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domenica 12 maggio 2013

I RACCONTI DI CANTERBURY - FRAMMENTO 7 - IL RACCONTO DI MELIBEO

Un giovane potente e ricco, di nome Melibeo, ebbe da sua moglie, che si chiamava Prudenza, una figlia, cui venne imposto il nome di Sofia.
Accadde un giorno ch'egli, per passatempo, se n'andasse per i campi a vagolare, lasciando moglie e figlia al riparo dentro casa, con le porte saldamente chiuse. Se ne accorsero tre suoi antichi nemici, i quali, appoggiando scale ai muri dell'abitazione, entrarono dalle finestre, e colpirono la moglie, e ferirono gravemente la figlia in ben cinque punti - vale a dire: ai piedi, alle mani, alle orecchie, al naso e alla bocca - e, lasciandola per morta, se ne andarono. Quando Melibeo tornò a casa e vide tutto quello scempio, come pazzo, strappandosi le vesti, incominciò a piangere e a gridare.
Sua moglie Prudenza lo implorò, come poté, di trattenere il pianto, ma egli continuava a piangere e a gridare sempre più a lungo.
La nobile Prudenza si ricordò allora d'una massima d'Ovidio, nel libro intitolato "Rimedio d'Amore", dove dice: 'Stolto è chi disturba la madre che piange per la morte del proprio figlio, finché un poco almeno non si sia sfogata: occorre poi cercare di confortarla con buone parole, pregandola infine di trattenere il pianto'. Lasciò per questa ragione che suo marito per un po' piangesse e gridasse, poi, quando le sembrò opportuno, così gli parlò: «Ahimè, signor mio,» gli disse «perché mai vi comportate da pazzo in questo modo? Non sta bene che un uomo di buon senso s'abbandoni a un simile lamento. Vostra figlia, per grazia di Dio, se la caverà e guarirà. Ma quand'anche fosse morta per davvero, non dovreste anche voi distruggervi la vita. Dice Seneca che un uomo di buon senso non dovrebbe abbandonarsi al dolore per la morte dei propri figli, ma dovrebbe invece con pazienza rassegnarvisi, aspettando egli pure la propria ora».
Melibeo le rispose subito e le disse: «Ma quale uomo riuscirebbe a rimaner senza piangere avendone così grave motivo? Perfino Cristo, nostro Signore, pianse per la morte del suo amico Lazzaro!».
Rispose Prudenza: «Certo, lo so, se uno soffre fra gente che soffre, non gli è affatto proibito di piangere, e ciò anzi gli viene concesso. Scrive infatti l'apostolo Paolo ai Romani: 'Rallegratevi con quelli che sono allegri e piangete con quelli che piangono'. Ma se piangere un poco viene concesso, certamente proibito è piangere in modo esagerato. Occorre anche nel pianto avere un senso della misura, come c'insegna Seneca: 'Quando ti muore un amico,' egli dice 'non siano i tuoi occhi troppo molli di lacrime, e neppure troppo aridi; pur se ti vengono lacrime agli occhi, tu non lasciarle cadere; e una volta perduto un amico, cerca di trovartene un altro: è molto più saggio che rimanere a piangere per l'amico smarrito, giacché intanto non v'è rimedio'. Se perciò volete agire con cognizione, toglietevi dal cuore questo dispiacere. Ricordatevi che Gesù Sirak dice: 'Chi si mantiene col cuore allegro e contento si conserva con gli anni fresco come un fiore, ma chi ha il cuore malinconico diventa secco come un osso'. E aggiunge poi che il dispiacere uccide la gente. Salomone osserva inoltre che, come le tarme nella lana di pecora rodono i panni, e i piccoli vermi gli alberi, così il dolore corrode l'animo. E perciò, sia in caso di figli morti che di beni ormai perduti, noi dovremmo sempre aver pazienza. Ricordatevi quanto fu paziente Giobbe. Pur avendo perduto figli e averi, pur tribolando e soffrendo dolori atroci per tutto il corpo, disse: 'Il Signore mi ha dato, il Signore mi ha tolto; il Signore ha voluto che sia così, e così sia fatto: benedetto il nome del Signore'».
Sentendo questo, Melibeo si rivolse a sua moglie Prudenza e le disse: «Le tue parole son sacrosante e utili, ma in verità ho il cuore così oppresso dal dispiacere, che non so proprio che cosa fare».
«Chiamiamo» disse Prudenza «tutti coloro che vi sono realmente amici e quei vostri parenti che abbiano buon senso: spiegate il vostro caso, sentite quel che vi dicono e fate poi come vi consigliano. 'Consigliati nelle tue faccende, non te ne pentirai mai' dice infatti Salomone ...»
Così, su proposta di sua moglie Prudenza, Melibeo mandò a chiamare un gran numero di gente: chirurghi, medici, gente anziana e giovane, e perfino certi suoi antichi nemici in apparenza riconciliati al suo affetto e alla sua grazia; e con loro vennero alcuni suoi vicini che lo riverivano più per paura che per affetto, come spesso succede; vennero pure molti astuti lecchini e avvocati saggi che conoscevano molto bene le leggi. Radunata questa gente, Melibeo spiegò con aria addolorata il suo caso. Dal suo modo di parlare, era chiaro che in cuor suo egli serbasse ancora rancore ed ira e che, pronto a vendicarsi contro i propri nemici, avrebbe subito desiderato far scoppiare una guerra. Per ora, tuttavia, si limitò soltanto a chiedere consiglio.
S'alzò allora un chirurgo e, col permesso e il consenso degli altri saggi, si rivolse a Melibeo e gli disse: «Signore, compito di noi chirurghi è di far con tutti del nostro meglio, dovunque ci troviamo, e di non recar alcun danno ai nostri pazienti. Capita sovente e spesso che due uomini, dopo essersi feriti a vicenda, vengano curati dallo stesso medico, giacché alla nostra professione non s'addice fomentar guerre, né parteggiare per questo o per quello. Ma certo, per quanto riguarda la guarigione di vostra figlia, sebbene essa sia ferita gravemente, noi c'impegneremo giorno e notte, e vedrete che con la grazia di Dio sarà al più presto fuori pericolo e salva».
Più o meno in questo modo parlarono anche gli altri medici, salvo alcune parole che aggiunsero, e cioè che, come ogni malattia si guarisce col suo contrario, così la guerra andrebbe guarita con la vendetta.
I vicini invidiosi, i falsi amici che parevano riconciliati e gli adulatori fecero allora finta di piangere, e peggiorarono ed aggravarono la situazione, mettendosi a incensare Melibeo per la sua forza, la sua potenza, le sue ricchezze e le sue amicizie, sminuendo invece la forza dei suoi avversari, e gli dissero chiaro e tondo ch'egli avrebbe dovuto scagliarsi contro i suoi nemici e far scoppiare una guerra.
S'alzò allora un saggio avvocato e, fra il plauso e l'approvazione d'altra gente di buon senso, disse: «Signori, il motivo per cui siamo qui riuniti è molto serio e della massima importanza, vuoi per il torto e il male commesso, vuoi per i gravi danni che ne potrebbero derivare, vuoi infine per la gran ricchezza e potenza d'entrambe le parti: per tutte queste ragioni, sarebbe adesso assai pericoloso commettere errori. Pertanto, Melibeo, il nostro avviso è questo: vi consigliamo innanzi tutto di prendere ogni possibile precauzione a difesa della vostra persona, in modo da non permettere ad alcuno di spiarvi e controllarvi, mettendovi così al sicuro; vi consigliamo inoltre di tenervi in casa una guarnigione sufficiente per difendere sia voi che la vostra famiglia. Quanto però a muover guerra o a far subito vendetta, noi non possiamo qui sul momento giudicare se sia conveniente, e vi chiediamo perciò un po' di tempo prima di prendere una decisione: vero è che rimandare sia noioso, ma non è cosa riprovevole quando si debba emettere un giudizio o compiere una vendetta, purché si tratti d'un tempo giusto e ragionevole. Lo dimostrò anche nostro Signore Gesù Cristo con l'esempio: quando gli condussero dinanzi la donna ch'era stata sorpresa in adulterio per sapere quel che si dovesse fare della sua persona, egli, che pur sapeva benissimo come rispondere, non volle dare un parere avventato, ma volle pensarci, e per due volte scrisse prima sul pavimento. Ecco perché anche noi vogliamo rimandare le nostre decisioni, e consigliarvi poi, per grazia di Dio, quel che per voi sia più conveniente».
Allora i giovani s'alzarono in blocco, e i più si misero a beffeggiare i saggi anziani, facendo chiasso e sostenendo che, come occorre battere il ferro finché è caldo, così bisogna vendicarsi dei torti ricevuti finché si tratta di questioni recenti e fresche; e a voce alta gridarono: «Guerra! guerra!».
S'alzò uno dei vecchi saggi e fece segno con la mano che si calmassero e gli dessero ascolto. «Signori,» disse «ci sono molti che gridano 'guerra' guerra!' e non sanno neanche che cosa sia una guerra. Essa all'inizio spalanca una gran porta, in modo che ognuno possa entrarvi quando gli pare e piace e possa facilmente trovar dissidio: come poi andrà a finire, non è facile saperlo. Una volta che una guerra sia cominciata, molti che prima dovevano ancora essere partoriti dalla madre, si trovano fin da piccoli a soffrire la fame, e campano nel dolore oppure muoiono nella miseria. Perciò, prima di incominciare una guerra, gli uomini dovrebbero consigliarsi a lungo e pensarci molto.» E mentre quel vecchio cercava di rinforzare il suo discorso col ragionamento, quasi tutti s'alzarono per interromperlo, ripetendogli di tagliar corto e di farla finita: dà infatti fastidio chi predica a gente che non ha voglia d'ascoltare. Gesù Sirak dice che intollerabile è la musica nel pianto, e parlare a gente che non ha voglia di ascoltare è come mettersi a cantare davanti a chi piange. Così, quando quel saggio uomo vide che nessuno l'ascoltava, tornò a sedersi tutto contegnoso. Anche Salomone dice che, quando nessuno ascolta, è inutile sforzarsi di parlare. «Ben si vede» fece quel saggio «quanto sia vero il comune detto: sempre manca il buon consiglio dove più sarebbe necessario.»
Melibeo intanto continuò a consigliarsi con molti che, parlandogli in privato all'orecchio, gli dicevano una cosa e, in pubblica udienza, gliene dicevano un'altra.
Avendo sentito che la maggior parte dei consiglieri era d'accordo ch'egli dovesse far guerra, Melibeo diede subito il suo consenso al loro parere e confermò pienamente la loro decisione. Allora madonna Prudenza, vedendo che suo marito era deciso a scagliarsi contro i nemici e a far scoppiare una guerra, atteso il momento opportuno, gli rivolse molto umilmente queste parole: «Signore mio,» gli disse «di cuore vi prego quanto più so e posso, non abbiate fretta e datemi per favore ascolto. Pietro Alfonso dice: 'Chiunque ti faccia qualcosa, sia nel bene che nel male, non aver fretta di contraccambiarlo: se ti è amico saprà aspettare, se ti è nemico rimarrà più a lungo in apprensione'. Dice poi il proverbio che chi va piano, va sano e va lontano, mentre in fretta e furia non si conclude nulla».
