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Visita il Primo Museo Didattico Templare Permanente in Italia!

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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

venerdì 29 novembre 2013

"ANDARE A CANOSSA" VA ALLA FIERA DI MODENA

Il Centro turistico Andare a Canossa partecipa anche quest'anno all'edizione di Curiosa in Fiera che si terrà da sabato 30 novembre per due week end consecutivi fino al domenica 8 dicembre 2013. Saranno protagonisti libri, giochi, laboratori per bambini ed investiture: un vero e proprio tuffo nel Medioevo e l'eccezionale storia della Grancontessa Matilde di Canossa che tante tracce ha lasciato mille anni fa a Modena e Reggio: dalle cattedrali alle Pievi alle abbazie di Nonantola e Frassinoro, alledecine di castelli rivive a "curiosa"l'appuntamento clou di questo fine settimana. Nello stand "Andare a Canossa" sarà possibile seguire le sue orme: manifesti, libri, stampe, gadget e ricordi di ogni genere. Un' intera sezione sarà dedicata ai ragazzi ed al Medioevo: collezioni di spade, scudi ed armi antiche per i ragazzi-cavalieri, ma anche giochi, vestiti, libri per le piccole bambine-principesse. In particolare saranno disponibili una quarantina di titoli: romanzi, storia, saggi sulla Grancontessa. E soprattutto un libro per ragazzi, recentemente uscito, il primo nel suo genere e che racconta tutto di Matilde: "Il Sogno di Matilde a Canossa", testo di Federica Soncini ed illustrazioni di Daria Manenti. Cento pagine di affascinanti storie ed immagini davvero uniche. Il racconto di oltre cento pagine corredato da bellissime illustrazioni, racconta in maniera semplice e diretta, di un bambino, futuro cavaliere, Arduino, che salito col nonno sulle rovine del Castello, vive un'avventura fantastica a fianco di personaggi storici incredibili come il Papa, l'Imperatore e soprattutto Matilde di Canossa in persona.

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Sogno o realtà? Attraverso un salto nel tempo, Arduino viene informato da Matilde di come è stato costruito il Castello di Canossa, di tutte le leggende che nei secoli lo hanno circondato, della storia straordinaria che quel luogo ha vissuto mille anni fa, quando l'Imperatore è stato costretto ad umiliarsi per tre giorni nella neve, prima di essere perdonato dal Papa, e in quel modo riprendersi il potere che aveva perduto. Il libro si avvale di un'appendice che riporta il decalogo del Buon Cavaliere e della Brava Principessa, di un facile glossario per spiegare ai bambini cos'è stato il feudalesimo ed il medioevo ed un divertente diploma da cavaliere e principessa da compilare e tenere con sè alla fine della lettura. Durante i due fine settimana della fiera saranno attivi, all'interno dello stand, laboratori didattici con la possibilità di realizzare spade, scudi, corone personalizzate e di scoprire l'antico rituale dell'investitura feudale in compagnia di una ancella di Matilde in costume medievale.  

Immagine tratta da Wikipedia, Autore Simona65

Per informazioni dettagliate sulla fiera: www.curiosainfiera.it
Sito web del castello: www.castellodicanossa.it

Fonte: GazzettadiParma

"LO STERCO DEL DIAVOLO. IL DENARO NEL MEDIOEVO"

Il denaro nel senso in cui lo intendiamo oggi è un prodotto della modernità. Non è un protagonista di primo piano del Medioevo, né dal punto di vista economico e politico né da quello psicologico ed etico; è meno importante e meno presente di quanto non lo fosse nell'Impero romano, e soprattutto assai meno centrale di quanto non diventerà nei secoli successivi. Dai pulpiti medievali risuona la condanna dell'avarizia come peccato capitale e le parole dei monaci e dei frati elogiano la carità ed esaltano la povertà come ideale incarnato da Cristo. Non l'accumulo, non la ricchezza garantiscono il buon vivere. La salvezza è nel dono e nel sostegno ai deboli. La pecunia è maledetta e sospetta, perché né il denaro né il potere economico sono arrivati a emanciparsi dal sistema globale di valori proprio della religione e della società cristiana. La moneta sonante tornerà a girare con i rifornimenti di metallo prezioso, con lo sviluppo dell'economia cittadina, con la fondazione alla fine del XV secolo di istituti di credito per la sussistenza di molti poveri e con la nascita di una sorta di mercato unico. Sarà una rivoluzione lenta e silenziosa a modificare i pensieri delle donne e degli uomini del Medioevo e della stessa Chiesa, una rivoluzione che ha nome "capitalismo".


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Titolo Lo sterco del diavolo. Il denaro nel Medioevo
Autore Le Goff Jacques
Prezzo € 15,30
Dati 2010, XV-219 p., rilegato
Traduttore Galloni P.
Editore Laterza (collana I Robinson. Letture)

giovedì 28 novembre 2013

"IL SEGRETO DI CASTEL DEL MONTE NASCOSTO NEL MANOSCRITTO VOYNICH", NUOVO LIBRO DI GIUSEPPE FALLACARA E UBALDO OCCHINEGRO

Il volume Manoscritto Voynich e il Castel del Monte (Gangemi, 2013, pp 180, 40 euro), scritto da Giuseppe Fallacara e Ubaldo Occhinegro, sarà presentato per la prima volta in conferenza stampa mercoledì 4 dicembre, alle 18, nella sede di Bruxelles del Parlamento Europeo. L’evento sarà introdotto dall’eurodeputato Sergio Silvestris e vedrà le prestigiose conclusioni di Roberto Giacobbo, ideatore e presentatore del programma di Rai Due Voyager.Il libro – redatto in italiano con traduzioni in inglese - offre una inedita interpretazione della funzione storica che ha avuto il Castel del Monte di Federico II, che secondo gli autori non sarebe stato utilizzato dal Puer Apuliae come dimora dopo le battute di caccia, ma per la cura del corpo e dello spirito con l’obiettivo ultimo di raggiungere l’immortalità. E’ quindi nel manoscritto Voynich, l’unico manoscritto medievale che non è mai stato decodificato, che si trova la chiave di questa ipotesi. Il documento, infatti, sarebbe stato scritto da Bacone o da altri alchimisti alla corte di Federico II per offrire all’imperatore la vita eterna tramite percorsi termali, bagni, strane piante e riti particolari. "Questo studio - sostengono Fallacara e Occhinegro - collega e sovrappone le due opere che incredibilmente sembrano corrispondersi e svelare reciprocamente il proprio mistero". La conferenza stampa sarà trasmessa integralmente in diretta streaming sul sito www.castello.manoscritto.it a partire dalle 17.55 di mercoledì 4 dicembre.

Fonte: www.dabitonto.com





mercoledì 27 novembre 2013

SAN MARINO, UN TUFFO NEL MEDIOEVO PER RIVIVERE LE ORIGINI

Venerdì sera sul Titano si fa un salto nel Medioevo, con lo spettacolo di rievocazione storica San Marino a.D. 1463, a cura dell’associazione storico-culturale sammarinese I Fanciulli e la Corte di Olnano e della compagnia dell’Istrice, in scena al Teatro Titano alle 21 (ingresso 5 euro). Quest’anno ricorre l’anniversario dei 550 anni dell’annessione degli ultimi castelli (Serravalle, Montegiardino, Fiorentino e Faetano) e della consacrazione dei confini della Repubblica. Le due compagnie, con alle spalle un’esperienza di 12 anni nelle rievocazioni storiche, hanno voluto rappresentare proprio i fatti del 1463, quando tra la comunità del Titano e i Malatesta di Rimini si viveva un periodo di forti tensioni, culminate con una guerra, mentre contemporaneamente veniva suggellata la lunga amicizia con i Montefeltro di Urbino. Alcuni membri dell’associazione hanno svolto una ricerca su documenti storici del periodo, avvalendosi anche dell’aiuto di autorevoli studiosi di storia sammarinese e hanno poi realizzato una scrittura scenica ad hoc, concepita in un primo momento per l’allestimento nella Cava dei Balestrieri e poi adattata per il piccolo palcoscenico del Teatro Titano con la regia di Augusto Michelotti e Daniela Boncompagni.

Fonte: http://www.nqnews.it



LA TREGUA DI NATALE DEL 1914


Questa volta mi prendo una breve pausa dal medioevo per ricordare un evento che conoscono in pochi e che sta ritornando alla ribalta in queste ore. E' una storia bellissima e pertanto non posso non inserirla in un blog che parla di storia anche se ciò di cui parleremo è un fatto accaduto nei primi mesi della Prima Guerra Mondiale intorno al periodo di Natale. Era il 24 dicembre del 1914 nelle trincee poste sul fronte occidentale (Francia e Belgio). L'evento, che ebbe carattere di eccezionalità e rimase inviso ai comandi maggiori, fu del tutto spontaneo e vide per protagonisti le fazioni in lotta che decisero autonomamente una tregua per festeggiare il Santo Natale. Le trincee erano diventate il simbolo della Grande Guerra, elementi di una guerra di stazionamento logorante e devastante per il corpo e per la mente del soldato: il freddo era pungente, la percentuale di morti per malattia era altissima e la tenuta psicologica di chi viveva in trincea era duramente messa alla prova.
Ci troviamo nella precisione nelle Fiandre, sul fronte di Ypres dove tedeschi e britannici combattevano. Durante la notte di natale i tedesci posero delle candeline sugli alberi vicini che simboleggiavano alberelli di natale: di tutta risposta i britannici iniziarono ad elevare canti di natale a cui rispose un "Adeste Fideles" tedesco. La mattina seguente i soldati si incontrarono per scambiarsi qualche regalo approssimativo, whisky, sigarette o cioccolata regalando così questo fatto alla storia come "Tregua di Natale" che prevedeva la possibilità di poter seppellire i prorpri commilitoni deceduti senza pericoli di attacchi. All'improvviso sbucò un pallone, decisamente lontano nella qualità da quelli che vediamo oggi e tra inglesi e tedeschi iniziò una partita di calcio nel che vide imporsi i tedesci per 3-2 dopo che un pallone calciato violentemente fu bucato dalla recensione di filo spinato. Partita finita. La tregua durò poco: l'odore di trincea tornò a colpire i soldati e dal giorno dopo i combattimenti ripresero pesantemente. L'ordine dei comandi superiori divenne perentorio: d'ora in poi niente più pace durante il periodo di Natale. Recentemente è stato realizzato che il lungometraggio "Joeux Noel) che ha vinto il Festival del Cinema di Berlino. Riportiamo di seguito una testimonianza di un soldato inglese che assistette all'evento. 






