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martedì 6 settembre 2011

DIVENTARE CAVALIERE

Dove si reclutavano i cavalieri? 

La società feudale era divisa in bellatores ed oratores. Sicuramente il cavaliere è collocabile nei bellatores ma con qualche eccezione. Tra i bellatores sono collocabili i signori politici, economici e giudici...si va dai principes (signori), comites, castellani fino ad arrivare ai milites la cui modesta azienda agricola offriva poco più del necessario per mantenersi alle armi e che vivano nella paura di declassarsi.
Vi erano i
  • milites alloderi proprietari di allodio (proprietà privata non inserita nel sistema vassallatico-beneficiario
  • milites mercenari che facevano la guardia del corpo ai signori nei quali si riconosceva la prosecuzione di una società caratteristica dell'antichità germanica
  • comitatus di guerrieri stretti attorno al capo al quale giuravano fedeltà ricevendo doni, protezione e sostemanto
  • ministeriales con funzioni atte a nobilitare le loro capacità, fedeltà e vigore fisico
Spesso non bastava neanche un signore che sostenesse le spese dell'armamento...serviva coraggio, forza e doveva essere sano.

Cosa univa tutti i partecipanti a questa sorte di “corporazione”?

Il genere di vita e l'iniziazione guerriera.
I grandi signori e i loro vassalli avevano rango, disponibilità, responsbilità differenti ma condividevano non solo i rischi in battaglia, bensì la vita quotidiana nei giorni di campagna, il gusto, mentalità la cultura; spesso i giovani degli strati del ceto dirigente feudale venivano allevati insieme, insieme avveniva il loro tirocinio cavalleresco che creava solidarietà e circolazione di valori ideali: mentre anche i semplici cavalieri tendevano ad appropriarsi del titolo di dominus, che spettava ai grandi signori che avevano ricevuto dal sovrano la delega nell'amministrazione della giustizia nell'ambito del loro territorio volevano anche il titolo di cavaliere.
Nel XII secolo la cavalleria divenne nobiltà. Da allora solo i sovrano avrebbero potuto concedere patenti di mobilitazione per creare cavalieri appartenenti a casate d'origine popolana.
Cerimonia con riti iniziatici attraverso i quali il giovane passa dalla condizione di apprendista a quello di cavaliere.
Consegna delle armi e il colpo sulla spalla in cui alcuno vedono un gesto giuridico-formale di aggregazione al gruppo cavalleresco, altri una esortazione a non sopportare più offese, per altri è il residuo di una prova di forza che il guerriero doveva affrontare e che in origine consisteva in una percossa dolorosa: ancora viene vista come una sorta di decapitazione in cui l'uomo nuovo abbandona quello vecchio. I caratteri della cerimonia si precisano tra il X e il XII secolo. L'addobbamento è un aspetto del lavoro della Chiesa per fornire una animo e fini cristiani alla feroce cavalleria feudale. I cavalieri per quanto nati per difendere i deboli ne erano divenuti i primi nemici. La chiesa organizzo la Pax Dei e Tregua Dei che nacque nella Francia meridionale nel X secolo per poi espandersi verso nord e i popoli germanici con lo scopo di far cessare o porre freno le guerre feudali. Nei vari sinodi si precisavano i doveri del cavaliere cristiano. Le crociate e la creazione degli ordini religioso-cavallereschi che aveva per compito principale quello di difendere i pellegrini contro i saraceni in Terrasanta furono un tentativo della Chiesa di umanizzare e cristianizzare i costumi dei guerrieri feudali. Vi furono cavalieri profondamente cristiani, ma il nucleo dell'esperienza cavalleresca era costituito dalla guerra che restava non cristiana ma non anticristiana.

Come si diventava cavalieri?

Se si proveniva da famiglie aristocratiche o comunque possessores, si era avviati al combattimento a meno di non aver menomazioni o di essere avviati alla carriera ecclesiastica. Si poteva essere anche possessori liberi, vassalli ai quali il senior aveva concesso un beneficium per i propri servigi il classico dei quali era portare le armi al suo fianco e spesso individui dotati di forza fisica e coraggio erano scelti da un senior come “guardia del corpo”. La detenzione di beni economici era fondamentale ma serviva anche il coraggio. Conseguentemente fra i milites si sviluppava una vita comune basata sull'esercizio delle armi e sulla condivisione di una esistenza nella quale si alternavano il tirocinio e la caccia in tempo di pace e al combattimento in tempo di guerra. All'interno di questi gruppi si sviluppavano quei rituali dell'addobbamento che segnava l'ingresso del giovane nella confraternita dei guerrieri. Con l'XI e XII secolo si diffuse l'usanza di assumere speciali insegne in grado di distinguerli da quelli che non avevano ricevuto tale distinzione come ad esempio il diritto a portare sproni, elsa della spada, mantelli foderati ecc...
A partire dal XII secolo la dignità cavalleresca e il combattimento si andavano ad allontanare: mentre cresceva il numero dei combattenti a cavallo, le monarchie feudali cercarono di limitare alla corona il diritto di armare i cavalieri cioè di consentire l'accesso alla dignità cavalleresca ormai considerata un privilegio trasformandola secondo Marc Bloch in nobiltà di diritto.

Quali sono le origini del Codice Cavalleresco?

La cavalleria ha avviato la sua storia nel corso dell'Alto Medioevo. Ma non è prima dell'XI secolo che il prestigio del miles, del guerriero armato e provvisto delle insegne che lo qualificavano quale membro di confraternita di guerrieri si afferma in Occidente. In mancanza di poteri statali, fu la Chiesa ad elaborare un programma di autodifesa delle comunità urbane e rurali al quale aderirono molti seniores feudali e parecchi milites. Anche se la società era pensata sulla guerra e per la guerra, si potevano porre sotto la tutela della Chiesa luoghi e persone sui quali si stendeva il manto protettore di una legislazione ecclesiastica. Furono questi la Pax Dei e la Tregua Dei la cui efficacia venne estesa a giorni speciali della settimana o a particolari periodi dell'anno nei quali il combattere era un sacrilegio. La minaccia della scomunica scoraggiava e molti signore donavano terre ai monasteri in suffragio delle loro anime. Le misure spirituali non bastavano e i prelati emanavano ordinanze e chiamavano leghe di laici => Leghe di Pace che avevano il compito di ridurre i riottosi a miglior consiglio. Gli stessi prelati, con Gregorio VII in testa, elaboravano il ritratto del miles Christi
inteso come guerriero virtuoso combattente in nome di Dio e della Chiesa che è ligio alla gerarchia clericale e la cui aspirazione era cadere combattendo contro i nemici della fede: in questo senso l'esperienza cavalleresca coincideva col martirio => nasce la cavalleria che avrebbe fatto le sue prove nella Reconquista, nelle guerre dei normanni contro gli arabi e nelle crociate. Fedeli alla Chiesa rimanevano laici ma nel XII secolo sulla base dell'esperienza delle guerre contro i musulmani nella penisola iberica ci fu chi elaborò il concetto, ideale e forme istituzionali di una cavalleria che si sarebbe dovuta integrare nelle strutture ecclesiastiche => