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giovedì 21 novembre 2013

LA CONFESSIONE GIUSTIFICA I MEZZI

(Articolo di Claudio Corvino). La prassi giudiziaria esigeva che, per dichiarare la colpevolezza degli imputati, vi fossero almeno due testimoni oculari. In alternativa, era sufficiente l’ammissione dei reati contestati, che però, se non giungeva spontanea...Nel Malleus Maleficarum, le domande di Institor e Sprenger ruotavano soprattutto intorno ai maleficia e alle credenze da mulierculae. Perché le accuse diventassero di satanismo o adorazione del diavolo era necessario l’intervento del giudice, ma non solo: anche della tortura. Come ha scritto lo storico Brian P. Levac: «l’accusa di adorare il diavolo, nei processi di stregoneria, non viene mai formulata prima di giungere alla fase del procedimento in cui si applica la tortura». Ne deriva che la tortura ebbe una notevole importanza, sia per comprendere meglio cosa realmente confessavano gli imputati, sia per un problema di carattere strettamente giuridico che si presentava ai giudici, soprattutto agli inquisitori.
È dunque lecito immaginare un quadro piuttosto cupo, ma non si deve credere che, alla fine del Quattrocento, cioè all’epoca in cui il Malleus fu pubblicato, iniziasse in Europa uno sterminio di streghe generalizzato. Piuttosto, con un andamento non sempre del tutto ben chiaro, la «caccia» procedeva con esplosioni improvvise, seguendo focolai diversi e legandosi a particolari situazioni locali o, talvolta, alla personalità di un singolo giudice. E, nei primi anni del Cinquecento, sembrerebbe verificarsi un rallentamento del fenomeno stregonico. Scrivendo nel 1516, Lutero poteva dire che, nonostante nella sua giovinezza avesse sentito parlare di molte streghe, ora «non se ne sentiva parlare» piú di tanto. Ma sappiamo come questo pur straordinario religioso non sia mai stato uno storico oggettivo. A contraddirlo, basterebbe il canonista spagnolo Francisco Peña: «Nulla è piú frequentemente disputato oggi, che di sortilegi e divinazioni». Ma Peña scriveva nel Cinquecento ormai inoltrato, ed è effettivamente vero che molti storici hanno notato una diminuzione dei processi, accompagnata, e questo è un dato piú immediatamente verificabile, da una corrispondente interruzione della pubblicazione di trattati e manuali di stregoneria. Lo stesso Malleus, che pure fu vendutissimo tra il 1486 e il 1520, non fu piú ristampato da quest’ultima data e fino al 1576. Il 31 ottobre del 1517 Lutero affisse le sue Tesi alle porte della cattedrale di Wittenberg, in Sassonia: inaspettatamente, per lo meno al suo inizio, anche la Riforma contribuí alla diminuzione dei processi di stregoneria. 