"Janet, sorella cara, sono le due del mattino e la maggior parte degli uomini dormono nelle loro buche, ma io non posso addormentarmi se prima non ti scrivo dei meravigliosi avvenimenti della vigilia di Natale. In verità, ciò che è avvenuto è quasi una fiaba, e se non l'avessi visto coi miei occhi non ci crederei. Prova a immaginare: mentre tu e la famiglia cantavate gli inni davanti al focolare a Londra, io ho fatto lo stesso con i soldati nemici qui nei campi di battaglia di Francia! "Le prime battaglie hanno fatto tanti morti, che entrambe le parti si sono trincerate, in attesa dei rincalzi. Sicché per lo più siamo rimasti nelle trincee ad aspettare. Ma che attesa tremenda! Ci aspettiamo ogni momento che un obice d'artiglieria ci cada addosso, ammazzando e mutilando uomini. E di giorno non osiamo alzare la testa fuori dalla terra, per paura del cecchino. E poi la pioggia: cade quasi ogni giorno. Naturalmente si raccoglie proprio nelle trincee, da cui dobbiamo aggottarla con pentole e padelle. E con la pioggia è venuto il fango, profondo un piede e più. S'appiccica e sporca tutto, e ci risucchia gli scarponi. Una recluta ha avuto i piedi bloccati nel fango, e poi anche le mani quando ha cercato di liberarsi...» «Con tutto questo, non potevamo fare a meno di provare curiosità per i soldati tedeschi di fronte noi. Dopo tutto affrontano gli stessi nostri pericoli, e anche loro sciaguattano nello stesso fango. E la loro trincea è solo cinquanta metri davanti a noi." "Tra noi c'è la terra di nessuno, orlata da entrambe le parti di filo spinato, ma sono così vicini che ne sentiamo le voci. Ovviamente li odiamo quando uccidono i nostri compagni. Ma altre volte scherziamo su di loro e sentiamo di avere qualcosa in comune. E ora risulta che loro hanno gli stessi sentimenti. Ieri mattina, la vigilia, abbiamo avuto la nostra prima gelata. Benché infreddoliti l'abbiamo salutata con gioia, perché almeno ha indurito il fango." "Durante la giornata ci sono stati scambi di fucileria. Ma quando la sera è scesa sulla vigilia, la sparatoria ha smesso interamente. Il nostro primo silenzio totale da mesi! Speravamo che promettesse una festa tranquilla, ma non ci contavamo." soldati che fraternizzano fuori dalle trincee "Di colpo un camerata mi scuote e mi grida: ?Vieni a vedere! Vieni a vedere cosa fanno i tedeschi! Ho preso il fucile, sono andato alla trincea e, con cautela, ho alzato la testa sopra i sacchetti di sabbia». «Non ho mai creduto di poter vedere una cosa più strana e più commovente. Grappoli di piccole luci brillavano lungo tutta la linea tedesca, a destra e a sinistra, a perdita d'occhio. Che cos'è?, ho chiesto al compagno, e John ha risposto: 'alberi di Natale!'. Era vero. I tedeschi avevano disposto degli alberi di Natale di fronte alla loro trincea, illuminati con candele e lumini." "E poi abbiamo sentito le loro voci che si levavano in una canzone: ' stille nacht, heilige nacht…'. Il canto in Inghilterra non lo conosciamo, ma John lo conosce e l'ha tradotto: 'notte silente, notte santa'. 
Non ho mai sentito un canto più bello e più significativo in quella notte chiara e silenziosa. Quando il canto è finito, gli uomini nella nostra trincea hanno applaudito. Sì, soldati inglesi che applaudivano i tedeschi! Poi uno di noi ha cominciato a cantare, e ci siamo tutti uniti a lui: 'the first nowell (1) the angel did say…'. Per la verità non eravamo bravi a cantare come i tedeschi, con le loro belle armonie. Ma hanno risposto con applausi entusiasti, e poi ne hanno attaccato un'altra: 'o tannenbaum, o tannenbaum…'. A cui noi abbiamo risposto: 'o come all ye faithful…'. (2) E questa volta si sono uniti al nostro coro, cantando la stessa canzone, ma in latino: 'adeste fideles…'». «Inglesi e tedeschi che s'intonano in coro attraverso la terra di nessuno!" "Non potevo pensare niente di più stupefacente, ma quello che è avvenuto dopo lo è stato di più. 'Inglesi, uscite fuori!', li abbiamo sentiti gridare, 'voi non spara, noi non spara!'. Nella trincea ci siamo guardati non sapendo che fare. Poi uno ha gridato per scherzo: 'venite fuori voi!'. Con nostro stupore, abbiamo visto due figure levarsi dalla trincea di fronte, scavalcare il filo spinato e avanzare allo scoperto." "Uno di loro ha detto: 'Manda ufficiale per parlamentare'. Ho visto uno dei nostri con il fucile puntato, e senza dubbio anche altri l'hanno fatto - ma il capitano ha gridato 'non sparate!'. Poi s'è arrampicato fuori dalla trincea ed è andato incontro ai tedeschi a mezza strada. Li abbiamo sentiti parlare e pochi minuti dopo il capitano è tornato, con un sigaro tedesco in bocca!" "Nel frattempo gruppi di due o tre uomini uscivano dalle trincee e venivano verso di noi. Alcuni di noi sono usciti anch'essi e in pochi minuti eravamo nella terra di nessuno, stringendo le mani a uomini che avevamo cercato di ammazzate poche ore prima». «Abbiamo acceso un gran falò, e noi tutti attorno, inglesi in kaki e tedeschi in grigio. Devo dire che i tedeschi erano vestiti meglio, con le divise pulite per la festa. Solo un paio di noi parlano il tedesco, ma molti tedeschi sapevano l'inglese. Ad uno di loro ho chiesto come mai. 'Molti di noi hanno lavorato in Inghilterra', ha risposto. 'Prima di questo sono stato cameriere all'Hotel Cecil." "Forse ho servito alla tua tavola!' 'Forse!', ho risposto ridendo. Mi ha raccontato che aveva la ragazza a Londra e che la guerra ha interrotto il loro progetto di matrimonio. E io gli ho detto: 'non ti preoccupare, prima di Pasqua vi avremo battuti e tu puoi tornare a sposarla'. Si è messo a ridere, poi mi ha chiesto se potevo mandare una cartolina alla ragazza, ed io ho promesso. Un altro tedesco è stato portabagagli alla Victoria Station. Mi ha fatto vedere le foto della sua famiglia che sta a Monaco. Anche quelli che non riuscivano a parlare si scambiavano doni, i loro sigari con le nostre sigarette, noi il tè e loro il caffè, noi la carne in scatola e loro le salsicce. Ci siamo scambiati mostrine e bottoni, e uno dei nostri se n'è uscito con il tremendo elmetto col chiodo! Anch'io ho cambiato un coltello pieghevole con un cinturame di cuoio, un bel ricordo che ti mostrerò quando torno a casa." "Ci hanno dato per certo che la Francia è alle corde e la Russia quasi disfatta. Noi gli abbiamo ribattuto che non era vero, e loro. 'Va bene, voi credete ai vostri giornali e noi ai nostri'». «E' chiaro che gli raccontano delle balle, ma dopo averli incontrati anch'io mi chiedo fino a che punto i nostri giornali dicano la verità. Questi non sono i 'barbari selvaggi' di cui abbiamo tanto letto. Sono uomini con case e famiglie, paure e speranze e, sì, amor di patria. Insomma sono uomini come noi. Come hanno potuto indurci a credere altrimenti? Siccome si faceva tardi abbiamo cantato insieme qualche altra canzone attorno al falò, e abbiamo finito per intonare insieme - non ti dico una bugia - 'Auld Lang Syne'. Poi ci siamo separati con la promessa di rincontraci l'indomani, e magari organizzare una partita di calcio. E insomma, sorella mia, c'è mai stata una vigilia di Natale come questa nella storia? Per i combattimenti qui, naturalmente, significa poco purtroppo. Questi soldati sono simpatici, ma eseguono gli ordini e noi facciamo lo stesso. A parte che siamo qui per fermare il loro esercito e rimandarlo a casa, e non verremo meno a questo compito." "Eppure non si può fare a meno di immaginare cosa accadrebbe se lo spirito che si è rivelato qui fosse colto dalle nazioni del mondo." "Ovviamente, conflitti devono sempre sorgere. Ma che succederebbe se i nostri governanti si scambiassero auguri invece di ultimatum? Canzoni invece di insulti? Doni al posto di rappresaglie? Non finirebbero tutte le guerre?Il tuo caro fratello Tom.""

martedì 26 novembre 2013

CANTICO DELLE CREATURE



« Altissimu, onnipotente, bon Signore,
tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione.
Ad te solo, Altissimo, se konfàno et nullu homo ène dignu te mentovare.
Laudato sie, mi’ Signore, cum tucte le tue creature, spetialmente messor lo frate sole, lo qual’è iorno, et allumini noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore, de te, Altissimo, porta significatione.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora luna e le stelle, in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle.
Laudato si’, mi’ Signore, per frate vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale a le tue creature dai sustentamento.
Laudato si’, mi’ Signore, per sor’aqua, la quale è multo utile et humile et pretiosa et casta.
Laudato si’, mi' Signore, per frate focu, per lo quale ennallumini la nocte, et ello è bello et iocundo et robustoso et forte.
Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba.
Laudato si’, mi’ Signore, per quelli ke perdonano per lo tuo amore, et sostengo infirmitate et tribulatione.
Beati quelli ke 'l sosterrano in pace, ka da te, Altissimo, sirano incoronati.
Laudato si’ mi’ Signore per sora nostra morte corporale, da la quale nullu homo vivente pò skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le tue santissime voluntati, ka la morte secunda no 'l farrà male.
Laudate et benedicete mi’ Signore' et ringratiate et serviateli cum grande humilitate »




POESIE MEDIEVALI






A COSA SI RIFERISCE LA LOCUZIONE "SECOLI BUI"?

