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venerdì 26 febbraio 2016

INIZIO DELLA DIFFUSIONE DEL PAGANESIMO IN CAMPAGNA


La diffusione del Cristianesimo nelle campagne politeiste del mondo tardoantico avviene tramite quello che Peter Brown definisce "modello a due piani", cioè con la compresenza, a volte foriera di attriti, tra i vecchi e il nuovo culto. Rapporto che, tra le masse, si contraddistingue con la ripresa di relitti paganeggianti, mentre, tra le élites acculturate, prende le forme di una religiosità ibrida.

Una spinta decisa alla diffusione del Cristianesimo si ha nel 313 con l'editto di Milano, con cui l'imperatore Costantino dichiara il nuovo culto "tollerato", e nel 380, con l'editto di Tessalonica, tramite il quale Teodosio acquisisce il Cristianesimo come religione di Stato. Ovviamente non parliamo di una cesura netta con le vecchie credenze, ma con l'inizio della convivenza e della sovrapposizione, come prima si ricordava, tra vecchi culti e nuovi riti. Quella che Santo Mazzarino chiama "rivoluzione cristiana", altro non sarebbe, dunque, che lo specchio religioso di una più ampia crisi socio-politica, dovuta alla violenta repressione delle masse, quando il latente pericolo della fine dell'Impero inizia ad identificarsi, nell'immaginario comune, con il concetto di fine del mondo.

In questo clima inizia a serpeggiare nelle folle l'idea che i princìpi cristiani, in quel momento ancora considerati fuori dalla legge, siano l'unica speranza per la salvezza. Da questa base, il passo per l'accettazione da parte delle classi alte di rango senatorio sarà breve, e passerà, in prima istanza, dalle donne, che, ad un certo punto, iniziano a rifiutarsi di sposarsi nell'ambito della loro classe sociale con uomini pagani, perdendo i propri privilegi; pratica tanto diffusa da determinare un intervento dell'imperatore Marco Aurelio per regolamentarla.

Sebbene tutto ciò possa sembrare di secondaria importanza, la conversione di uno schiavo al Cristianesimo determina una vera e propria rivoluzione sociale: questo non è più considerato, per la prima volta, instrumentum vocale, ma diventa un individuo, con una propria identità, e tutto ciò, in maniera inedita, darà la spinta per rimettere in discussione tutti i principi su cui si basava, da secoli, tutto l'impianto sociale di un impero tanto vasto da racchiudere in sé popoli estremamente diversi, ma che, per la prima volta, trovano un principio di identità saldissimo.

Rubrica a cura di Valentina D'Innocenzi. Tutti i diritti riservati.

Articoli di approfondimento




PAGANESIMO E CRISTIANESIMO: COMPRESENZE E SOVRAPPOSIZIONI


La sovrapposizione dei culti in età tardoantioca è dovuta anche, in prima istanza, alle poche pretese da parte della leadership ecclesiastica, riguardo la profondità della fede verso il culto, e dall'accettazione di pratiche non ortodosse, più vicine alle ritualità pagane. Tutto questo creava confusione sia sul piano pratico, sia sul piano della mentalità religiosa, infatti, a tale riguardo, si parla di acculturazione (cioè di scambio culturale) e non di indottrinamento vero e proprio. 

Inoltre, si creano, proprio per questo, due tipi di approcci narrativi, funzionali alla diffusione della religione cristiana: l'agiografia, diretta a chi ancora seguiva i culti pagani, e la pastorale, rivolta a chi, già convertito, resta ancora aggrappato ai vecchi riti, soprattutto in ambito rurale. Ovviamente, dato l'analfabetismo che caratterizzava i ceti più bassi, la tradizione è prettamente orale, ma questo non deve trarre in inganno, in quanto ciò non determina una minore accuratezza del  messaggio comunicato.

La lingua usata non è casuale: per rivolgersi alle masse contadine si usa il sermo rusticus, con il quale si raffigurano scene di grande impressione, ma si usano anche metodi di coinvolgimento emotivo, come particolari rappresentazione, quali, ad esempio, il culto di reliquie e immagini sacre, l'invito al pellegrinaggio, e la narrazione di storie edificanti e di vite di santi ed eremiti. 

Importante, per creare un coinvolgimento emotivo forte, è l'uso delle processioni: come ci dice Marie-Noel Colette, nel medioevo occidentale, queste hanno vari caratteri (penitenziale, lustrale, festivo), e rispondono a momenti straordinari (avvenimenti particolari) o ordinari, come le stazioni dei vespri, quotidiane, le processioni penitenziali del mercoledì e del venerdì, o le processioni ai fonti battesimali nelle veglie pasquali, ognuna con un proprio repertorio musicale, ad aumentare il coinvolgimento emotivo dei fedeli.

Questo esempio della processione è, quindi, in ultima analisi esplicativo della compresenza, in una lunga fase iniziale, dei due culti religiosi, se si pensa, ad esempio, che, molto spesso, i luoghi considerati come caratterizzati da potere divino in età pagana (alberi, sorgenti, pietre), in fase tardoantica, vengono ripresi dalla ritualità cristiana e assorbiti al nuovo culto.

Articolo di Valentina D'Innocenzi. Tutti i diritti riservati.

lunedì 22 febbraio 2016

LA VIA JUBICA


Questa antica e millenaria strada, detta anche Chiubbica, è stata una strada di pellegrinaggio. Le fanno da mirabile cornice lungo il suo percorso bellezze monumentali, oltre che paesaggistiche, che narrano della sua storia: torri, chiese, castelli, borghi cinti di mura; tutti ben conservati emanano un fascino ammaliante.  

Le origini della via Jubica

La Jubica era una strada consolare il cui tracciato risale al I secolo a.C. e il suo etmo, come appare immediatamente, è di origine ebraica. Il termine Jobel indica il corno di montone (ariete) che veniva suonato per annunciare una solenne festa del popolo d’Israele, da tale termine sarebbe derivato Giubileo; secondo altre tesi il termine sarebbe Jobil che indica il richiamo come atto del tornare o ritornare come conversione; oppure il termine Jobal inteso come remissione dei peccati, mentre nella lingua latina il termine Jubilum che significa gioia: quindi nell’estensione cristiana Giubileo è anche un anno gioioso.

La via Jubica dal Primo Giubileo in poi

Così dal primo Giubileo della Chiesa Cattolica del 1300, indetto da Papa Bonifacio VIII, fino a quando Papa Sisto V fissò l’apertura dei festeggiamenti per l’anno Jubilare o Jubicale ogni venticinque anni. La via Jubica si snoda lungo la costa,  parallela al mare, fino a giungere e collegarsi con la via Appia e attraversando l’Appennino arrivare a Roma. La sua importanza per i pellegrini emerge evidente così che dal 1300 fu la via da percorrere per conseguire l’indulgenza plenaria.

Tale via consolare era usata un tempo come strada militare che consentiva lo spostamento di centurie in marcia e il transito di carri e macchine belliche oltre naturalmente dalla cavalleria. In seguito alla smilitarizzazione, l’uso della via Jubica per recarsi a Roma iniziò già dal periodo che segnò la fine delle persecuzioni dei cristiani. 