Tutte insieme a far baldoria

Verso il 1516, questo grande riformatore predicava alla sua congregazione che «molti credono che le streghe si rechino a cavallo di una scopa, o di un ariete o di una testa d’asino, in un posto o nell’altro in cui tutte le streghe fanno baldoria insieme, a loro piacere; ma è proibito non solo far ciò ma anche credere che si faccia». Questo, però, fu solo all’inizio, visto che pochi anni dopo cambiò totalmente i toni, coniando quella definizione che è rimasta famosa: «le streghe sono le puttane del diavolo». Ma se la Riforma, in qualche modo e per qualche tempo, sembra avere interrotto la caccia alle streghe in alcuni Paesi, ciò non fu legato direttamente alla volontà dei suoi fondatori. È piú probabile trovarne le cause in altri fattori, come il rifiuto, per lo meno iniziale, di ogni costruzione teorica cattolica riguardo alle streghe e, parimenti, dei trattati demonologici a cui questa diede vita. Inoltre la Riforma allontanò dai suoi territori l’inquisizione papale, e il riordino delle giurisdizioni ecclesiastiche, insieme con il trasferimento di gran parte delle loro competenze alle corti secolari, si risolse in una radicale trasformazione, e in un conseguente rallentamento, di tutto l’apparato giudiziario destinato a occuparsi di stregoneria. Questa sorta di «distrazione» dal fenomeno, tuttavia, fu solo temporanea e già alla metà del Cinquecento la caccia riprendeva con maggior vigore di prima. La spiegazione di un tale atteggiamento può avere molte cause, una delle quali può essere ravvisata nel fatto che, dopo alcuni decenni di transizione, in realtà la Riforma non seppe e non volle elaborare una teoria autonoma e indipendente riguardo alle streghe, accettando e facendo proprie le vecchie concezioni demonologiche espresse dai teologi cattolici, arrivando a citare le stesse autorictates, come rimproverò aspramente, ma siamo già nella prima metà del XVII secolo, Christian Thomasius Benedict Carpzov, autore della Practica Rerum Criminalium (1635). La caccia alle streghe infuriò nei territori protestanti come in quelli cattolici, con modalità piú o meno simili: dalle crudeli persecuzioni scozzesi e quella dei Paesi di Vaud, alle piú «tolleranti» dei Paesi Bassi. Come nel resto d’Europa, spesso le accuse provenivano «dal basso», senza necessariamente l’intervento di alcuna inquisitio d’ufficio, che tutt’al piú si limitava in questo caso ad assecondare le sollecitazioni della popolazione, propensa a ricorrere al linciaggio come strumento di giustizia sommaria. Questa era una prassi abbastanza normale, come già per il 1127 ci ricorda Galbert di Bruges, riportato da Jean-Claude Schmitt in Medioevo «superstizioso» (Editore Laterza, Roma-Bari 2010): «Quando il conte Thierry andò per la prima volta a Lilla, gli venne incontro una strega, scendendo nel fiume che il conte stava per attraversare passando per il ponte proprio accanto alla iettatrice che lo asperse d’acqua. Allora, si dice, il conte si ammalò di cuore e di stomaco fino al punto da essere nauseato da bevande e cibi. I cavalieri, preoccupati della sua sorte, s’impadronirono della strega e, legandole mani e piedi, la collocarono su un mucchio di paglia e di fieno accesi e la bruciarono».

Le compagnie di giustizia

Anche nel Cinquecento e nel Seicento il meccanismo non cambia di molto: le esecuzioni sommarie vengono solitamente organizzate dai parenti delle vittime del presunto maleficio, talvolta da giovani riuniti in vere e proprie «compagnie di giustizia». La strega viene scovata, frustata e finita a colpi di pietre, o finisce sul fuoco. L’assassino si nasconde per un po’ di tempo, fino a che, aiutato dai notabili del luogo, riesce a ottenere una lettera di remissione. Tutto ciò accadeva anche nei Paesi protestanti, forse con qualche motivazione maggiore, o quantomeno diversa. Lutero, come anche Calvino o gli altri riformatori religiosi, non elaborarono alcunché di diverso riguardo alla presenza del diavolo nel mondo, anzi, quasi ingigantirono la sua figura, rendendola onnipresente e potentissima e trovandogli un fondamento biblico piú solido. Lo stesso Lutero ha piú volte sostenuto di avere ingaggiato veri combattimenti con questo rappresentante del Male in terra. Al tempo stesso, il protestantesimo iniziò una guerra senza quartiere alle superstizioni, di qualunque tipo fossero, da quelle non ecclesiastiche – come l’uso di incantesimi, di amuleti o di ogni altra forma di magia, terapeutica e non –, a quelle ecclesiastiche, come venivano considerate le devozioni popolari, quali l’adorazione dei santi, l’utilizzo pseudomagico del rosario, delle immagini sante e delle reliquie. Persino il sacramento cattolico dell’Eucarestia e la Messa di cui era parte venivano bollati come superstiziosi e magici. Questa ricerca della purezza, però, ebbe come corollario l’impoverimento delle difese popolari contro la magia: la vittima di un presunto maleficio, o magari colui che voleva soltanto scongiurare possibili mali futuri, non poteva piú disporre di alcuni mezzi considerati efficacissimi contro il male: il segno della croce, l’aspergere la casa con acqua benedetta, appendervi immagini di santi, o tutti quei rituali protettivi che si utilizzavano in genere contro il potere del diavolo. Tutto ciò, in qualche modo, oltre a contribuire a un atteggiamento meno indulgente verso alcune «stranezze» della devozione popolare, poté da un lato rafforzare la paura delle streghe e, dall’altro, fare sí che l’unico modo per contrastare i malefici e coloro che li perpetravano fosse la via giudiziaria, con un conseguente aumento dei processi.