Nella storia europea, con il termine Secoli bui ci si riferisce al periodo iniziale del Medioevo, ovvero l'Alto medioevo, che abbraccia all'incirca gli anni dal 476 al 1000 dopo Cristo. L'esatto intervallo temporale considerato varia da studioso a studioso a secondo della scuola di pensiero cui appartiene. Il concetto di Secoli bui fu concepito da Francesco Petrarca nei primi anni del XIV secolo e fu originariamente inteso come una controversia radicale riguardante il carattere della letteratura latina moderna.

Fonte: Wikipedia


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IL MUSEO BIDDAS VINCE IL PREMIO "RICCARDO FRANCOVICH"

Il 15 Novembre 2013 è stato assegnato al 'Museo 'Biddas' di Sorso (Sassari) il premio 'Riccardo Francovich' per il miglior museo o parco archeologico medievale italiano. La cerimonia si è svolta nel pomeriggio al Museo Nazionale dell'Alto Medioveo della Capitale, in concomitanza con il convegno dal titolo 'Innovare la conoscenza, la tutela e la valorizzazione dei patrimoni culturali e dei paesaggi storici in Italia', al quale ha partecipato il ministro per i Beni Culturali, Massimo Bray, il soprintendente ai Beni Archeologici di Roma, Mariarosaria Barbera, lo storico dell'arte e componente della commissione per la riforma del Mibact, Tomaso Montanari, dell'archeologo Daniele Manacorda e di Giuliano Volpe, presidente della SAMI (Società degli Archeologi Medievisti Italiani). Il premio, istituito dalla SAMI e patrocinato dal Mibact, viene conferito al museo o parco archeologico italiano che, a giudizio dei propri Soci, rappresenta la migliore sintesi fra rigore dei contenuti scientifici ed efficacia nella comunicazione degli stessi verso il pubblico dei non specialisti.





I Soci hanno scelto all'interno di una rosa di sette siti e musei proposti dal Consiglio Scientifico del Premio, presieduto dal presidente Volpe, e composto da esperti nel campo della museologia, della storia e dell'archeologia medievale e della tutela e gestione dei beni culturali. La votazione on-line effettuata dai Soci ha visto prevalere, con largo margine di vantaggio, il museo 'Biddas - Museo dei Villaggi abbandonati della Sardegna', recentemente inaugurato presso il palazzo Baronale di Sorso (SS). Il museo, diretto da Marco Milanese dell'Università di Sassari, si è segnalato, oltre che per la sua qualità scientifica e museologica, anche per l'intensa attività didattica che, sin dal momento della sua apertura, svolge in favore delle scuole di ogni ordine e grado. Oltre a questo riconoscimento, il Consiglio scientifico del Premio ha deciso di conferire un premio speciale anche al Parco Archeominerario di Rocca San Silvestro (Campiglia Marittima - LI), alla cui realizzazione Riccardo Francovich contribuì in modo decisivo. Sarà consegnato anche un riconoscimento allo scrittore Marco Salvador. Un premio che va a un personaggio della cultura italiana che, con la sua opera ha contribuito a divulgare la conoscenza del Medioevo.

Fonte: AdnKronos

DANTE MISTERIOSO: NEL 2014 IL FILM

Saranno la voce e il volto dell’attore americano premio Oscar nel 1984 per “Amadeus” (in cui interpretava Salieri, il musicista rivale di Mozart), Frederick Murray Abraham, a guidare gli spettatori lungo un percorso che racconterà sul grande schermo gli aspetti meno noti della vita e delle opere di Dante, a cominciare dal suo poema più conosciuto, la Divina Commedia. Uscirà infatti prossimamente (la data dovrebbe essere il 14 febbraio 2014) nelle sale il nuovo film del regista torinese Louis Nero, Il mistero di Dante. La narrazione del film si snoda lungo un percorso che chiama in causa l’appartenenza (sostenuta da alcuni studiosi e ricercatori) di Dante a gruppi esoterici come i Fedeli D’Amore e i Rosacroce. Non manca anche l’ordine monastico-cavalleresco dei cavalieri Templari, cui, secondo alcuni, il sommo poeta sarebbe stato segretamente affiliato. Nei secoli sono stati molti gli autori che si sono cimentati con l’analisi dei versi e del pensiero di Dante (il cui nome è una contrazione di Durante), da Boccaccio a Petrarca fino alla riscoperta nell’Ottocento ad opera di pittori interessati al simbolismo dantesco come il preraffaellita Dante Gabriel Rossetti, o eruditi studiosi come il nobile romano Michelangelo Caetani autore, tra i vari suoi scritti (che faceva circolare privatamente tra gli amici intimi), dello studio intitolato Della dottrina che si asconde nell’ottavo e nono canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Allighieri, scritto nel 1852. L’interesse per Dante è proseguito fino ai primi decenni del Novecento proprio lungo questa falsariga, sopratutto con due autori differenti per sensibilità e visione, segno di come l’opera del fiorentino riesca in ogni epoca ad affascinare studiosi e uomini di cultura agli antipodi per convinzioni e formazione intellettuale. 




Nel 1928 l’accademico Luigi Valli pubblica infatti lo studio Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore”, nel quale si ipotizza che le poesie degli Stilnovisti (la corrente poetica in cui si riconosceva Dante) nascondessero in realtà un codice attraverso cui i seguaci di una setta, che si opponeva segretamente al potere ufficiale della Chiesa, comunicavano tra loro. Pochi anni prima, nel 1925, l’esoterista e tradizionalista francese René Guénon (poi “convertitosi” al sufismo islamico) aveva pubblicato uno dei suoi libri più affascinanti dal titolo L’esoterismo di Dante, nel quale il poeta oltre che ai Fedeli d’Amore e ai Templari, veniva accostato all’ordine segreto iniziatico dei Rosacroce e ai movimenti esoterici medievali antesignani della moderna massoneria, in particolare di quella di Rito Scozzese, le cui origini, come sanno quanti abbiano un infarinatura delle cose massoniche, risalirebbero ai Templari di Scozia. Negli anni recenti sì è assistito ad un nuovo revival, in cui autori più popolari, come ad esempio Dan Brown, hanno tentato di raccontare il lato misterioso di Dante. Lo scorso maggio è infatti uscito nelle librerie il romanzo Inferno nel quale l’autore del “Codice da Vinci” conduce il suo personaggio letterario, il professor Robert Langdon, lungo la trama di un trhiller che ha come ambientazione principale i luoghi della Firenze dantesca. Nel nuovo film di Nero esperti di letteratura e di simbolismo vengono intervistati sulla figura di Dante, dando ognuno la propria interpretazione personale sulla vita e le opere del sommo poeta. Tra questi il regista fiorentino Franco Zeffirelli, lo studioso di religioni Prof. Massimo Introvigne direttore del Cesnur (Centro Studi sulle nuove religioni) di Torino, il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, il Sovrano Gran Commendatore e Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli Alam (la massoneria di rito scozzese), Luigi Pruneti, lo scrittore e conduttore di Voyager, Roberto Giacobbo, lo scrittore e archeologo Valerio Massimo Manfredi e lo Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini (allievo spirituale di Guénon). Lo Shaykh Pallavicini guida a Milano una comunità religiosa islamica attenta agli studi tradizionali, produzione dantesca compresa. E’ noto infatti agli studiosi che Dante, molto probabilmente, avesse tratto ispirazione per la Divina Commedia (il cui titolo originale era Comedia -l’attributo di Divina fu aggiunto solo successivamente da Boccaccio) da un testo arabo diffuso nei territori della Spagna medievale ancora occupati dai musulmani noto come il Libro della Scala, narrante il viaggio ultraterreno del Profeta Maometto. Dante entrò forse in contatto con quel libro arabo tramite il suo maestro Ser Brunetto Latini, che era stato inviato quale ambasciatore dei guelfi di Firenze presso la corte di Alfonso X el Sabio, Re di Castiglia e Leon.
In tutta questa matassa un dato appare comunque assodato per gli accademici ufficiali: Dante, quasi certamente non firmò tutte le sue opere. A tal proposito tre sono infatti le opere “incriminate” ancora al vaglio della critica letteraria: Il Fiore, il Detto d’Amore e L’Intelligenza. I primi due in particolare sembrerebbero far propendere per un’attribuzione pressoché certa all’Alighieri. Secondo lo storico della letteratura italiana Gianfranco Contini Il Fiore, il quale non è nient’altro che la traduzione in volgare fiorentino del famoso Roman de la Rose, sarebbe un componimento giovanile di Dante scritto durante (o dopo) il soggiorno del poeta in Francia, tra il 1286 e il 1287. Mentre il Detto d’Amore, anch’esso ispirato al Roman de la Rose, è un’opera in versi dedicata all’amor cortese che presenta forti analogie stilistiche con il Fiore.
Dunque il “mistero (di) Dante” è ancora ben lungi dall’essere svelato. Per comprendere come scioglierlo non rimane forse che seguire l’esortazione del poeta stesso contenute nel IX Canto dell’Inferno: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”.

30/11/2013 "PREMIO ITALIA MEDIEVALE 2013" - CONSEGNA DEGLI ATTESTATI DALLE ORE 17:00



L'Associazione Culturale Italia Medievale è lieta di invitarvi sabato 30 novembre 2013 alle ore 17.00 presso lo Spazio Eventi della Libreria Feltrinelli di Via Manzoni 12 a Milano, si terrà la cerimonia di consegna degli attestati ai vincitori della 10a edizione del © Premio Italia Medievale e agli autori dei racconti vincenti dell'ottava edizione di "Philobiblon", il Premio Letterario Italia Medievale per racconti brevi e inediti liberamente ispirati al Medioevo. Ingresso libero. Tenendo fede alle motivazioni per le quali è nata, l'Associazione Culturale Italia Medievale ha istituito nel 2004 il © Premio Italia Medievale per assegnare annualmente un riconoscimento a personalità, istituzioni e privati che si sono particolarmente distinti nella promozione e valorizzazione del patrimonio medievale del nostro paese. Con questa iniziativa intendiamo sostenere concretamente l'impegno di tutti coloro che, come noi, operano per la ri-scoperta e la ri-nascita di un epoca per nulla buia e barbara, come ancora troppo spesso si vorrebbe far credere.




