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martedì 28 maggio 2013

MEDIOEVO AFRICANO: BUNYORO, UGANDA E REGNI DEI GRANDI LAGHI - LA STORIA SCRITTA DALLE FONTI NON SCRITTE

Nel definire la storia e le identità delle popolazioni che furono all’origine dei Regni Ugandesi e degli altri che si strutturarono nella vasta regione dei Grandi Laghi, si deve risalire a un Medioevo africano che talvolta risulta di difficile decifrazione, se si tengono presenti le differenze che separano i gruppi etnici che oggi vi sono stanziati. Le dizioni “nilotica” e “camitica” che spesso sono state adoperate per definire l’origine più lontana di queste popolazioni, risultano infatti abbastanza onnicomprensive e non riescono a spiegare con facilità gli eventi che furono a monte di migrazioni, stanziamenti, commistioni di genti, istituzioni di potentati. La difficoltà di poter seguire i fatti con una documentazione più precisa, ha spesso chiuso le indagini entro i limiti delle fonti preterintenzionali di facile acquisizione, come i rapporti etnografici.
E’ giusto quindi quando si scrive che sembra di ardua comprensione delineare il processo storico che accomuna gli insediamenti nilotici e nilocamitici in “ecosistemi così differenziati come quelli propriamente nilotici (Nuer, Dinka, Shilluk), quelli pedemontani e rocciosi dei confini dell’Etiopia (Anyua, Suri), quelli delle steppe e delle montagne del Sudan equatoriale (Bari, Lotuko, Larim, Didinga, Toposa), o ancora quelli del Nord-Est dell ‘Uganda (Acholi, Langi, Karimojong, Teso), dei deserti settentrionali del Kenya (Turkana, Samburu), delle steppe del nord della Tanzania (Masaai, Datog) e le savane tra la Repubblica Democratica del Congo e l’Uganda (Alur)” (1).
Le differenze fra le popolazioni di questa vasta regione, che sembrano effettivamente provenire dalle stesse aree settentrionali situate lungo il corso dell’Alto Nilo, possono essere spiegate innanzitutto sotto l’aspetto temporale. Gli spostamenti verso il Sud sono infatti avvenuti lungo l’arco di secoli, coinvolgendo gruppi che provenivano da esperienze sociali e politiche completamente diverse fra loro. Le migrazioni sarebbero addirittura iniziate nel II secolo d.C. quando gli agricoltori nilotici sarebbero stati travolti da una prima ondata di Camiti nell’area dell’Africa nord-orientale (2). Ogni volta che gli avvenimenti avevano costretto questi gruppi a lunghe migrazioni, essi avevano già accumulato storie, conoscenze e incroci che erano molto differenti da quelli di coloro che avevano lasciato il territorio ancestrale da uno o più secoli. E’ chiaro che alcune caratteristiche fondamentali non avrebbero abbandonato questi nuclei umani, nonostante la lontananza nel tempo delle loro diramazioni. Anzi, elementi peculiari adattati nelle nuove regioni di insediamento, come la sacralità del sovrano, sembrano essere derivati dai tempi più remoti, e procedere da una tipologia originaria identificabile nei Regni nubiani, così prossimi all’Egitto del faraone-dio (3). Le conquiste, le migrazioni e i nuovi stanziamenti sarebbero poi continuati molto a lungo, fino al periodo delle grandi offensive militari musulmane in Etiopia nel XVI secolo che misero in moto altre popolazioni le quali si spostavano a causa delle violenze della guerra (4).
Fra questi due estremi temporali, altri notevoli movimenti di popolazione interessarono l’area. I più importanti sembra si siano verificati fra il XIII e il XIV secolo, coinvolgendo l’antica Nubia da dove altri gruppi di abitanti procedettero verso Sud (5). Furono queste le migrazioni che misero in movimento i popoli che più tardi si insediarono nell’attuale Uganda dove -solo qualche secolo dopo- si ritrovano entità statali solidamente organizzate. E’ molto probabile che i primi spostamenti di questa seconda fase non siano avvenuti in seguito ad invasioni di popoli ostili. Piuttosto, essi furono dovuti al cambiamento climatico su vasta scala che, come era già periodicamente avvenuto nei millenni precedenti, si avvicendò sull’Europa e sull’Africa. Il periodo di optimum climatico compreso fra il IX e il XII secolo che predomina in Europa, e che termina gradualmente a partire dai primi decenni del Duecento, deve infatti essere stato corrispondente a un periodo caldo e secco africano che con molta probabilità si è protratto più a lungo nel Continente meridionale provocando notevoli conseguenze dal punto di vista sociale (6).
La necessità di trovare nuovi pascoli in regioni meno aride è stato certamente la ragione principale che ha spinto verso climi più temperati genti la cui economia si fondava essenzialmente sull’allevamento del bestiame. Caratteristica principale della vita sociale di questi gruppi, e di quelli che da essi discendono, infatti, oltre alla sacralità della persona reale, è l’allevamento delle mandrie, in gran parte consistenti in bovini. L’attività pastorale in area aksumita è del resto testimoniata già in epoca lontanissima da incisioni rupestri precristiane che rappresentano lo stesso bue gibboso di piccola taglia, il sanga, allevato più tardi dai popoli nilotici; e conferma gli spostamenti di pastori in molte aree dell’Africa orientale fra le attuali Etiopia ed Eritrea (7). Il numero stesso degli animali posseduti stabiliva lo status sociale dei proprietari; tanto che per non diminuire i capi, la dieta alimentare non prevedeva il consumo di carne ma gli animali erano sfruttati per usare il loro latte o il loro sangue che periodicamente veniva estratto dal bestiame vivo con un esperto taglio della vena giugulare (e ancor oggi l’uso vige presso alcune popolazioni). La pastorizia era dunque ritenuta un’attività essenziale e nobile, tanto da poter essere praticata persino dai Re.
I documenti preterintenzionali del Regno di Bunyoro, nonostante questa Entità politica sembri essere lo Stato ugandese con minori notizie certe sulla sua storia più antica, offrono tuttavia uno straordinario sistema riassuntivo delle vicende di tutte le popolazioni stanziate nella zona dei Grandi Laghi.
L’origine stessa dei primi Bunyoro, riuniti nell’antico Regno di Kitara, secondo fonti orali fu originato per conquista da parte di pastori nilotici Chwezi, organizzati in un modello socio-politico che risulta simile a quelli dello Zimbabwe. Gli invasori assoggettarono le popolazioni conquistate all’interno di un sistema economico in cui l’agricoltura e l’allevamento conservavano la loro importanza ma la pastorizia era riservata alla classe politicamente dominante (8). Per meglio organizzare la vita economica e sociale di una struttura che appare già perfettamente strutturata all’epoca del Medioevo eruropeo, la società del Kitara-Bunyoro edifica tra il XV e il XVI secolo complesse costruzioni per la cui realizzazione dovettero essere impegnati migliaia di uomini lungo il corso di decenni
Si tratta di monumentali costruzioni i cui resti sono tuttavia di complicata interpretazione per quanto riguarda la loro destinazione sociale ed economica. I notevoli avanzi vengono considerati ora come trincee e camminamenti, ora come un sistema di dighe e canali, ora –ed è questa forse l’interpretazione più convincente- come un insieme dell’una e dall’altra soluzione (9). In entrambi i casi, le strutture mostrano evidenti richiami al passato prossimo dei discendenti di quanti migrarono, organizzarono il territorio ed elaborarono il sistema di difesa e canalizzazione.
L’antica spinta conquistatrice di popolazioni guerriere costrette a loro volta a lasciare le sedi originarie da diversi conquistatori e da contingenze naturali, potrebbe aver lasciato nei Kitara l’impressione che una volta giunti nel “paradiso riconquistato”, situato su altipiani fertili e ideali per i pascoli, era indispensabile edificare fortificazioni in grado di difenderli da nuovi ipotetici nemici umani, in grado di muoverli verso nuove migrazioni. D’altro lato, il ricordo di persistenti siccità, seguite da carestie e dall’impossibilità di allevare il bestiame, potrebbe averli indotto a realizzare anche una serie di opere per irreggimentare le acque, in modo da metterli al sicuro da future avversità metereologiche.
Il ricordo dell’importanza dell’acqua e dei metodi per canalizzarne i corsi, trovano del resto una corrispondenza nella diffusa venerazione per i capi e stregoni, ritenuti in grado di attirare la pioggia e di allontanare la paura della fame.
Questi reperti etnografici confermano dunque le ipotesi che si sono avanzate sull’origine dei Regni della regione. Sotto la spinta di popolazioni come i Somali e gli Oremo, costretti a spostarsi dalle sedi originarie dell’Africa orientale, gli antichi Maasai si portarono a loro volta verso gli altipiani attraverso una serie di secolari migrazioni (10).
A ribadire le tradizioni orali, i dati etnografici e le somiglianze culturali fra le diverse popolazioni interessate a questi avvenimenti, esiste anche la fonte linguistica. Sono ormai molti anni che le indagini storiche utilizzano questa fonte che si rivela sempre di interesse prioritario. Studi di grande rilevanza sull’uso, l’interpretazione e il significato delle parole sono stati compiuti sia a livello europeo che in ambito locale. Sono state così considerate situazioni storiche di estrema importanza, come l’effettiva collocazione geografica delle vicende omeriche, sottratte all’Asia minore e al bacino del Mediterraneo per restituirle all’originaria sede del Baltico i popoli dei guerrieri cantati dall’Iliade (11); sia le stratificazioni di genti differenti prima della penetrazione romana entro i confini delle stesse regioni (12). Per quanto riguarda riguarda l’Italia, si può riassumere, per esempio, che già i suffissi dei sostantivi possono definire con precisione una geografia degli antichi stanziamenti. I nomi che finiscono in -anus, per intenderci, sono di chiara origine latina (come il prediale Capitignano= da Capitinianus, il territorio di Capitinio); quelli di -enn di origine etrusca (come Ravenna); quelli in -esc (come Cernusco) derivano dall’influenza etnica gallica.
Una indagine condotta su alcuni principali toponimi consente di precisare anche per l’area africana i contorni della migrazione. E’ possibile infatti rinvenire avanzi linguistici nella zona dei Grandi Laghi e nella regione del Bunyoro che confermano le tradizioni orali secondo cui i più antichi antenati dei conquistatori-pastori erano provenienti dall’attuale Etiopia meridionale.
Se consideriamo i nomi di località dell’altopiano ugandese, potremo infatti confrontarli con altri molto simili, quasi tutti ancora presenti entro i confini etiopici.
Bulisa = Bubissa (Etiopia, regione di Arussu, zona di Combatta, a sud di Amorro
Gulu = Ghelo, fiume nella regione di Ilu Babor in Etiopia
Haima = Omo (Etiopia, zona di Caffa) e Homi (Ilu Babor)
Koriso = Koribo (nel Juba)
Kigali (Rwanda) = Kigalli e Kigille (Sudan)
Kobobko = Akobo (località e fiume di Ilu Babor)
Lira = Liria (Juba)
Magyo = Mogi (Etiopia, Caffa), Magwe (Juba)
Maracha = Marake (località del Kenya, sul lago Rodolfo)
Moyo = Moia (Arussi, Etiopia)
Nebbi = Nuba (popolazione del Darfur)
Nkusi = Cuza (Ilu Babor, Etiopia)
Okollo = Cuollu (regione di Tirma, Etiopia)
Tonya = Tonj (fiume del Ghazal, in Sudan)
Toro = Tori (località e fiume di Ilu Babor)
Yumbe = Iembo (Ilu Babor)
Queste indicazioni fonetiche esemplificative offrono la conferma di una derivazione degli abitanti dell’altopiano da genti che risiedevano a nord, e che si sono diffuse nelle aree dell’attuale Bunyoro, dell’Uganda e dei Regni meridionali conducendo con sé non solo la mentalità, le abitudini sociali, e i ricordi di eventi importanti del loro passato ma anche tracce dello stesso linguaggio originario, poi evolutosi dopo la commistione con altre popolazioni già esistenti presso la zona dei Grandi Laghi.
Gli antenati del Bunyoro hanno dunque origini geografiche e antropologiche definibili, le cui radici affondano in un medioevo composito e organizzato, e trovano le più lontane origini in quei Regni della Nubia strutturati secondo il modello dell’antico Egitto.

