarrata si riescono ancora a vedere gli stemmi di entrambe le casate. Durante il regno di Pedro I di Castiglia (1350-1369), il castello di Ponferrada passò al fratello di questo, il conte Enrique de Trastámara, periodo durante il quale visse tra quelle mura doña Juana de Castro, moglie ripudiata del re. In conseguenza alla guerra civile tra Pedro e Enrique, nel 1366 Pedro ordinò il passaggio della proprietà della fortezza ad uno dei suoi nobili sostenitori, Fernando Ruiz de Castro, fratello della regina Juana e signore di Lemos. Il suo pronipote, Federico Enriquez de Castiglia e de Castro, duca di Arjona e conte di Castiglia, Lemos e Sarria, iniziò la costruzione della Torre del Rastrillo sul lato sud della fortezza (dove si può ancora vedere il suo blasone).  
Alla morte di Federico nel 1430, senza figli legittimi, i suoi beni passarono alla sorella Beatriz Enriquesz de Castiglia. Il marito di questa, Pedro Alvarez Osorio, completò le opere alla Torre del Rastrillo e fece costruire diverse nuove torri (Homenaje di 24 metri di altezza, Moclín, Malvecino e Cabrera). Il possesso della fortezza da parte dei signori di Lemos è testimoniato dalla presenza della tau greca che identifica questa nobile famiglia galiziana. In memoria di quei tempi oggi un'enorme tau rossa fatta di fiori decora i giardini ai piedi del castello, vicino alla Torre di Moclín. Alla morte di Pedro Alvarez Osorio si sollevarono controversie tra gli eredi Rodrigo Enriquez Osorio, nipote bastardo di Pedro che il nonno aveva nominato erede, e Juana Osorio, figlia maggiore di Pedro. Rodrigo assediò la fortezza e la conquistò nel 1485, ma l'anno successivo fu presa, dopo un lungo assedio in cui le mura furono gravemente danneggiate dal fuoco dell'artiglieria, da un grande esercito inviato dai Re cattolici che riportarono Ponferrada in mano alla  Corona. 
Questi sostennero il marito di Juana Osorio, Luis Pimentel e Pacheco, nominandolo primo marchese di Villafranca del Bierzo. Nella Torre de los Reyes Católicos si osservano gli emblemi araldici dei Re Cattolici: l'aquila di San Giovanni, il giogo e le frecce. La situazione si capovolse il 25 agosto del 1506, quando il re Filippo I di Castiglia firmò un decreto reale secondo il quale la proprietà di Ponferrada veniva assegnata al conte di Lemos Rodrigo Enriquez Osorio, come indicato nell'eredità del nonno. Un mese dopo la firma il re morì e il conte Rodrigo prese d'assalto la fortezza. La regina Juana reagì chiamando in suo aiuto il conte di Bonavente, capitano generale della Galizia, e il duca d'Alba, capitano generale delle Asturie. Che riuscirono a sconfiggere il ribelle. Nel 1558 la principessa Juana de Portugal, sorella di Filippo II, vendette il castello al suo governatore, Federico Alvarez de Toledo e Osorio, terzo marchese di Villafranca del Bierzo, per la somma di 1,3 milioni di maravedis. Il castello rimase intatto fino alla Guerra di Indipendenza.  
Il 3 gennaio 1809 le truppe di Napoleone occuparono la città di Ponferrada ma non si insediarono tra le mura della fortezza. Per evitare che ciò accadesse nel 1811 la reggenza del regno ordinò il bombardamento delle strutture interne al castello. A causa di questo episodio nel 1840 il castello era ridotto ad una spianata cinta di mura. Nel 1848 gli abitanti di Ponferrada iniziarono ad usare le pietre del castello per costruire un mercato pubblico e delle stalle. Queste ultime, conosciute come “Le Scuderie”, si conservano ancora oggi e vengono utilizzate come ufficio del turismo. 
Nel 1880 e nel 1882 l'Accademia Reale di Belle Arti di San Fernando offrì alla città il suo aiuto per riparare le mura del castello. Il Comune però non rispose e, anzi, cominciò ad affittare lo spazio all'interno del castello come luogo di cultura. Nel 1923 si raggiunse l'apice del degrado costruendo un campo da calcio all'interno di questo patrimonio storico, demolendo alcune pareti e annessi per liberare lo spazio. Finalmente il castello fu dichiarato Monumento Nazionale dal Regio Decreto del 7 febbraio 1924 e cominciò ad essere oggetto di diverse opere di recupero negli anni successivi. Nel 1997 la fortezza divenne proprietà della città di Ponferrada e tale è fino ad oggi. Diversi restauri hanno portato alla costruzione di edifici nel rispetto del layout originale, ricavato in base alla documentazione disponibile, allo scopo di ricavare sale da adibire a museo templare. Il Comune inoltre organizza, tra fine giugno e inizio luglio, una festa chiamata “Notte dei Templari” che rievoca l'arrivo dei Cavalieri Templari al castello, con l'impiego di numerosi figuranti abbigliati con i costumi dell'epoca.

Articolo ed immagini di Isabel Giustiniani del sito www.isabelgiustiniani.com









SPAGNA


mercoledì 19 giugno 2013

IL CASTELLO DI TORRES VEDRAS



La storia del Castello di Torres Vedras è precedente al regno del Portogallo e anche al Contado Portucalense, dal momento che non si conosce la data esatta della sua costruzione. La prima volta che il sito fu occupato risale all'invasione della penisola iberica da parte dei Romani, fatto confermato da numerosi resti archeologici, lapidi, monete e altri reperti rinvenuti nel castello e che si trovano attualmente nel Museo Civico. Anche un'analisi della malta nella muratura di una cisterna porta esattamente a questo stesso periodo. La prima fortificazione del luogo risale al tempo dei Goti ma fu nel 920 che fu eretta una vera fortezza, quando gli arabi stabilirono in Torres Vedras la loro sede della circoscrizione della provincia di Belata. Il castello fu conquistato ai mori da D. Afonso Henriques, primo re del Portogallo, nell'anno 1148, contestualmente alla conquista di Santarém. 
Secondo la leggenda la caduta dell'ultima resistenza avvenne il giorno 15 di agosto, giorno dell'Assunzione della Madonna, ragione per cui fino all'inizio del XIX secolo in questa data si accendevano fuochi nel sagrato della chiesa e tra i merli del castello. Alla distruzione delle mura, conseguenti alla presa della fortificazione, seguì una solida ricostruzione che impedì l'ingresso degli arabi durante il successivo assedio del 1184. Più tardi, nel 1288, D. Dinis ordinò che venissero rafforzate e ampliate le difese in vista della costruzione del palazzo dos Alcaides che fu eretto alla fine del XIII secolo fuori dalla cerchia muraria originaria. Anche D. Fernando, tra il 1373 e 1382, apportò riparazioni sia al castello che alla cerchia muraria circondante il villaggio. Il castello di Torres Vedras è stata una delle residenze temporanee di diversi re di Portogallo. 
Uno di questi era D. João I che riunì lì il Consiglio che decise la conquista di Ceuta, evento che segnò l'inizio delle politiche di allargamento del Regno che avrebbero in seguito portato alla partenza per la scoperta di nuove terre oltremare. Sotto il regno di D. Manuel, nel 1510, il castello subì una delle sue maggiori ricostruzioni. Risale a questo periodo la porta a sesto acuto sopra la quale possiamo osservare gli stemmi del sovrano e le sfere armillari con la Croce di Cristo. Nel 1589 le forze comandate dal priore di Crato, D. Antonio, sbarcarono a Peniche e marciarono su Lisbona prendendo il Castello di Torres Vedras. Il priore però fu riportato all'obbedienza e costretto all'esilio pochi giorni dopo dalle forze comandate da Manuel Martins Soares Pereira e del capitano Antonio. A causa di questi avvenimenti diverse sezioni delle mura del castello caddero in rovina e i barbacani vennero smantellati. 
Il colpo di grazia al castello però lo diede il terremoto del 1755 che causò il crollo degli edifici all'interno e ciò che restava delle sue mura. Più tardi, nel 1790, il Consiglio Comunale finì per affittare la terra a ridosso delle mura come seminativo. Il castello torna a svolgere un ruolo importante nel 1809, nel contesto della guerra peninsulare, in quanto integrato nella Linha de Torres Vedras come dipensenza n. 27. In questa occasione fu nuovamente riparato e dotato di pezzi di artiglieria. Negli anni che seguirono la Guerra Peninsulare l'area cimiteriale attorno alla chiesa di Santa Maria aumentò considerevolmente, arrivando con le sepolture fino alla valle sottostante. La causa di ciò è imputabile alle varie epidemie di peste insorte dopo l'esodo forzato di 600.000 persone entro la Linha das Torres decretato dal Generale Wellington. Nell'ottobre del 1846 il castello fu protagonista del suo ultimo assedio, con la battaglia di Torres Vedras, tra il conte di Bonfim, che si era installato nella fortezza, e il duca di Saldanha che la bombardò causandone l'esplosione della polveriera. Nonostante il suo stato di rovina la fortezza continuò a funzionare, parzialmente riparata negli anni successivi, come quartier generale delle truppe regolari fino alla fine del XIX secolo. Attualmente il castello è classificato come Immobile di Interesse Pubblico.