Nello stesso tempo, desideriamo ampliare il già nutrito mondo degli appassionati e offrire, anche ai meno attenti o interessati, l'incontro con un Medioevo più diretto e alla portata di tutti. Fin dalla sua seconda edizione il © Premio Italia Medievale ha ricevuto un importante riconoscimento dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano.

Questi i risultati della decima edizione del premio:
A) Editoria (scrittori, editori, tipografi, grafici, librerie) Le città italiane nel Medioevo (XII-XIV secolo), di Franco Franceschi e Ilaria Taddei
B) Arte (pittura, scultura, artigianato, modellismo, abiti) Stultifera Pepus ceramiche medievali
C) Spettacolo (attori, registi, produttori, musicisti) Matteo Zenatti, cantore di musica medievale
D) Gruppi storici (associazioni, gruppi d'arme, giochi storici) Comitato Antica Fiera di Santa Lucia
E) Istituzioni (enti pubblici, università, musei, biblioteche) Società Italiana di Filologia Romanza
F) Turismo (agenzie, tour operator, apt) Consorzio Pro Loco Valle di Ledro
G) Multimediale (portali, internet, web agency) Sguardo sul Medioevo

Il Consiglio Direttivo di Italia Medievale ha inoltre deciso di assegnare i seguenti premi speciali:
1) DVD "L'uso dell'arco - Armi e Armature" realizzato dal gruppo Aquila Invicta
2) Si Viaggiare di RAI 2 Questi i risultati dell'ottava edizione di Philobiblon, Premio Letterario Italia Medievale per racconti brevi e inediti liberamente ispirati al Medioevo: 1° classificato: Il destino di Gregorio Magno di Marco Corrias 2* classificato: Il principe ribelle di Luciano Poletto Ghella 3° classificato: I crociati anteriori di Marina Vellucci

lunedì 25 novembre 2013

SANTA CATERINA D'ALESSANDRIA

Santa Caterina d'Alessandria (287 – Alessandria d'Egitto, 305) vergine e martire, è venerata come santa dalla Chiesa cattolica, da quella ortodossa e, in generale, da tutte le Chiese Cristiane che accettano la venerazione dei Santi. Oltre alla incerta data di nascita (probabilmente 287) e al fatto che fu sottoposta a martirio ad Alessandria d'Egitto nel 305 (circa), della sua vita si sa poco ed è difficile distinguere la realtà storica dalle leggende popolari. Esistono anche delle fonti scritte, tutte però posteriori di diversi secoli; la più antica è una Passione in greco del VI-VII secolo; poi ci sono un'altra passione dell'XI secolo e la Leggenda Aurea, che risale addirittura al XIII secolo. Secondo la tradizione, Caterina è una bella giovane egiziana; la Leggenda Aurea specifica che era figlia di re e istruita fin dall'infanzia nelle arti liberali. Nel 305 un imperatore romano tenne grandi festeggiamenti in proprio onore ad Alessandria. Anche se la Leggenda Aurea parla di Massenzio, molti ritengono che si tratti di un errore di trascrizione e che l'imperatore in questione sia invece Massimino Daia, che proprio nel 305 fu proclamato cesare per l'oriente nell'ambito della tetrarchia. (Governatore d'Egitto in quell'anno era invece, fin dal 303, il prefetto Clodio Culciano, che non pare possa essere il protagonista della storia.) Ricordiamo inoltre che la data del 305 non è stabilita con certezza. Caterina si presentò a palazzo nel bel mezzo dei festeggiamenti, nel corso dei quali si celebravano feste pagane con sacrifici di animali e accadeva anche che molti cristiani, per paura delle persecuzioni, accettassero di adorare gli dei. Caterina rifiutò i sacrifici e chiese all'imperatore di riconoscere Gesù Cristo come redentore dell'umanità, argomentando la sua tesi con profondità filosofica. L'imperatore, che, secondo la Legenda Aurea, sarebbe stato colpito sia dalla bellezza che dalla cultura della giovane nobile, convocò un gruppo di retori affinché la convincessero ad onorare gli dei. Tuttavia, per l'eloquenza di Caterina, non solo non la convertirono, ma essi stessi furono prontamente convertiti al Cristianesimo. 




L'imperatore ordinò la condanna a morte di tutti i retori e dopo l'ennesimo rifiuto di Caterina la condannò a morire anch'essa su una ruota dentata. Tuttavia, lo strumento di tortura e condanna si ruppe e Massimino fu obbligato a far decapitare la santa. Secondo una leggenda posteriore, il suo corpo fu trasportato dagli angeli sul monte Sinai. In questo luogo, nel VI secolo, l'imperatore Giustiniano fondò il monastero che porta il nome della santa. Le scarse notizie sulla sua vita hanno sempre fatto dubitare della reale esistenza di una santa Caterina d'Alessandria d'Egitto. La stessa Chiesa cattolica ha spesso espresso i suoi dubbi, culminati nell'esclusione dal martirologio tra il 1962 e il 2002, nonostante il permesso del Vaticano di festeggiarla ugualmente. Santa Caterina d'Alessandria d'Egitto si festeggia il 25 novembre. È identificata, insieme a Santa Margherita d'Antiochia ed all'Arcangelo Michele, come una delle Voci che ispirarono Santa Giovanna d'Arco. Negli anni in cui la festa di Santa Caterina cade di domenica, si festeggia Cristo Re. In Italia è patrona di Abbasanta, Albosaggia, Ali, Baldissero d'Alba, Bazzini Casanova (frazione di Bardi), Bertinoro, Brissogne, Camerata Picena, Caselle Lurani, Castellino di Moncalvo, Castellonorato, Collegnago (frazione di Fivizzano, Massa Carrara), Comunanza, Deruta, Dorgali, Ferrara di Monte Baldo, Gorgonzola, Guastalla, Locri, Melito (Prignano Cilento), Mongrassano, Monteverde, Mores, Nibbiola, Orciano di Pesaro, Paceco, Pedara, Rovereto sulla Secchia, San Giovanni Ilarione, San Pietro Clarenza, Santa Caterina dello Ionio, Santa Caterina di Lusiana, Santa Caterina Villarmosa, Santa Caterina di Nardò, Scandiano, Sluderno, Stanghella, Viggianello, Caprioli di Pisciotta ed è festeggiata anche a Novi Ligure, ad Acqui Terme a Rivoli (Fiera di Santa Caterina il lunedì più vicino al 25 novembre), e a Cortemilia (Fiera di Santa Caterina il 25 novembre). Pur non essendo la santa patrona, viene festeggiata con un'importante fiera a Udine. Santa Caterina è compatrona con San Michele Arcangelo di Grammichele; i festeggiamenti avvengono il 6,7 e 8 maggio giornata conclusiva. La santa è compatrona insieme con San Marco Evangelista anche del comune di Cellino San Marco dove da secoli si svolge una grande fiera mercato il 25 novembre, conosciuta in tutto il Salento come la fera te lu cappottu: la fiera, molto grande, dura per tutta la giornata fino a sera inoltrata. Sempre nel Salento la santa è venerata a Galatina: festeggiata anche in questa cittadina tradizionalmente il 25 di novembre, alla santa è dedicata una magnifica basilica d'origine tardo gotica - romanica completamente affrescata al suo interno in puro stile giottesco - senese con attinente un chiostro d'origine romanico anch'esso. Questa chiesa viene considerata uno dei pochissimi esempi di architettura gotica nella penisola salentina. Santa Caterina è anche patrona dello "studio dei legisti" (la moderna Giurisprudenza) dell'Università di Padova e dell'Università di Siena. La sua è vissuta come la festa dei giovani. In Francia è patrona degli studenti di teologia e protettrice delle apprendiste sarte. Da Caterina di Alessandria deriva il termine francese catherinette (caterinetta) che in origine indicava una giovane donna da marito. La tradizione torinese, invece, indicava con il termine "caterinette" le giovani sartine e le modiste che svolgevano il loro apprendistato negli atelier di confezioni della città, e che assai sovente diventavano oggetto dei corteggiamenti da parte degli studenti universitari. Nella provincia di Ravenna il 25 novembre (Giorno di Santa Caterina d'Alessandria) è tradizione regalare dei biscotti a forma di bambola alle bambine, chiamate "Caterine". Il corrispettivo per i maschietti è un biscotto a forma di galletto. Santa Caterina d'Alessandria viene rappresentata con la corona in testa e vestita di abiti regali per sottolineare la sua origine principesca. La palma che tiene in mano indica il martirio. Il libro ricorda la sua sapienza e la sua funzione di protettrice degli studi e di alcune categorie sociali dedite all'insegnamento (insegnanti e Ordini religiosi come i Domenicani e gli Agostiniani). Infine viene rappresentata con una spada, l'arma che le tolse la vita, e la ruota dentata, lo strumento del martirio, elemento che lega la santa a numerose categorie di arti e mestieri che hanno a che fare con la ruota. Forse è questo l'elemento che unisce santa Caterina ai ceramisti, di cui è protettrice. I dubbi sulla sua esistenza storica hanno spinto la Chiesa cattolica ad escludere santa Caterina dal Martirologio Romano dal 1969 al 2002 ma anche in quel periodo il Vaticano non proibì il culto della santa come dimostrano le tante chiese ad essa dedicate. Dal 2003 la memoria liturgica è stata ripristinata nella Chiesa cattolica, seppure come memoria facoltativa che si celebra il 25 novembre.