È tra le vie più antiche d’Europa, è documentata da testimonianze storiche e geografiche come la Tavola Antoniana e la Tavola Peutingeriana che riportano tutti i luoghi di posta, le stazioni termali e che rappresentano documenti che sono stati preziosi sia per la penetrazione militare che per la viabilità ad uso dei viaggiatori.

Come accennavamo la Jubica è una via costellata da tesori d’arte molti palesi altrettanti nascosti e ancora da scoprire e tutti ancora da valorizzare. Questo tracciato cui si innestano altre strade anche esse ricche di Santuari, di Cappelle, di Ricoveri, di Romitori, tutti luoghi idonei per ritemprare i pellegrini che percorrevano lunghe distanze.

Dove si trova la via Jubica?

Dove si trova la via Jubica o Chiubbica dato che essa non è riportata né citata neppure dalle più importanti enciclopedie? La via Jubica è quel tracciato che parte da Reggio Calabria e giunge fino a Taranto, nota ai più come Strada Statale 106 Jonica e che attraversa le città e i borghi più antichi e belli della Calabria. Purtroppo, divenuta inadeguata per il traffico notevole che si è sviluppato dal secondo dopo guerra, così da “meritarsi” il non poco lusinghiera appellativo di Strada della morte a causa dei frequenti e mortali incidenti stradali. 

Guardare al passato, per rivalutare l’antico e l’antichità, non come nostalgia di vecchia e tramontata gloria bensì come recupero di un passato, che ha ancora molto da offrire attraverso la riqualificazione e il godimento, di un itinerario che ha rappresentato il cammino dei cristiani nella storia.

Articolo di Antonio Fotia. Tutti i diritti riservati.

mercoledì 17 febbraio 2016

RIEVOCAZIONE STORICA DEL PRODIGIOSO INCONTRO TRA SAN FRANCESCO E IL LUPO


È stato un incontro storico quello del Fraticello con il feroce lupo, carico di significati, tanto da essere sempre vivo nella memoria dei cristiani di tutto il mondo. Chiunque sia venuto a conoscenza dell’episodio, anche in età giovanissima, non ne ha perso nel tempo, il ricordo, anzi ha mantenuto impresso nella mente l’ammansimento del feroce lupo che aveva tramutato la sua forte carica aggressiva in forza d’amore. 

Lo slancio che ha animato la Ribeca-onlus in questa inedita rievocazione è il frutto di una storia sempre attuale: riconciliazione con Dio e ringraziamento al Creatore, la pace infatti, passa attraverso la riconciliazione con Dio e tra gli uomini. Il significato del messaggio che giunge dall’opera è che occorre avere la pace nel cuore di ciascuno, perché è dal cuore che sorgono gli ideali di pace con l’uomo e con la natura.

A rievocare il miracolo di Gubbio, i ragazzi del Centro Diurno di Laterza magistralmente diretti dalla loro coordinatrice la Dott.ssa Anna Maria Malizia e dalle loro educatrici,Leda,Marilena,Angela. Il lupo di Gubbio, divenuto mansueto grazie a Francesco, adombra la figura di un brigante convertito dalla bontà del poverello di Assisi. Il “Fioretto”, che, con tanta maestria, racconta questo episodio, non solo è metafora del male ammansito con la dolcezza, ma è la descrizione allegorica di ogni nostra relazione con il diverso, con lo sconosciuto, con colui che vive fuori dal nostro territorio, dalla terra familiare del nostro “io”.

Gubbio, infatti, è, in senso lato, immagine di quello “spazio conosciuto” dove ciascuno di noi vive e nel quale intesse relazioni; è il luogo delle certezze, della quiete, della sicurezza, della ferialità; è la propria città, il proprio paese, il quartiere dove ogni cosa è familiare e dove, persino le strade, le case, i campanili, i boschi e i torrenti ecc. rivelano la nostra identità e la nostra appartenenza. Più sottilmente, “Gubbio” è la personalità di ciascuno, con tutto ciò che gli appartiene e che lo caratterizza: carattere, sensibilità, gusti, ideali, stile di vita, interiorità, ogni “territorio” affidato alla nostra cura e alla nostra attenzione.

In questa terra, dove tutto potrebbe essere a nostra misura, si inserisce il diverso, lo sconosciuto, l’altro; proprio nella “nostra casa” scopriamo fratelli e sorelle lontani mille miglia dai nostri parametri razionali, incomprensibili nel linguaggio, nella logica . Il diverso allora diventa veramente, suo malgrado, un mostro da tenere ancor più lontano dal nostro territorio, perché brigante, assassino, ladro dai quali difenderci con la sua stessa arma.

Il “Fioretto” di Francesco è una perla di saggezza, di realismo, di umanità, di vangelo: esso ci mostra che la fecondità delle nostre relazioni dipende dalla nostra disponibilità a farci prossimi, dalla nostra apertura mentale e dalla nostra convinzione che l’altro, anche se diverso, è innanzitutto un fratello.......

“E distendendo la mano santo Francesco per ricevere la sua fede, il lupo levò su il piè ritto dinanzi, e dimesticamente lo puose sopra la mano di santo Francesco, dandogli quello segnale ch’egli potea di fede. E allora disse santo Francesco: ‘Frate lupo, io ti comando nel nome di Gesù Cristo, che tu venga ora meco sanza dubitare di nulla, e andiamo a fermare questa pace al nome di Dio’."

Articolo per gentile concessione della dott.ssa Nunzia Minei

Sabato dalle ore 9:30 alle ore 12:00
Palazzo Marchesale Laterza 

lunedì 15 febbraio 2016

"SIGISMONDO PANDOLFO MALATESTA" IN PREVENDITA

Nel 2017 ricorrerà il sesto centenario della nascita di Sigismondo Pandolfo Malatesta (1417-1468), un evento di rilevante importanza a livello internazionale. La casa editrice Bookstones intende far precedere queste celebrazioni da una particolare biografia dedicata al grande Signore riminese, tra i più illustri e famosi del Rinascimento italiano. Il libro si intitola Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe ed è scritto dallo storico Oreste Delucca, al quale nel 2013 è stato assegnato il premio Sigismondo d'Oro. La copertina è invece stata creata in esclusiva dall'artista Franco Pozzi. Abbiamo così aperto la prevendita del volume dall'indubbio valore culturale e simbolico e che, vista l'illustre fama di Sigismondo, personaggio studiato e considerato in tutta Europa e di cui rimangono tracce significative nei più prestigiosi musei – si pensi solo al ritratto eseguito da Piero della Francesca al Louvre – avrà una forte eco in tutto il mondo. Il nome di ogni sostenitore che acquisterà in prevendita verrà inserito nella tabula gratulatoria stampata all'interno della prima edizione del volume. Il volume uscirà indicativamente nel maggio 2016. Già da ora è possibile prenotare le copie e acquistarle al prezzo scontato di 15 euro (in libreria sarà di 20).

IL LIBRO

Una biografia inusuale e molto personale di Sigismondo Pandolfo Malatesta. Non il racconto di fatti politici e militari ma piuttosto un'indagine brillante sul Sigismondo uomo, sui suoi affetti, i suoi rapporti umani, le sue passioni e le sue delusioni. Inseguendo anche le più recondite notizie custodite negli archivi, l’autore si propone così di descrivere la personalità affascinante e complessa di Sigismondo, cercando di scrutarne l’animo e coglierne i sentimenti. 