Rispose Melibeo a sua moglie Prudenza e disse: «Non ho intenzione di seguire il tuo consiglio, per vari motivi e diverse ragioni. Innanzi tutto sarei da ciascuno ritenuto folle, se adesso, seguendo il tuo consiglio, io volessi cambiare cose che ormai son state stabilite e approvate da tanti saggi. Secondariamente, ritengo che tutte le donne siano malvagie e che nessuna fra esse sia buona, proprio come dice Salomone: 'Un uomo fra mille, l'ho trovato; ma fra tutte, una donna buona non l'ho mai trovata'. Inoltre, s'io seguissi il tuo consiglio, sarebbe sicuramente come cederti il comando, e questo Dio non voglia, perché, come dice Gesù Sirak, se la moglie potesse comandare, si metterebbe sempre contro il marito; e Salomone aggiunge: 'In vita tua non lasciarti mai comandare da tua moglie, da tuo figlio o dal tuo amico; è meglio che i tuoi figli vengano da te a chiedere ciò di cui hanno bisogno, piuttosto che metterti tu nelle loro mani'. E poi tu sai che le mie decisioni devono restar segrete, finché non sia opportuno renderle note: questo non sarebbe più possibile, s'io seguissi il tuo consiglio. "Car il est escript, la genglerie des femmes ne puet riens celler fors ce qu'elle ne scet. Apres, le philosophre dit, en mauvais conseil les femmes vainquent les hommes: et par ces raisons je ne dois point user de ton conseil"».
Dopo aver ascoltato molto tranquillamente e con gran pazienza tutto ciò che a suo marito piacque dire, madonna Prudenza, chiestogli il permesso di parlare, fece: «Signor mio, per quanto riguarda il vostro primo motivo, ci vuol poco a rispondere: dico infatti che non è follia cambiar idea quando le cose cambiano, o quando sembrano diverse da quelle ch'erano prima; e dico poi che se anche avete promesso e giurato d'intraprendere un'impresa e ora l'abbandonate per un motivo giusto, nessuno dovrebbe perciò prendervi per bugiardo o per spergiuro. Sta scritto infatti che l'uomo saggio non offende il vero, quando cambia idea per il meglio. E anche se ormai la vostra impresa è stabilita e confermata da un numero di gente, voi non siete obbligato a compierla, se a voi non piace. Il vero e l'utile delle cose si trova infatti fra poca gente che sia esperta e piena di buon senso, piuttosto che in mezzo a una gran folla dove tutti gridano e strombazzano quel che vogliono: sicuramente una folla simile non è mai nel giusto... Passiamo ora al secondo motivo, dove dite che le donne son tutte malvagie: certo, in questo modo, se permettete, voi disprezzate tutte le donne e, come sta scritto, chi tutti disprezza a tutti dispiace. Dice Seneca che se uno vuol acquistare sapienza, non deve mettersi a trattare gli altri con disprezzo, ma deve insegnare loro quello che sa, senza orgoglio o presunzione; e se qualcosa non sa, non deve vergognarsi d'impararla, chiedendola anche a persone da meno di lui. Ma poi, signore, che donne buone ce ne siano state molte si può facilmente dimostrare, giacché, messere, nostro Signore Gesù Cristo stesso non si sarebbe mai abbassato a nascere da una donna, se tutte le donne fossero state malvagie; e per dar ancora una volta prova della gran bontà che è nelle donne, anche quando risuscitò da morte, nostro Signore Gesù Cristo apparve a una donna ancor prima che ai suoi apostoli. Se poi Salomone dice che una donna buona fra tutte non l'ha mai trovata, non vuol dire che siano tutte malvagie; anche se lui non è riuscito a trovare una donna buona, vi assicuro che altri uomini di donne ne hanno trovato molte ottime e fedeli. Ma forse Salomone intendeva una donna che fosse d'una bontà perfetta, per dire che non c'è nessuno che sia perfettamente buono, all'infuori di Dio, com'egli stesso ricorda nel suo vangelo. Non esiste infatti creatura che sia tanto buona, da non mancarle un po' della perfezione di Dio, il suo creatore... Il vostro terzo motivo è questo: voi dite che, se seguiste il mio consiglio, sarebbe come se a me cedeste ogni vostro comando e autorità. Ebbene, signore, se permettete, non è affatto così: se l'uomo dovesse farsi consigliare solo da chi lo comanda e lo domina, nessuno si farebbe così spesso consigliare; siate certo che chi chiede consiglio per qualcosa è libero di scegliere, tanto di seguire quel dato consiglio quanto di non seguirlo... Riguardo al vostro quarto motivo, voi dite che le chiacchiere delle donne nascondono cose che loro neppure conoscono, implicando che se una donna conoscesse qualcosa ancor meno saprebbe nasconderla: signore, queste parole andrebbero bene per donne che son pettegole e maligne, onde si dice anche che sono tre le cose che fanno fuggire di casa un uomo, cioè il fumo agli occhi, il gocciolare della pioggia dal tetto e una perfida moglie; e Salomone aggiunge che è meglio abitare in un deserto che con una moglie litigiosa. Ma, se permettete, signore, io non sono fra quelle: molto spesso avete avuto prova del mio gran silenzio e della mia gran pazienza, e anche com'io sappia benissimo tenere nascoste e segrete le cose che bisogna tenere segrete... Per quanto riguarda infine il vostro quinto motivo dove dite che nei cattivi consigli le donne superano gli uomini, Dio sa che tale motivo qui è fuori posto! Dovete rendervi conto che siete stato voi a chieder consiglio per agire male. Se poi, vedendo che state per agire male, vostra moglie vi trattiene dal vostro insano proposito e vi soverchia col ragionamento e il buon consiglio, bisognerebbe lodarla vostra moglie, non rimproverarla: in tal senso dovreste intendere il filosofo quando dice che nei cattivi consigli le donne superano i loro mariti... E giacché biasimate tutte le donne e il loro ragionare, io vi dimostrerò invece con molti esempi che vi sono state, e vi sono ancora, ottime donne che han dato consigli molto assennati e utili. Qualcuno ha perfino detto che il consiglio delle donne costa troppo caro per ciò che vale. Ma se è vero che molte son malvagie, e il loro consiglio è vile e di nessun merito, pure vi son uomini che d'ottime donne ne han trovate parecchie, e assai discrete e sagge nei loro consigli: pensate a Giacobbe che, seguendo il buon consiglio di sua madre Rebecca, ottenne la benedizione del padre Isacco e il primato su tutti i suoi fratelli; Giuditta, col suo buon consiglio, liberò la città di Betulia, in cui lei viveva, dalle mani d'Oloferne che l'aveva assediata e l'avrebbe distrutta completamente; Abigail liberò suo marito Nabal da re Davide che lo voleva uccidere e, con la sua arguzia e il suo buon consiglio, riuscì a placare l'ira del re; Ester, col suo buon consiglio, fece grandemente progredire il popolo di Dio durante il regno di re Assuero. E si potrebbero citare ancora moltissimi esempi d'ottimi consigli dati dalle donne. Basti pensare che quando nostro Signore creò il nostro progenitore Adamo, disse così: 'Non è bene che l'uomo rimanga solo; diamogli una compagna che gli assomigli'. Donde si può vedere che se le donne non fossero buone, e buoni e utili i loro consigli, nostro Signore, Dio del cielo, non le avrebbe mai create, né le avrebbe chiamate compagne dell'uomo, ma piuttosto sua rovina. Una volta in due suoi versi un dotto disse: 'Che cos'è migliore dell'oro? Il diaspro. E migliore del diaspro? La saggezza. E migliore della saggezza? La donna. E migliore d'una donna che sia buona? Nulla'. Insomma, signor mio, tante sono le ragioni da cui si può vedere che molte donne sono buone, e buoni e utili i loro consigli. E se voi, signor mio, al mio consiglio vi affiderete, io vi renderò guarita e salva vostra figlia, e farò in modo che da questa faccenda riceviate onore». Udite le parole di sua moglie Prudenza, Melibeo disse: «Ben vedo quanto sia giusto il detto di Salomone, quando afferma che il parlar con discrezione e ordine è come un favo di miele che dà dolcezza all'anima e salute al corpo. Ecco, moglie, a causa delle tue dolci parole, e anche perché ho prova ed esperienza della tua gran saggezza ed onestà, io voglio in tutto governarmi secondo il tuo consiglio».