Fonte: Wikipedia

CORSO DI COSTRUZIONE DELL' ARCO STORICO

Il corso organizzato dagli amici dell'Accademia Medioevo si sviluppa in 6 lezioni di 3 ore ciascuna, con lo scopo di permettervi di acquisire le competenze teoriche e pratiche per la costruzione di Archi Storici e Frecce in Legno. A conclusione del corso ogni allievo avrà realizzato il proprio Arco e le proprie frecce e, nell'ultima lezione sono previste esperienze di Tiro. Il corso si svolgerà nelle seguenti date dalle ore 16.00 alle ore 19.00

Sabato 14 dicembre 
Sabato 11 Gennaio 
Sabato 25 Gennaio 
Sabato 8 Febbraio 
Sabato 22 Febbraio 
Sabato 15 Marzo 

L'iscrizione è resa effettiva dalla ricezione del Modulo di Partecipazione e versamento di un acconto di euro 50,00. Per gli iscritti entro venerdi 22 novembre è prevista una riduzione di 40,00 euro sulla quota totale di partecipazione. Per i partecipanti "fuori sede" è possibile usufruire di bed&breakfast convenzionati. I materiali sono compresi nel costo del corso.

via Marco Moscato 39 - 00045 , Genzano di Roma (RM)
Tel: 338 47 87 362 
Tel: 347 13 64 049

www.accademiamedioevo.it
info@accademiamedioevo.it



COSTANTINO E L'EDITTO DI MILANO: CRISTIANESIMO E CULTI ANTICHI PER UNA NUOVA IDENTITA'


A conclusione del 2013, nel 1700° anniversario dalla promulgazione dell'Editto di Milano, Giussano celebra la ricorrenza con un grande evento presso Villa Mazenta: la mostra “Costantino e l'Editto di Milano: Cristianesimo e culti antichi per una nuova identità”. Dal primo al 15 dicembre le sale della villa racconteranno la figura dell’imperatore Costantino e lo storico Editto di Tolleranza del 313, che equiparò il Cristianesimo alle altre religioni professate nell'impero romano, con particolare attenzione alla Brianza e al processo di cristianizzazione del territorio. L'evento è stato fortemente voluto dall'Assessorato alla Cultura del Comune di Giussano, che ha dato patrocinio e sostegno, gode del patrocinio della Provincia di Monza e Brianza ed è stato realizzato in collaborazione con l'Associazione Culturale Identità Europea, Perceval Archeostoria, Legio I Italica e Officine Briantee. La rassegna è sponsorizzata da Carrefour e Gelsia. La mostra è curata da Elena Percivaldi, storica e saggista, ed è stata concepita per spiegare al pubblico non specialista, con un linguaggio semplice e accessibile, l'importanza storica del cosiddetto “Editto di Tolleranza”, che dopo secoli di persecuzione decretava per il Cristianesimo la libertà di culto consentendone il proselitismo. Un atto la cui portata avrebbe cambiato, nel giro di pochi secoli, il volto religioso e culturale dell'Europa. La mostra è articolata in due sezioni. Nella prima sono presentati gli eventi (la tetrarchia, la celebre battaglia del Ponte Milvio, il concilio di Nicea, l'Editto stesso) e i loro protagonisti nel contesto storico, politico e religioso del tempo; si affronta anche la cristianizzazione della Brianza chiarendone modalità e problematiche. La seconda sezione, invece, propone in esposizione riproduzioni filologicamente corrette di oggetti e armi del periodo tardo-romano (a cura della Legio I Italica) allestite in teche, più alcune ambientazioni realizzate con manichini interamente abbigliati che illustrano l'equipaggiamento dei soldati del IV secolo e alcuni momenti della vita civile. «La mostra – spiega la curatrice – non è una semplice cronaca di fatti ma vuole indagare quel momento di svolta in maniera profonda. Ecco perché di Costantino, che ne fu il principale artefice, sono messe in luce anche la personalità e l'atteggiamento ambiguo nei confronti del Cristianesimo. Fu davvero credente?





Come si rapportò con l'eredità pagana di Roma? Sono domande a cui si cerca di dare risposta. Grande spazio hanno anche le leggende che si impadronirono dell'imperatore e della madre Elena: il “sogno di Costantino” prima della battaglia, la sua conversione, la Leggenda della Vera Croce. Sarà poi possibile, grazie alle riproduzioni di oggetti dell'epoca, assaporare anche l'atmosfera del tempo e comprendere perché Costantino riuscì, grazie alla sua personale risolutezza e alla forza del suo esercito, a imporsi come punto di riferimento politico ritardando la crisi di un impero che era ormai inesorabilmente sul viale del tramonto». Sono previsti anche alcuni eventi collaterali. Durante l'open day del primo dicembre, nel pomeriggio, terminata l'inaugurazione e la visita guidata si terranno varie attività didattiche per il pubblico a cura della Legio I Italica. Sarà inoltre presente uno stand librario a cura dell'Associazione Culturale Identità Europea. Infine, venerdì 13 dicembre, alle ore 21, la curatrice terrà la conferenza “Costantino ed Elena nell'iconografia e nell'arte”, in cui le figure dell'imperatore e della madre e le leggende che li vedono protagonisti saranno rilette partendo dalle loro rappresentazioni in miniature, sculture, quadri, affreschi (a cominciare dal ciclo dipinto da Piero della Francesca nella Basilica di San Francesco ad Arezzo) ed altri capolavori ben presenti nell'immaginario collettivo di tutti. 

Titolo: Costantino e l'Editto di Milano: Cristianesimo e culti antichi per una nuova identità 
A cura di: Elena Percivaldi 
Periodo: 1-15 dicembre 2013 
Luogo: Giussano (Mb), Villa Mazenta (piazza S. Giacomo). 
Orari di apertura: venerdì 15.30-18.30; Sabato e domenica 10-12 e 15-19 
Informazioni: cultura@comune.giussano.mb.it, Tel. 0362/358250 
Ufficio stampa: EP Pressoffice ep.pressoffice@gmail.com 

Inaugurazione con open day: 1 dicembre ore 15 (attività ludico-didattiche a cura di Legio I Italica, banchetto libri a cura di Identità Europea). 
Conferenza “Costantino ed Elena nell'iconografia e nell'arte” (a cura di Elena Percivaldi): venerdì 13 dicembre ore 21, Villa Sartirana (via Carroccio 2) 

venerdì 22 novembre 2013

ALFREDO SPADONI A LUDIKA 2013!

Il nostro amico e collaboratore Alfredo Spadoni ci ricorda che sarà presente alla Fiera di Roma il 29 novembre 2013 in occasione dell'evento "Ludika" 2013. La manifestazione ha riservato spazio alle attività di rievocazione e ricostruzione storica. E' una ottima occasione per incontrare un abilissimo artista che tra l'altro abbiamo premiato come Eccellenza Medievale!




Per vedere i suoi lavori, cliccate qui...

ARCHITETTURA MEDIEVALE A CORI

Continua il ciclo di conferenze convegni e presentazioni “Cori. Nuove fonti per lo studio della città” organizzato dalla Direzione Scientifica del Museo della Città e del Territorio di Cori, dall’Associazione Culturale Arcadia e dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Cori. Domani pomeriggio, sabato 23 novembre 2013, alle ore 16.00, presso la Sala Conferenze del Museo si terrà la presentazione di un nuovo lavoro di ricerca dal titolo “Architettura ed edilizia a Cori nel Medioevo”, tenuta dalla dott.ssa Eleonora Palleschi. La città di Cori, ampiamente studiata, soprattutto per le fasi di epoca romana, necessitava di un esame più approfondito del “costruito abitativo” sviluppatosi nel corso del Medioevo e pervenuto a noi nonostante i diversi interventi che ne hanno, in parte, compromesso una lettura più organica.





La metodologia di ricerca, che ha utilizzato come base il Catasto Pio Gregoriano del 1819, è stata impostata sul censimento degli edifici e delle tipologie murarie ascrivibili al periodo medievale. Sebbene limitato, per ora, alla zona di Cori Monte, il lavoro ha mostrato risultati interessanti che potrebbero dare avvio alla comprensione dello sviluppo urbano della città in un’epoca in cui le fonti storiche e documentarie non abbondano. Sembra, inoltre, che il primo nucleo sul quale si è impostata la città medievale sia quello di Cori Monte: una zona posta in altura, dotata di preesistenti mura di cinta, in cui era facile reperire materiale da costruzione e dove la quasi totale assenza di precedenti strutture, se escludiamo quella del tempio cd. di Ercole, offriva un’ampia zona sulla quale edificare il “nuovo” centro abitato. Questo studio si propone, dunque, non solo di rendere pubblici i risultati della ricerca, ma, soprattutto, di portare l’attenzione su un aspetto, quello dell’edilizia cosiddetta “minore”, che, messa in ombra dall’attenzione nei riguardi di quella “pubblica”, viene spesso dimenticata nell’ambito dei progetti di tutela e di valorizzazione.

Fonte: H24notizie.com

ALESSANDRO BARBERO PRESENTA "DONNE, MADONNE, MERCANTI E CAVALIERI"

Fra’ Salimbene da Parma, il francescano che ha conosciuto papi e imperatori, vescovi e predicatori, e su ognuno ha da raccontare aneddoti, maldicenze e pettegolezzi; Dino Compagni, il mercante di Firenze che ha vissuto in prima persona i sussulti politici d’un comune lacerato dai conflitti al tempo di Dante; Jean de Joinville, il nobile cavaliere che ha accompagnato Luigi il Santo alla crociata, testimone imperturbabile di sacrifici, eroismi e vigliaccherie; Caterina da Siena, che parlava con Dio e le cui lettere infuocate facevano tremare papi e cardinali; Christine de Pizan (si chiamava in realtà Cristina da Pizzano), la prima donna che ha concepito se stessa come scrittrice di professione, si è guadagnata da vivere ed è diventata famosa scrivendo libri; Giovanna d’Arco, che comandò un esercito vestita da uomo e pagò con la vita quella sfida alle regole del suo tempo. È possibile incontrare uomini e donne del Medioevo, sentirli parlare a lungo e imparare a conoscerli? È possibile se hanno lasciato testimonianze scritte, in cui hanno messo molto di se stessi. È il caso di cinque su sei dei nostri personaggi; della sesta, Giovanna d’Arco, che era analfabeta o quasi, possediamo lo stesso le parole, grazie al processo di cui fu vittima e protagonista. Questi e molte altre le curiosità alle quali  ha tentato di dare risposta Alessandro Barbero, insegnante di storia medievale presso l’Università del Piemonte Orientale con sede a Vercelli, nel suo ultimo libro. Studioso di prestigio, noto al grande pubblico per la sua ultradecennale collaborazione con Piero Angela. Ha al suo attivo diverse pubblicazioni di storia medioevale. La presentazione è programmata per martedì 26 novembre dalle ore 18 presso lo spazio incontri della Libreria Lazzarelli di Novara (via Fratelli Rosselli 45). Ingresso Libero.