«Forte, bello, raffinato, elegantissimo; desiderato dalle donne, invidiato dagli uomini, odiato da molti, ammirato da tutti. Condottiero geniale, reputato il migliore; coraggioso e temerario, sempre in testa ai suoi uomini; ferito innumerevoli volte, eppure mai domo. Signore della guerra, ma disastroso in diplomazia; assolutamente incapace di districarsi nella ingarbugliata situazione italica di metà Quattrocento.Passionale e impulsivo, mutevole nelle opinioni e nelle alleanze, tanto da venire spesso considerato inaffidabile e pericoloso. Presente su tutti i campi di battaglia per garantirsi la sopravvivenza della Signoria e le risorse necessarie a soddisfare le proprie smisurate ambizioni. Protagonista di infinite contese col nemico Federico da Montefeltro, nel tentativo (reciproco) di ampliare i rispettivi confini, troppo angusti per i loro grandi sogni. Reso feroce e crudele dalla durezza delle mille battaglie; e tuttavia dolce con la madre, tenero coi figlioletti, poetico con l’amata Isotta. Così attaccato alla sua Rimini, dove riposano le ossa degli antenati, da esser disposto a morire mille volte pur di non scambiarla con qualunque altra città. Qui e nei castelli del territorio permangono i segni forti e importanti della sua strategia militare. Estremamente colto e sensibile, ha avuto la capacità di cogliere prima d’altri i fermenti artistici che stavano sbocciando in Italia. Infatti il Tempio Malatestiano costituisce in assoluto la prima espressione di quella temperie fantastica e irripetibile che fu il Rinascimento; una testimonianza imperitura che il genio di Sigismondo ha lasciato alla città. Pur avendo concluso la propria vita in un triste declino materiale, la cultura, l’intelligenza e l’acume del precorritore gli hanno ottenuto quel che la diplomazia o le armi non gli avrebbero comunque saputo mai dare: l’immortalità».

ORESTE DELUCCA, Sigismondo Pandolfo Malatesta controverso eroe, Bookstones Edizioni 2016. Stampato a 96 pagine su carta uso mano vellutata Splendorgel Extra White, legatura a filo, copertina realizzata con carta marcata Fedrigoni Tintoretto Gesso.



L'AUTORE

Oreste Delucca, riminese, da oltre quarant'anni è impegnato nello studio delle fonti d'archivio per documentare l'ambiente, l'economia, l'urbanistica, le strutture sociali della sua città e del territorio circostante, con particolare riferimento ai secoli finali del Medioevo. Su tali argomenti ha pubblicato 30 volumi monografici e circa 150 saggi in riviste specializzate ed opere collettive. È membro della Deputazione di Storia Patria per le Province di Romagna, della Società di Studi Romagnoli e della Società di Studi Storici per il Montefeltro. Nel 2013 ha ricevuto il 'Sigismondo d'Oro' dal Comune di Rimini. Con Bookstones ha pubblicato Animali domestici e selvatici in una città medievale (2011) e Il drago di Belverde a Rimini e altri draghi d'Italia (2014).

LA COPERTINA D'ARTE

Per l'occasione, l'artista Franco Pozzi ha realizzato un'opera dal titolo Ars Magna Lucis et Umbrae dedicata alla memoria di Maurizio Balena, che verrà utilizzata come immagine esclusiva di copertina. Franco Pozzi, nato nel 1966 a Rimini dove vive, diplomato in pittura all’Accademia di Belle Arti di Ravenna espone nell’ambito di mostre collettive e personali. Nel 2007 è stato invitato in un progetto collaterale alla 52° edizione della Biennale di Venezia nell’ambito delle “100 Giornate in difesa della natura” dedicate alla figura di Joseph Beuys. Nel 2008 è ospite della XV Quadriennale di Roma. Nel 2005 partecipa al Premio Giovani artisti Lissone. Tra le mostre personali, 2005Vegeto, Galleria dell'Immagine, Rimini, 2004 Luminitza, Chiesa di S. Marina, Novafeltria (Pu), 2003 Solve et  coagula, Palazzo del Ridotto, Cesena, 2000 In anticipo, Galleria dell'Immagine, Rimini. Nel 2014 partecipa alla prima edizione della Biennale del Disegno di Rimini. Convinto che la pittura, fin dalla sua leggendaria nascita narrata da Plinio il Vecchio nella Storia Naturale, si confronti col bisogno di trattenere il ricordo, negli ultimi anni (forse da sempre) costruisce memorabilia, omaggi dichiarati alle figure della sua storia dell'arte.


sabato 13 febbraio 2016

DICHIARAZIONE DI PAPA FRANCESCO E DEL PATRIARCA KIRILL


Riportiamo il testo della dichiarazione congiunta di papa Francesco e del patriarca di Mosca Kirill. Il testo, di enorme importanza storica potrebbe essere la degna conclusione di un periodo fortemente scismatico iniziato nel lontano 1054 in occasione del Grande Scisma. Anche se il documento non rappresenta un definitivo riavvicinamento è sicuramente un passo importantissimo in vista di un riavvicinamento delle due confessioni cristiane.

«La grazia del Signore Gesù Cristo, l’amore di Dio Padre e la comunione dello Spirito Santo siano con tutti voi» (2 Cor 13, 13).

1. Per volontà di Dio Padre dal quale viene ogni dono, nel nome del Signore nostro Gesù Cristo, e con l’aiuto dello Spirito Santo Consolatore, noi, Papa Francesco e Kirill, Patriarca di Mosca e di tutta la Russia, ci siamo incontrati oggi a L’Avana. Rendiamo grazie a Dio, glorificato nella Trinità, per questo incontro, il primo nella storia.
Con gioia ci siamo ritrovati come fratelli nella fede cristiana che si incontrano per «parlare a viva voce» (2 Gv 12), da cuore a cuore, e discutere dei rapporti reciproci tra le Chiese, dei problemi essenziali dei nostri fedeli e delle prospettive di sviluppo della civiltà umana.

2. Il nostro incontro fraterno ha avuto luogo a Cuba, all’incrocio tra Nord e Sud, tra Est e Ovest. Da questa isola, simbolo delle speranze del “Nuovo Mondo” e degli eventi drammatici della storia del XX secolo, rivolgiamo la nostra parola a tutti i popoli dell’America Latina e degli altri Continenti.
Ci rallegriamo che la fede cristiana stia crescendo qui in modo dinamico. Il potente potenziale religioso dell’America Latina, la sua secolare tradizione cristiana, realizzata nell’esperienza personale di milioni di persone, sono la garanzia di un grande futuro per questa regione.

3. Incontrandoci lontano dalle antiche contese del “Vecchio Mondo”, sentiamo con particolare forza la necessità di un lavoro comune tra cattolici e ortodossi, chiamati, con dolcezza e rispetto, a rendere conto al mondo della speranza che è in noi (cfr 1 Pt 3, 15).