«Ebbene, messere,» disse madonna Prudenza «giacché intendete governarvi secondo il mio consiglio, voglio indicarvi in che modo dovete procedere nella scelta dei vostri consiglieri. Prima di tutto, in ogni vostra azione, dovete chiedere umilmente al sommo Dio di farvi lui da consigliere, comportandovi in modo da meritare la sua approvazione e il suo conforto, come Tobia insegnò a suo figlio: 'Benedirai sempre Iddio e lo pregherai di condurti per la tua via, rimettendo a lui per sempre il tuo pensiero'. Anche San Giacomo dice: «Se qualcuno di voi manca di sapienza, la chieda a Dio'. Fatto questo, dovete consigliarvi con voi stesso, esaminando attentamente i vostri pensieri su ciò che vi sembra più opportuno. Dovete quindi togliervi dal cuore tre cose contrarie al buon consiglio, e cioè l'ira, la cupidigia e la fretta... Chi si consiglia con se stesso non deve, innanzi tutto, essere adirato, e questo per diversi motivi: primo, chi ha in sé grand'ira e rabbia, crede sempre di poter fare cose che in realtà non può fare; secondo, chi è adirato e furente, non può giudicare bene, e chi bene non giudica, bene non si può consigliare; terzo, chi è furente e adirato, sostiene Seneca, non sa dir altro che cose ingiuriose e, con le sue offensive parole, incita anche gli altri al furore e all'ira. Dovete poi, signor mio, togliervi dal cuore ogni cupidigia, giacché, come l'apostolo dice, la cupidigia è la radice di tutti i mali; e siate certo che un uomo avido non è capace né di pensare né di giudicare bene, se non per raggiungere l'oggetto della propria avidità, ma ciò in realtà non può mai avvenire, giacché quanto più egli abbia ricchezze in abbondanza, tanto più egli ne desidera. Infine, signor mio, dovete togliervi dal cuore la fretta, perché non si può prendere per buono il primo pensiero che viene in mente, ma bisogna a lungo riflettervi sopra; come già avrete sentito, è proverbio comune che chi presto decide, presto si pente; infatti, signor mio, non si può esser sempre dello stesso parere: ora una cosa vi sembra buona, ora vi sembra l'esatto opposto... Una volta poi che vi siete consigliato con voi stesso ed avete deciso con buon proposito la cosa che vi pare migliore, mi raccomando allora di tenerla segreta. Non rivelate ad alcuno la vostra decisione, a meno che non siate sicuro che, rivelandola, migliorate la situazione. Dice infatti Gesù Sirak: 'Non rivelare mai i tuoi segreti o le tue stravaganze ad alcuno, amico o nemico che sia, perché tutti ti ascoltano, ti badano e ti sopportano finché sei presente, ma, appena te ne vai, ti criticano'. Un altro sapiente dice che difficilmente si trova chi sappia mantenere un segreto. E inoltre sta scritto: 'Finché ti tieni la tua idea in cuore, te la tieni sepolta nella tua cella, ma appena la riveli ad alcuno, è costui che ti tiene al laccio'. E' meglio perciò che vi nascondiate in cuore la vostra idea, piuttosto che dover poi pregare colui al quale l'avete confidata di tenerla chiusa e nascosta. Seneca infatti dice: 'Se tu stesso non sei stato capace di mantenere un segreto, come puoi pretendere che un altro lo mantenga per te?'. Se tuttavia siete proprio sicuro che, rivelando la vostra idea a qualcuno, migliorerete la situazione, allora fatelo, ma senza palesar subito che preferite più la guerra che la pace, o una cosa più che un'altra, né manifestando il vostro volere e la vostra intenzione. Ricordatevi che comunemente i consiglieri sono adulatori, specialmente i consiglieri di gran signori, i quali si sforzano sempre di dir piuttosto belle parole, per secondare il desiderio dei padroni, che non parole valide e sincere. E perciò si dice che il ricco di buoni consigli ne ha da vendere, ma non a se stesso... Dovete poi distinguere bene gli amici dai nemici, e fra gli amici dovete veder bene chi sia più fedele, chi più saggio e chi più anziano ed esperto nel consigliare, rivolgendovi a ciascuno secondo il caso. Dico che innanzi tutto dovete chiamare a consiglio gli amici che siano fedeli: sostiene infatti Salomone che, come un dolce profumo rallegra il cuore, così il consiglio d'un fedele amico addolcisce l'anima; egli dice anche che non v'è nulla che sia pari a un amico fedele, non v'è né oro né argento che valga quanto il ben volere d'un fedele amico; e dice ancora che un fedele amico è un forte appoggio, e che chi lo trova, trova sicuramente un gran tesoro. Dovreste poi considerare se questi vostri fedeli amici sono anche discreti e saggi. Sta infatti scritto: 'Porgi l'orecchio e ascolta le parole dei prudenti'. Per questa medesima ragione dovreste consigliarvi con gli amici d'una certa età, che abbiano visto e sperimentato molto ed abbiano già dato prova di saper consigliare, giacché sta scritto che la saggezza si trova negli anziani, e che solo col tempo s'acquista prudenza. E Tullio dice che le grandi imprese non si compiono con la forza o con l'agilità del corpo, ma col buon senso, l'autorità della persona e la sapienza, tre cose che con gli anni non s'affievoliscono, ma anzi si rinforzano e s'accrescono di giorno in giorno. Ricordatevi inoltre, per vostra norma generale, di consigliarvi dapprima soltanto con quei pochi che vi sono amici particolari. Dice infatti Salomone: 'Molti ti sono amici, ma tra mille uno ne scegli che ti consigli'. Non rivelando che a pochi la vostra idea, in seguito, se necessario, potete sempre confidarvi con altri. Ma sempre badate che i vostri consiglieri abbiano le tre qualità che vi ho detto, siano cioè fedeli, saggi e di lunga esperienza. E non agite sempre in ciascuna necessità affidandovi ad uno stesso consigliere, perché talvolta conviene farsi consigliare da molti, giacché infatti Salomone dice: «La sicurezza delle cose sta dove son molti consiglieri»... Ora che vi ho detto con quale gente dovete consigliarvi, voglio insegnarvi quali consigli dovete evitare. Primo, dovete evitare il consiglio degl'insensati, in quanto Salomone dice: «Non consigliarti con chi sia senza senso, perché può solo consigliarti secondo le sue fissazioni e le sue manie». E sta scritto che la caratteristica d'una persona sciocca è di pensar facilmente male degli altri e facilmente ritenere in sé ogni bontà. Dovete poi evitare il consiglio degli adulatori che si sforzano solo d'incensarvi con belle parole, invece di dirvi come veramente stiano le cose; Cicerone infatti dice che, fra tutte le pestilenze che rovinano l'amicizia, la peggiore è l'adulazione: bisogna dunque che, più di tutti, evitiate e temiate gli adulatori. Sta scritto infatti che bisogna temere e fuggire più le belle parole di chi si mette ad incensare, che le aspre parole d'un amico che dice il vero. Salomone dice che le belle parole sono una trappola per gli ingenui. Dice poi che chi le usa con l'amico, gli tende una rete per farlo cadere. Perciò dice Cicerone: 'Non porgere l'orecchio a chi ti adula e non fidarti di parole lusinghiere'. E Catone: 'Sta bene attento ad evitare parole dolci e piacevoli'. Dovete evitare anche il consiglio dei vecchi nemici che si sono riconciliati. Sta scritto, infatti, che nessuno è al sicuro nelle grazie di un suo antico nemico. Dice Esopo: 'Non fidarti di quelli con cui una volta ti sei piccato e hai fatto lite: con quelli soprattutto non devi consigliarti mai'. Seneca ne spiega anche il motivo: 'Non è possibile' dice 'che dove c'è stato a lungo un grande fuoco, non siano rimasti ancora dei vapori'. Ecco perché anche Salomone dice: 'Non fidarti mai del tuo antico nemico'. Insomma, anche se il vostro nemico si è riconciliato e vi fa buona cera piegando il capo, non vi dovete mai fidare di lui. Siate certo che fa mostra d'umiltà più per suo interesse che per affetto verso di voi, perché poi crede di cantar vittoria con questo suo fare ipocrita, vittoria che non potrebbe certo ottenere mettendosi in lotta o in guerra con voi. Pietro Alfonso dice: 'Non far lega coi tuoi vecchi nemici, perché per quanto bene tu faccia, prenderanno tutto in male'. Così dovete anche evitare di consigliarvi coi vostri servi che vi fanno riverenze, perché forse lo fanno più per paura che per affetto. E perciò dice un filosofo: 'Non c'è nessuno che sia veramente sincero quando ha paura'. E Cicerone dice: 'Non c'è potenza d'imperatore che duri a lungo, se dal suo popolo egli non sa farsi amare più che temere'. Dovete, inoltre, evitare di consigliarvi con gente che si ubriaca, perché non sa mantenere un segreto. Dice perciò Salomone: 'Non ci sono più segreti dove regna l'ubriachezza'. Dovete poi diffidare della gente che in privato vi consiglia in un modo, e in pubblico in un altro, giacché Cassiodoro dice che sempre si smentisce chi in apparenza finge di fare una cosa e di nascosto invece ne compie un'altra. Dovete inoltre avere in sospetto il consiglio dei malvagi, perché sta scritto che il consiglio dei malvagi è sempre pieno d'inganni, e Davide dice: 'Beato l'uomo che non ha seguito il consiglio degli empi'. Dovete infine evitare il consiglio dei giovani, giacché il loro consiglio non è maturo... Ed ora, signor mio, dopo avervi indicato a chi dovete rivolgervi per consigliarvi e di quali persone dovete seguire il consiglio, voglio mostrarvi come voi stesso dobbiate vagliare la vostra decisione secondo quanto insegna Tullio. Nel rivolgervi dunque al vostro consigliere, dovete considerare diverse cose. Dovete innanzi tutto fare in modo che, in ciò che vi proponete e per cui vi consigliate, venga detta e mantenuta la pura verità; dovete, in altre parole, dire realmente come stanno le cose, perché chi dice il falso non può ricevere buoni consigli, appunto in quanto mente. Dovete poi considerare le cose che s'accordano a ciò che vi vien proposto dai vostri consiglieri, e vedere se la ragione le consenta, se la vostra forza basti ad ottenerle, e se la maggiore e miglior parte dei vostri consiglieri le approvi o meno. Dovete inoltre considerare ciò che potrà seguire da quel determinato consiglio, se odio, pace, guerra, favori, vantaggi o perdite e così via, scegliendo fra tutte queste cose la migliore e tralasciando le altre. Dovete inoltre considerare da che radice si generi la sostanza del vostro consiglio e che frutto possa produrre e procreare; e quali che siano le cause, dovete vedere da dove provengono. Una volta che avete vagliato la vostra decisione come vi ho detto, badando bene che sia la migliore e più vantaggiosa e che abbia l'approvazione di molte persone sagge ed anziane, dovete allora considerare se siete in grado d'effettuarla e condurla a buon fine. La ragione non vuole certo che alcuno intraprenda qualcosa che poi non possa condurre a termine, né che alcuno prenda su di sé un carico che poi non riesca a portare. Dice infatti il proverbio: 'Chi troppo vuole, nulla stringe'. E Catone: 'Cerca di fare quel che puoi fare, affinché, caricandoti troppo, tu non sia costretto a tralasciare quel che già hai cominciato. Se poi non sai decidere se sarai in grado di fare una cosa, cerca di pazientare anziché precipitarti'. E dice Pietro Alfonso: 'Se anche sai fare una cosa, ma temi di dovertene pentire, meglio è che tu scelga il no invece del sì, meglio cioè che tu tenga a freno la lingua, piuttosto che parlare'. Col tempo vi rendete conto assai meglio se, potendo fare una cosa eppur temendo di dovervene pentire, vi convenga ancora aspettare oppure darvi inizio. Hanno ragione quanti impediscono d'intraprendere qualcosa nella quale si sia incerti di riuscire o meno. Ma finalmente, una volta che avete vagliato la vostra decisione come vi ho detto e siete pienamente convinto di riuscire nell'impresa, cercate allora con tutte le vostre forze di portarla a termine... Ed ora è giusto e opportuno che vi mostri quando e perché possiate mutare idea senza sentirvi colpevole. Si può benissimo mutare idea e proposito quando ne cessi il motivo o quando intervenga qualche fatto nuovo. Perfino in legge, con l'intervento di fatti nuovi, si richiedono nuove sentenze. Seneca dice: 'Se giunge all'orecchio dei tuo nemico, la tua idea va cambiata'. Dovete inoltre cambiare idea, se vi rendete conto che, per qualche sbaglio o altro, potreste provocare danni o inconvenienti. Infine, dovete cambiare idea, quando si tratti di un'idea disonesta o dettata da motivi disonesti. Anche per legge ogni impegno che sia disonesto non è valido. E lo stesso vale per idee che siano irrealizzabili, che cioè non si possano compiere e portare a termine. Sappiate per vostra norma e regola che, quando un'idea venga sostenuta al punto da non poter mai essere mutata, qualsiasi fatto possa intervenire, si tratta sempre di un'idea malvagia.»
Avendo ascoltato gli ammaestramenti di sua moglie madonna Prudenza, Melibeo rispose: «Madonna, m'hai finora spiegato bene e convenientemente com'io debba in generale regolarmi nella scelta e nel vaglio dei miei consiglieri. Ma gradirei adesso che tu scendessi nel particolare e mi dicessi quel che ti piace o sembra dei consiglieri che abbiamo scelto in questa nostra presente necessità».
«Signor mio,» ella disse «vi supplico in tutta umiltà di non voler contraddire le mie ragioni e non affliggervi il cuore s'io dico qualcosa che possa dispiacervi, giacché Dio sa che, in quanto a intenzione, io parlo unicamente per il vostro bene, per il vostro onore e nel vostro interesse, e spero perciò che nella vostra bontà prendiate tutto con pazienza. Ma tuttavia, credetemi, il vostro consiglio in questo caso non si dovrebbe neppure, a rigor di termini, chiamar consiglio, ma piuttosto sfogo o attacco di follia, nel quale in diversi modi avete errato... avete prima e soprattutto errato nel convocare i vostri consiglieri, giacché avreste dovuto consigliarvi prima con pochi, e soltanto in caso di bisogno avreste poi potuto confidarvi con altri: voi invece avete subito convocato in blocco una gran folla di gente, opprimente e noiosissima da ascoltare. Avete poi sbagliato perché, invece di consigliarvi con i vostri amici fidati, anziani e saggi, avete convocato estranei, giovani, falsi adulatori e nemici riconciliati, tutta gente che vi riverisce, ma non vi vuol bene. Avete poi sbagliato perché avete portato con voi a consiglio ira, avidità e fretta, tre cose contrarie a qualsiasi giudizio onesto ed opportuno, tre cose che avreste dovuto distruggere e annientare sia in voi che nei vostri consiglieri. Poi avete sbagliato perché avete subito rivelato ai vostri consiglieri le vostre intenzioni, la vostra smania di vendicarvi e di far guerra, ed essi hanno subito intuito, dalle vostre parole, per che verso eravate inclinato, per questo vi hanno consigliato più secondo le vostre inclinazioni che nel vostro interesse. Avete poi sbagliato, perché sembra che vi basti consigliarvi con simili consiglieri e senza troppa riflessione, mentre, in così grande e grave necessità, avreste avuto bisogno di ben altri consiglieri e di maggior riflessione per intraprendere l'impresa. Poi avete sbagliato perché non avete vagliato la vostra decisione nel modo che vi ho indicato o almeno nel modo che richiedevano le circostanze. Infine avete sbagliato, perché non avete fatto alcuna distinzione fra i vostri consiglieri, cioè fra gli amici veri e i consulenti falsi, e non avete neppure interpellato, fra i vostri amici, quelli che sono anziani e saggi, ma avete buttato tutti i consiglieri in un unico calderone, piegandovi solo al numero più grande e secondandolo in tutto. Ora, siccome sapete benissimo che in gran numero si trovano più sciocchi che saggi, e che nelle adunanze affollate di gente ciò che conta è il numero e non la saggezza delle persone, si può solo concludere che in adunanze come questa il comando è in mano degli sciocchi.»
Allora Melibeo rispose e disse: «Ammetto d'aver sbagliato, ma tu stessa hai detto che non bisogna biasimare chi, in certi casi e per motivi giusti, cambia idea: ora sono pronto a cambiare i miei consiglieri proprio come tu vorrai. Anche il proverbio dice che, se persistere nel peccato è opera del demonio, peccare è pur sempre umano».
A questa affermazione madonna Prudenza rispose subito dicendo: «Passiamo in rassegna i vostri consiglieri, e vediamo chi è stato più ragionevole nel parlare e vi ha meglio consigliato. Siccome questo esame è necessario, incominciamo dai chirurghi e dai medici che hanno parlato per primi. Penso che chirurghi e medici abbiano parlato con discrezione, com'è loro dovere: molto saggiamente hanno detto che il loro compito è di agire per il bene e l'interesse di tutti, senza far male ad alcuno, e che il loro dovere è d'impegnarsi per guarire quanti vengano affidati alle loro cure. Dunque, mio signore, siccome si sono mostrati saggi e discreti nelle loro risposte, penso che meritino un largo e generoso compenso per le loro nobili parole, anche perché così mettano maggior solerzia nella cura della vostra cara figlia. Pur se sono vostri amici, non bisogna che vi servano per nulla, ma dovete compensarli e dimostrarvi generoso. Per quanto riguarda l'affermazione dei medici, per cui un contrario si guarisce con un altro, gradirei sapere come voi intendiate questa frase e che cosa ne pensiate».
«Ebbene» disse Melibeo «io l'intendo in questo modo: se a me qualcuno fa qualcosa di contrario, a mia volta io dovrei contraccambiarlo. Come quelli si sono vendicati su di me e m'hanno offeso, così anch'io dovrei vendicarmi su di loro e ripagarli con altre offese: in questo modo guarirei un contrario con un altro.»
«Guarda, guarda» esclamò madonna Prudenza «con che facilità tutti tendono a far quello che a loro pare e piace!» E soggiunse: «Non è affatto così che le parole dei medici vanno intese. Non è che il male sia contrario al male, la vendetta alla vendetta, un'ingiuria a un'altra ingiuria, ma son tutti la stessa cosa. Non si può guarir vendetta con vendetta ed ingiuria con ingiuria, perché l'una accresce e aumenta l'altra. Ecco, invece, come andrebbero intese le parole dei medici: nel senso che il bene è il contrario del male, la pace della guerra, la tolleranza della vendetta, la concordia della discordia, e così via. E allora il male va guarito con il bene, la discordia con la concordia, la guerra con la pace, e così per tutto il resto. Ne conviene anche l'apostolo San Paolo, il quale in diversi punti dice: 'Non rendete ad alcuno male per male, oltraggio per oltraggio, anzi procacciate il bene di chi vi fa male, e benedite chi vi oltraggia'. E poi ancora esorta alla pace e alla concordia. Ma vi parlerò ora dei consigli che vi hanno dato gli uomini di legge e i saggi che, come avete udito, hanno parlato tutti concordemente: secondo loro, dovreste innanzi tutto fare in modo di tutelare la vostra persona e difendere la vostra casa: e aggiungono che in questo dovreste agire con molto buon senso e con grande riflessione. Signor mio, per quanto riguarda il primo punto, cioè la tutela della vostra persona, dovete rendervi conto, innanzi tutto, che chi è in guerra deve sempre umilmente e devotamente pregare che Gesù Cristo, nella sua gran misericordia, lo accolga sotto la sua protezione e lo soccorra nel bisogno: a questo mondo non c'è nessuno che possa consigliarsi e tutelarsi senza l'aiuto di nostro Signore Gesù Cristo. Ne conviene anche Davide il profeta, il quale dice: 'Se l'Eterno non guarda la città, invano vegliano le guardie'. E poi, signore, dovete affidare la tutela della vostra persona ai vostri fedeli amici che conoscete e avete messo a prova, chiedendo aiuto a loro. Catone dice infatti: 'Se hai bisogno di aiuto, chiedilo ai tuoi amici: non c'è rimedio migliore di un sincero amico'. Fatto questo, dovete star lontano dalla gente che non conoscete e dai bugiardi, cercando di non farveli amici. Dice, infatti, Pietro Alfonso: 'Non far lega per la via con alcun forestiero, a meno che tu già non lo conosca. E se per caso qualcuno capita in tua compagnia, senza che tu l'abbia voluto, cerca d'informarti più cautamente che puoi sulle sue abitudini e sulla sua vita, e intanto inventati un nuovo itinerario, dicendogli che stai andando in un posto dove invece non andrai. Se poi lui ha una lancia, tienti alla sua destra; e se ha una spada, tienti alla sua sinistra'. Insomma dovete guardarvi attentamente dalla gente che vi ho detto, evitando sia d'incontrarla che di andarvi con essa a consigliare. E poi cercate di non essere presuntuoso della vostra forza, disprezzando o non tenendo conto della forza del vostro avversario, fino al punto di trascurare, per questa vostra presunzione, di cautelare voi stesso: ogni persona saggia teme il proprio nemico. Salomone dice: 'Beato l'uomo che è sempre timoroso; chi invece s'irrigidisce anima e corpo nella presunzione, verrà colto dal male'. E poi dovete stare attento a non cadere nelle imboscate, tenendo gli occhi bene aperti. Seneca dice infatti che l'uomo saggio, temendo il male, lo evita; e guardandosi dai pericoli, li scansa. Anche quando vi sembra d'essere al sicuro, dovete sempre cercare di cautelarvi, evitando non solo i vostri nemici peggiori, ma anche quelli che vi sembrano i meno importanti. Seneca dice: 'Un uomo di buon senso teme anche il più piccolo dei suoi nemici'. E Ovidio osserva che una piccola vipera uccide il grande toro e il cervo selvaggio. E sta scritto che basta una piccola spina per pungere a morte un grande re, e un piccolo levriero per arrestare un verro selvaggio. Con ciò non voglio dire che dobbiate essere così vile, da aver paura anche quando non vi sia pericolo. Sta scritto che certa gente prima ha una gran voglia d'imbrogliare, poi ha paura d'essere imbrogliata. Solo state attento di non venire avvelenato, evitando la compagnia dei beffardi. Sta scritto, infatti, di non far lega con i beffardi, perché le loro parole sono veleno... Ed ora, quanto al secondo punto, siccome i vostri saggi consiglieri v'avvertono di difendere con grande scrupolo la casa, gradirei sapere come intendiate quelle parole e che cosa ne pensiate».
Melibeo rispose e disse: «Ecco, quel che intendo è di dover munire la mia casa con torri come quelle che hanno i castelli ed altri tipi d'edifici, con armerie e catapulte: con tali cose io posso così riparare e difendere sia me stesso che la mia casa, facendo in modo che i miei nemici temano d'avvicinarsi».