Informazioni sul libro

Autore: Alessandro Barbero
Titolo: Donne, Madonne, mercanti e Cavalieri
Editore: LaTerza
Pagine: 138
Costo: €14,00

Fonte: Novaratoday.it



A BOBBIO "FANTASTICO MEDIOEVO 2013", 24/11/2013

Domenica 24 Novembre a Bobbio si tiene l’edizione 2013 di “Fantastico Medioevo". Il centro storico della città si anima con accampamenti, laboratori di arti e mestieri, giochi medievali, cavalieri, dame, fanti, servitori, nobili e popolani. Inoltre visita guidata gratuita al borgo medievale. Dalle ore 11.00 alle ore 19.00 nell'accampamento allestito in piazza Santa Fara potrete riscoprire le antiche arti e mestieri. (la tenda del fabbro, il ceraio, lo speziale , la cucina medioevale, la passamaneria, le cotte di maglia). Giochi in Costumer per tutti i bambini, con Nespolo, il giullare, cavalieri armati che si sfideranno in duello, guardie e ladri. Inoltre sbandieratori  e musici  e cavalcata sui pony con battesimo della sella. Alle ore 11 a cura del Lyons Club Bobbio presso il  Museo della Città - ingresso dal Chiostro dell'Abbazia di San Colombano, presentazione del libro :"La Cucina Medioevale" di Enrico Carnevale Schianca, incontro conversazione con l'autore.
Dalle ore 12.30 in Piazza Santa Fara apertura stand gastronomici per un appetitoso pranzo a Base di Polenta e salamelle. Alle ore 14.30 con partenza da Piazza San Colombano Visite Guidate alla Città.

Fonte: Piacenza24.eu



TEMPLARI E MASSONI COL GRUPPO "LEO CLUB" DI ALBA

Il Leo Club Alba Langhe organizza per il  pomeriggio di sabato 30 novembre alle ore 17 presso il centro culturale S. Giuseppe (piazzetta Vernazza n. 6, Alba) un convegno su Templari e Massoneria dal titolo: “Alba e la Massoneria. Un misterioso viaggio dai Cavalieri del Tempio al massone albese Michele Coppino”.
L’incontro sarà presieduto da due illustri nomi di fama nazionale di origine cuneese: il prof. Aldo Alessandro Mola, storico, direttore del Centro per la Storia della Massoneria e del Centro europeo “Giovanni Giolitti” ed il prof. Guido Araldo, studioso di storia locale e scrittore. Modererà l’incontro l’avv. Giuseppe Rossetto, Socio LC Alba Langhe. L’idea di realizzare questo ambizioso convegno, e perché no, anche coraggioso, nasce dal fascino che i Templari e i Massoni esercitano da sempre sull’uomo e che ai giorni nostri non finiscono ancora di attrarre. Il convegno, ad ingresso libero, vuole essere un viaggio nell’Alba più segreta e inaccessibile, dove passato e presente si incontrano tuttora, mettendo in luce grandi nomi del panorama albese che hanno fatto parte di logge templari e massoniche. Un nome tra tutti: Michele Coppino. Al termine, ampio spazio per dibattito e domande ai relatori. Seguirà un piccolo rinfresco offerto dai ragazzi del Leo Club di Alba. Per tutta il pomeriggio di sabato vi sarà una postazione per la vendita dei Pandorini il cui ricavato verrà devoluto in beneficenza per i vari service del Distretto Leo. Per info: leo.albalanghe(at)gmail.com o 348/0703359 (Elena)

Fonte: http://www.targatocn.it



giovedì 21 novembre 2013

A CACCIA DEL PORTO MEDIEVALE SPROFONDATO AD AMALFI

L’Amalfi sommersa è molto più che un mito come può essere quello di Atlantide, la civiltà sepolta dal mare. Perché la città scomparsa è una reale area portuale e marittima medievale inabissata nello specchio d’acqua davanti la città della Costiera amalfitana. È addirittura il poeta Petrarca che nelle Epistole Familiari ha descritto per la prima volta la potente mareggiata che nella notte tra il 24 e il 25 novembre del 1343 sommerse un terzo della città. Questa storia però, che rischia di confondersi con la leggenda, tanto che i pescatori amalfitani raccontano che ancora oggi le loro reti gettate al largo si incagliano nei resti degli antichi palazzi, e di una fontana che emetterebbe acqua dolce in mare aperto, ha più di un fondamento storico e prove emerse da diverse esplorazioni archeologiche e geologiche condotte già a partire dal 1970. Domani 22 novembre, alle 10.30 presso gli Arsenali, il Centro di Cultura e Storia Amalfitana, con lo storico Giuseppe Gargano, farà il punto della situazione sulle scoperte fatte durante questi quarant’anni. E sarà la lectio magistralis di Matthew Harpster dell’Università di Birmingham (tra i più grandi esperti di archeologia marittima) ad introdurre l’ipotesi di un progetto di prospezioni subacquee nello specchio d’acqua della Costiera che, secondo le ricerche, doveva essere il crocevia di tre rotte commerciali mediterranee che si incrociavano proprio al largo.

Fonte: Ilmattino.it

CON LA COMPAGNIA DI ARTI E MESTIERI IL MEDIOEVO VITERBESE SBARCA A LUDICA ROMA

Un tuffo nel passato con spettacoli, laboratori, giocoleria, musica e mestieri antichi. Ma anche consulenza storica e laboratori per le scuole. Se siete affascinati dal mondo del Medioevo la Compagnia di Arti e Mestieri di Bagnoregio fa al caso vostro. È infatti un’associazione culturale che ha tra i suoi scopi principali quello di tramandare il patrimonio storico attraverso i metodi dell’archeologia sperimentale. La Compagnia viterbese sarà tra le protagoniste di Ludica Roma, il festival italiano dei giochi da tavolo, di ruolo, wargame, softair e videogiochi, che si svolgerà da venerdì 29 novembre a domenica 1 dicembre alla Fiera di Roma insieme a Ludica Model, evento dedicato agli appassionati di modellismo statico e dinamico, e a Ludica Bimbi, la fiera per i bambini fino a dieci anni. A richiesta, la Compagnia di Arti e Mestieri organizza, tra l’altro, anche laboratori di scrittura, miniatura, mosaico, tiro con l’arco e perfino alimentazione medievale. In occasione di Ludica Roma con un unico biglietto sarà possibile visitare tre eventi, con 250 stand e aree gioco, mentre i bambini fino a dieci avranno accesso gratuito. In fiera si potranno vedere, oltre al “mondo medievale”, diverse altre attrazioni quali il concorso di pitture di miniature, i giochi autoprodotti, le sfide a Risiko, i giochi di ruolo e le partite a Subbuteo. Fonte di un sano e intenso piacere intellettuale, i Giochi della Mente affascinano e coinvolgono milioni di persone in tutto il mondo e possono essere praticati a qualsiasi età a partire dai 5 anni. Scacchi, enigmistica e sudoku stimolano, con lo spirito del gioco, l’allenamento della mente, l’esercizio dell’intuito e della fantasia. Dopo il successo del 2012, torna anche in questa edizione di Ludica Roma, all’interno dell’area dedicata ai Giochi da Tavolo, lo spazio riservato all’Associazione Frascati Scacchi, dove Rosario Lucio Ragonese, esperto enigmista, arbitro e istruttore della Federazione Scacchistica Italiana, presenterà le sue iniziative rivolte a “giocatori della mente” di tutte le età. Fiore all’occhiello di Frascati Scacchi (Associazione Sportiva Dilettantistica della Federazione Scacchistica Italiana, nominata “Società dell’Anno 2009” per i meriti sportivi conseguiti), che si occupa da molti anni della diffusione degli scacchi nelle scuole e nel territorio, sono i pluri-campioni italiani giovanili under 8, 10, 14 e 16, che hanno rappresentato l’Italia agli europei ed ai mondiali e che si confronteranno con il pubblico a Ludica Roma per la Sfida ai Campioni. Saranno inoltre disponibili i migliori istruttori per minicorsi e partite. Inoltre, scacchi e scacchiere saranno sempre disponibili per il gioco libero e per un sano divertimento.

Fonte: Ontuscia

LA CONFESSIONE GIUSTIFICA I MEZZI

(Articolo di Claudio Corvino). La prassi giudiziaria esigeva che, per dichiarare la colpevolezza degli imputati, vi fossero almeno due testimoni oculari. In alternativa, era sufficiente l’ammissione dei reati contestati, che però, se non giungeva spontanea...Nel Malleus Maleficarum, le domande di Institor e Sprenger ruotavano soprattutto intorno ai maleficia e alle credenze da mulierculae. Perché le accuse diventassero di satanismo o adorazione del diavolo era necessario l’intervento del giudice, ma non solo: anche della tortura. Come ha scritto lo storico Brian P. Levac: «l’accusa di adorare il diavolo, nei processi di stregoneria, non viene mai formulata prima di giungere alla fase del procedimento in cui si applica la tortura». Ne deriva che la tortura ebbe una notevole importanza, sia per comprendere meglio cosa realmente confessavano gli imputati, sia per un problema di carattere strettamente giuridico che si presentava ai giudici, soprattutto agli inquisitori.
È dunque lecito immaginare un quadro piuttosto cupo, ma non si deve credere che, alla fine del Quattrocento, cioè all’epoca in cui il Malleus fu pubblicato, iniziasse in Europa uno sterminio di streghe generalizzato. Piuttosto, con un andamento non sempre del tutto ben chiaro, la «caccia» procedeva con esplosioni improvvise, seguendo focolai diversi e legandosi a particolari situazioni locali o, talvolta, alla personalità di un singolo giudice. E, nei primi anni del Cinquecento, sembrerebbe verificarsi un rallentamento del fenomeno stregonico. Scrivendo nel 1516, Lutero poteva dire che, nonostante nella sua giovinezza avesse sentito parlare di molte streghe, ora «non se ne sentiva parlare» piú di tanto. Ma sappiamo come questo pur straordinario religioso non sia mai stato uno storico oggettivo. A contraddirlo, basterebbe il canonista spagnolo Francisco Peña: «Nulla è piú frequentemente disputato oggi, che di sortilegi e divinazioni». Ma Peña scriveva nel Cinquecento ormai inoltrato, ed è effettivamente vero che molti storici hanno notato una diminuzione dei processi, accompagnata, e questo è un dato piú immediatamente verificabile, da una corrispondente interruzione della pubblicazione di trattati e manuali di stregoneria. Lo stesso Malleus, che pure fu vendutissimo tra il 1486 e il 1520, non fu piú ristampato da quest’ultima data e fino al 1576. Il 31 ottobre del 1517 Lutero affisse le sue Tesi alle porte della cattedrale di Wittenberg, in Sassonia: inaspettatamente, per lo meno al suo inizio, anche la Riforma contribuí alla diminuzione dei processi di stregoneria. 





Tutte insieme a far baldoria

Verso il 1516, questo grande riformatore predicava alla sua congregazione che «molti credono che le streghe si rechino a cavallo di una scopa, o di un ariete o di una testa d’asino, in un posto o nell’altro in cui tutte le streghe fanno baldoria insieme, a loro piacere; ma è proibito non solo far ciò ma anche credere che si faccia». Questo, però, fu solo all’inizio, visto che pochi anni dopo cambiò totalmente i toni, coniando quella definizione che è rimasta famosa: «le streghe sono le puttane del diavolo». Ma se la Riforma, in qualche modo e per qualche tempo, sembra avere interrotto la caccia alle streghe in alcuni Paesi, ciò non fu legato direttamente alla volontà dei suoi fondatori. È piú probabile trovarne le cause in altri fattori, come il rifiuto, per lo meno iniziale, di ogni costruzione teorica cattolica riguardo alle streghe e, parimenti, dei trattati demonologici a cui questa diede vita. Inoltre la Riforma allontanò dai suoi territori l’inquisizione papale, e il riordino delle giurisdizioni ecclesiastiche, insieme con il trasferimento di gran parte delle loro competenze alle corti secolari, si risolse in una radicale trasformazione, e in un conseguente rallentamento, di tutto l’apparato giudiziario destinato a occuparsi di stregoneria. Questa sorta di «distrazione» dal fenomeno, tuttavia, fu solo temporanea e già alla metà del Cinquecento la caccia riprendeva con maggior vigore di prima. La spiegazione di un tale atteggiamento può avere molte cause, una delle quali può essere ravvisata nel fatto che, dopo alcuni decenni di transizione, in realtà la Riforma non seppe e non volle elaborare una teoria autonoma e indipendente riguardo alle streghe, accettando e facendo proprie le vecchie concezioni demonologiche espresse dai teologi cattolici, arrivando a citare le stesse autorictates, come rimproverò aspramente, ma siamo già nella prima metà del XVII secolo, Christian Thomasius Benedict Carpzov, autore della Practica Rerum Criminalium (1635). La caccia alle streghe infuriò nei territori protestanti come in quelli cattolici, con modalità piú o meno simili: dalle crudeli persecuzioni scozzesi e quella dei Paesi di Vaud, alle piú «tolleranti» dei Paesi Bassi. Come nel resto d’Europa, spesso le accuse provenivano «dal basso», senza necessariamente l’intervento di alcuna inquisitio d’ufficio, che tutt’al piú si limitava in questo caso ad assecondare le sollecitazioni della popolazione, propensa a ricorrere al linciaggio come strumento di giustizia sommaria. Questa era una prassi abbastanza normale, come già per il 1127 ci ricorda Galbert di Bruges, riportato da Jean-Claude Schmitt in Medioevo «superstizioso» (Editore Laterza, Roma-Bari 2010): «Quando il conte Thierry andò per la prima volta a Lilla, gli venne incontro una strega, scendendo nel fiume che il conte stava per attraversare passando per il ponte proprio accanto alla iettatrice che lo asperse d’acqua. Allora, si dice, il conte si ammalò di cuore e di stomaco fino al punto da essere nauseato da bevande e cibi. I cavalieri, preoccupati della sua sorte, s’impadronirono della strega e, legandole mani e piedi, la collocarono su un mucchio di paglia e di fieno accesi e la bruciarono».

Le compagnie di giustizia

Anche nel Cinquecento e nel Seicento il meccanismo non cambia di molto: le esecuzioni sommarie vengono solitamente organizzate dai parenti delle vittime del presunto maleficio, talvolta da giovani riuniti in vere e proprie «compagnie di giustizia». La strega viene scovata, frustata e finita a colpi di pietre, o finisce sul fuoco. L’assassino si nasconde per un po’ di tempo, fino a che, aiutato dai notabili del luogo, riesce a ottenere una lettera di remissione. Tutto ciò accadeva anche nei Paesi protestanti, forse con qualche motivazione maggiore, o quantomeno diversa. Lutero, come anche Calvino o gli altri riformatori religiosi, non elaborarono alcunché di diverso riguardo alla presenza del diavolo nel mondo, anzi, quasi ingigantirono la sua figura, rendendola onnipresente e potentissima e trovandogli un fondamento biblico piú solido. Lo stesso Lutero ha piú volte sostenuto di avere ingaggiato veri combattimenti con questo rappresentante del Male in terra. Al tempo stesso, il protestantesimo iniziò una guerra senza quartiere alle superstizioni, di qualunque tipo fossero, da quelle non ecclesiastiche – come l’uso di incantesimi, di amuleti o di ogni altra forma di magia, terapeutica e non –, a quelle ecclesiastiche, come venivano considerate le devozioni popolari, quali l’adorazione dei santi, l’utilizzo pseudomagico del rosario, delle immagini sante e delle reliquie. Persino il sacramento cattolico dell’Eucarestia e la Messa di cui era parte venivano bollati come superstiziosi e magici. Questa ricerca della purezza, però, ebbe come corollario l’impoverimento delle difese popolari contro la magia: la vittima di un presunto maleficio, o magari colui che voleva soltanto scongiurare possibili mali futuri, non poteva piú disporre di alcuni mezzi considerati efficacissimi contro il male: il segno della croce, l’aspergere la casa con acqua benedetta, appendervi immagini di santi, o tutti quei rituali protettivi che si utilizzavano in genere contro il potere del diavolo. Tutto ciò, in qualche modo, oltre a contribuire a un atteggiamento meno indulgente verso alcune «stranezze» della devozione popolare, poté da un lato rafforzare la paura delle streghe e, dall’altro, fare sí che l’unico modo per contrastare i malefici e coloro che li perpetravano fosse la via giudiziaria, con un conseguente aumento dei processi.

Per vincere il «senso di colpa»

Nel contesto protestante, alcuni storici hanno voluto dare un ruolo rilevante alla vecchia teoria del «capro espiatorio» della comunità di villaggio. La convinzione nasce dal fatto che la ricerca sistematica del concetto di salvezza, soprattutto in ambiente calvinista, in qualche modo contribuí alla nascita di un tipo di personalità molto motivata, le cui energie, fisiche e morali, potevano essere incanalate verso attività genericamente sociali. Ancora Brian P. Levack sostiene che ogniqualvolta una persona coscienziosa cadeva nel peccato, si trovava di fronte a un senso di colpa e di indegnità morale che rasentava la spaventosa prospettiva di non essere tra gli «eletti». Di questo «senso di colpa», la vittima faceva di tutto per liberarsi: in genere trasferendolo su un’altra persona, meglio la strega, oggetto ideale in quanto incarnazione del Male. Le streghe, secondo questa visione psico-sociologica, diventavano i capri espiatori di una comunità che stava lottando per affermare un nuovo ordine morale. Il senso di colpa ritorna anche nelle analisi dello storico Alan Macfarlane per quanto riguarda la stregoneria in Inghilterra tra il Cinquecento e il Seicento. Analizzando le accuse di malefici e stregonerie nei villaggi, Macfarlane individua alcune costanti che inducono a vedere nella strega una donna, perlopiú anziana, o vedova, e in genere appartenente allo stesso villaggio, quando non alla stessa contrada, della vittima. Già Reginald Scot, d’altronde, alla fine del XVI secolo, aveva sostenuto che il potere delle streghe era confinato nell’ambito dei loro rapporti sociali (come scoprirà piú tardi l’antropologia), «perché la distanza massima che possono raggiungere è andare a prendere un secchio di latte ecc., a mezzo miglio circa dalle loro case». In una società basata su forme di solidarietà economiche che cominciavano a declinare, ecco allora che le accuse comparivano quando c’erano mancanze nei rispettivi, reciproci doveri di aiuto. Il saggio dello storico inglese abbonda di casi di donne stregate per essersi rifiutate di portare alla vicina pesci dal mercato di città, per avere scacciato in malo modo una vecchietta che si limitava a raccogliere legna nella proprietà della vittima, oppure cosí: «Tenendo un uomo, a quel tempo, una festa per la tosatura, e non avendola invitata [la strega], pur essendo lei sua vicina, ella gli stregò ben due pecore». Cosí l’oggetto del contendere (un prestito non concesso, un attrezzo non prestato), diventano lo stadio finale di un processo economico e sociale piú complesso, che nasconde un cambiamento fondamentale dell’intero complesso di rapporti tra vicini. La stregoneria – secondo Macfarlane – poteva diventare cosí la «causa» vera, nel senso che spiegava il fine, il motivo o la volontà celate dietro una disgrazia. In un senso piú strettamente psicologico, il senso di colpa diventava cosí la molla di tutta una serie di accuse ai danni delle vicine (perché in genere si trattava di donne), presunte streghe.

