Karl Ferdinand Werner, esaminando le origini delle più antiche famiglie francesi, ricorda le opinioni di alcuni storici secondo cui solo una piccola percentuale di queste stirpi riusce a far risalire le sue origini al pieno periodo medievale. Ad avviso di Philippe du Pluy de Clinchamps, le case ancora nobili che avrebbero potuto assistere all’ascesa di Ugo Capeto al Trono di Francia, sarebbero state meno di dieci: i discendenti degli antichi visconti di Limoges, ossia i Rochechouart e i Rohan,e poi i d’Harcourt, i d’Hautpoul, i Beaumont, i Commiges, i Tallelleyrand-Périgord e i Toulose-Lautrec (1). Eppure, possiamo riscontrare una vera nobiltà francese altomedievale numerosa, se si considera l’effettivo numero di persone provenienti dalle stesse stirpi che accedono frequentemente a vescovadi, abbazie ed incarichi amministrativi non trasmissibili. In realtà, sono la ricchezza, la fama, le virtù dei padri e dei nonni, a convincere popolo e sovrani a scegliere questi personaggi come guide spirituali e governanti locali, approfittando del prestigio di cui godono le loro famiglie di origine. E poi, le famiglie cambiano i propri nomi, spesso gli individui assumono le denominazioni di padri e di luoghi posseduti da loro o dai parenti, e per questo non si individuano facilmente gli autentici anelli di congiunzione fra gli esponenti più antichi e coloro che sembrano esserne i discendenti. Le famiglie dell’imperatore Avito, di Arbogaste comes Trevirorum (2), della vicina famiglia Colonna, sembrano offrire l’esempio di grandi case talvolta in grado di uscire identificabili dal mondo romano, immergersi nel periodo che definiamo altomedievale, prolungarsi persino fino all’età contemporanea. Leggende familiari, come ha creduto gran parte della critica, o retaggio di una remota verità conservatasi nelle storie familiari? Le genealogie delle famiglie inglesi, possono anche essere spesso definite gonfiate, abbellite, riempite con nomi e dati improbabili. Ma è pur vero che in molti casi l’esistenza di una autentica nobiltà che raggiunge a pieno titolo il Medioevo è indiscutibile per molte tra le più antiche case del Regno Unito, anche se spesso la nobiltà dei traffici si confonde con quella di spada per necessità o per matrimonio e sembra aver inglobato o sminuito nel ricordo e nell’ammirazione per i capitali le più remote distinzioni delle origini. Non erano forse gli stessi Hannover, ascesi al Trono inglese soppiantando gli Stuart, a vantare discendenza da una lunga serie di regali antenati, procedendo da Anulfo o Guelfo, fratello minore del re d’Italia Odoacre, cui furono concesse terre in Baviera nel 489 (3)? L’aristocrazia isolana non era certo da meno dei propri sovrani. Basterebbe ricordare gli alberi genealogici delle famiglie gallesi che, se non si riallacciano ai conquistatori romani, possono vantare però ascendenze di tutto rispetto, che affondano le proprie radici in sovrani e nobili locali i cui nomi sono ricordati in saghe e cronache medievali. Alberi genealogici forse ogni tanto volenterosamente “completati” ma di sicuro puntigliosamente minuziosi, non inventati di sana pianta né originati da semplici leggende. I grandi nomi dell’aristocrazia gallese come i Baroni Willoughby, i Baronetti Glynne, i Baronetti Jones, i Baronetti Mostyn, i Baronetti Vaughan, i Baronetti Williams-Bulkeley, i Davies, gli Hughes, i Kynaston, i Lloyd baroni feudali di Hendwr in Edernion, vantano genealogie che risalgono senza interruzione all’VIII secolo, e contengono i nomi di sovrani del Galles, del Nord e Sud Galles, di Gewnt, di Powys, di Ferlys, con i loro discendenti e collaterali (4). La stessa serie di lontani antenati, se non più antica ma forse meno verificabile, si riscontra in genealogie irlandesi, come nel caso degli O’Neill (5). In Inghilterra, le tradizioni e i documenti sulle più antiche famiglie dimostrano chiaramente come non siano stati solo i guerrieri normanni ad aver seguito il Conquistatore ma anche numerosi esponenti di stirpi franche che sono stati tentati dall’avventura e dalla ricompensa. Nomi di origine continentale come quello dei Courtenay Conti di Devon presentano una commistione etnica ormai ben conosciuta dagli storici e che è riconducibile anche agli antichi popoli franchi che si fusero ai vecchi abitanti gallo-romani. Uguale antichità si denota per famiglie scozzesi come i Douglas o i Duchi di Montrose e i Baronetti Graham, le cui origini vengono ricondotte a un poco mitico condottiero identificato in Graeme, comandante militare nel 404 (6). Le tradizioni italiane sulle ascendenze romane ed altomedievali di illustri famiglie sono numerose e documentate. Stirpi famosissime come i Massimo, gli Alliata, i Ruffo sono state ricondotte da genealogisti compiacenti a condottieri e nobili romani, indorando un albero genealogico che nel Rinascimento sembrava diventare più importante a contatto con la storia antica. Tuttavia, anche in questi casi, non è possibile bollare come invenzioni tutte le tradizioni sorte intorno alle origini di numerose famiglie italiane e in particolar modo meridionali. Quando non si fa una semplice confusione onomastica, è opportuno considerare i relitti linguistici, epigrafici, storici che sono a nostra disposizione. E’ chiaro che in moltissimi casi le somiglianze verbali possono condurre in errori fatali e in confusioni tali da rendere persino evidenti le infinite supposizioni derivate dalla fantasia. Pensiamo al caso della famiglia Alliata pisana. Considerata stirpe antichissima di origine romana, alla stregua della corregionaria famiglia Donato, già l’etimologia del suo nome ha destato nei numerosi e poco attenti studiosi del passato una serie di errori di non poco conto che hanno spesso vanificato le considerazioni sul suo significato. Un cognome derivato dal sostantivo allium o dall’onomastico Elio differisce notevolmente nel significato e nella possibile interpretazione. Oltre tutto, in questo caso non solo vi è diversa interpretazione sull’etimo del cognome ma anche sulle diverse possibilità di origine della famiglia, dal momento che le soluzioni offerte dai genealogisti del passato procedono ad esaminare un variegato ventaglio di ipotesi che va dalla discendenza da Dazio, figlio del console romano Quinto Allio Massimo, fino a un franco Giovanni Agliata, signore di Fiumefreddo ai tempi del re Pietro (7). Ma esistono anche altre famiglie la cui storia sembra meglio adattarsi alla concreta possibilità di una origine romana. Pensiamo a due altre stirpi meridionali: i Ruffo e i Porzio. Sfrondiamo subito le leggende sulle ascendenze regali che gli antichi trovavano per i Ruffo in Ascanio e nella gens Julia. Anche se lo stesso Federico II, in un diploma spedito da Magonza al suo preside in Sicilia Ruggiero Ruffo, menzionava le leggendarie pretese regali e ricordava il Pompeius Rufus e tanti Romani Consules, Principes et Barones ipsius successores (8). Soffermiamoci piuttosto sulla considerazione che Rufus e Ruffus sono onomastici usati già ai tempi dei Latini, anche con due ff del cognome attuale, come dimostra l’epigrafe ritrovata sulle rovine della casa di Cornelio Ruffo a Pompei, che confermerebbe anche l’ipotesi di un’appartenenza della famiglia a quella dei Corneli e degli Scipioni (9). Sempre ai Corneli e agli Scipioni si riannoderebbe la famosa famiglia Cossa napoletana, investita di numerosi titoli nobiliari fra cui quelli di Duca di S.Agata e Conte di Troia, da cui nacque anche l’antipapa Giovanni XXIII. La famiglia dei Cossi fu diramazione della gens Cornelia da cui discesero anche le altre stirpi dei Silli, Dolabelli, Ceteghi, Lentuli, Memmi, Sisinni, Balbi e Cinni. La famiglia romana fu illustre fin dai tempi di Aulo Cornelio Cosso, console nel 428 a.C., e da essa nacque anche l’altro console Aulo Cornelio Cosso Arvina, in carica nel 343 e 332 a.C., onorato con il trionfo e la dittatura nel 322. Il periodo in cui la famiglia si sarebbe trasferita nel Meridione è identificato con l’anno 547 quando il re Totila vittorioso conquistatore di Roma, avrebbe portato con sé in Campania come ostaggi numerosi esponenti di stirpi patrizie romane (10). A una migrazione verso il Sud si riconduce anche la storia della famiglia Porzio messinese. Secondo la tradizione, raccolta già in genealogie medievali, la stirpe discenderebbe direttamente dal celebre Porzio Catone, e si sarebbe trasferita in Sicilia nel 450, per scampare all’invasione di Attila che si avvicinava a Roma. In quell’anno, Pompilio Porzio con la moglie Lelia, appartenente secondo la tradizione alla gens Ottavia, avrebbe abbandonato la città insieme ad altri patrizi dopo essere stato benedetto dal papa, fermandosi poi definitivamente a Messina (11). Numerose altre famiglie meridionali e messinesi pretesero poi ascendenze romane: tra le altre quella dei Gaetani (si vantavano di essere discendenti degli Anici), dei Marullo (ritenuti