Al che Prudenza subito rispose: «Innalzar alte torri e grandi costruzioni s'addice talvolta a superbia; e poi occorrono spese e fatica a costruir alte torri e grandi edifici, i quali inoltre, una volta compiuti, non valgono una paglia, se non si rinforzano con la fedeltà di saggi e anziani amici. Dovete comprendere che la più grande e più forte guarnigione che un uomo ricco possa avere per difendere se stesso e i propri beni, è di farsi ben volere dai suoi sudditi e dal suo prossimo. Così infatti Tullio dice: 'Non c'è guarnigione che si possa vincere o conquistare, quando un signore sappia farsi amare dai propri concittadini e dalla propria gente'... Ed ora signor mio, quanto al terzo punto dove i vostri saggi e anziani consiglieri v'hanno detto che in questa necessità non dovreste aver paura, ma che anzi dovreste agire e provvedervi con gran cautela e dopo lunga riflessione, penso proprio che siano nel giusto ed abbiano ragione. Tullio infatti dice: 'In qualsiasi bisogno, prima d'incominciare a far qualcosa, preparati con cura'. Ecco perché sostengo che nel far vedetta, in guerra, in battaglia e nell'innalzare fortificazioni, prima d'incominciare, dovreste prepararvi, e con molta ponderazione. Dice ancora Tullio: 'Una battaglia a lungo preparata rende rapida la vittoria'. E Cassiodoro: 'Più forte è la guarnigione a cui più a lungo s'è provveduto'... Ma parliamo ora del consiglio che vi hanno dato i vicini, quelli che vi riveriscono ma non vi amano, i vecchi nemici riconciliati, gli adulatori che in privato vi dicono una cosa e in pubblico un'altra, e infine i giovani che vi hanno consigliato di vendicarvi e di far subito guerra. Mio signore, come vi ho già detto, avete sbagliato molto a chiamare a consiglio simile gente: che fossero consiglieri da scartare era già abbastanza chiaro per le ragioni esposte. Ma scendiamo pure al particolare. E procediamo subito secondo il metodo di Cicerone. Primo, a scoprire la verità in questa faccenda o circostanza non ci vuole molto, perché si sa benissimo chi siano coloro che vi hanno fatto torto e ingiuria, e quanti fossero e in che modo agissero. Piuttosto, dovreste vagliare il secondo punto che lo stesso Cicerone aggiunge a questo proposito. Cicerone parla infatti di 'consenso', vale a dire chi siano, quanti e quali siano, coloro che consentono con voi, con la vostra smania di far subito vendetta; e chi siano invece, quanti e quali siano, coloro che consentono con i vostri avversari. Quanto al primo punto, si sa benissimo che gente abbia consentito alla vostra precipitata decisione: state certo che quanti vi hanno consigliato di far subito guerra non sono vostri amici. Ma vediamo chi sono i vostri amici che voi stimate tanto. In realtà, anche se siete potente e ricco, non siete che uno solo: figli non ne avete, salvo una bambina; non avete né fratelli, né cugini o altri parenti prossimi che, incutendo timore, possano far desistere i vostri nemici da attaccarvi e condurvi alla rovina. Sapete pure che i vostri averi andrebbero divisi in tante parti e che, quand'anche ognuno avesse la sua parte, avrebbe ben poco per cui vendicare la vostra morte. I vostri avversari, invece, sono in tre ed hanno molti figli, fratelli, cugini ed altri parenti prossimi: anche se ne uccidete due o tre, ne rimarrebbero sempre tanti abbastanza da vendicarli uccidendo voi. Supponendo pure che i vostri parenti fossero più fidati e decisi di quelli dei vostri avversari, si tratterebbe sempre di parenti lontani uniti appena da un sottile legame, mentre quelli dei vostri nemici sono tutti fra loro parenti stretti. E questa è già per voi una condizione di svantaggio. Inoltre, vediamo un po' se il consiglio di coloro che vi hanno detto di far subito vendetta sia guidato dalla ragione. Certamente no. Secondo la legge e la ragione, non c'è nessuno che possa vendicarsi contro un altro, se non il giudice che ne ha la competenza, e anche allora bisogna vedere se la legge gli concede un procedimento sommario o formale. E poi, sempre a proposito del termine 'consenso' usato da Cicerone, dovete veder bene se vi sentite e siete veramente in grado di consentire con la decisione vostra e dei vostri consiglieri. E potete pure ammettere di no. Perché, se proprio dobbiamo dire il vero, noi non siamo capaci di far qualcosa che non sia giusto fare. E certamente non è giusto far vendetta di propria autorità. Vedete, dunque, che in fondo non potete consentire e andar d'accordo con la vostra stessa smania... Passiamo ora al terzo punto, quello che Cicerone chiama 'conseguente'. Voi subito capite che conseguente è la vendetta stessa che vi proponete di compiere: ad essa seguiranno altre vendette, altri pericoli, altre guerre e innumerevoli altri mali che per ora noi non conosciamo... In quanto al quarto punto, quello che Cicerone chiama 'generante', ricordatevi che il torto che v'è stato fatto s'è generato dall'odio dei vostri nemici; e che facendo vendetta, come già vi ho detto, tornereste anche voi a generar vendetta, e gran dolore e perdita di beni... Ed ora, mio signore, in quanto al punto che Cicerone chiama delle 'cause', che è poi l'ultimo punto, voi capite che il torto da voi ricevuto ha cause ben precise, quelle che i dotti chiamano "Oriens" ed "Efficiens", "Causa longiqua" e "Causa propinqua", vale a dire la causa lontana e quella vicina. La causa lontana è Dio onnipotente, che è causa di tutte le cose. La causa vicina sono i vostri tre nemici. Poi ci sarebbero: la causa accidentale, che in questo caso era l'odio; la causa materiale, cioè le cinque ferite di vostra figlia; la causa formale, che è il modo in cui si sono comportati, portando scale e arrampicandosi alle finestre; e poi la causa finale, ch'era quella d'uccidervi la figlia, e che per loro non è che sia fallita. Ma, tornando alla causa lontana, non so proprio spiegarmi, se non per congetture e supposizioni, a che scopo quelli siano venuti e come andranno poi a finire. Immagino, comunque, che faranno una brutta fine, perché anche nel libro dei Decreti sta scritto che raramente e a gran pena arrivano a buon fine cose iniziate male... Dunque, signore, se mi si domandasse perché Dio ha permesso che a voi fosse recata questa ingiuria, veramente non saprei come rispondere. Dice l'apostolo che la sapienza e i giudizi di Dio sono così profondi che nessuno può comprenderli o esplorarli abbastanza. Eppure, a rifletterci e pensarci bene, credo e ritengo che Dio, colmo com'è di giustizia e rettitudine, abbia permesso che ciò accadesse per qualche motivo giusto e ragionevole... Il vostro nome è Melibeo, che significa 'colui che beve miele'. E di miele ne avete ormai bevuto tanto, fra dolci ricchezze, delizie e onori di questo mondo, che siete ubriaco e vi siete scordato di Gesù Cristo, vostro creatore, e non gli avete reso quel riguardo e quel rispetto che avreste dovuto. E non vi siete ricordato che Ovidio dice: 'Sotto il miele dei beni corporali si nasconde un veleno che uccide l'anima'. E Salomone: 'Se trovi del miele, mangiane quanto ti basta; ché, mangiandone fuor di misura, tu non abbia a vomitarlo, riducendoti nel bisogno e nella povertà'. Forse Cristo con voi è offeso, e non vi rivolge più il suo volto e non vi dà più ascolto con la sua misericordia, ed ha inoltre permesso che foste punito conformemente al modo in cui avete mancato. Voi infatti avete peccato contro Cristo nostro Signore, permettendo che i tre nemici dell'uomo, ossia la carne, il diavolo e il mondo, v'entrassero nel cuore per le finestre del vostro corpo, senza difendervi abbastanza dai loro assalti e dalle loro tentazioni, ed essi vi hanno ferito l'anima in cinque punti; in altre parole, attraverso i cinque sensi vi sono entrati nel cuore i peccati mortali. Ecco perché Cristo nostro Signore ha conformemente voluto e permesso che i vostri tre nemici v'entrassero in casa dalle finestre e vi ferissero la figlia nel modo già detto».
«Certamente» disse Melibeo «ben vedo che con le tue parole cerchi di convincermi a non vendicarmi dei miei nemici, mostrandomi i pericoli e i mali che da tal vendetta potrebbero derivare. Ma se in ogni vendetta si considerassero i pericoli e i mali che ne potrebbero venire, nessuno allora infliggerebbe più una punizione, e ciò sarebbe un errore, giacché nel far vendetta si distinguono i giusti dai malvagi, e quanti hanno voglia d'agir male sarebbero più cauti nei loro propositi disonesti, vedendo la punizione e il castigo dei malfattori.»
"Et a ce respont dame Prudence: «Certes» dist elle «je t'ottroye que de vengence vient molt de maulx et de biens, mais vengence n'appartient pas a un chascun fors seulement aux juges et a ceulx qui ont la jurisdicion sur les malfaitteurs". Dirò di più, che come uno pecca a vendicarsi da solo contro un altro, così pecca il giudice che non compie vendetta contro chi la merita. Seneca infatti dice: 'Buono è il padrone che mette i malvagi alla prova'. E Cassiodoro: 'Ben si guarda dal recar danni chi sa di poter dispiacere a giudici e sovrani'. E un altro dice: 'Il giudice che teme di far giustizia, rende gli uomini disonesti'. E dice San Paolo apostolo nella sua Epistola ai Romani: 'Invano i giudici porterebbero la spada, se non fosse per punire i malvagi e i malfattori e per difendere i buoni'. Se dunque volete vendicarvi dei vostri nemici, dovete rivolgervi e far ricorso al giudice che ne abbia competenza, ed egli li punirà come comanda e richiede la legge».
«Ah» fece Melibeo «non mi va affatto una simile vendetta! Ripensando ora, mi viene in mente come la fortuna m'abbia sempre assistito fin da ragazzo, e quanti ardui passi m'abbia aiutato a superare: mettiamola dunque ancora alla prova, sperando che, con l'aiuto di Dio, m'aiuti a vendicare adesso il mio disonore.»
«Invece» disse Prudenza «se mi darete ascolto, non metterete la fortuna ad alcuna prova e non vi appoggerete o piegherete a lei, perché, come dice Seneca, le cose fatte fidando stoltamente nella fortuna, non arrivano mai a buon fine. E sempre Seneca che dice: 'Più la fortuna luccica e risplende, più è fragile e pronta a rompersi'. Non fidatevi di lei, perché non è mai stabile e costante: quando più vi credete al sicuro e siete certo del suo aiuto, lei v'inganna e vi abbandona. Pur se dite che la fortuna vi ha sempre assistito fin da ragazzo, io vi ripeto che ancor meno dovreste fidarvi di lei e del suo capriccio. Dice Seneca: 'La fortuna prima nutre l'uomo, poi lo beffeggia'. Ora, siccome desiderate e chiedete vendetta, e la vendetta che si compie secondo la legge davanti al giudice non vi piace e quella che si compie sperando nella fortuna è incerta e pericolosa, non vi resta che rivolgervi al supremo Giudice che vendica tutte le ingiurie e tutti i torti. Vi vendicherà lui secondo quanto egli stesso promette, quando dice: 'Lasciate a me la vendetta, ed io la compirò'.»
Melibeo rispose: «Non vendicarmi dei torto ricevuto è come chiamare e invitare chi m'ha fatto quel torto, e tutti gli altri, a recarmi ancora offesa. Sta infatti scritto: 'Se non ti vendichi dell'ingiuria antica, spingi i tuoi avversari a commetterne una nuova'. Con la mia pazienza, poi, oltre ad essere sottoposto a offese che non potrei reggere e tollerare, sarei anche ritenuto e considerato un vile. Si dice infatti che, a forza di sopportare, ti cadono addosso tante cose, che alla fine più non ti reggi».
«Ammetto» disse Prudenza «che neanche troppa sopportazione vada bene. Ma ciò non significa che chiunque riceva un torto debba subito vendicarsi, perché questo è un compito che tocca e spetta ai giudici soltanto: sono loro che devono vendicare torti e ingiurie. Le vostre due citazioni si riferiscono proprio ai giudici: infatti, tollerando che si rechino torti e ingiurie senza punizioni, essi non solo invitano uno a commetterne dei nuovi, ma glielo impongono. C'è anche un saggio che dice: 'Il giudice che non corregge il peccatore, gli ordina e comanda di peccare'. Se non solo i giudici ma anche i padroni tollerassero nelle loro terre troppi malvagi e malfattori, con l'andar del tempo accadrebbe che, approfittando di tale tolleranza, quelli acquisterebbero un potere e una forza tali da scacciare dai loro posti giudici e sovrani, privandoli completamente d'ogni loro autorità... Ma supponiamo che voi abbiate adesso licenza di vendicarvi. Ebbene vi dico che in questo momento non ne avreste né capacità né forza. Fate un confronto con la forza dei vostri avversari: vedrete che in molte cose, da me già indicatevi, loro si trovano in vantaggio rispetto a voi. Ecco perché vi dico che per il momento vi conviene sopportare ed aver pazienza... E poi sapete bene, perché è un detto comune, che lottare con chi è più forte e potente è pazzia; lottare con chi è di forza pari, ossia con qualcuno altrettanto forte, è pur sempre pericoloso; e lottare con chi è più debole è vigliaccheria: occorre perciò sempre fare il possibile per evitare d'azzuffarsi. Salomone dice, infatti, che è un grande onore per un uomo astenersi da risse e contese. Se poi accade o capita che uno più forte e potente di voi vi faccia torto, cercate e fate in modo di conciliarvi con lui piuttosto che vendicarvi. Seneca dice che è molto pericoloso mettersi contro chi sia più grande. E Catone: 'Se un uomo di maggior rango o condizione, oppure di forza superiore alla tua, ti reca torto o fastidio, sopportalo, perché se per una volta ti ha offeso, un'altra volta potrebbe anche darti sollievo e aiutarti'. Ma poniamo il caso che voi abbiate sia licenza che forza di vendicarvi. Ebbene vi dico che ci sono ancora molte cose che dovrebbero dissuadervi dalla vendetta, inducendovi piuttosto a sopportare con pazienza ciò che vi vien fatto. Pensate, innanzi tutto, ai difetti che voi stesso avete: come vi ho già detto, è proprio per tali difetti che Dio ha permesso che a voi fosse inflitta questa tribolazione. Dice infatti il poeta che sopporteremmo con pazienza le tribolazioni che ci vengono mandate, se pensassimo e riflettessimo che le abbiamo meritate. E San Gregorio dice che se uno considerasse bene il numero di propri difetti e peccati, minori gli sembrerebbero le pene e le tribolazioni che sopporta; quanto più grossi e gravosi considerasse i propri errori, tanto più leggere e facili gli sembrerebbero le pene da sopportare. Perciò voi dovreste chinare e piegare il cuore, prendendo ad esempio la pazienza di nostro Signore Gesù Cristo, come dice San Pietro nelle sue epistole: 'Gesù Cristo' dice 'ha sofferto per noi, lasciando a tutti un esempio da seguire ed imitare; egli non commise mai peccato, né mai gli uscì di bocca alcuna imprecazione: quando l'oltraggiavano, non rispondeva con oltraggi; quando lo battevano, non minacciava mai'. Così dovrebbe indurvi alla pazienza anche la gran pazienza che i santi del paradiso, senza colpa né peccato, hanno mostrato nelle loro tribolazioni. E dovreste cercare d'avere pazienza considerando anche che poco durano le tribolazioni di questo mondo, ma presto passano e vanno, mentre la gioia che si cerca di raggiungere con la pazienza nelle tribolazioni è imperitura, come dice l'apostolo nella sua epistola: 'Perenne' egli dice 'è la gioia di Dio, cioè eterna'. Tenete anche presente e ricordate che non è beneducato o istruito chi non sappia aver pazienza o non voglia accettarla. Salomone dice che la dottrina e l'intelligenza d'un uomo si conoscono dalla sua pazienza; in un altro punto dice che chi è paziente si comporta con gran prudenza. E dice ancora lo stesso Salomone: 'L'uomo turbolento e rabbioso fa le liti, ma l'uomo paziente le smorza e le calma'. E dice inoltre: 'Vale più esser pazienti che forti: chi riesce a comandare al proprio cuore, merita maggior lode di chi conquista con la forza e la potenza città intere'. E perciò, nella sua epistola, San Giacomo afferma che la pazienza è una gran virtù di perfezione.»