Note

(1)Cf. Voce Niloti, in Treccani.it .
(2)Cf. A.E. LEVA, Elementi di geografia fisica e antropica, in L’africa, Lineamenti di geografia fisica, politica ed economica, Roma 1977, p. 62.
(3)Id., p. 63.
(4)Id., p. 62.
(5)Cf. T. FILESI, Movimenti di emancipazione coloniale e nascita dei nuovi Stati in Africa, Milano 1971, p. 50.
(6)Cf. http//it.wikipedia.org, Periodo caldo medievale, da Drought in West liked to warmer temperatures, Earth Observatory News, October 7, 2004.
(7)Cf. R. FATTOVICH, L’Africa subsahariana dalla Late Stone Age al 1000 d.C., in Treccani.it .
(8)Cf. C. MOFFA, L’Africa alla periferia della storia, Napoli 1993, pp. 68-69.
(9)Id., pp. 69-70.
(10)Cf. R. FATTOVICH, L’archeologia dell’Africa orientale, in Treccani.it .
(11)Cf. F. VINCI, Omero nel Baltico, Roma 2008.
(12)Cf. fra gli altri, A. CAMMARANO, Relitti del sostrato prelatino nella toponomastica dell’Agro Picentino, in Rassegna storica salernitana, 18 (1989), pp. 177-204; L. CHIAPPINELLI, Note di toponomastica salernitana, in Rassegna storica salernitana, 12 81992), pp. 217-250.

Articolo di Carmelo Currò Troiano. Tutti i diritti riservati. 

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