originati da Marullo, capitano della guardia e consigliere di Tertillo, preside di Sicilia per l’imperatore Decio), dei Moleti (un Mulé sarebbe stato il centurione inviato con altri due compagni dai primi Cristiani alla Vergine che consegnò loro la celebre epistola di saluto che viene ancor oggi ricordata in città con la festa dedicata alla Madonna della Lettera) (12). Se si pensa che il famoso Boezio discendeva effettivamente dagli Anici, possiamo essere certi che in molte famiglie si era comunque tramandata la consapevolezza di una particolare ascendenza che era ben conosciuta anche dalle comunità in mezzo alle quali vivevano. Tuttavia, non sono mancati per alcune tra queste famiglie anche i riconoscimenti ufficiali, tardivi ma prestigiosi, che hanno consacrato solennemente le pretese vantate da secoli. Anche in questi casi, tuttavia, il discorso è lungi dall’essere concluso con la semplice ricognizione dei documenti esibiti, trascritti e tramandati. I riconoscimenti ufficiali, infatti, erano ottenuti in virtù di documenti esibiti dalla famiglia stessa che ne faceva richiesta. La concessione era poi elargita per una serie di motivi differenti, non ultimo la considerazione di una opportunità politica che avrebbe consentito di guadagnare sostenitori e partigiani in una fase delicata della lotta politica. Pensiamo a un importante riconoscimento che l’imperatore del Sacro Romano Impero Carlo VI (1685-1740) concedeva alla famiglia di Giovanni. Il sovrano, impegnato ad estendere l’influenza austriaca in Europa, successe alla Spagna nei suoi possedimenti italiani in seguito alla pace di Rastadt del 1714, ottenne parte della Valacchia e della Serbia con la pace di Passarowitz del 1718, e cambiò poi la Sardegna con la Sicilia. Si trattò di movimenti diplomatici e militari di ampio respiro che necessitavano di ampio sostegno politico, non ultimo quello delle classi dirigenti dei Paesi in cui si insediava il dominio austriaco, in modo da garantire un sereno passaggio dei poteri. In questo caso, il riconoscimento di persona consanguinea perché discendente dal real sangue dell’imperatore bizantino Michele II detto il Balbo (m.829), era spedito a uno tra gli uomini più potenti di Sicilia, ossia a Vincenzo di Giovanni, Duca di Saponara, consigliere aulico di Stato e protonotaro del Regno, il quale otteneva anche il titolo di Principe del Sacro Romano Impero con il trattamento di Altezza (12). Si trattava di titoli altisonanti, essenziali per il prestigio dell’aristocratico, di un riconoscimento che lo collocava molto al di sopra di altri grandi signori del Regno. Ma insieme, il Principe garantiva una fedeltà incondizionata che di sicuro sarebbe stata ben giudicata ed imitata. Il fatto poi che la stirpe di Michele II sembra si sia estinta con lui stesso in seguito a una congiura di palazzo fra le tante che insanguinavano la corte di Costantinopoli, non deve aver fatto eccessiva impressione in un ambiente abituato a identificare personaggi alternativi da inserire negli alberi genealogici, figli e nipoti dall’ incerto legame di parentela se non dalla incerta esistenza effettiva, con cui riempire buchi di anni ed enormi vuoti di alberi genealogici. Lo stesso fenomeno sembra del resto aver coinvolto una importante famiglia originaria di tutt’altra parte d’Italia: la Cesarini che, nonostante abbia proclamato di discendere dalla gens Julia, in realtà sembra che si chiamasse più modestamente Montanari, cognome portato ancora da Andreuzzo, padre del primo cardinale di famiglia Giuliano (1398-1444) (13). La volontà di distinzione spingeva verso i tempi remoti e cercava di strappare la veste villosa dell’uomo nuovo ancora troppo vicina alle campagne e ai greggi.
Note
(1)Cf. K. F. WERNER, Nascita della nobiltà, Torino 2000, p.106.
(2)Id., pp. 183 e 295.
(3)Cf. J. BURKE, Dictionary of the Peerage and Baronetage, London 1846, p. XXXIII.
(4)Id., alle voci menzionate.
(5)Cf. D. MAC CARTNEY, Genealogia della famiglia O’Neill (1972), ms. in Archivio Currò, Salerno.
(6)Cf. BURKE, cit., alle voci menzionate.
(7)Cf. G. GALLUPPI, Nobiliario della città di Messina, Napoli 1877, p. 16.
(8)Id., p.155.
(9)Id., pp.154 e n. 4.
(10)Cf. S.AMMIRATO, Famiglie nobili Napoletane, I, 1580, p.81.
(11)Cf. GALLUPPI, cit., pp. 144-145.
(12)Id., p. 101.
(13)Cf. A.A. Strnad- K. Walsh, voce Cesarini Giuliano, in Dizionario biografico degli italiani, XXIV, Roma 1980.
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