«Certo, madonna Prudenza,» fece Melibeo «ammetto anch'io che la pazienza sia una gran virtù di perfezione, ma non tutti possono avere la perfezione che tu cerchi, né io mi sento nel numero dei perfetti, visto che il mio cuore non avrà mai pace finché non si sarà vendicato. Anche per i miei nemici è stato assai pericoloso venirmi a ingiuriare e a recarmi offesa, eppure non hanno badato al pericolo, ma hanno fatto tutto il male che hanno voluto e desiderato. Perciò non credo di essere poi tanto da biasimare, se affronto anch'io un po' di pericolo per vendicarmi, pur giungendo a un grande eccesso, che è quello di vendicare un'offesa con un'altra.»
«Ah» fece madonna Prudenza «dite pure quel che vi pare e piace, ma per nessun motivo al mondo bisognerebbe arrivare a offese o eccessi per vendicarsi! Cassiodoro dice che chi si vendica con una ingiuria è sullo stesso piano di chi ha commesso l'ingiuria. Ecco perché dovete vendicarvi secondo giustizia, vale a dire con la legge, e non con eccessi e ingiurie. Vi ripeto, se volete vendicarvi dell'offesa subita dai vostri avversari in modo diverso da come comanda la legge, voi sbagliate: Seneca dice che non bisogna vendicarsi della cattiveria con la cattiveria. Se poi dite che è un diritto difendersi dalla violenza con la violenza e dagli assalti battendosi, vi do ragione, purché la difesa avvenga subito senza indugi, proroghe o ritardi, e si tratti veramente di difesa, non di vendetta. Ma anche nella difesa bisogna stare attenti e non trascendere ad eccessi e ingiurie, perché se no, si passa dalla parte del torto. In verità sapete bene che per voi ora non si tratta di difesa per difendervi, ma per vendicarvi; e si vede chiaramente che non avete alcuna intenzione di agire con temperanza. Invece io penso che sia bene aver pazienza: Salomone dice infatti che chi non è paziente gran danno riceverà.»
«Ma certo» fece Melibeo «se uno perde la pazienza e va in collera per ciò che non gli tocca o appartiene, non c'è da meravigliarsi che vada a finir male. E' colpevole per legge chi s'intromette o s'intriga di faccende che non lo riguardano. E Salomone dice che intromettersi nel chiasso e nelle risse di un altro è come tirare le orecchie a un cane: infatti, proprio come chi va a tirare le orecchie a un cane che non conosce, quasi sempre viene morsicato, così si caccia nei guai chi s'intromette nelle dispute di altri quando non gli tocca. Ma tu invece sai benissimo che questa faccenda, che tanto ti cruccia e ti tormenta, mi tocca molto da vicino. Perciò non c'è da meravigliarsi se m'arrabbio e perdo la pazienza. Se permetti, io non riesco a vedere perché, vendicandomi, io debba finire tanto male, essendo molto più potente e ricco dei miei nemici. E tu sai bene che con i soldi e vasti possedimenti si comanda al mondo: Salomone dice che tutte le cose obbediscono al denaro.»
Sentendo suo marito vantarsi delle proprie ricchezze, del proprio denaro, e sminuire la forza dei propri avversari, Prudenza prese così a parlare: «Certamente, mio caro signore, ammetto che voi siate ricco e potente, e che la ricchezza sia un bene per chi l'abbia guadagnata onestamente e onestamente sappia usarla. Come il corpo non può vivere senz'anima, così non può neanche vivere senza beni temporali. Con la ricchezza, uno può procurarsi grandi amicizie. E perciò Panfilo dice: 'Se la figlia d'un mandriano è ricca, può scegliere fra mille chi vuole per marito, perché di mille non uno l'abbandona o la rifiuta'. E soggiunge: 'Se realmente sei contento, che è come dire se sei ricco realmente, di compagni e amici ne troverai a bizzeffe; se invece la fortuna cambia e diventi povero, addio amicizie e compagnia: te ne dovrai star solo, senza nessuno che non sia povero come te'. E dice ancora: 'Quanti sono per nascita schiavi e plebei, diventano solo con la ricchezza nobili e patrizi'. Proprio così; come ogni bene proviene dalla ricchezza, dalla povertà provengono mali e disgrazie, perché la povertà costringe ad agir male. Cassiodoro chiama la povertà 'madre di rovina', cioè madre di perdizione e di sfacelo. E Pietro Alfonso dice: 'Una delle più grandi disgrazie di questo mondo, per chi sia nato da una famiglia libera, è di dover cibarsi per povertà dell'elemosina del suo nemico'. E lo stesso dice Innocenzo in uno dei suoi libri. Dice: 'Infelice e dolorosa è la condizione del povero mendicante, perché se non chiede da mangiare muore di fame; se lo chiede, muore di vergogna, ed è per necessità sempre costretto a chiedere'. Perciò Salomone dice che è meglio morire che patire tanta povertà; ed aggiunge che è meglio morire di morte violenta piuttosto che vivere in questo modo. Per queste ragioni e molte altre che potrei citare, sono anch'io d'accordo con voi che la ricchezza sia un bene per chi l'abbia guadagnata onestamente e onestamente sappia usarla: perciò voglio indicarvi come dovete comportarvi e agire per procurarvi la ricchezza, e come poi dovete farne uso... innanzi tutto, dovete procurarvela senza gran desiderio, con buona deliberazione, gradualmente e senza troppa fretta. Chi infatti sia troppo desideroso d'arricchirsi s'abbandona prima al furto e poi ad ogni altro vizio. Dice perciò Salomone: 'Chi ha premura di diventar ricco non può essere innocente'. E soggiunge: 'La ricchezza che presto viene, presto va e fila; se invece arriva a poco a poco, allora aumenta e si moltiplica'. Inoltre, signor mio, dovete procurarvi la ricchezza con le vostre forze e il vostro lavoro a vantaggio vostro, senza recar danno e detrimento ad altri. La legge prescrive infatti che nessuno diventi ricco a svantaggio d'altre persone, giacché natura proibisce e vieta di diritto che alcuno s'arricchisca a danno d'altra gente. E dice Tullio che non v'è dolore, né paura di morte, né alcun'altra cosa che ad uomo possa capitare, maggiormente contro natura del trar vantaggio dalle disgrazie altrui. Tuttavia, qualora uomini grandi e potenti acquistino ricchezza più agevolmente di voi, non dovete esser pigro e tardo nel curare l'interesse vostro, ma dovete in ogni modo fuggire l'ozio. Dice infatti Salomone che l'ozio insegna all'uomo ad agir male; e soggiunge lo stesso Salomone che chi lavora e s'affatica a zappar la terra mangerà pane, ma chi è ozioso e non si dedica ad alcun lavoro e occupazione cadrà in povertà e morirà di fame. E chi è ozioso e tardo non può mai trovar tempo opportuno per curare il proprio interesse. Dice infatti un rimatore che l'uomo pigro ha sempre la scusa pronta: d'inverno il gran freddo e d'estate il gran caldo. Perciò Catone dice: 'Vegliate e non v'inclinate troppo al sonno, perché troppo riposo genera e nutre tanti vizi'. E San Gerolamo: 'Dedicatevi sempre a qualche opera buona, affinché il demonio nostro nemico non vi trovi mai disoccupati'. Il demonio infatti non riesce facilmente a cogliere nelle sue insidie quanti trova occupati in opere buone... Per procurarvi dunque la ricchezza, dovete innanzi tutto fuggire l'ozio. E poi dovete usare questa ricchezza che con le vostre forze e il vostro lavoro vi siete procurato, in modo che la gente non debba considerarvi troppo taccagno e parsimonioso, ma neppure troppo prodigo, ossia spendaccione. Sono infatti giustamente da biasimare tanto l'avaro con la sua grettezza e tirchieria quanto colui che troppo spende. Catone dice infatti: 'Usa la ricchezza che ti sei procurato, in modo che la gente non abbia né motivo né occasione di chiamarti tirchio o avaro, giacché gran vergogna è per un uomo esser povero di cuore ed aver la borsa piena'. E soggiunge: 'I beni che ti sei procurato usali con misura, spendili cioè moderatamente; coloro infatti che spendono e spandono pazzamente ciò che hanno, quando ne rimangono senza, s'impossessano della roba d'altri'. Dico dunque che dovete fuggire l'avarizia, usando i vostri averi in modo che nessuno debba dire che li tenete sepolti, ma che li avete con voi e li sapete maneggiare. Un saggio, biasimando l'uomo avaro, così s'esprime in due suoi versi: 'Per che motivo e a che scopo qualcuno seppellisce con grande avarizia i propri beni, ben sapendo di dover morire? In questa presente vita ogni uomo infatti ha per fine la morte'. Per che motivo allora e per che ragione qualcuno si vincola e s'attacca tanto ai propri averi, da non riuscire più a distogliervi e disgiungervi la propria mente? Eppure si sa bene, o almeno si dovrebbe sapere, che morendo non si può portar via nulla da questo mondo. E perciò Sant'Agostino dice che l'avaro è come l'inferno: più si riempie, più vorrebbe trangugiare per riempirsi. Voi, dunque, come dovete cercare di non farvi chiamare avaro o taccagno, così dovete regolarvi e comportarvi in modo da non far dire alla gente che siete uno spendaccione. Ecco che cosa dice Tullio: 'Gli averi di casa tua non dovrebbero esser nascosti o tenuti così stretti da non dischiudersi neanche alla pietà e alla compassione', come per dire che bisogna farne parte a chi ne abbia gran bisogno; e soggiunge: 'I tuoi averi, però, non dovrebbero rimanere tanto aperti da diventare proprietà di tutti'. E poi, nel procurarvi la ricchezza e nell'usarla, dovete sempre avere in mente tre cose: cioè, nostro Signore Iddio, la vostra coscienza e il vostro buon nome. Dovete, innanzi tutto, avere in mente Iddio e, per nessuna ricchezza al mondo, dovete far cosa che possa in qualche modo dispiacere a Colui che vi ha creato e messo al mondo; infatti, come dice Salomone, è meglio aver poco, ma con l'amore di Dio, che aver tanto, ma perdere l'amore di nostro Signore; e dice il profeta che è meglio essere un uomo onesto con pochi averi, ch'essere considerato malvagio e avere gran ricchezza. Secondariamente, vi dico che, pur sempre cercando di procurarvi la ricchezza, dovete farlo con la coscienza a posto, dice l'apostolo che non c'è cosa al mondo che dia maggior contentezza d'una coscienza che di nulla ci rimorde; e dice il saggio: 'Aver sostanze è un