4. Rendiamo grazie a Dio per i doni ricevuti dalla venuta nel mondo del suo unico Figlio. Condividiamo la comune Tradizione spirituale del primo millennio del cristianesimo. I testimoni di questa Tradizione sono la Santissima Madre di Dio, la Vergine Maria, e i Santi che veneriamo. Tra loro ci sono innumerevoli martiri che hanno testimoniato la loro fedeltà a Cristo e sono diventati “seme di cristiani”.

5. Nonostante questa Tradizione comune dei primi dieci secoli, cattolici e ortodossi, da quasi mille anni, sono privati della comunione nell’Eucaristia. Siamo divisi da ferite causate da conflitti di un passato lontano o recente, da divergenze, ereditate dai nostri antenati, nella comprensione e l’esplicitazione della nostra fede in Dio, uno in tre Persone – Padre, Figlio e Spirito Santo. Deploriamo la perdita dell’unità, conseguenza della debolezza umana e del peccato, accaduta nonostante la Preghiera sacerdotale di Cristo Salvatore: «Perché tutti siano una sola cosa. Come tu, Padre, sei in me e io in te, siano anch’essi in noi una cosa sola» (Gv 17, 21).

6. Consapevoli della permanenza di numerosi ostacoli, ci auguriamo che il nostro incontro possa contribuire al ristabilimento di questa unità voluta da Dio, per la quale Cristo ha pregato. Possa il nostro incontro ispirare i cristiani di tutto il mondo a pregare il Signore con rinnovato fervore per la piena unità di tutti i suoi discepoli. In un mondo che attende da noi non solo parole ma gesti concreti, possa questo incontro essere un segno di speranza per tutti gli uomini di buona volontà!

7. Nella nostra determinazione a compiere tutto ciò che è necessario per superare le divergenze storiche che abbiamo ereditato, vogliamo unire i nostri sforzi per testimoniare il Vangelo di Cristo e il patrimonio comune della Chiesa del primo millennio, rispondendo insieme alle sfide del mondo contemporaneo. Ortodossi e cattolici devono imparare a dare una concorde testimonianza alla verità in ambiti in cui questo è possibile e necessario. La civiltà umana è entrata in un periodo di cambiamento epocale. La nostra coscienza cristiana e la nostra responsabilità pastorale non ci autorizzano a restare inerti di fronte alle sfide che richiedono una risposta comune.

8. Il nostro sguardo si rivolge in primo luogo verso le regioni del mondo dove i cristiani sono vittime di persecuzione. In molti paesi del Medio Oriente e del Nord Africa i nostri fratelli e sorelle in Cristo vengono sterminati per famiglie, villaggi e città intere. Le loro chiese sono devastate e saccheggiate barbaramente, i loro oggetti sacri profanati, i loro monumenti distrutti. In Siria, in Iraq e in altri paesi del Medio Oriente, constatiamo con dolore l’esodo massiccio dei cristiani dalla terra dalla quale cominciò a diffondersi la nostra fede e dove essi hanno vissuto, fin dai tempi degli apostoli, insieme ad altre comunità religiose.

9. Chiediamo alla comunità internazionale di agire urgentemente per prevenire l’ulteriore espulsione dei cristiani dal Medio Oriente. Nell’elevare la voce in difesa dei cristiani perseguitati, desideriamo esprimere la nostra compassione per le sofferenze subite dai fedeli di altre tradizioni religiose diventati anch’essi vittime della guerra civile, del caos e della violenza terroristica.

10. In Siria e in Iraq la violenza ha già causato migliaia di vittime, lasciando milioni di persone senza tetto né risorse. Esortiamo la comunità internazionale ad unirsi per porre fine alla violenza e al terrorismo e, nello stesso tempo, a contribuire attraverso il dialogo ad un rapido ristabilimento della pace civile. È essenziale assicurare un aiuto umanitario su larga scala alle popolazioni martoriate e ai tanti rifugiati nei paesi confinanti.
Chiediamo a tutti coloro che possono influire sul destino delle persone rapite, fra cui i Metropoliti di Aleppo, Paolo e Giovanni Ibrahim, sequestrati nel mese di aprile del 2013, di fare tutto ciò che è necessario per la loro rapida liberazione.

11. Eleviamo le nostre preghiere a Cristo, il Salvatore del mondo, per il ristabilimento della pace in Medio Oriente che è “il frutto della giustizia” (cfr Is 32, 17), affinché si rafforzi la convivenza fraterna tra le varie popolazioni, le Chiese e le religioni che vi sono presenti, per il ritorno dei rifugiati nelle loro case, la guarigione dei feriti e il riposo dell’anima degli innocenti uccisi.
Ci rivolgiamo, con un fervido appello, a tutte le parti che possono essere coinvolte nei conflitti perché mostrino buona volontà e siedano al tavolo dei negoziati. Al contempo, è necessario che la comunità internazionale faccia ogni sforzo possibile per porre fine al terrorismo con l’aiuto di azioni comuni, congiunte e coordinate. Facciamo appello a tutti i paesi coinvolti nella lotta contro il terrorismo, affinché agiscano in maniera responsabile e prudente. Esortiamo tutti i cristiani e tutti i credenti in Dio a pregare con fervore il provvidente Creatore del mondo perché protegga il suo creato dalla distruzione e non permetta una nuova guerra mondiale. Affinché la pace sia durevole ed affidabile, sono necessari specifici sforzi volti a riscoprire i valori comuni che ci uniscono, fondati sul Vangelo di nostro Signore Gesù Cristo.

12. Ci inchiniamo davanti al martirio di coloro che, a costo della propria vita, testimoniano la verità del Vangelo, preferendo la morte all’apostasia di Cristo. Crediamo che questi martiri del nostro tempo, appartenenti a varie Chiese, ma uniti da una comune sofferenza, sono un pegno dell’unità dei cristiani. È a voi, che soffrite per Cristo, che si rivolge la parola dell’apostolo: «Carissimi, … nella misura in cui partecipate alle sofferenze di Cristo, rallegratevi perché anche nella rivelazione della Sua gloria possiate rallegrarvi ed esultare» (1 Pt 4, 12-13).

13. In quest’epoca inquietante, il dialogo interreligioso è indispensabile. Le differenze nella comprensione delle verità religiose non devono impedire alle persone di fedi diverse di vivere nella pace e nell’armonia. Nelle circostanze attuali, i leader religiosi hanno la responsabilità particolare di educare i loro fedeli in uno spirito rispettoso delle convinzioni di coloro che appartengono ad altre tradizioni religiose. Sono assolutamente inaccettabili i tentativi di giustificare azioni criminali con slogan religiosi. Nessun crimine può essere commesso in nome di Dio, «perché Dio non è un Dio di disordine, ma di pace» (1 Cor 14, 33).

14. Nell’affermare l’alto valore della libertà religiosa, rendiamo grazie a Dio per il rinnovamento senza precedenti della fede cristiana che sta accadendo ora in Russia e in molti paesi dell’Europa orientale, dove i regimi atei hanno dominato per decenni. Oggi le catene dell’ateismo militante sono spezzate e in tanti luoghi i cristiani possono liberamente professare la loro fede. In un quarto di secolo, vi sono state costruite decine di migliaia di nuove chiese, e aperti centinaia di monasteri e scuole teologiche. Le comunità cristiane portano avanti un’importante attività caritativa e sociale, fornendo un’assistenza diversificata ai bisognosi. Ortodossi e cattolici spesso lavorano fianco a fianco. Essi attestano l’esistenza dei fondamenti spirituali comuni della convivenza umana, testimoniando i valori del Vangelo.