Chiesa di Santa Maria do Castelo

Situata all'interno del castello la chiesa di Santa Maria è una delle più antiche della città. È probabile che sia stata eretta sopra un tempio islamico lì esistente durante la dominazione araba. La sua costruzione risale infatti a poco tempo dopo la presa del castello ai Mori da parte di D. Alfonso Henriques, nel 1148. Patrona della chiesa è Nossa Senhora da Assunção (15 agosto). Fino all'inizio del XIX secolo, nella notte del 14 di agosto, si accendevano diversi fuochi nel sagrato della chiesa e tra i merli del castello per commemorare il giorno in cui, secondo la tradizione, il castello passò in mani cristiane. Il tempio, del secolo XII, contiene le uniche vestigia architettoniche di stile romanico esistenti nel territorio di Torres Vedras. Le tracce romaniche, classificate come Monumento Nazionale, si riassumono nei portali principale e laterale che presentano forma di arco pieno, fregi, colonne con capitelli a foglie e colombe (simbolo dell'Eucaristia) nonché iscrizioni.
Attualmente nella chiesa si celebra la messa con rito bizantino.

Articolo ed immagini di Isabel Giustiani del sito www.isabelgiustiniani.com. Tutti i diritti riservati






ECCELLENZE MEDIEVALI


Di seguito troverete TUTTE le eccellenze segnalate nelle rispettive categorie "certificate". Se volete segnalare un sito, ristorante ecc...contattatemi a emilianoamici@hotmail.com. Il criterio di assegnazione del nostro attestato è assolutamente Meritocratico.

Gruppi di Rievocazione Storica

18/06/2013 - Gruppo Storico Bartolomeo Colleoni
29/08/2013 - Compagnia del Lion d'Oro
06/09/2013 - Associazione Cavalieri di Santa Fina
07/09/2013 - Nobile Compagnia del Castellaccio
28/10/2013 - Compagnia del Cardo e del Burgo
02/12/2013 - Antica Fiera di Santa Lucia
22/12/2013 - Templarius
27/06/2016 - I Guardiani del Cervo
29/06/2016 - Gruppo Storico Medievale di Roma
14/07/2019 - La Tana degli Orchi (Ludika 1243)

Artisti

07/09/2013 - Ensemble Maximodus
29/07/2013 - I Taglieri del Re
31/07/2013 - Alfredo Spadoni - Miniature Medievali
24/09/2013 - Michele Russo
29/10/2013 - Francesco Franco
22/12/2013 - Scriptorium Ticinensis
22/12/2013 - Vivere il Medioevo
27/06/2016 - Stefano Gelao
31/03/2017 - AP Bandiere
07/04/2018 - Laboratorio Artistica Ceramica Viterbo
14/07/2019 - Ali Iusuf Dirie (L'"Inferno in Strada)

Strutture ricettive (hotel, ristoranti ecc...)

13/08/2013 - Ristorante la Luce dei Templari
10/09/2013 - Antica Dimora Patrizia
27/10/2014 - B&B Raffiori
11/01/2016 - Ristorante "San Benedetto" di Gubbio

Portali e Siti Web

06/12/2013 - Brindisi Medievale (brindisimedievale.blogspot.com)
22/12/2013 - Accademia Medioevo (www.accademiamedioevo.it)
22/12/2013 - Cucina medievale (www.cucinamedievale.it)
22/12/2013 - Templari Cavalieri (www.templaricavalieri.it)
22/12/2013 - Medioexpo (www.medioexpo.it)
22/12/2013 - Storie di Storia (www.isabelgiustiniani.com)

Scrittori

06/01/2015 - Alex Vankenbach - Kaera'hul
06/01/2015 - Maria Cristina Cavaliere - La Colomba e i Leoni

Luoghi 

10/03/2019 - Appartamento Turistico di Stefania ed Elisa a Pitigliano
14/07/2019 - Viterbo Sotterranea - Tesori di Etruria

martedì 18 giugno 2013

GRUPPO FOLCLORISTICO BARTOLOMEO COLLEONI

Il Gruppo F. B. C. Nacque nel 1981, quando un gruppo di amici decise di rievocare quelli che furono i fasti vissuti da Martinengo all’epoca del condottiero. Queste persone capirono che era giusto dar risalto al fatto che la nostra Città, poteva vantare un passato di tutto rispetto grazie alla presenza del condottiero sul suo territorio; il Colleoni infatti, non solo qui vi prese in moglie Tisbe della famiglia dei Martinengo, ma, grazie alla sua influenza politico-economica, negli anni fece realizzare diverse opere che ancora oggi possiamo toccare con mano ( risalgono a quell’epoca la costruzione del chiostro delle clarisse, la casa del capitano, il rifacimento del vallo e altre ancora). Per tutti questi motivi il Gruppo Folcloristico B. Colleoni si impegna con le proprie manifestazioni a far conoscere Martinengo e la sua storia. 


In data 18 giugno 2013 Sguardo sul Medioevo ha segnalato il Gruppo Folcloristico Bartolomeo Colleoni come Eccellenza dell'Italia Medievale con la seguente motivazione: per aver creato un sito internet da cui traspare chiaramente tutta la passione per quello che riguarda la rievocazione medievale.




IL CASTELLO DI ZAVATTARELLO

Completamente costruito in pietra, con uno spessore murario fino a 4 metri, il Castello di Zavattarello è un edificio titanico che costituisce un formidabile complesso architettonico medievale, una fortezza inespugnabile che ha resistito a numerosi assedi. Dalla terrazza e dalla torre si gode un panorama mozzafiato del territorio circostante: le verdi campagne, i freschi boschi, le colline con gli altri castelli della zona - Montalto Pavese, Valverde, Torre degli Alberi, Pietragavina. Ben si capisce, da qui, la scelta strategica del luogo dove edificare questo maniero. L'imponente rocca sovrasta il borgo antico abbarbicato sulla collina, che una volta era completamente priva di vegetazione per consentire ai difensori del maniero di avvistare ogni malintenzionato. Oggi invece il verde che attornia il castello è un'area protetta, un Parco Locale di Interesse Sovracomunale di circa 79 ettari, di grande rilevanza paesaggistica, geografica, orografica, oltre che storica e ambientale. Vi invitiamo a venire a scoprire la bellezza e la storia, l'arte e l'architettura, il passato e il futuro di questo castello medievale interamente restaurato e visitabile. Eventi, cerimonie, mostre, feste, conferenze animano queste sale, dove antico e moderno si rincorrono e si compenetrano, creando un intreccio unico intriso di emozione.