gran bene, purché non si abbiano peccati sulla coscienza'. Terzo, nel procurarvi la ricchezza e nell'usarla, dovete cercare e fare in modo che venga preservato e mantenuto anche il vostro buon nome; Salomone, infatti, dice che è meglio e conta assai più aver buon nome che possedere tante ricchezze. E più avanti: 'Abbi gran cura' dice Salomone, 'di conservarti l'amico e il buon nome, perché essi dureranno più a lungo di qualunque tesoro, per prezioso ch'esso sia'. Uno non può dire d'essere un vero galantuomo se, oltre a Dio e alla coscienza netta, tralasciando il resto, non cerca e non si preoccupa di preservare il suo buon nome. Cassiodoro dice che amare e rispettare il proprio buon nome è segno d'animo onesto. E Sant'Agostino afferma che due son le cose necessarie e indispensabili, cioè la coscienza tranquilla e la buona reputazione: la coscienza tranquilla per il nostro bene interiore, e la buona reputazione per i rapporti esterni con il prossimo. Chi si fida della propria coscienza tranquilla tanto da offendere e sminuire il proprio buon nome o la propria reputazione, senza che gliene importi nulla, in fondo non è che un fiero scapestrato... Ora che v'ho indicato, signor mio, come procurarvi e come usare la ricchezza, ben vedo che, fidandovi troppo dei vostri averi, vorreste attaccar guerra e battaglia. Ebbene vi consiglio di non incominciare alcuna guerra fidandovi della vostra ricchezza, giacché questa non basterebbe mai a sostenere una guerra. Dice infatti un filosofo: 'A chi vuole e desidera far guerra, sempre mancherà qualcosa, giacché quanto più ricco sarà, tanto più dovrà affrontar spese, se vorrà ottenere la vittoria con onore'. E Salomone dice: 'Quanto maggiori son le ricchezze che un uomo ha, tanto maggiori son le sue spese'. Signor mio caro, pur se con la vostra ricchezza poteste radunare una moltitudine di gente, non vi converrebbe né sarebbe bene attaccar guerra, potendo in altro modo mantener la pace a vostro onore e giovamento. La vittoria nelle battaglie di questo mondo non dipende infatti dal gran numero o dalla moltitudine delle genti, né dal valore dell'uomo, ma sta nel volere e nella mano di nostro Signore Iddio Onnipotente. Onde Giuda Maccabeo, ch'era cavaliere di Dio, trovandosi a combattere contro un avversario che per numero e quantità d'uomini era assai più forte del suo stuolo di Maccabei, confortò i suoi pochi compagni parlando appunto in questo modo: 'Nostro Signore Iddio Onnipotente può dare indifferentemente la vittoria sia a pochi che a molti, giacché la vittoria nella battaglia non proviene dal gran numero d'uomini, ma da nostro Signore Dio del cielo'. E dunque, signor mio caro, giacché nessuno è certo di meritar da Dio la vittoria, "ne plus que il est certain s'il est digne de l'amour de Dieu", allora dovrebbe ognuno, come Salomone dice, grandemente temere d'attaccar guerre. Nelle battaglie infatti i pericoli son molti e il grand'uomo può rimanervi ucciso quanto l'uomo piccolo; e, come sta scritto nel secondo libro dei Re, 'le imprese di guerra son rischiose e sempre incerte, perché la spada ora colpisce l'uno ed ora l'altro'. Perciò dunque, se tanto è il pericolo che c'è in guerra, ciascuno dovrebbe fare il possibile per sfuggirlo ed evitarlo. Dice infatti Salomone che chi ama il pericolo, nel pericolo cadrà». Dopo che madonna Prudenza ebbe così parlato, Melibeo rispose e disse: «Ben vedo, madonna Prudenza, che con le tue belle parole e con le ragioni che mi porti, a te in nessun modo la guerra piace; eppure non ho ancor sentito quel che mi consiglieresti di fare in questa particolare necessità».
«Certo» ella disse «vi consiglio d'accordarvi coi vostri avversari e di far con loro pace. San Giacomo dice infatti nelle sue epistole che con la concordia e con la pace le piccole ricchezze diventano grandi, mentre con la discordia e con la guerra le grandi ricchezze vanno in rovina. E voi sapete bene che una delle più grandi e più importanti cose al mondo è l'unità e la pace. Onde ai suoi apostoli nostro Signor Gesù Cristo disse: 'Beati quelli che amano e cercano la pace, perché saranno chiamati figli di Dio'.»
«Ah» fece Melibeo «ben vedo ora che nulla t'importa del mio onore e della mia dignità! Ben sai che sono stati i miei avversari ad attaccar questioni e briga col loro oltraggio, e ben vedi che non mi chiedono né pregano di far pace, e neppure mi domandano di riconciliarsi. Vuoi dunque ch'io vada ad umiliarmi ed inchinarmi a loro, implorando misericordia? Ciò non tornerebbe sicuramente a mio onore! Come infatti si dice che troppa confidenza genera disprezzo, lo stesso vale per troppa umiltà e mansuetudine.»
Allora madonna Prudenza, facendo mostra d'adirarsi, disse: «In verità, signore, vostra grazia permettendo, ho a cuore il vostro onore e il vostro interesse come fossero miei, e così è sempre stato: né voi né alcun altro potrà mai negarlo! Quand'anche v'avessi detto che la pace e la riconciliazione avreste dovuto comprarle, non mi sarei sbagliata molto, né avrei detto uno sproposito. L'uomo saggio infatti dice: 'Il dissenso incomincia dagli altri, ma la conciliazione incomincia da te stesso'. E dice il profeta: 'Fuggi il male e compi il bene, cerca la pace e perseguila fin dove puoi'. Ma è inutile ch'io vi dica se dobbiate andare voi a chiedere la pace ai vostri nemici, piuttosto che loro a voi: intanto so benissimo che avete il cuore così duro, che nulla per me fareste. E tuttavia Salomone dice: 'Chi è d'animo troppo indurito cadrà in disgrazia e disavventura'».
Sentendo che madonna Prudenza pareva adirarsi, così Melibeo le parlò: «Ti prego, madonna, non ti crucciare per ciò che dico: ben sai ch'io sono indignato e incollerito (non c'è da farsene meraviglia!), e chi è incollerito non sa bene quel che fa o dice. Afferma infatti il profeta che gli occhi stravolti non hanno la vista chiara. Ma dimmi pure e consigliami come credi, perché son pronto a far tutto ciò che vuoi; anzi, più tu mi rimproveri per la mia smania, più io sento che debbo amarti e lodarti. Salomone infatti dice: 'Chi rimprovera qualcuno per le sue pazzie, sarà alla fine più accetto di chi lo lusinga con dolci parole'».
Disse allora madonna Prudenza: «S'io mi mostro impaziente e adirata non è che a vostro gran vantaggio. Dice infatti Salomone: 'Vale più chi rimprovera e riprende uno stolto per la sua stoltezza mostrandogli il proprio sdegno, che non chi lo sostenga e lodi nelle sue male azioni, e della sua stoltezza rida'. E più oltre dice ancora lo stesso Salomone che, vedendo qualcuno col viso corrucciato, ossia severo e dispiaciuto, lo stolto si pente e si corregge».
Disse allora Melibeo: «Non so proprio come rispondere a tutte le buone ragioni che mi poni e mi dimostri. Dimmi in breve quel che intendi consigliarmi, ed io son pronto ad ubbidirti fino in fondo».
Madonna Prudenza gli aprì allora tutto il suo animo e gli disse: «Vi consiglio sopra ogni cosa di far pace fra Dio e voi, riconciliandovi con lui e la sua grazia. Come infatti v'ho detto prima, è Dio che per i peccati vostri ha permesso che voi aveste questi triboli e questi mali. Se farete come vi dico, Dio vi manderà i vostri avversari a prostrarsi ai vostri piedi, pronti a far tutto quel che vorrete e comanderete. Dice infatti Salomone: 'L'uomo che si trova nella condizione di piacere ed essere gradito a Dio, vedrà mutarsi il cuore dei nemici che verranno obbligati a chiedergli pace e grazia'. Vi prego inoltre di lasciare che io parli coi vostri nemici, ma in luogo segreto, affinché non s'avvedano che ciò avviene per volere e desiderio vostro. Quando poi conoscerò la volontà e l'intenzione loro, saprò consigliarvi in modo più sicuro».
«Madonna,» fece Melibeo «agisci a tuo piacere e gradimento, perché io mi rimetto completamente ai tuoi ordini e alle tue disposizioni.»
Vedendo la buona volontà di suo marito, madonna Prudenza fra sé si consigliò e consultò, pensando come avrebbe potuto condurre questa faccenda a buon fine e buona conclusione. E quando il momento le sembrò opportuno, mandò segretamente ad avvertire gli avversari d'incontrarsi con lei, e molto saggiamente parlò con loro dei gran beni che derivano dalla pace, e dei gran pericoli e svantaggi che invece sono nella guerra; e infine, con molto tatto, disse loro che avrebbero dovuto profondamente pentirsi per l'ingiuria e il torto recati a Melibeo suo marito, a lei stessa ed alla figlia loro.
Sentendo le affabili parole di madonna Prudenza, quelli rimasero sorpresi e sbalorditi, e provarono una gioia grande oltre ogni dire: «Ah, signora,» fecero «voi ci avete mostrato, secondo il detto del profeta Davide, le benedizioni della dolcezza, giacché nella vostra bontà ci avete fatto dono della conciliazione che noi non meritavamo affatto, e che anzi avremmo dovuto implorare con grande contrizione ed umiltà. Ben comprendiamo ora quanto sia giusto Salomone nella sua scienza e nella sua dottrina, quando dice che le parole buone moltiplicano ed accrescono gli amici, rendendo buoni e mansueti anche i malvagi... Noi pertanto rimettiamo completamente il nostro atto e ogni nostra ragione e causa al vostro benvolere, pronti ad ubbidire alla parola e al comando di messer Melibeo. E vi preghiamo, cara buona signora, vi supplichiamo quanto più umilmente sappiamo e possiamo, affinché nella vostra gran bontà vogliate porre in atto le vostre affabili parole. Noi sappiamo e riconosciamo d'aver offeso e oltraggiato messer Melibeo oltre ogni misura, in modo irreparabile: per questo ci obblighiamo e c'impegniamo, insieme coi nostri amici, a far quello che vorrà comandarci. Solo temiamo che, per l'offesa ricevuta, egli sia tanto irato e offeso contro di noi da imporci una pena che non saremo in grado di reggere e sostenere. E perciò, nobile signora, ci raccomandiamo alla vostra pietà di donna, affinché sia noi che i nostri amici non veniamo, per la pazzia commessa completamente diseredati e distrutti».