15. Allo stesso tempo, siamo preoccupati per la situazione in tanti paesi in cui i cristiani si scontrano sempre più frequentemente con una restrizione della libertà religiosa, del diritto di testimoniare le proprie convinzioni e la possibilità di vivere conformemente ad esse. In particolare, constatiamo che la trasformazione di alcuni paesi in società secolarizzate, estranee ad ogni riferimento a Dio ed alla sua verità, costituisce una grave minaccia per la libertà religiosa. È per noi fonte di inquietudine l’attuale limitazione dei diritti dei cristiani, se non addirittura la loro discriminazione, quando alcune forze politiche, guidate dall’ideologia di un secolarismo tante volte assai aggressivo, cercano di spingerli ai margini della vita pubblica.

16. Il processo di integrazione europea, iniziato dopo secoli di sanguinosi conflitti, è stato accolto da molti con speranza, come una garanzia di pace e di sicurezza. Tuttavia, invitiamo a rimanere vigili contro un’integrazione che non sarebbe rispettosa delle identità religiose. Pur rimanendo aperti al contributo di altre religioni alla nostra civiltà, siamo convinti che l’Europa debba restare fedele alle sue radici cristiane. Chiediamo ai cristiani dell’Europa orientale e occidentale di unirsi per testimoniare insieme Cristo e il Vangelo, in modo che l’Europa conservi la sua anima formata da duemila anni di tradizione cristiana.

17. Il nostro sguardo si rivolge alle persone che si trovano in situazioni di grande difficoltà, che vivono in condizioni di estremo bisogno e di povertà mentre crescono le ricchezze materiali dell’umanità. Non possiamo rimanere indifferenti alla sorte di milioni di migranti e di rifugiati che bussano alla porta dei paesi ricchi. Il consumo sfrenato, come si vede in alcuni paesi più sviluppati, sta esaurendo gradualmente le risorse del nostro pianeta. La crescente disuguaglianza nella distribuzione dei beni terreni aumenta il sentimento d’ingiustizia nei confronti del sistema di relazioni internazionali che si è stabilito.

18. Le Chiese cristiane sono chiamate a difendere le esigenze della giustizia, il rispetto per le tradizioni dei popoli e un’autentica solidarietà con tutti coloro che soffrono. Noi, cristiani, non dobbiamo dimenticare che «Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e ciò che è nulla per ridurre a nulla le cose che sono, perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio» (1 Cor 1, 27-29).

19. La famiglia è il centro naturale della vita umana e della società. Siamo preoccupati dalla crisi della famiglia in molti paesi. Ortodossi e cattolici condividono la stessa concezione della famiglia e sono chiamati a testimoniare che essa è un cammino di santità, che testimonia la fedeltà degli sposi nelle loro relazioni reciproche, la loro apertura alla procreazione e all’educazione dei figli, la solidarietà tra le generazioni e il rispetto per i più deboli.

20. La famiglia si fonda sul matrimonio, atto libero e fedele di amore di un uomo e di una donna. È l’amore che sigilla la loro unione ed insegna loro ad accogliersi reciprocamente come dono. Il matrimonio è una scuola di amore e di fedeltà. Ci rammarichiamo che altre forme di convivenza siano ormai poste allo stesso livello di questa unione, mentre il concetto di paternità e di maternità come vocazione particolare dell’uomo e della donna nel matrimonio, santificato dalla tradizione biblica, viene estromesso dalla coscienza pubblica.

21. Chiediamo a tutti di rispettare il diritto inalienabile alla vita. Milioni di bambini sono privati della possibilità stessa di nascere nel mondo. La voce del sangue di bambini non nati grida verso Dio (cfr Gen 4, 10).
Lo sviluppo della cosiddetta eutanasia fa sì che le persone anziane e gli infermi inizino a sentirsi un peso eccessivo per le loro famiglie e la società in generale.
Siamo anche preoccupati dallo sviluppo delle tecniche di procreazione medicalmente assistita, perché la manipolazione della vita umana è un attacco ai fondamenti dell’esistenza dell’uomo, creato ad immagine di Dio. Riteniamo che sia nostro dovere ricordare l’immutabilità dei principi morali cristiani, basati sul rispetto della dignità dell’uomo chiamato alla vita, secondo il disegno del Creatore.

22. Oggi, desideriamo rivolgerci in modo particolare ai giovani cristiani. Voi, giovani, avete come compito di non nascondere il talento sotto terra (cfr Mt 25, 25), ma di utilizzare tutte le capacità che Dio vi ha dato per confermare nel mondo le verità di Cristo, per incarnare nella vostra vita i comandamenti evangelici dell’amore di Dio e del prossimo. Non abbiate paura di andare controcorrente, difendendo la verità di Dio, alla quale odierne norme secolari sono lontane dal conformarsi sempre.

23. Dio vi ama e aspetta da ciascuno di voi che siate Suoi discepoli e apostoli. Siate la luce del mondo affinché coloro che vi circondano, vedendo le vostre opere buone, rendano gloria al vostro Padre che è nei cieli (cfr Mt 5, 14, 16). Educate i vostri figli nella fede cristiana, trasmettete loro la perla preziosa della fede (cfr Mt 13, 46) che avete ricevuta dai vostri genitori ed antenati. Ricordate che «siete stati comprati a caro prezzo» (1 Cor 6, 20), al costo della morte in croce dell’Uomo-Dio Gesù Cristo.

24. Ortodossi e cattolici sono uniti non solo dalla comune Tradizione della Chiesa del primo millennio, ma anche dalla missione di predicare il Vangelo di Cristo nel mondo di oggi. Questa missione comporta il rispetto reciproco per i membri delle comunità cristiane ed esclude qualsiasi forma di proselitismo.
Non siamo concorrenti ma fratelli, e da questo concetto devono essere guidate tutte le nostre azioni reciproche e verso il mondo esterno. Esortiamo i cattolici e gli ortodossi di tutti i paesi ad imparare a vivere insieme nella pace e nell’amore, e ad avere «gli uni verso gli altri gli stessi sentimenti» (Rm 15, 5). Non si può quindi accettare l’uso di mezzi sleali per incitare i credenti a passare da una Chiesa ad un’altra, negando la loro libertà religiosa o le loro tradizioni. Siamo chiamati a mettere in pratica il precetto dell’apostolo Paolo: «Mi sono fatto un punto di onore di non annunziare il vangelo se non dove ancora non era giunto il nome di Cristo, per non costruire su un fondamento altrui» (Rm 15, 20).

25. Speriamo che il nostro incontro possa anche contribuire alla riconciliazione, là dove esistono tensioni tra greco-cattolici e ortodossi. Oggi è chiaro che il metodo dell’“uniatismo” del passato, inteso come unione di una comunità all’altra, staccandola dalla sua Chiesa, non è un modo che permette di ristabilire l’unità. Tuttavia, le comunità ecclesiali apparse in queste circostanze storiche hanno il diritto di esistere e di intraprendere tutto ciò che è necessario per soddisfare le esigenze spirituali dei loro fedeli, cercando nello stesso tempo di vivere in pace con i loro vicini. Ortodossi e greco-cattolici hanno bisogno di riconciliarsi e di trovare forme di convivenza reciprocamente accettabili.