Orari

Visite guidate ogni ora 

Da Aprile a Settembre 
Sabato, domenica e festivi 
Dalle 14.30 alle 19.30 (Ultimo giro alle ore 18.30) 

Mese di Ottobre 
Domenica 
Dalle 14.30 alle 17.30 (Ultimo giro alle ore 16.30) 

Il resto dell'anno 
Apertura su prenotazione per gruppi

Prezzi
Intero, da 15 a 64 anni: 5.50 € 
Bambini, fino a 8 anni: gratis 
Ragazzi, da 9 a 14 anni: 2.00 € 
Senior, oltre 65 anni: 4.00 € 
Universitari: 4.00 € 
Gruppi, oltre 15 persone: 3.00 € 
Scolaresche: 2,00 € 

Per i residenti del Comune di Zavattarello 
l'ingresso al castello è gratuito

Articolo ed immagini per gentile concessione del sito internet www.zavattarello.org.

lunedì 17 giugno 2013

LA PRIVAZIONE DEI TITOLI NOBILIARI

Un re o un principe pretendente può legittimamente privare un insignito dei titoli nobiliari e cavallereschi che gli aveva concesso. E lo Stato può persino privare una famiglia dei titoli più antichi di cui era in possesso.
Gli esempi non si contano. Mi limiterò a ricordare il caso degli Howard, appartenenti alla più importante Casata d’Inghilterra, nelle cui vene scorre sangue reale, il cui Capo porta il titolo di Duca di Norfolk e di Primo Pari del Regno. Tra l’altro, erano Howard anche Elizabeth, figlia del secondo duca, moglie di Thomas, visconte Rochford e madre della famosa Anna Bolena, la moglie di Enrico VIII per la cui bellezza il re volle divorziare e dare vita allo scisma anglicano; e sua nipote Catherine, nipote del secondo duca, che fu elle stessa moglie del re. .
Per motivi politici e in particolare per essere rimasti strenuamente fedeli alla Religione cattolica anche nel corso delle persecuzioni protestanti, gli Howard subirono infinite vessazioni. Per primo Thomas, 3° Duca, fu “attainted” nel 1542 e perse tutti i suoi onori, insieme al figlio Henry, Conte di Surrey, uno tra i più grandi uomini di cultura ed eroi del momento. Il figlio di questi, Thomas, riebbe i titoli familiari ma ne venne nuovamente privato nel 1572. Philip, figlio di Thomas, aveva conservato i titoli di Conte di Arundel (che gli derivava dal semplice possesso feudale di questo castello) e di Barone Fitz-Alan che aveva ereditato dalla madre; e tuttavia nel 1590 fu privato anche di questi onori. Al figlio Thomas, per concessione reale, venne poi lasciato l’unico titolo di cortesia di Lord Maltravers, e solo nel 1603 un Atto del Parlamento gli riconcedeva i titoli di Conte di Arundel e Barone Fitz-Alan. Finalmente al nipote di questo Thomas, altro Thomas, con nuovo Atto del Parlamento del 1664, veniva restituito il titolo di Duca di Norfolk con tutti gli altri che aveva avuto la famiglia, e con le precedenze già in possesso del 1° Duca ma senza che nella numerazione ducale fossero calcolati il padre, il nonno e il bisnonno che non avevano potuto portare il titolo di famiglia. 
Per disordini scoppiati in un luogo pubblico di Londra, nel 1541 venne privato dei suoi titoli Thomas Fienes, nono barone Dacre, e solo nel 1562 la baronia fu riconcessa al figlio Gregory, con lo stesso collegamento temporale al writ di Eduardo I (1274-1307) e a quello successivo del 1459. Si trattava di collegamento che all’epoca non erano di poco conto, poiché tra i Pari le rigide precedenze erano stabilite in base ai diplomi di concessione della nobiltà. Una nobiltà nuovamente concessa e non ricollegata a quella antica della prima concessione poteva quindi far retrocedere un nobile dietro a un personaggio di minore importanza a cerimonie di grande rilievo come le incoronazioni o le visite reali. 
Ovviamente, nel periodo in cui non portarono titoli, agli Howard e agli aristocratici che n venivano privati, erano sempre riconosciute la condizione di nobile non titolato e le armi familiari, in quanto onori personalissimi acquisiti con la nascita, come il cognome o il diritto all’integrità fisica.
Se una persona ha ricevuto da un sovrano o da un pretendente titoli (non quello di patrizio che esiste in Italia e non è attribuito da un sovrano), onorificenze e stemma, di questi può essere legittimamente privato.
Al concessionario rimane solo la possibilità di continuare ad usare uno stemma, semmai adottando una leggera modifica al disegno che gli fu rilasciato, e non ne avesse già precedentemente uno di famiglia. E questo perché l’uso dello stemma non costituisce pratica legata alla sola aristocrazia, specialmente nell’Europa settentrionale o in Italia dove bastava laurearsi o entrare nella cerchi dei benestanti “mastri” di provincia, per far innalzare al proprio figlio armi di recentissima invenzione. In questo caso, però, l’ex-concessionario privato degli onori non potrà più fare uso nelle armi di corona o di cimiero nobile corrispondenti al titolo di cui è stato privato.
Se poi si dovesse scoprire che il pretendente è uno fra i tanti falsari che circolano in Italia, allora il concessionario ne guadagna in dignità e le armi che userà saranno tutte sue, senza che alcuno possa muovergli commenti.

Articolo di Carmelo Currò Troiano. Tutti i diritti riservati

"CERTIFICATO DI ECCELLENZA" DI SGUARDO SUL MEDIOEVO ALLE VERE ECCELLENZE MEDIEVALI ITALIANE

Ciao a tutti...volevo illustrarvi una nuova iniziativa che parte da oggi e che riguarda tutti i siti di monumenti, gruppi di rievocazione storica, ristoranti a tema ecc...che vogliono fare uno scambio link, banner oppure aver inserita la propria anagrafica nel sito SGUARDO SUL MEDIOEVO. Mi trovo talvolta a visitare siti internet di qualità davvero pessima di persone che vogliono fare scambi di link...ora...non ho la presunzione ovviamente di avere il migliore sito sul medioevo, anche perché obiettivamente non è così, ma non sono presentabili siti fatti da una sola pagina in HTML o totalmente illeggibili. Detto questo ho deciso (fermo restando quelli ora inseriti che sono stati scelti da me vedendo anche i rispettivi siti) di selezionare accuratamente quanti facciano richiesta di entrare nella famiglia di Sguardo Sul Medioevo: che sia un ristorante, un hotel, un agriturismo, un gruppo storico se il sito e chi si propone è valido rilascerò un attestato con un voto da 1 a 5. Questo perché il mondo medievale deve risorgere dalle ceneri dell'ignoranza, della troppa ignoranza che ci hanno insegnato a scuola quindi ho deciso di attirare solamente le vere eccellenze l'unico modo per valorizzare adeguatamente l'immenso patrimonio medievale italiano.Tutti gli hotel, ristoranti ecc....attualmente inseriti lo hanno implicitamente, da oggi parte questa nuova iniziativa quindi...fatevi sotto! Proponete pure le vostre attività o quelle dei vostri amici!

Emiliano

Regole da rispettare:

- Un buon sito web (o quantomeno una bella pagina facebook)
- Leggibilità buona
- Passione

INAUGURAZIONE "ACCADEMIA MEDIOEVO" IL 22 E 23 GIUGNO 2013

Una grande Festa, immersi nel Medioevo... musica, danze, spettacoli per festeggiare con amici vecchi e nuovi l'inizio di una nuova ambiziosa avventura: Accademia Medioevo.
L'ingresso è gratuito e siete tutti benvenuti!
Sabato 22 giugno dalle ore 16.30 e domenica 23 giugno dalle 10.30 alle 12.30
Se siete artisti, artigiani, rievocatori, studiosi ed avete voglia di contribuire a questo progetto, contattateci, saremo ben felici di conoscervi!