Per vincere il «senso di colpa»

Nel contesto protestante, alcuni storici hanno voluto dare un ruolo rilevante alla vecchia teoria del «capro espiatorio» della comunità di villaggio. La convinzione nasce dal fatto che la ricerca sistematica del concetto di salvezza, soprattutto in ambiente calvinista, in qualche modo contribuí alla nascita di un tipo di personalità molto motivata, le cui energie, fisiche e morali, potevano essere incanalate verso attività genericamente sociali. Ancora Brian P. Levack sostiene che ogniqualvolta una persona coscienziosa cadeva nel peccato, si trovava di fronte a un senso di colpa e di indegnità morale che rasentava la spaventosa prospettiva di non essere tra gli «eletti». Di questo «senso di colpa», la vittima faceva di tutto per liberarsi: in genere trasferendolo su un’altra persona, meglio la strega, oggetto ideale in quanto incarnazione del Male. Le streghe, secondo questa visione psico-sociologica, diventavano i capri espiatori di una comunità che stava lottando per affermare un nuovo ordine morale. Il senso di colpa ritorna anche nelle analisi dello storico Alan Macfarlane per quanto riguarda la stregoneria in Inghilterra tra il Cinquecento e il Seicento. Analizzando le accuse di malefici e stregonerie nei villaggi, Macfarlane individua alcune costanti che inducono a vedere nella strega una donna, perlopiú anziana, o vedova, e in genere appartenente allo stesso villaggio, quando non alla stessa contrada, della vittima. Già Reginald Scot, d’altronde, alla fine del XVI secolo, aveva sostenuto che il potere delle streghe era confinato nell’ambito dei loro rapporti sociali (come scoprirà piú tardi l’antropologia), «perché la distanza massima che possono raggiungere è andare a prendere un secchio di latte ecc., a mezzo miglio circa dalle loro case». In una società basata su forme di solidarietà economiche che cominciavano a declinare, ecco allora che le accuse comparivano quando c’erano mancanze nei rispettivi, reciproci doveri di aiuto. Il saggio dello storico inglese abbonda di casi di donne stregate per essersi rifiutate di portare alla vicina pesci dal mercato di città, per avere scacciato in malo modo una vecchietta che si limitava a raccogliere legna nella proprietà della vittima, oppure cosí: «Tenendo un uomo, a quel tempo, una festa per la tosatura, e non avendola invitata [la strega], pur essendo lei sua vicina, ella gli stregò ben due pecore». Cosí l’oggetto del contendere (un prestito non concesso, un attrezzo non prestato), diventano lo stadio finale di un processo economico e sociale piú complesso, che nasconde un cambiamento fondamentale dell’intero complesso di rapporti tra vicini. La stregoneria – secondo Macfarlane – poteva diventare cosí la «causa» vera, nel senso che spiegava il fine, il motivo o la volontà celate dietro una disgrazia. In un senso piú strettamente psicologico, il senso di colpa diventava cosí la molla di tutta una serie di accuse ai danni delle vicine (perché in genere si trattava di donne), presunte streghe.

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