26. Deploriamo lo scontro in Ucraina che ha già causato molte vittime, innumerevoli ferite ad abitanti pacifici e gettato la società in una grave crisi economica ed umanitaria. Invitiamo tutte le parti del conflitto alla prudenza, alla solidarietà sociale e all’azione per costruire la pace. Invitiamo le nostre Chiese in Ucraina a lavorare per pervenire all’armonia sociale, ad astenersi dal partecipare allo scontro e a non sostenere un ulteriore sviluppo del conflitto.

27. Auspichiamo che lo scisma tra i fedeli ortodossi in Ucraina possa essere superato sulla base delle norme canoniche esistenti, che tutti i cristiani ortodossi dell’Ucraina vivano nella pace e nell’armonia, e che le comunità cattoliche del Paese vi contribuiscano, in modo da far vedere sempre di più la nostra fratellanza cristiana.

28. Nel mondo contemporaneo, multiforme eppure unito da un comune destino, cattolici e ortodossi sono chiamati a collaborare fraternamente nell’annuncio della Buona Novella della salvezza, a testimoniare insieme la dignità morale e la libertà autentica della persona, «perché il mondo creda» (Gv 17, 21). Questo mondo, in cui scompaiono progressivamente i pilastri spirituali dell’esistenza umana, aspetta da noi una forte testimonianza cristiana in tutti gli ambiti della vita personale e sociale. Dalla nostra capacità di dare insieme testimonianza dello Spirito di verità in questi tempi difficili dipende in gran parte il futuro dell’umanità.

29. In questa ardita testimonianza della verità di Dio e della Buona Novella salvifica, ci sostenga l’Uomo-Dio Gesù Cristo, nostro Signore e Salvatore, che ci fortifica spiritualmente con la sua infallibile promessa: «Non temere, piccolo gregge, perché al Padre vostro è piaciuto di darvi il suo Regno» (Lc 12, 32)!
Cristo è fonte di gioia e di speranza. La fede in Lui trasfigura la vita umana, la riempie di significato. Di ciò si sono potuti convincere, attraverso la loro esperienza, tutti coloro a cui si possono applicare le parole dell’apostolo Pietro: «Voi, che un tempo eravate non-popolo, ora invece siete il popolo di Dio; voi, un tempo esclusi dalla misericordia, ora invece avete ottenuto misericordia» (1 Pt 2, 10).

30. Pieni di gratitudine per il dono della comprensione reciproca espresso durante il nostro incontro, guardiamo con speranza alla Santissima Madre di Dio, invocandola con le parole di questa antica preghiera: “Sotto il riparo della tua misericordia, ci rifugiamo, Santa Madre di Dio”. Che la Beata Vergine Maria, con la sua intercessione, incoraggi alla fraternità coloro che la venerano, perché siano riuniti, al tempo stabilito da Dio, nella pace e nell’armonia in un solo popolo di Dio, per la gloria della Santissima e indivisibile Trinità!

Francesco
Vescovo di Roma
Papa della Chiesa Cattolica    

Kirill
Patriarca di Mosca
e di tutta la Russia.

Fonte immagine: Askanews.it

giovedì 11 febbraio 2016

I MISTERI DELLA DIVINA COMMEDIA


Ipotizziamo di essere professori liceali...entriamo per la prima volta nella nostra classe con volume dell'Inferno di Dante ancora incelofanato. Poniamo la prima domanda ai nostri studenti: "Chi è Dante?" La risposta che otterremo è "un folle fumato che inventava cose senza senso" (e ho deciso di edulcorare l'espressione che altrimenti sarebbe decisamente più volgare. Questa risposta, che otterremo probabilmente anche al termine del normale ciclo di studi, non è colpa tanto degli alunni, quanto degli insegnanti che non hanno saputo far comprende realmente l'importanza che ha rivestito il grande poeta fiorentino nella letteratura e nella cultura italiana.

Il Linguaggio della Divina Commedia

Dante Alighieri scrive la sua opera magna la "Commedia" utilizzando un linguaggio ricco di simbologie e allegorie di grande impatto e attualità. Sono molte le terzine che trovano un pronto riscontro nella crisi culturale, politica, sociale che stiamo vivendo ormai da anni; ed è ancora più incredibile se pensiamo che il testo è stato scritto nel Medioevo in un momento in cui la Chiesa usava un vero e proprio "macete" culturale per togliere dalla circolazione tutti quei testi che ne potevano minare il dominio sulle menti e sulla vita quotidiana. Non a caso, Dante così come altri compagni d'arte, apparteneva ai Fedeli d'Amore, una sorta di setta poetica i cui testi erano scritti con codici e metafore proprio per essere compresi da menti "eccelse", menti che avevano gl'intelletti sani.

I piani di lettura della Divina Commedia

Concentrarsi solo sul testo spiegando le singole figure retoriche, la vita dei personaggi non serve assolutamente a nulla. L'alunno liceale deve avere in Dante il proprio Virgilio, deve comprenderlo adeguatamente e deve immedesimarsi nello spirito del testo: perché ad esempio non assegnare un personaggio a un alunno? La Commedia si legge su tre piani diversi: lo so, molti accademici letterati e baroni universitari mi lanceranno strali, ma credo, dopo anni di ricerche, di essere sicuro sul fatto che il testo dantesco ha insito vari significati e punti di vista:
  • un piano allegorico
  • storico
  • esoterico-alchemico

Ebbene si...soffermiamoci un istante ad esempio sui colori dei tre gradini prima dell'ingresso al monte del Purgatorio: essi sono bianco, rosso e nero colori che, insieme all'oro e all'argento della serratura del grande portone rappresentano il percorso di Dante verso la Grande Ricerca Alchemica. Non a caso il viaggio di Dante segue il VITRIOL alchemico: la forma dell'inferno è quella di un ventre femminile dove ci si purifica e si rinasce salendo la "montagna" per arrivare alla candida Rosa che rappresenta l'incontro con Dio. Sarà forse un caso che il sigillo della Porta Alchemica abbia proprio in se il disegno dantesco?


Fonte immagine Wikipedia, Autore Sailko

Se poi vogliamo far scoppiare la mente ai baroni universitari, azzardo l'ipotesi che Dante fosse un templare...si...avete capito bene: la critica a Filippo il Bello
Veggio il novo Pilato sì crudele, 
che ciò nol sazia, ma sanza decreto 
portar nel Tempio le cupide vele.
è un palese appoggio al Tempio (che con la T maiuscola indica l'ordine del Tempio, i Templari) che unitamente il farsi accompagnare da San Bernardo in Paradiso diventa la prova lampante che il poeta fiorentino era legatissimo spiritualmente ai Cavalieri Templari. Non ci sono scuse, Dante non era un poeta come tutti gli altri, era una mente brillante e illuminata in grado di scardinare con le figure retoriche le più forti convinzioni e dogmi culturali del periodo. Se avete ancora dubbi ricordate le parole dell'Ulisse Dantesco "fatti non foste a viver come bruti ma per seguir virtute e canoscenza".

