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martedì 26 novembre 2013

DANTE MISTERIOSO: NEL 2014 IL FILM

Saranno la voce e il volto dell’attore americano premio Oscar nel 1984 per “Amadeus” (in cui interpretava Salieri, il musicista rivale di Mozart), Frederick Murray Abraham, a guidare gli spettatori lungo un percorso che racconterà sul grande schermo gli aspetti meno noti della vita e delle opere di Dante, a cominciare dal suo poema più conosciuto, la Divina Commedia. Uscirà infatti prossimamente (la data dovrebbe essere il 14 febbraio 2014) nelle sale il nuovo film del regista torinese Louis Nero, Il mistero di Dante. La narrazione del film si snoda lungo un percorso che chiama in causa l’appartenenza (sostenuta da alcuni studiosi e ricercatori) di Dante a gruppi esoterici come i Fedeli D’Amore e i Rosacroce. Non manca anche l’ordine monastico-cavalleresco dei cavalieri Templari, cui, secondo alcuni, il sommo poeta sarebbe stato segretamente affiliato. Nei secoli sono stati molti gli autori che si sono cimentati con l’analisi dei versi e del pensiero di Dante (il cui nome è una contrazione di Durante), da Boccaccio a Petrarca fino alla riscoperta nell’Ottocento ad opera di pittori interessati al simbolismo dantesco come il preraffaellita Dante Gabriel Rossetti, o eruditi studiosi come il nobile romano Michelangelo Caetani autore, tra i vari suoi scritti (che faceva circolare privatamente tra gli amici intimi), dello studio intitolato Della dottrina che si asconde nell’ottavo e nono canto dell’Inferno della Divina Commedia di Dante Allighieri, scritto nel 1852. L’interesse per Dante è proseguito fino ai primi decenni del Novecento proprio lungo questa falsariga, sopratutto con due autori differenti per sensibilità e visione, segno di come l’opera del fiorentino riesca in ogni epoca ad affascinare studiosi e uomini di cultura agli antipodi per convinzioni e formazione intellettuale. 




Nel 1928 l’accademico Luigi Valli pubblica infatti lo studio Il linguaggio segreto di Dante e dei “Fedeli d’Amore”, nel quale si ipotizza che le poesie degli Stilnovisti (la corrente poetica in cui si riconosceva Dante) nascondessero in realtà un codice attraverso cui i seguaci di una setta, che si opponeva segretamente al potere ufficiale della Chiesa, comunicavano tra loro. Pochi anni prima, nel 1925, l’esoterista e tradizionalista francese René Guénon (poi “convertitosi” al sufismo islamico) aveva pubblicato uno dei suoi libri più affascinanti dal titolo L’esoterismo di Dante, nel quale il poeta oltre che ai Fedeli d’Amore e ai Templari, veniva accostato all’ordine segreto iniziatico dei Rosacroce e ai movimenti esoterici medievali antesignani della moderna massoneria, in particolare di quella di Rito Scozzese, le cui origini, come sanno quanti abbiano un infarinatura delle cose massoniche, risalirebbero ai Templari di Scozia. Negli anni recenti sì è assistito ad un nuovo revival, in cui autori più popolari, come ad esempio Dan Brown, hanno tentato di raccontare il lato misterioso di Dante. Lo scorso maggio è infatti uscito nelle librerie il romanzo Inferno nel quale l’autore del “Codice da Vinci” conduce il suo personaggio letterario, il professor Robert Langdon, lungo la trama di un trhiller che ha come ambientazione principale i luoghi della Firenze dantesca. Nel nuovo film di Nero esperti di letteratura e di simbolismo vengono intervistati sulla figura di Dante, dando ognuno la propria interpretazione personale sulla vita e le opere del sommo poeta. Tra questi il regista fiorentino Franco Zeffirelli, lo studioso di religioni Prof. Massimo Introvigne direttore del Cesnur (Centro Studi sulle nuove religioni) di Torino, il Rabbino Capo di Roma, Riccardo Di Segni, il Sovrano Gran Commendatore e Gran Maestro della Gran Loggia d’Italia degli Alam (la massoneria di rito scozzese), Luigi Pruneti, lo scrittore e conduttore di Voyager, Roberto Giacobbo, lo scrittore e archeologo Valerio Massimo Manfredi e lo Shaykh ‘Abd al Wahid Pallavicini (allievo spirituale di Guénon). Lo Shaykh Pallavicini guida a Milano una comunità religiosa islamica attenta agli studi tradizionali, produzione dantesca compresa. E’ noto infatti agli studiosi che Dante, molto probabilmente, avesse tratto ispirazione per la Divina Commedia (il cui titolo originale era Comedia -l’attributo di Divina fu aggiunto solo successivamente da Boccaccio) da un testo arabo diffuso nei territori della Spagna medievale ancora occupati dai musulmani noto come il Libro della Scala, narrante il viaggio ultraterreno del Profeta Maometto. Dante entrò forse in contatto con quel libro arabo tramite il suo maestro Ser Brunetto Latini, che era stato inviato quale ambasciatore dei guelfi di Firenze presso la corte di Alfonso X el Sabio, Re di Castiglia e Leon.
In tutta questa matassa un dato appare comunque assodato per gli accademici ufficiali: Dante, quasi certamente non firmò tutte le sue opere. A tal proposito tre sono infatti le opere “incriminate” ancora al vaglio della critica letteraria: Il Fiore, il Detto d’Amore e L’Intelligenza. I primi due in particolare sembrerebbero far propendere per un’attribuzione pressoché certa all’Alighieri. Secondo lo storico della letteratura italiana Gianfranco Contini Il Fiore, il quale non è nient’altro che la traduzione in volgare fiorentino del famoso Roman de la Rose, sarebbe un componimento giovanile di Dante scritto durante (o dopo) il soggiorno del poeta in Francia, tra il 1286 e il 1287. Mentre il Detto d’Amore, anch’esso ispirato al Roman de la Rose, è un’opera in versi dedicata all’amor cortese che presenta forti analogie stilistiche con il Fiore.
Dunque il “mistero (di) Dante” è ancora ben lungi dall’essere svelato. Per comprendere come scioglierlo non rimane forse che seguire l’esortazione del poeta stesso contenute nel IX Canto dell’Inferno: “O voi ch’avete li ‘ntelletti sani, mirate la dottrina che s’asconde sotto ‘l velame de li versi strani”.

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