«È certamente cosa assai ardua e pericolosa» fece Prudenza «rimettersi completamente all'arbitrio e al giudizio dei propri nemici, cedendo loro ogni potere e padronanza. Dice infatti Salomone: 'Credetemi e date ascolto a quanto vi dico; parlo a voi gente e popolo e reggitori della Santa Chiesa: finché avete vita, non cedete mai a nessuno, né al figlio o alla moglie, né all'amico o al fratello, il comando e l'autorità sulla vostra persona'. Ora, s'egli dice che non bisogna cedere il comando neanche al fratello o all'amico, a maggior ragione vieta e proibisce di arrendersi al nemico. Io, invece, vi consiglio di aver fiducia in mio marito. Lo conosco bene, e so con certezza che è buono e umano, cortese e generoso, per nulla avido di beni o di ricchezze. Non c'è cosa al mondo ch'egli desideri più della stima e dell'onore. E poi so bene, anzi ne sono certa, che in questo caso non farà nulla senza il mio consiglio: vedrete che presto, con la grazia di Dio nostro Signore, saremo tutti riconciliati.»
Dissero allora quelli ad una voce: «Venerabile signora, noi ci rimettiamo con tutto ciò che abbiamo al volere e alla decisione vostra, e siam pronti a venire, qualunque giorno vostra grazia intenda fissare e stabilire, a mantenere il nostro impegno e il nostro vincolo secondo quanto piace alla bontà vostra, affidandoci in tutto al desiderio vostro e di messer Melibeo».
Udita la risposta di quegli uomini, madonna Prudenza li pregò di ripartire segretamente; e tornata da messer Melibeo, gli riferì come i suoi avversari, di tutto ormai pentiti, riconoscessero umilmente i peccati e le trasgressioni loro, e come fossero ormai disposti ad accettare qualsiasi pena, chiedendo ed implorando pietà e misericordia.
Disse allora Melibeo: «Merita senz'altro grazia e perdono chi non cerca scuse per i propri peccati, ma li riconosce e se ne pente chiedendo indulgenza. Dice infatti Seneca: 'Dove c'è la confessione, c'è il perdono e la remissione, giacché la confessione è prossima all'innocenza'. E soggiunge in un altro punto: 'Chi si vergogna del peccato e lo riconosce, merita il perdono'. E perciò io accetto e acconsento di far pace, ma è bene che ciò non facciamo senza il consenso e l'approvazione dei nostri amici».
Allora veramente Prudenza si sentì gioiosa e lieta: «Ma certo» fece «avete detto proprio bene. Come prima, per consiglio, consenso e aiuto dei vostri amici, pensavate di vendicarvi e di far guerra così ora non è bene che, senza neanche consultarvi, vi accordiate e facciate pace coi vostri nemici. Dice infatti la legge che non v'è nulla di più giusto che far sciogliere una cosa da chi l'abbia legata».
E senza indugi o ritardi, madonna Prudenza mandò subito alcuni messaggeri a chiamare i suoi parenti, i suoi anziani amici fedeli e saggi, e alla presenza di Melibeo espose con ordine tutta la questione che voi già conoscete, pregandoli di dare un giudizio ed un parere sulla miglior cosa da farsi. Allora quelli si consigliarono e si consultarono sulla faccenda, esaminandola con gran cura e diligenza; alla fine furono concordi nel consigliare a Melibeo di offrire la pace e la concordia, ricevendo di buon animo i suoi nemici nella pietà e nel perdono.
Avendo ottenuto il consenso di messer Melibeo, e sentendo che il consiglio degli amici corrispondeva al proprio desiderio e intendimento, madonna Prudenza in cuor suo si sentì straordinariamente lieta: «Sostiene un antico proverbio» disse «che non bisogna rimandare a domani il bene che si può far oggi. Perciò vi consiglierei di mandar subito i vostri messaggeri, ma che siano discreti e giudiziosi, a dire ai vostri avversari che, se intendono trattare di pace e concordia, si preparino senza perdere più tempo e vengano da noi». Detto fatto. I peccatori pentiti, cioè i nemici di Melibeo, furono assai contenti e lieti di udire le parole dei messaggeri, e risposero molto umilmente e benevolmente, rendendo grazie e omaggi al signor loro Melibeo e a tutta la sua compagnia. Quindi, senza indugio, si prepararono a partire con i messaggeri stessi, per obbedire all'ordine di Melibeo signor loro.
E subito s'avviarono alla corte di Melibeo, portandosi alcuni fedeli amici che per loro s'impegnassero e facessero da garanti. Giunti alla presenza di Melibeo, egli disse loro queste parole: «Il fatto è» disse Melibeo «ed è ormai accertato, che senza alcun motivo, senza giudizio e senza ragione, avete recato a me, a mia moglie Prudenza e a mia figlia, gravi torti e gravi offese. Mi siete entrati in casa con violenza e avete commesso un tale scempio da meritare sicura morte. Eppure io voglio sentire e sapere la vostra opinione: volete o non volete rimettere alla discrezione mia e di Prudenza la punizione, il castigo e la vendetta dell'oltraggio?».
Rispose il più saggio per tutti loro: «Signore,» disse «ben sappiamo d'essere indegni di venire alla corte d'un nobiluomo insigne e grande come voi. Abbiamo mancato così gravemente e abbiamo tanto offeso e ingiuriato vostra signoria da meritare senz'altro la morte. Eppure, per la volontà e benevolenza che tutto il mondo vi riconosce, noi ci rimettiamo completamente alla generosità e alla clemenza di vostra grazia e signoria, pronti ad obbedire in tutto ai vostri ordini: e v'imploriamo che, nella vostra pietosa commiserazione, teniate conto del nostro profondo pentimento e della nostra umile sottomissione, perdonandoci l'oltraggiosa provocazione e offesa. Sappiamo infatti che la vostra generosa grazia e misericordia s'estendono assai più nella bontà di quanto facciano nel male le nostre oltraggiose colpe e i nostri errori, quantunque sia vero che maledettamente e dannabilmente abbiamo mancato contro vostra signoria elettissima».
Allora Melibeo molto benevolmente li sollevò da terra, accogliendo gli obblighi e gli impegni ch'essi vollero contrarre con promesse e giuramenti. Venne quindi fissato il giorno in cui avrebbero dovuto tornare a corte per ricevere ed accettare il giudizio e la sentenza che Melibeo avrebbe pronunziato su di loro. Stabilito questo, ognuno se ne tornò a casa.
Poco dopo, cogliendo il momento opportuno, madonna Prudenza chiese a suo marito Melibeo quale provvedimento avrebbe pensato di prendere contro gli avversari.
Al che rispose Melibeo dicendo: «In verità penso e mi propongo di diseredarli completamente di tutti i loro averi e di mandarli in esilio per sempre».
«Veramente» esclamò madonna Prudenza «questa sarebbe una decisione molto crudele e avventata. Ricco lo siete già abbastanza e non avete certo bisogno dei beni d'altra gente: in questo modo potreste solo farvi il nome di persona ingorda, il che è sconveniente e andrebbe evitato da ogni galantuomo. Come dice l'apostolo, l'ingordigia è alla radice di tutti i mali. Invece d'impossessarvi così dei loro averi, meglio sarebbe che voi perdeste i vostri, perché vale di più perdere con onore che guadagnare con obbrobrio e con vergogna. Tutti dovrebbero cercare con cura di farsi un buon nome, e non solo dovrebbero mantenerlo, ma dovrebbero sforzarsi sempre di far qualcosa per rinnovarlo, perché sta scritto che l'antica buona fama o buon nome di una persona presto passa e se ne va, se non viene rinnovato e rinfrescato. E in quanto voi dite che volete mandare in esilio i vostri avversari, anche questo mi sembra molto irragionevole e spropositato, dato che si sono completamente rimessi al vostro potere. Ora sta anche scritto che chi abusa del proprio potere e autorità, merita senz'altro di perdere il proprio privilegio. Ma poniamo il caso, anche se credo che non vi sia possibile, che per legge e per diritto vi sia concesso di condannarli a quella pena: ebbene io vi dico che molto probabilmente non vi riuscireste, senza passare di nuovo alla guerra come prima. Se veramente volete farvi ubbidire, dovete essere più magnanimo, ossia dovete imporre giudizi e sentenze meno severi. Sta scritto, infatti, che più uno comanda affabilmente, più la gente l'ubbidisce. Perciò vi prego, cercate di dominarvi in questa faccenda e necessità. Seneca dice: 'Chi riesce a vincere il proprio animo, vince doppiamente'. E Tullio: 'Non v'è nulla di più ammirevole in un gran signore che l'affabilità, la clemenza e l'amore per la pace'. Vi prego, tralasciate di far vendetta e cercate invece di conservare e mantenere il vostro buon nome, in modo che gli uomini abbiano motivo e ragione di lodarvi per la vostra pietà e misericordia, e voi stesso non dobbiate in seguito pentirvi per ciò che avete fatto, infatti dice Seneca: 'Vince malamente chi poi si pente della vittoria'. Vi prego dunque, aprite alla pietà la vostra mente e il vostro cuore, affinché Dio onnipotente abbia in seguito pietà di voi nel giudizio finale. Dice infatti San Giacomo nella sua epistola che sarà un giudizio senza misericordia per chi misericordia non avrà avuto».
Sentendo i nobili argomenti e le ragioni di madonna Prudenza, le sue sagge nozioni e il suo ammaestramento, l'animo di Melibeo cominciò a piegarsi al volere della moglie, attratto dalla sua buona fede; e a poco a poco egli si convinse e si persuase a seguire in tutto il suo consiglio, ringraziando Iddio, da cui deriva ogni virtù e bontà, di avergli mandato una moglie di così grande discrezione. E il giorno in cui tornarono in sua presenza gli avversari, egli, rivolgendosi a loro molto benevolmente, disse: «Anche se per superbia, presunzione e follia, per negligenza e ignoranza, avete agito male e m'avete offeso, pure vedendo e considerando la vostra grande umiltà, il dolore e il pentimento per le vostre colpe, bisogna ch'io vi conceda grazia e misericordia. Vi accolgo perciò nella mia indulgenza e vi perdono completamente tutte le offese, le ingiurie e i torti che avete recato a me e ai miei, affinché Iddio, nella sua infinita misericordia, perdoni a noi, nell'ora della morte, le colpe che contro di lui abbiamo commesso in questo misero mondo. Se infatti proveremo dolore e pentimento per le colpe e i peccati commessi dinanzi a Dio nostro Signore, egli sarà così grande e misericordioso da perdonarci e condurci alla sua beatitudine eterna. Amen».
Qui termina il Racconto di Chaucer su Melibeo e madonna Prudenza.

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