PROGRAMMA

SABATO 22 GIUGNO

Ore 16.00 - APERTURA ED INGRESSO NELL’ACCAMPAMENTO STORICO MEDIEVALE e Mercatino Artigianale

ORE 17.00 - DIMOSTRAZIONI 
Tiro con l’Arco Storico, Scherma Medievale ed avvicinamento ai Rapaci

17.30 / 20,00 - RINGRAZIAMENTI ALLE RAPPRESENTANZE ISTITUZIONALI PRESENTI
PRESENTAZIONE di Accademia Medioevo e dei partners presenti
CONFERENZE :
Canto e Strumenti Antichi: quando la storia era narrazione.
Relatori: prof.ssa A.Maria di Lorenzo e 
Direttore Vladimiro Galiano

I Rapaci: un incontro sulle ali della libertà, dal medioevo ad oggi.
Relatore: Marco Tomaselli

L’Artigianato nobilita l’uomo: valore ed opportunità nel riscoprire l’Arte del Fare.
Relatore: prof. Dionisio Mariano Magni

Medioevo Interculturale: Valori e Conoscenze senza confini.
Relatore: prof.ssa Amalia Russo

L’Arte della Spada: disciplina ed autodisciplina dello spirito “guerriero”.
Relatore: dott.ssa Rosaria Cozzolino

Ore 20,00 - APERTURA DELLA SERATA
Musicisti e giullari, dame e cavalieri aprono la serata incorniciati dal volo di rapaci.

Ore 21.15 - SPETTACOLI
Performance dell’Arte della Spada Medievale secondo la scuola de LA VIA DELLA SPADA
Musica d’Amore e di Battaglia: voce e strumenti antichi dal vivo per uno spettacolo poetico e suggestivo.
Spettacolo di Teatro-Danza “Il Sorriso in un Cappello”

DOMENICA 23 GIUGNO

Ore 10.30 / 12.30 - VIVERE IL MEDIOEVO
Arte della Spada, arceria, scherma storica e Teatro attraverso Itinerari esperenziali per Adulti e Ragazzi nella cornice suggestiva di un Campo Storico

ingresso libero - iscrizione percorsi E. 6,00

La cucina sarà fornita dal ristorante LA LUCE DEI TEMPLARI di Genzano di Roma

Fonte: Accademia medioevo

domenica 16 giugno 2013

I BERROVIERI IMPERIALI

Filippo l’arciere si posizionò sul tetto della bassa casa in attesa che l’esercito nemico si avvicinasse agli armigeri di Cangrande I della Scala. Si trovava già da alcune settimane nei pressi di Montebello, infatti il Signore di Verona aveva deciso di abbandonare Vicenza e tornare a Verona. Per fortuna non ne posso più di combattere e uccidere popolani innocenti, pensò più di una volta. Lui e l’esercito avevano partecipato a molte scorrerie in territorio padovano, devastando le culture e trucidando i contadini che si opponevano. Il Cane nell’agosto 1313 aveva udito che i patavini avevano ripreso le scorrerie in territorio vicentino ed era preoccupato che il comandante dell’esercito guelfo potesse entrare a Verona devastandola. Padova si era illusa di poter sconfiggere facilmente i ghibellini dopo la morte improvvisa dell’Imperatore Enrico VII a Buonconvento, tuttavia secondo la sua opinione Cangrande sembrava animato da una missione superiore e loro continuavano a marciare con risolutezza e coraggio contro un nemico superiore. Filippo strizzò gli occhi grigi e nella lieve foschia che precedeva l’alba e notò il luccicare delle armi avversarie colpite dalla prima luce. Entro un’ora al massimo saranno al villaggio, pensò accigliandosi. Non aveva timore di morire, lo spaventava maggiormente la possibilità di finire mutilato durante la battaglia.

“ Filippo cosa vedi?”, gli domandò Luigi, un giovanissimo fante suo amico.

“ Solo il vago chiarore delle lame rivali”, replicò lui non volendo terrorizzare il giovane uomo. Se preso da panico il ragazzo si fosse dato alla fuga, il Signore della città o uno dei suoi cavalieri lo avrebbero inseguito e punito con la morte, vanificando l’eventualità per la sua famiglia d’ottenere i bottini guadagnati in razzie e spogliandola di ogni altro possedimento. Il tempo passò lento e Filippo preparò la freccia nella scocca.

“ Sono qui, preparati!”, urlò all’amico appena sedicenne.

Lui vide il giovane uomo acquattarsi dietro il muro di una casa e rimanere fermo in attesa che la lotta terminasse. Non gli diede torto, trovarsi di fronte uomini adulti, robusti il doppio e pesantemente armati avrebbe impaurito chiunque. Il fante era basso di statura per la sua età e non particolarmente robusto. Infine la lotta iniziò e l’arciere si concentrò sull’arco dimenticandosi di tutto il resto. Per fortuna pare solo un’avanguardia guelfa, pensò Filippo scendendo dal tetto, i nemici si stavano allontanando dalla sua linea di tiro e non poteva più centrarli. All’improvviso un gruppo lo circondò e lo avrebbero certamente ucciso se uno dei cavalieri ghibellini non si fosse precipitato in suo soccorso. Filippo lo ringraziò con un breve cenno e con agili movimenti salì su un altro riparo. Iniziò a scoccare ancora , i guelfi stanno per essere sconfitti, gioì lui da quell’altezza. Infatti gli armigeri Scaligeri erano riusciti a uccidere o mutilare tutti i patavini presenti nel piccolo abitato. Quando scese andò subito in cerca di Luigi, tuttavia non riuscì a scorgere il giovane fante da nessuna parte. E’ possibile che sia fuggito o morto?, s’interrogò lui. In quegli anni oscuri l’ineluttabilità della morte rendeva gli uomini più fatalisti e credenti nello stesso tempo. L’arciere scrutò il cielo e notò che la mattina stava invecchiando e il meriggio s’avvicinava velocemente.

“ Arciere Filippo, il capitano desidera vederti”, lo informò lo scudiero del superiore.

“ Hai per caso visto quel giovane fante tuo amico? Non ha risposto all’appello e non è tra i morti”, lo interrogò l’uomo all’interno della tenda da campo.

“ No capitano. Non lo vedo dall’inizio del conflitto”, affermò lui, “ è possibile che il cadavere non sia ancora stato trovato”, suggerì lui.

“ Va bene”, lo congedò il superiore.

Filippo uscì dalla tenda angustiato, non posso notificargli dei miei sospetti, lo farebbero subito inseguire. Se è furbo si è già messo in cammino e continuerà la marcia anche con le tenebre, soppesò lui toccandosi pensierosamente il pizzetto castano. Una mezz’ora più tardi osservò uno dei cavalieri montare il proprio destriero, Filippo che lo conosceva bene s’azzardò ad interrogarlo.

“ Dove state andando cavaliere?”, sondò lui.

“ A cercare un giovane fante assente all’appello. Il capitano sospetta sia un disertore”.

Filippo rabbrividì, se lo troverà sarà la fine per quello sconsiderato ragazzino, non poté far meno di pensare. L’arciere non rimuginò oltre sull’argomento e quando il nobile lasciò il campo fu attirato dal profumo del cibo che invitate proveniva dalla zona cottura e s’accaparrò un pezzo di pernice con una tazza di vino pesantemente speziato e addolcito con miele. Dopo il pasto, per celebrare la vittoria, i soldati andarono in cerca di donne disponibili. Nel minuscolo abitato non ce n’erano, la prostituzione fioriva solo nei grandi centri, non sicuramente in quel piccolo angolo di mondo. Filippo giunse giusto in tempo per salvare una ragazzina di circa 12 anni dalla violenza di molti uomini. Non posso lasciarla violentare senza fare nulla, lei potrebbe essere mia sorella minore, soppesò angosciato. La trascinò con sé mentre lei piangeva e si dibatteva.

“ Sta ferma, sto cercando di salvarti”, le disse in veronese.

La ragazzina strabuzzò gli occhi e cercò di scappare dalla sua presa ancora più disperatamente.

“ Ho bisogno di vedere il capitano”, asserì lui alla guardia che piantonava la tenda del nobile.

Il fante entrò un minuto uscendone dopo alcuni istanti.

“ Entrate”, affermò il piantone.

Filippo e la ragazzina avanzarono.

“ Capitano, gli armigeri ubriachi stanno abusando di tutte le donne presenti nel villaggio”, sostenne lui.

L’uomo, un cavaliere quarantenne di chiara fama non sollevò un sopracciglio.

“ Fa parte della loro ricompensa, molti guerrieri decidono di prendere le armi solo per questo”, ammiccò questi, “ dovresti divertirti anche tu”, lo rimproverò il capitano.

“ Le ammazzeranno e il popolo vicentino ci odierà. Ai villani non importa della causa ghibellina” vociò lui lasciando la giovane.

“ Questa si chiama insubordinazione arciere, cosa vuoi che c’importi di contadini cenciosi e affamati. Noi scaligeri combattiamo per il controllo del territorio”, sentenziò questo infine.

La ragazzina nel frattempo si era accovacciata in un angolo della tenda tenendo fermamente le ginocchia al petto. Povera ignorante creatura, cresciuta per lavorare la terra e generare figli al futuro marito, non poté evitare di pensare. In quel mentre il cavaliere spedito alla ricerca di Luigi ritornò con il fante prigioniero. Il ragazzo era stato picchiato dal nobile e a suo avviso non poteva vedere dove lo stavano conducendo.

“ Molto bene, cavaliere de Borghetti”, si congratulò il capitano.

“L’ho trovato poco lontano dall’accampamento”, sorrise il nobile guerriero ignorandolo.

“ Legalo bene e portalo fuori, domani sarà giustiziato all’alba!”, sentenziò il capitano.

Quella fu l’ultima goccia, Filippo afferrò il suo arco e scoccò la freccia in direzione del manesco cavaliere, centrandolo al petto mentre il capitano urlava per attirare gli altri armigeri. Fortunatamente erano tutti ubriachi e nessuno rispose al suo richiamo, tuttavia Filippo aveva appena ucciso un nobile, un reato gravissimo per un semplice arciere come lui. Corse fuori abbandonando Luigi e la fanciulla al loro destino, di slancio montò sul destriero del cavaliere morto e fuggì. Cosa farò adesso? Non posso ritornare da mia madre e sorella. Anche se non sono coinvolte nel crimine il Signore di Verona le spoglierà di ogni bene, soppesò pentito. Decise di dirigersi verso Trento e la valle Provininensis, là nessuno lo conosceva e forse aveva qualche possibilità in più di sopravvivere.

Il primo giorno cercò di allontanarsi il più possibile da Montebello, sostando solo qualche ora di notte. Nei periodi successivi accese fuochi, ma l’esperienza maturata sul campo gli rammentò di accertarsi che non emettessero fumo. Non potendo passare da Verona allungò la strada che lo avrebbe portato nella valle, vagabondò sempre all’erta in attesa che qualche cavaliere scaligero gli si presentasse di fronte. Ho ucciso uno di loro, sicuramente Cangrande avrà inviato un esploratore sulle mie tracce, soppesò lui. Non si fermò a parlare con nessuno e trascorse quasi tutto il mese d’Agosto da solo, mangiando quando poteva. Non posso continuare così a lungo, devo trovare un luogo dove fermarmi, pensò più di una volta.

Infine un giorno nei pressi della via che portava al Brennero incontrò tre berrovieri imperiali fuoriusciti dal loro esercito. I quattro guerrieri si fissarono, minacciandosi con l’arco e insultandosi a vicenda. Non sembra che i due armigeri più giovani conoscano il dialetto veneto, il loro capitano invece pare un po’ più sveglio, li analizzò Filippo, potrei ucciderne uno con un tiro, tuttavia gli altri due mi sarebbero addosso nel giro di un secondo, calcolò facendo indietreggiare il cavallo.

“ Io sono il capitano Robert von Berlin e loro sono Ugo e Sebastian”, si presentò inaspettatamente il più vecchio.
Filippo immaginò che il l’uomo l’avesse studiato attentamente prima di parlare e che in qualche modo lui avesse superato l’esame.

“ Io sono Filippo l’arciere”, comunicò lui in dialetto.

“ Abbassa l’arma, non abbiamo intenzione di colpirti, siamo tutti fuoriusciti”, lo stupì il capitano gesticolando ai due sottoposti armigeri di rilassarsi.

Filippo squadrò l’uomo biondo e giunse alla conclusione che forse al capitano imperiale mancava un secondo più sveglio di quei due idioti al suo seguito In fondo della compagnia è quello che mi ci vuole, non faccio che guardarmi alle spalle e domandarmi che ne sarà di mia madre e sorella.

“ Cosa offrite?”, sondò lui ancora teso.

“ Potresti unirti a noi? Mangerai tutti giorni e ci proteggeremo a vicenda”, propose il berroviere.

Filippo accettò, non aveva molta scelta, erano in tre contro uno, inoltre si sentiva solo.

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La ragazza di quindici anni procedeva lenta sul suo stanco giannetto1, da quattro giorni lei, l’anziana nutrice e tre dei più attempati armigeri del casato de Zane cavalcavano per raggiungere il castello di Malcesine. La fortezza, situata a nod-ovest del centro cittadino, in un punto strategico del Lago di Garda, era dominio di Alberto Della Scala, il feudatario di suo padre, il conte di San Pietro in Cariano. Il castellano lacustre aveva perduto la moglie qualche anno prima e ora desiderava risposarsi. Isabella aveva pianto quando l’avevano separata dalla madre, tuttavia sapeva che a lei e a tutti i suoi fratelli e sorelle non primogeniti erano riservati i medesimi destini. Almeno io sposerò un ricco nobile castellano, sarò rispettata e accudita, sospirò tristemente senza crederci veramente. Le ombre si stavano allungando nel bosco della Valle Provininensis, tuttavia Giovanni, il capitano del suo gruppo di armigeri, decise di continuare a muoversi, il giorno successivo sarebbero giunti in una località chiamata Pastrengo, un piccolo borgo di malandate case contadine dove potevano sostare un po’. Isabella avrebbe desiderato fare il campo subito, il padre l’aveva istruita riguardo i pericoli notturni nei boschi e lei non desiderava incappare nei lupi, orsi e briganti.

“ Potremmo alloggiare nella locanda del paese”, cercò di rallegrarla Tommasina, la nutrice.

“ Perché non prepariamo il campo in quella radura laggiù?”, insistette ancora lei.

La nutrice avvicinò il suo giannetto al destriero di Giovanni e iniziò a discutere con lui, l’armigero si grattò la testa quasi calva, soppesando le sensate parole di Tommasina, Isabella notò che l’uomo non era a suo agio sul palafreno, questi infatti giocherellava nervosamente con le briglie dell’animale. Non ci vuole un alchimista per intuire che il campo è più facilmente difendibile da attacchi di berrovieri e animali, s’irritò lei.

“ No, procediamo”, tagliò corto il guerriero.

Desidera un giaciglio caldo e asciutto, probabilmente anche una compiacente locandiera, rimuginò corrucciandosi. Isabella sospirò, non aveva molta voce in capitolo e gli serviva la collaborazione dei soldati per raggiungere Malcesine, ciò nondimeno era scontenta. La stella della sera era spuntata in cielo quando udì il primo sibilare di frecce, lei si chinò istintivamente sul suo cavallo urlando un avvertimento, troppo tardi i tre armigeri erano già stati colpiti mortalmente, uno alla gola, un altro al cuore e l’ultimo allo stomaco. Spronò il suo brocco per avvicinarsi alla nutrice rimasta in vita, con suo stupore un dardo le fuoriusciva dalla parte bassa della schiena, la quindicenne la toccò e vecchia balia aprì gli occhi.

“ Fuggi”, sussurrò lei.

Isabella sapeva cosa accadeva alle giovani donne in balia di spietati briganti e si angosciò mentre incitava il cavallo al galoppo. Dietro di sé udì dei rumori di zoccoli, presa dal panico esortò ancora il suo giannetto, era consapevole del pericolo per la cavalcatura, ma la paura fu più forte, infatti dopo un chilometro uno zoccolo dell’animale scivolò e Isabella si ritrovò a terra. Con timore alzò il viso infangato e vide due ombre armate di archi e spade tenerla sotto tiro.

“ Chi siete, cosa volete?”, non poté evitare di domandare lei.

Il primo uomo rise sguaiatamente e smontò da cavallo. Parlò brevemente con l’altro in una lingua sconosciuta, Isabella notò che ambedue indossavano i colori dell’esercito di Enrico VII , berrovieri, armigeri fuggiti dalle file dell’esercito imperiale, pensò subito terrorizzata. Il primo soggetto le rubò il borsello pieno di denari, poi l’afferrò girandola a pancia in giù e schiacciandola al suolo le sollevò il vestito. Vuole violentarmi!, pensò sconvolta.

“ No, lasciami!”, urlò con forza dimenandosi.

Il secondo brigante venne in aiuto del compagno e la tenne ferma mentre udiva i movimenti dell’altro che si liberava dei calzoni. Lei si mise a urlare e piangere ancora più forte. Mi uccideranno, pensò smarrita.

“ Fermi!, comandò una terza voce di uomo, “ legatela e portatela da Robert”.

Gli uomini compresero e ubbidirono controvoglia. Per tutto il tragitto nel bosco Isabella continuò a singhiozzare atterrita non sapendo cosa il destino avesse in serbo per lei. Cosa vorranno da me e Tommasina?Hanno già rubato la dote, rimuginò afflitta. La notte era inoltrata quando giunsero in un accampamento, Isabella era traumatizzata e la nutrice sobbalzò quando gli uomini la fecero smontare.

“ Tommasina è ferita, ha bisogno di riposare”, affermò infine lei più calma.

“ La perdita di sangue è stata fermata, non morirà”, asserì il terzo brigante.

Isabella dubitava, l’anziana balia non era robusta e aveva perduto molto sangue durante il tragitto.

“ Che bisogno c’era di colpirla? Non avrebbe fatto del male a nessuno”, esclamò arrabbiata.

“ E’ stato un errore, cavalcava vicino agli armigeri”, sputò questi.

“Posso provare a curarla domattina?”, propose inaspettatamente lei.

L’uomo annuì e le spinse dentro una capanna di legno e fango.

“ Dormite, all’alba Robert vorrà parlarvi”, annunciò questi.

La nascita del sole arrivò troppo presto, Isabella giaceva ancora semi addormentata quando un berroviere imperiale in cotta di maglia e colori di Enrico VII entrò nella casupola seguito dal terzo brigante della sera precedente. Isabella li studiò attentamente, il primo guerriero, il capitano di quella combriccola, era robusto, sulla trentina, biondo e puzzava come un maiale, l’altro invece era castano, più snello, giovane e con intensi occhi grigi.

“ Cosa volete da noi? Lasciateci andare”, li supplicò Isabella.

Tommasina riposava sul pagliericcio bruciante di febbre, se non la curo morirà, si angosciò lei.

“ Abbiamo noi la tua dote, il promesso sposo non ti mariterà”, sostenne Robert con forte accento del nord.

“ Sappiamo che sei la nobile figlia di qualche vassallo, ma anche che tuo padre probabilmente non pagherà per riaverti”, disse l’armigero castano.

Isabella rabbrividì sapendo che sosteneva il vero, il nobile padre non l’avrebbe aiutata a uscire da quella sventura. .

“ Sono Isabella de Zane, figlia di Aliostro de Zane, vassallo di Alberto Della Scala. Mio padre mi farà cercare”, cercò di spaventarli.

“ Siamo un gruppo di fuoriusciti con alcune donne, io sono Robert von Berlin e lui è il mio secondo Filippo l’arciere”, rise il capitano, “un’altra donna ci servirebbe”, ammiccò diretto a Filippo.

Il capitano uscì dalla baracca e Isabella tremò, sapeva cosa avrebbe comportato, violenze quotidiane e non un minuto di riposo. Non posso fuggire, mi perderei nei boschi, constatò sconfitta.

“ Per favore, lascia prima che aiuti Tommasina”, pregò lei.

Il giovane arciere era rimasto nella stanza e la stava fissando contrariato.

“ Cosa ti serve?”, capitolò lui.

Isabella aveva sempre pensato che i briganti fossero senza cuore e compassione, tuttavia quell’uomo l’aveva salvata dallo stupro e ora aveva intenzione d’aiutarla con la nutrice.

“ Dell’aceto per disinfettare la ferita e della Verbena per la febbre”, s’azzardò ad affermare.

“ Le donne del campo non conoscono le erbe”, replicò questi.

“ E’ estate e siamo in un bosco, le troverò io”, suggerì lei speranzosa.

L’arciere la squadrò in strano modo soppesando le sue parole, infine la liberò e spinse fuori. Il sole del mattino l’accecò un attimo e quando aprì gli occhi scorse attorno a sé un piccolo villaggio, non notificato la notte precedente.

“ Da questa parte”, la spinse lui.

Isabella e l’arciere uscirono dal borgo e s’inoltrarono nella boscaglia, l’uomo non voleva perderla di vista, Isabella setacciò il terreno, trovò le piante che le servivano poi ritornarono da Tommasina.

“ E’ possibile accendere un fuoco, devo far scaldare dell’acqua”, asserì la ragazza.

“ Chi ti ha insegnato a riconoscere le erbe medicinali?”, sondò lui conducendola verso la zona di cottura.

“ Tommasina durante le nostre passeggiate”, spiegò lei.

“ Non è un po’ inusuale che la figlia di un nobile conosca queste cose? Pensavo che l’attività delle dame girasse attorno al telaio e al focolare”, sondo lui sospettoso.

“ Mio padre non aveva nulla in contrario, purché non mi allontanassi troppo dal castello”, replicò lei.

Un paiolo era collocato sul fuoco e una donna ne girava il contenuto con un cucchiaio di legno.

“ Lucilla, c’è dell’acqua e dell’aceto?”, chiese lui.

“ Laggiù”, replicò quella osservando curiosa Isabella.

“ Lei è Isabella”, la presentò Filippo sorridendo sornione, “ l’abbiamo catturata ieri sera e la sua dote ci permetterà di sopravvivere quest’inverno”.

La ragazza prese una ciotola, la riempì di acqua e l’avvicinò al fuoco. Con attenzione staccò le sommità fiorite dalle foglie e le gettò nel contenitore. Quando la tisana fu pronta ritornò con l’uomo nella casetta dove giaceva Tommasina. La contessina disinfettò la ferita della nutrice con l’aceto, poi la fasciò strettamente.

“ Puoi aiutarmi a farle bere l’infuso?”, domandò gentilmente.

L’uomo annuì di controvoglia e sollevò il capo della vecchia balia, lei con pazienza la forzò a inghiottire il liquido.

“ Ora dobbiamo solo aspettare, quando si sveglierà le preparerò un’altra pozione”, disse soddisfatta la ragazza.

Un minuto più tardi era già all’aperto di fronte a Lucilla. La donna poteva avere sui trent’anni, ma la vita all’aperto e le fatiche quotidiane l’avevano invecchiata precocemente.

“ Fai quello che ti chiede”, le ordinò Filippo lasciandole sole.

Isabella si preoccupò consapevole che ora, se i due uomini del giorno precedente avessero voluto aggredirla, nulla gli avrebbe fermati. Atterrita si guardò intorno, per fortuna i berrovieri imperiali non c’erano.

“ Io sono la compagna del capitano Robert. Ora vieni con me, dobbiamo dar da mangiare ai cinghiali, cavalli, capre e quaglie”, la stupì lei in dialetto veneto.

I recinti si trovavano dietro una delle case più grandi, lei immaginò fosse quella del comandante, ovviamente al castello avevano animali, ma non allevavano quelli selvatici, tranne che i rapaci per la caccia. Isabella preparò un pastone d’avanzi per loro, poi strigliò e nutrì i destrieri. Infine passò ai volatili e capre.

“ Non mungete le capre?”, sondò lei.

“ Per quale motivo? Non sappiamo fare il formaggio”, confessò Lucilla.

“ Io lo so creare, si può stagionare o consumare subito”, rivelò lei.

“ Tieni un secchio, mungile e insegnami”, le ordinò la donna.

Isabella si diede subito da fare, spillò il latte, lo fece bollire a 38 gradi, infine lo versò in una fuscella di fortuna, in attesa che il siero spurgasse.

“ Domani aggiungeremo delle spezie per dargli sapore, come aglio selvatico ed erba cipollina. Per ora deve riposare in un luogo buio e asciutto”, la istruì lei.

La donna la portò in una minuscola costruzione adibita a magazzino.

“ Qui mettiamo la carne affumicata. Ora vieni con me, dobbiamo lavare gli abiti sporchi”, le comunicò asciutta la donna.

A loro si unirono altre due donne adulte, le mogli o compagne dei berrovieri di Enrico VII, indovinò lei, chissà se sono a conoscenza dei comportamenti dei loro compagni, si domandò Isabella. Le altre parlavano male il dialetto veneto e la giovane si chiese da dove provenissero e perché si fossero unite ai fuorilegge.

“ Se te lo stai domandando sono fuggite dall’Impero Germanico accusate di vari crimini, dal furto all’omicidio. Non volevano finire sulla forca, così si sono dirette a sud. Sulla via hanno incontrato i briganti e recentemente Filippo”, le raccontò Lucilla mentre strizzava i capi d’abbigliamento.

“ E tu?”, sondò curiosa lei.

“ Non sono affari tuoi”, esclamò la donna.

Al ritorno dal torrente lei udì dei rumori e s’inquietò, i due armigeri imperiali saranno ritornati? Filippo mi difenderà ancora?. Una volta nel centro del villaggio Isabella si nascose dietro a Lucilla, per fortuna i fuoriusciti non la degnarono di uno sguardo e lei trasse un sospiro di sollievo.

“ Abbiamo catturato due pernici, una quaglia e un piccolo cervo”, esclamò Filippo.

Isabella lavorò duramente quella mattina pulendo e cucinando le pernici. Il piccolo cervo invece fu affumicato e riposto dove era stato collocato a stagionare il formaggio. Nel tardo pomeriggio la ragazza timidamente s’avvicinò al brigante dagli occhi grigi.

“ Vorrei andare a prendere altra Verbena per Tommasina e anche delle spezie per insaporire il formaggio”, asserì lei.

Lei non aveva visto la nutrice tutto il giorno, ma sospettava che la balia bruciasse ancora di febbre.

“ Va bene ti accompagnerò io, le altre donne sono occupate”, ghignò lui facendole notare come gli armigeri spingessero le poverette all’interno delle rispettive casette.

Isabella inorridì e con desiderio s’allontanò nei boschi, dapprima si dedicò all’erba medica, poi passò all’aglio selvatico, erba cipollina, spighe di cerali selvatici, foglie di papavero, borragine e piccoli tuberi commestibili da aggiungere alla zuppa serale.

“ Perché stai prendendo tutta quella roba?”, le domandò l’uomo a un certo punto.

“ Sono per la zuppa di questa sera, aggiungeranno sapore”, replicò lei.

Ritornarono indietro al calar del sole e Isabella si diresse subito da Tommasina, ma questa era morta. Gemette forte e Filippo entrò, lei si voltò e iniziò a piangere sconsolata.

“Vieni, hai la cena da preparare”, commentò senza pietà il bandito.

Ora sono sola in questo luogo isolato con quattro uomini crudeli, si dolse lei piagnucolando piano mentre puliva la verdura e la gettava nel paiolo con i pezzi di pernice spennati.

“ Buona, la migliore che abbia assaggiato da quando viviamo qui”, constatò Robert, “ hai fatto bene a non ucciderla”, si complimentò con Filippo.

“ La vecchia è morta, domani dobbiamo seppellirla”, lo informò lui.

Il capitano ruttò di gusto.

“ Vedremo, per ora mettila al margine del bosco”, comandò questi.

“ Perché non può restare nella casetta fino a domani? I lupi la sbraneranno”, si sbigottì la giovane donna.

“ Nella casa ci dormiremo noi”, replicò Filippo asciutto.

Con l’aiuto di un altro spostò l’anziana balia che già puzzava, poi gli uomini si ritirarono con le donne e lei seguì l’arciere con gli occhi grigi. Filippo una volta dentro si spogliò e lei cercò di non guardarlo, timorosa che l’uomo volesse approfittare di lei.

“ Non ti preoccupare, i briganti imperiali non ti toccheranno più e io non prendo le bambine con la forza”, la stupì lui.

Lei si rilassò e si sdraiò per dormire in un giaciglio lontano dall’uomo.

Poco prima del sorgere del sole l’arciere la svegliò.

“ Vado a pescare, vieni come me, ritorneremo tra un paio d’ore”, le comunicò questi.

“ Devo seppellire Tommasina”, protestò lei.

“ Ugo e Sebastian scaveranno la fossa stamattina, prima di partire per la caccia, poi potrai seppellirla”, la informò.

Isabella non si oppose ulteriormente, forse i lupi non l’avranno toccata, sperò. Il torrente non era lontano, l’uomo si tolse la tunica pesante e le braghe di cuoio sotto le quali portava dei calzoni di tessuto leggero, poi entrò in acqua e s’apprestò a intrappolare le trote. Isabella notò che delle cicatrici di spade gli deturpavano il torace e si domandò quale fosse la sua storia.

“ Perché vi siete unito ai fuoriusciti?”, non poté fa a meno di chiedere la ragazza.

“ Facevo parte dell’esercito di Cangrande Della Scala e ho ucciso un nobile cavaliere”, confessò lui.

Quindi ha combattuto contro Padova, come mio fratello, congetturò lei.

“Robert ha rubato dell’oro al suo Signore e i due armigeri sono disertori imperiali”, sputò lui infine.

L’arciere agilmente riuscì a lanciare un pesce sulla riva, dopo alcuni istanti altri tre lo raggiunsero.

“ Prendili e legali con il filo”, ordinò lui uscendo.

Filippo s’infilò i calzoni senza asciugare il tessuto sottostante, indossò la tunica e insieme s’incamminarono verso il centro delle case. Il sole era appena spuntato quando Isabella pulì i pesci e li mise sul fuoco per la colazione, innaffiandoli con erbe raccolte sulla via.

“ Cucini molto bene per essere così giovane”, conversò lui svogliatamente.

“ Ho quindici anni!”, esclamò lei risentita

Filippo le lanciò uno sguardo di traverso, Isabella sapeva d’apparire più giovane dei suoi anni, mora come la madre e snella come un giunco. Crescerò anch’io, tra qualche anno somiglierò a Lucia, rimuginò contrariata ricordando l’aspetto della sorella maggiore. L’uomo non commentò e s’allontanò alla ricerca dei suoi compari. Dopo un’ora lei chiamò il gruppo per mangiare.

“ Abbiamo scavato la tomba per la vecchia”, annunciò sgrammaticamente uno degli imperiali.

“ Noi invece abbiamo pensato alle quaglie, cinghiali e cavallo”, affermò Lucilla per tutte.

“ Isabella penserà alle capre e al formaggio dopo che avremmo sepolto la nutrice”, proferì Filippo.

Lei s’intristì, Tommasina era stata la sua balia per tanti anni, con lei aveva esplorato i boschi vicino al castello, cucinato, creato arazzi e tessuti per la famiglia, insieme a madre e sorelle. Sarò sola da oggi in avanti, pensò demoralizzata. Quando gli uomini lasciarono per la caccia e le scorribande lei pensò a deporre il corpo nella tomba di fortuna, si fermò a pregare un poco poi ricordando i suoi doveri lasciò. Pensò prima agli animali e al latte, preparò altro formaggio da stagionare e una volto pronto lo portò nel magazzino dove giaceva l’altro. Tagliuzzò l’aglio selvatico e l’erba cipollina aggiungendoli alla forma del giorno precedente, poi si diede alla creazione del pane, ovviamente i cereali selvatici non erano buoni come quelli coltivati dai contadini, ma potevano andare.

“ Cosa stai facendo?”, l’aggredì Lucilla.

“ Spigolando i cereali per il pane, certo verrà scuro e di sapore un po’ strano, tuttavia credo che agli uomini potrebbe piacere”, replicò lei.

La donna la squadrò interdetta e dopo alcuni istanti fu raggiunta dalle amiche di sventura.

“ Dove hai preso le granaglie?”, sondò la donna più calma.

“Nei campi vicino al torrente, ne farò per tutte se mi aiuterete a mietere”, le tentò lei indicando l’impasto.

“ Non lo mangio da molti mesi”, sbavò Rosa, una delle altre donne, con un forte accento del nord.

Isabella si domandò come mai non conoscessero la natura, forse vengono dalla città, pensò lei. Le portò dove aveva raccolto le prime spighe e insegnò loro cosa raccogliere.

“ Toglietemi una curiosità, da quanto tempo siete isolate in questo bosco?”, chiese lei a Lucilla.

“ Da quasi quattro mesi, il prossimo sarà il nostro primo inverno con i briganti”, rispose lei continuando a lavorare. “ Abbiamo incontrato Robert, Ugo e Sebastian ad aprile e Filippo ad agosto”, specificò lei.

“ Ho notato che non conoscete le erbe”, la buttò lì lei cercando di spillare informazioni alla donna.

“ Rosa e Maria erano meretrici nell’Impero Germanico”, raccontò lei.

Questo spiega molte cose, pensò lei. Dopo un poco tornarono al campo, spigolarono e macinarono i grani infine aggiunsero l’acqua.

“ Vado a prendere degli altri tuberi per la zuppa serale e delle spezie per la carne”, le avvisò lei allontanandosi.

Non sono preoccupate che scappi, d’altronde dove potrei andare da sola e a piedi, nel bosco ci sono tanti pericoli e non conosco la strada, s’intristì un poco.

Verso il mezzogiorno gli uomini tornarono e lei presentò sia le piccole forme di pane che il burro di capra. Infine con le altre pulì la lepre e le due anatre catturate.

“ Ottimo pasto”, le lodò Robert ruttando.

“ Anche il pane non era male”, asserì Filippo.

“ Strano gusto però”, disse Ugo.

“ Le granaglie sono selvatiche”, specificò lei, “potrei provare a raccoglierle per quest’inverno”, propose Isabella.

Voglio rimanere in vita e in fondo non mi è andata male fino a questo momento, anzi ho evitato di sposare un grasso nobile castellano desideroso di ricchezze e di trascorrere la mia vita sempre incinta, meditò lei. Le altre donne non fecero in tempo a replicare e sparirono nelle rispettive case con i compagni, non le invidio per niente, pensò. S’avviò per il sentiero che portava al torrente. Filippo non era venuto con lei, così Isabella si dedicò alla raccolta delle spighe e altre erbe selvatiche. Quando alzò lo sguardo era già pomeriggio inoltrato, aveva lavorato sotto il sole per diverse ore e ora era sudata e sporca. Farò un bagno, è luglio ed è trascorso molto tempo dall’ultima volta, soppesò lei. Si guardò intorno con circospezione, per fortuna i briganti non erano in vista così si spogliò ed entrò nel torrente. Un prodotto fantastico chiamato sapone era stato scoperto in Medio Oriente, tuttavia lei non ne possedeva perciò utilizzò della saponaria, si stava risciacquando quando vide sulla riva Filippo.

“ Esci, il sole è quasi calato”, l’apostrofò lui seccato.

“ Va bene, girati!”, esclamò lei contrariata.

“ Neanche per sogno, voglio vedere che bel animaletto ho catturato”, ironizzò lui.

Isabella si mostrò in tutta la sua grazia, il corpo acerbo e sodo con il seno appena spuntato e i lunghi capelli neri. Filippo non proferì parola e la lasciò vestire, poi insieme ritornarono al villaggio. Le donne stavano preparando la cena con i pezzi di lepre e i tuberi, così Isabella nel frattempo si dedicò alla spigolatura, infine aggiunse alla minestra delle spezie selvatiche per dare sapore.

I mesi passarono e l’inverno infine giunse in tutta la sua crudeltà, tutto il gruppetto trascorse molte ore ad affumicare la carne di cinghiale, inoltre lei e le altre donne si erano occupate in agosto e settembre di raccogliere più cereali selvatici possibili lasciando gli scarti per i cavalli e capre. Era stanca quella sera e aveva freddo, la neve e il ghiaccio aveva coperto il suolo raggelando gli uomini e le donne.

“ Non riesco a dormire, i denti mi battono troppo forte, posso avvicinarmi a te?”, sondò lei diretta a Filippo.

L’uomo le fece spazio sotto la coperta di pelliccia e Isabella si raggomitolò contro il suo corpo. In quei pochi mesi si era sviluppata e alzata. Nel mezzo della notte la ragazza sedicenne fu improvvisamente svegliata dai movimenti di Filippo.

“ Cosa c’è?”, chiese lei semi addormentata.

“ I lupi”, replicò lui afferrando l’arco e correndo fuori.

Isabella rabbrividì, non aveva armi per difendersi, tuttavia desiderava salvare i cavalli e le capre. Senza di loro moriremo di fame, si spaventò. All’esterno c’erano anche i berrovieri, le meretrici e Lucilla con mezzi di difesa occasionali. Isabella notò il luccichio di vari occhi animaleschi sbirciarli dal margine del bosco. Il fuoco di campo si era consumato durante la notte, Isabella s’avvicinò alle braci, in quel mentre un grosso lupo l’aggredì. Il panico la sopraffece, ma riuscì ugualmente ad afferrare un legno che ancora bruciava e con quello respinse l’animale. Urlò e Filippo la soccorse con un dardo, le due meretrici più giovani invece non furono così fortunate e neppure Ugo e Sebastian. Quando l’attacco terminò e i lupi si ritirarono si accorsero che erano stati uccisi. Lei e Lucilla piansero per le donne, nei mesi aveva imparato ad amarle, non erano persone cattive e crudeli. La luna era al primo quarto e illuminava poco il bosco circostante. Mancavano molte ore all’alba e l’arciere l’apostrofò.

“ Moriremo di freddo qua fuori. Non possiamo fare più nulla per loro”, le comunicò depresso.

Rientrarono nella casetta e lei gli si accoccolò vicino in cerca di conforto e calore singhiozzando piano. Filippo le accarezzò dolcemente i capelli scuri per calmarla e Isabella si sentì sciogliere. In quei mesi si era comportato bene con lei, l’aveva protetta e rispettata, cosa non era da tutti.

“ Non ti preoccupare piccola, ce la caveremo, lo facciamo sempre”, sussurrò lui.

Isabella lo abbracciò riconoscente e l’uomo la baciò per la prima volta.

In mattinata si svegliarono, scavarono quattro buche nel terreno duro e vi depositarono i corpi dei morti.

“ Ora siamo rimasti in quattro, proporrei in primavera di dividerci la dote di Isabella e separarci. Ognuno per la sua strada”, suggerì Filippo sulle loro tombe.

Robert non poteva ritornare nell’Impero Germanico e Filippo doveva abbandonare la signoria scaligera.

“ Noi potremmo andare verso Milano, nessuno ci conosce laggiù”, asserì il capitano imperiale stringendo Lucilla che annuì.

“ Noi verso Bologna”, dichiarò Filippo l’arciere guardandola.

Isabella gli sorrise approvando, felice di poter iniziare una nuova vita.

1 Giannetto: cavallo per dama

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