LA TORTURA



Tutte le forme di tortura giudiziaria del Medioevo venivano inflitte solo a individui accusati di gravi crimini, quando su di loro pesavano sospetti precisi, al fine di ottenere una confessione che si erano rifiutati di fare durante l’interrogatorio ordinario. Il tormento della fune, o corda, o ancora della «colla», come questo supplizio veniva chiamato nel linguaggio piú corrente, era concepito per non far soffrire oltre un certo limite chi lo subiva. All’accusato venivano legate le mani dietro le spalle, poi lo si attaccava a una fune che passava per una carrucola fissata al soffitto della stanza e lo si tirava su, lasciandolo penzolare per aria per una durata che andava da un minuto a un’ora. La discesa poteva essere piú o meno brutale, a seconda della paura che si voleva mettere al delinquente. Lo si poteva anche lasciar ricadere d’un colpo fino a terra, dove si schiantava.

Se necessario, il «tratto» veniva ripetuto una, due o tre volte, prima che la vittima fosse riportata davanti al giudice. Allora e solo allora, dopo avergli lasciato il tempo di meditare sui pericoli corsi, il giudice riprendeva l’interrogatorio dell’imputato. Dal giudice e dagli esecutori dipendeva, dunque, in gran parte il grado di crudeltà del tormento inflitto all’imputato. Nel Medioevo non esistevano trattati su come praticare la tortura, e i codici di leggi – come per esempio gli Statuti comunali –, quando ne parlano, lo fanno con estrema sobrietà: si raccomanda tutt’al piú di limitare l’uso dei tormenti ai crimini piú gravi e di adeguare comunque la loro crudeltà alla condizione sociale dell’imputato e al valore degli indizi raccolti.

La «colla» presentava, appunto, il grosso vantaggio di consentire infinite gradazioni nelle sofferenze da infliggere al malcapitato e questa è senz’altro la ragione per la quale i giuristi del Medioevo la preferivano a ogni altro tipo di tortura. Può anche darsi, del resto, che la colla, o fune, fosse stata, all’inizio, l’unica forma di tortura ammessa dai tribunali dell’Italia comunale. Il che vuol dire che la tortura ha una sua storia che possiede, come tutte le storie, un inizio e una fine. La fine la conosciamo tutti, perché coincide con le grandi vittorie della civiltà moderna sui modi e costumi degli antichi regimi. Mentre pochi sanno, all’infuori degli storici del diritto, che la tortura nasce, o piuttosto rinasce, all’inizio del XIII secolo, in un contesto culturale ben preciso, quello appunto della «rinascita» del diritto romano, e che la sua diffusione segna una tappa decisiva nello sviluppo della civiltà giuridica.

Per comprenderlo, occorre accantonare per un momento il problema dei mezzi di tortura e focalizzare l’attenzione sulla funzione della tortura all’interno del sistema giudiziario. Fino al XII secolo, i tribunali seguivano un solo tipo di procedura, quella accusatoria: chi aveva subito un danno chiedeva giustizia al giudice, accusando l’autore del danno; in caso di omicidio, toccava alla famiglia della vittima – e a nessun altro – chiedere riparazione del crimine. L’accusatore, naturalmente, doveva produrre prove, orali o scritte, e il giudice, pur non essendo un conoscitore del diritto ma un «potente», cioè un conte o un signore, le esaminava con la dovuta attenzione. Ma al giudice non interessava la verità oggettiva dei fatti e nessuno gli chiedeva di indagare per sapere che cosa fosse realmente accaduto. Doveva solo ricercare o favorire la soluzione di un litigio che, se non fosse stato composto, avrebbe scatenato una guerra tra le parti e minacciato l’ordine pubblico.

Nei casi piú delicati, si poteva anche ricorrere all’ordalia, per esempio alla prova del ferro rovente o a quella dell’acqua bollente, oppure al duello, lasciando cosí alle forze sovrannaturali il compito di indicare l’esito del conflitto. Ma non alla tortura, che risponde, come vedremo fra un istante, a esigenze del tutto diverse. Il sistema giudiziario in vigore presso i popoli germanici non conosceva altri procedimenti e, quindi, negli Stati occidentali, la giustizia ha funzionato, salvo poche modifiche dovute a Carlo Magno, secondo le regole del processo accusatorio per tutto il periodo che va dall’arrivo dei barbari alla fine del XII secolo. Poi, nel giro di pochi decenni, le cose sono molto cambiate e si è assistito all’apparizione, accanto al procedimento accusatorio, di un nuovo tipo di processo: quello inquisitorio. Cos’era successo? Poco prima i giuristi italiani avevano scoperto le mille risorse del diritto romano, studiandolo direttamente sulle fonti originali, e non piú attraverso compilazioni tardive e corrotte. Ed è nei codici di Giustiniano, appunto, che i dottori di Bologna hanno scoperto l’esistenza di una procedura che consente allo Stato di perseguire gli autori di delitti pur in assenza di una parte querelante e che obbliga il giudice ad accertare la verità, se necessario anche con l’ausilio di mezzi coercitivi come il carcere e la tortura.


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Il successo della nuova procedura fu immediato. Alla metà del XIII secolo era già di uso corrente presso i tribunali laici dell’Italia comunale. Ma la Chiesa, da parte sua, non fu meno solerte nell’intuire i vantaggi della procedura inquisitoria, che fu subito adottata dai tribunali creati alla stessa epoca – siamo nella prima metà del XIII secolo – dalla Santa Sede per reprimere l’eresia. Nascevano in tal modo i tribunali dell’Inquisizione, cosí chiamati proprio perché giudicavano secondo le regole del processo inquisitorio e agli inquisitori la Chiesa riconosceva, non meno che ai giudici laici, la facoltà di utilizzare la tortura. Inutile dire che il giudice, nell’impiegare questi metodi, deve agire con grande discernimento: la tortura serve ad accertare la verità, deve fornirgli la prova che manca, vale a dire la confessione di colui che tutti gli indizi indicano come il principale sospetto. Va quindi applicata in circostanze ben precise, che la legge, per esempio nei Comuni italiani, dove il suo uso si diffonde abbastanza presto, delimita con estrema severità: ci vogliono un presunto colpevole di cattiva fama, un crimine particolarmente grave, indizi seri e numerosi.

D’altra parte la tortura non deve far soffrire oltre il necessario, né mettere in pericolo la vita dell’imputato, o anche solo minacciarne l’integrità fisica. Tutte queste cautele per limitare l’uso e la crudeltà della tortura impediscono allo storico di oggi di formulare su di essa giudizi cosí severi come quelli emessi, in tempi ben diversi dai nostri, da personaggi come Voltaire e Cesare Beccaria.  Ma c’è di piú: gli storici del diritto non dubitano un istante che la tortura, utilizzata e disciplinata come lo era nel quadro del processo inquisitorio, abbia segnato un grande progresso nel funzionamento della giustizia, perché fondava la sentenza sulla verità dei fatti, e non piú sulla capacità delle parti di far prevalere i propri diritti. E dal loro punto di vista, che è quello della dottrina giuridica, non hanno torto. Solo che, nella realtà di ogni giorno, molti giudici non esitavano a fare della tortura un uso distorto, applicandola fuori misura, con strumenti molto piú crudeli della semplice fune e al servizio di interessi che avevano ben poco da spartire con la manifestazione della verità.

Abbiamo per esempio la cronaca di Dino Compagni, un fiorentino dell’inizio del Trecento molto critico nei confronti dei giudici, ai quali rimprovera di essere corrotti e servi della nobiltà. Vi leggiamo che nella sua città, dove infuriava la lotta tra le due fazioni dei Neri e dei Bianchi, la colla veniva sistematicamente utilizzata per terrorizzare i prigionieri politici, anche quando non avevano piú niente da confessare. Uno di loro non sopravvisse al tormento. Per un altro, il giudice volle aggiungere i tormenti psicologici oltre a quelli fisici: ordinò di «mettere alla colla» l’imputato, che era un famoso uomo di legge di Firenze e poi, mentre lo si teneva sollevato, fece aprire finestre e porte del palazzo e invitò la folla ad assistere allo spettacolo e a deridere il suppliziato.

Ma, perlomeno, ci pare di capire che la Firenze dell’epoca di Dante non aveva ancora sostituito la colla con altri e piú terribili strumenti di tortura. Non fu dappertutto cosí e, senza parlare dei tormenti piú raccapriccianti che la barbarie umana non ha cessato mai di inventare, nel Medioevo come oggi, la giustizia medievale utilizzò, con la benedizione dei giuristi, forme di tortura che non ebbero tutte la relativa innocuità della colla. Una delle piú diffuse consisteva nello stringere al di là del sopportabile le membra del soggetto; i carnefici disponevano per questo di una gamma infinita di strumenti, dai piú semplici ai piú sofisticati.

Usavano per esempio lo stivaletto, o «stivale spagnolo», una specie di gambale di ferro dentro il quale, con un meccanismo a vite, si stringeva la gamba del malcapitato fino a spezzargli le ossa. Non serviva tanta crudeltà con donne e ragazzi: bastava mettere loro tra le dita delle mani congiunte zufoli o cannette e stringere con una cordicella. Il fuoco offriva naturalmente mille possibilità di tormento: una della piú semplici consisteva nell’ungere i piedi del malcapitato di turno con olio o lardo, accendendovi sotto un buon fuoco; il supplizio poteva durare «il tempo di un credo e di due miserere», ci dicono le fonti, e ripetersi a discrezione del giudice. E come non citare, per finire, il tormento della «lingua caprina», noto tanto in Occidente come in Oriente?

La tecnica non cambiava da una civiltà – si fa per dire – all’altra: si cospargevano di sale o di acqua salata i piedi del reo, assicurato a una seggiola, e si invitava una capra, possibilmente affamata, a leccarglieli; in teoria, la capra con la sua lingua ruvida poteva consumare pelle e muscoli del suppliziato e arrivare fino all’osso. In teoria: perché nella realtà sembra che questo tormento sia esistito solo nell’immaginazione fertile e perversa di certi giuristi. Che sollievo!

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