Per approfondimento e altri spunti rimando all'articolo: Dante, Templare e Alchimista?


mercoledì 10 febbraio 2016

LE LOCUZIONI DANTESCHE CHE USIAMO TUTTI I GIORNI


Qualche giorno fa dissi a una persona "leggi Dante che è sempre molto attuale" e la risposta che ottenni mi lasciò spiazzato "è vecchio e non è così attuale". Ora...questo denota una ignoranza abissale e oltretutto non giustificabile dal fatto che "al liceo non me lo hanno fatto piacere". In realtà gran parte delle locuzioni che utilizziamo ancora oggi le troviamo proprio nelle immense e immortali opere del poeta fiorentino che ci fornisce sempre quello spunto culturale che ci consente di mostrare chiaramente come la sua letteratura sia ancora decisamente attuale.

Stai fresco

Utilizziamo la locuzione "stai fresco" quando siamo sicuri che qualcosa finisce male e, con un tale significato negativo, l'espressione non poteva che arrivare dall'Inferno, dal lago di Cocito "dove i peccatori stanno freschi" perché quasi totalmente immersi nel ghiaccio.

Galeotto fu...

..."Galeotto fu 'l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante". Questa è la frase dantesca, una delle più belle e cariche di significato della letteratura mondiale. In chiave moderna la utilizziamo quando siamo spinti a fare qualcosa; Galeotto, in realtà, era un certo Galehault un personaggio che sostenne l'amore di Ginevra e Lancillotto i due protagonisti di questa frase che Dante ritrova nel V canto dell'Inferno.

Gran Rifiuto

"vidi e conobbi l'ombra di colui che fece per viltade il gran rifiuto"...così Dante indica una figura misteriosa il cui nome non viene mai pronunciato: a chi si riferiva? Secondo una teoria consolidatasi nel tempo il destinatario del messaggio sarebbe stato Celestino V il primo papa a rinunciare al Soglio di Pietro sulla cui morte regna ancora il mistero. La sua abdicazione darà spazio a quel Benedetto Caetani (Bonifacio VIII) che diverrà il suo acerrimo nemico. Poteva forse, Dante, riferirsi a Ponzio Pilato il cui gran rifiuto è rimasto nella storia?

Senza infamia e senza lode

Così così...potrebbe andare meglio...questa è la traduzione in termini moderni della locuzione che troviamo nel III dell'inferno versetto 36. Per Dante essere senza infamia e senza lode era un peccato gravissimo tanto che fece dire a Virgilio "non ragioniam di loro, ma guarda e passa" tipica espressione che Virgilio dedicava con disprezzo agli ignavi, a coloro che non prendono iniziative, che non prendono una posizione ed erano degni dell'oblio.

Tremare vene e i polsi

Si usa quando indichiamo qualcosa di tetro e spaventoso. Dante, uscito dalla selva oscura, incontra tre animali tra cui una lupa che lo terrorizzò al punto da "fa tremar le vene e i polsi”.

Non mi tange

Non mi interessa. Anche in questo caso l'aulico riferimento che andremo a fare ha origine nell'inferno dantesco: Beatrice sta parlando e dice "Io son fatta da Dio, sua mercé, tale / che la vostra miseria non mi tange” per ordinare a Virgilio di salvare Dante il qualche gli chiese come fosse possibile che una persona come lei all'inferno non soffrisse e la risposta fu: Il male non la tocca, o meglio, non la “tange”

martedì 9 febbraio 2016

LE ORIGINI DEL DETTO "TAGLIARE LA TESTA AL TORO"



Anche il modo di dire "tagliare la testa al toro", che utilizziamo per risolvere un problema in maniera definitiva, ha origini medievali. Ci troviamo nella Venezia del XII secolo, esattamente nel 1162 quando Ulrico di Treven, il Patriarca di Aquileia, decise di attaccare Grado città governata dal Doge di Venezia. Proveniente da una ricca famiglia della suggestiva regione della Baviera, Ulrico fu investito da Federico Barbarossa e, proprio per questo, rimase molto sensibile alle pretese e alle necessità del Sacro Romano Impero che voleva annettere Grado per le sue saline che costituivano un ingente introito commerciale alla Repubblica di Venezia e per diventare antagonista sul piano economico dello Stato Pontificio le cui saline di Cervia e di Comacchio rifornivano la Pianura Padana. 

Venezia reagì duramente con un potente attacco contro l'esercito imperiale facendo prigioniero, insieme a dodici prelati e dodici signori, anche Ulrico di Treven. Venezia voleva rilasciare il patriarca a un patto: che ogni anno in occasione del Giovedì Grasso il doge di Aquileia avrebbe concesso alla Repubblica di Venezia, dodici maiali (i dodici chierici), dodici pani (gli alleati di Ulrico) e un toro da offrire a Venezia in un pittoresco spettacolo. Ulrico accettò; i pani furono donati al popolo, la carne ottenuti dall'abbattimento dei maiali ai senatori della Repubblica. Il toro fece la fine più ingloriosa di tutte...l'animale, che rappresentava il patriarca di Aquileia, fu decapitato durante una cerimonia dai fortissimi connotati simbolici a piazza San Marco. 

La tradizione perdurò fino al XVI secolo e anche se l'uccisione dei dodici maiali fu soppressa definitivamente rimase in voga la decapitazione del malcapitato toro. Ancora oggi il toro è uno dei simboli del famoso carnevale di Venezia e il detto "tagliare la testa al toro" resta ancora un augurio per chiudere velocemente e definitivamente tutte le controversie rimaste sospese.

sabato 6 febbraio 2016

LA SIMBOLOGIA TEMPLARE

In questa pagina sono raccolti i simboli dei Cavalieri Templari: parliamo nello specifico del sigillo, del celebre vessillo, il Beauceant, del motto e della Croce delle Otto Beatitudini che, secondo alcuni, era un vero e proprio alfabeto segreto utile a criptare i messaggi.








giovedì 4 febbraio 2016

“LA DONNA E LA MODA A BISANZIO, LA SCOPERTA DELLA MODA NELLA CORTE IMPERIALE"


La corte imperiale fu l’epicentro del potere politico bizantino. Se l’Imperatore con il suo entourage doveva rappresentare l’immagine di Cristo antropomorfa sulla Terra, anche la corte doveva seguire questa traslazione figurativa. Ogni movimento ogni decisione, ogni posizione, era regimentato da uno strettissimo protocollo pensato affinché tutto fosse perfetto ed incredibilmente vicino alla divinità. È in questo ambiente che nascono le prime mode a Bisanzio che subiscono l’influsso dell’Oriente più ricco e certamente più mistico. 

Ma non è solo da Est che arrivano le nuove idee, i Romani della Seconda Roma sono aperti a contaminazione sociali provenienti dai popoli attigui al fantomatico limes. Abbiamo così influssi persiani, cazari, avari, italici e poi arabi. La nuova moda coinvolse diversi strati di popolazione e non solamente quella maschile, ma trovava terreno assai fertile nell’altro sesso, quello femminile. 

Nel Grande Palazzo, la grande casa dell’Imperatore, questi influssi si diffusero ampiamente nell’entourage dell’Imperatrice che iniziò ad impreziosire la propria figura rendendola sempre più elegante e sfarzosa. Il desiderio di bellezza si fuse così con l’idea opposta proveniente dal Cristianesimo, rendendo la rappresentazione della Imperatrice ancora più affascinante e imperscrutabile. La bellezza divenne così non fisica ma eterea, rendendo il fascino e la moda greco più distante dalla realtà. Nacque così la moda bizantina tornata famosa, sebbene carica di cliché ancora oggi presenti, nell’ottocento francese e ultimamente dalle riproposizioni di famosi stilisti dell’alta moda contemporanea.

L'evento culturale si terrà il giorno sabato 20 febbraio alle ore 17.30 presso la Chiesa Monumentale di San Silvestro in Tivoli.

Relatore sarà il prof. Nicola Bergamo, nato a Venezia, laureato con il massimo dei voti e lode presso l’Università di Venezia con una tesi sull’esercito bizantino in Italia, relatore prof. Ravegnani. Ha successivamente ottenuto un Master of Arts in Byzantine Studies and Modern Greek con encomio presso la Queen’s University of Belfast. Ha ottenuto una borsa di studio presso la Notre Dame University (Indiana, USA) dove ha scritto questo libro. Ha pubblicato “Costantino V, Imperatore di Bisanzio” per i tipi de Il Cerchio Rimini, 2007. Ha ideato e dirige Porphyra, la prima rivista online sul mondo di Bisanzio ed è presidente dell’Associazione Culturale Bisanzio. Collabora con il giornale online Linkiesta, dove tiene una rubrica settimanale dedicata alla storia bizantina e medievale. Attualmente e’ studente dottorale presso École des Hautes Études en Sciences Sociales di Parigi.

CIAO MATTEO...


Avere un blog che parla di cultura medievale ha avuto tanti vantaggi: ho avuto lavori, mi sono fatto conoscere e apprezzare ma soprattutto ho conosciuto centinaia di persone alcune delle quali sono rimasti miei "amici di penna"...uno di loro è Matteo Freddi. Un ragazzo di rara educazione e di grande cultura, appassionato di medioevo e studioso dei Cavalieri di Malta su cui recentemente ha pubblicato una bella serie di documentari che ho provveduto a inserire nel mio blog. Aveva pubblicato anche un libro dal titolo, atroce, Finchè morte non ci riunirà e da poco era uscita la sua nuova fatica...

Ebbene, Matteo oggi ci ha lasciati dopo una lunga e difficile malattia di cui ero al corrente data la confidenza che avevamo tramite Facebook e tramite le nostre molte collaborazioni. Matteo aveva sposato la causa di Sguardo Sul Medioevo fin dagli albori, mostrando sempre voglia di lavorare insieme: anche se non l'ho mai sentito neanche per telefono, lo consideravo un valido amico. Il mio rammarico più grande è quello di non avergli regalato la recensione del suo bel libro.

Volevo raccontare chi era Matteo...recentemente si era operato di urgenza, stava bene e si stava riprendendo anche se con fatica ma nonostante questo la prima cosa che ha detto..."sta uscendo il mio nuovo libro, Ben ti voglio Lucia" e, soprattutto, ha contenuto a curare con grande passione il documentario sulla sua più grande passione, oltre al Fantacalcio, i Cavalieri di Malta e il Grande Assedio.

Matteo...siamo tutti davvero attoniti, non voglio riempire pagine di frasi fatte ma sto scrivendo solamente di impulso, così è tutto molto più vero e sentito. Sapete una cosa? Dieci giorni fa lo volevo contattare per poter inserire il documentario sul mio blog e per sbaglio lo chiamai via messenger, poi ho attaccato la telefonata: magari se gli avessi dedicato cinque minuti gli avrei fatto fare due risate in allegria. 

Matteo carissimo...non so dove sei ora, dove stai andando e se stai andando da qualche parte. Di certo il Fantacalcio lassù è più semplice e soprattutto potrai incontrare tutti gli eroi che ti hanno fatto appassionare alla storia.

Sicuramente ci incontreremo Matteo, allora potremo continuare a parlare delle donne, cavalier dell'armi e degli amori, di tutte quelle cose che hanno appassionato in vita e, soprattutto, di Fantacalcio!

Ciao Matteo, ti lascio con una frase che ora suona davvero beffarda....finchè morte non ci riunirà

Emiliano

mercoledì 3 febbraio 2016

RIAPRE LA CASA DEL BOIA DI GENOVA

Casa del Boia.jpg

La famosa Casa del Boia di di Genova, un edificio che si trova vicino al mercato del pesce, riapre. Il luogo delle esecuzioni capitali durante il periodo della Repubblica di Genova è ora sede della compagnia dei Balestrieri del Mandraccio che organizzeranno anche visite guidate e che si è occupata del restauro dello storico edifico del XIII secolo. L'apertura è dalle ore 15 alle 18.30 e gli organizzatori accompagneranno il turista attraverso armi, armature, vestiti e curiosità sulla vita medievale. La visita è consentita per un massimo di 25 persone alla volta, quindi non è da escludere una piccola attesa. Al termine della gita i visitatori potranno usufruire di un buono per un bicchiere omaggio di vin brulè da "Panino Straripa"

Foto tratta da Wikipedia, Autore: DonPaolo

Un po' di storia...

L'edificio che ora si può ammirare è solamente una piccola parte di quello originario che si estendeva per tutta la piazza. Dopo un lungo periodo di abbandono è stato il MIBACT a concedere alla Compagnia Balestrieri del Mandraccio la possibilità di recuperarlo e nel 1990 lo ha trasformato nella propria sede sociale arredata con armi, armature medievali. Qui vi si svolgevano le pene capitali durante il fulgido periodo della Repubblica di Genova e proprio per questo è conosciuta come la Casa del Boia. L'edificio è conosciuto anche come Casa di Agrippa anche se non vi sono molti riscontri storici; sta di fatto che alcuni sondaggi archeologici egli anni '80 hanno portato alla luce resti romani.

lunedì 1 febbraio 2016

DOCUMENTARIO SUL "GRANDE ASSEDIO DI MALTA" #4

Quarta puntata su quattro del primo documentario in italiano sul Grande Assedio di Malta del 1565 che vide protagonisti i Cavalieri Ospitalieri che si difesero dall'attacco dei turchi ottomani. www.matteofreddi.it e www.finchemortenonciriunira.com.

"A KNIGHT'S HONOUR" - EPISODIO 12: "WE WON'T STEP BACK"

"A KNIGHT'S HONOUR" - EPISODIO 13: "SNATCHING LIFE FROM THE JAWS OF DEATH"

A volte, quando tutto intorno a te cade a pezzi, l'unica scelta che si ha è continuare a combattere...


"A KNIGHT'S HONOUR" - EPISODIO 11: "WHAT IS FAIR AND WHAT IS WRONG"

Nel momento più buio, noi decidiamo di combattere. Noi non ci tireremo indietro!


I CAVALIERI MALEDETTI

I CAVALIERI MALEDETTI La verità sui Templari, Documentari 2015, Documentario completo. Affascinante documentario sui ultimi istanti della vita dei Cavalieri Templari. Chi ha ordito il complotto ai danni dei Cavalieri di Cristo?

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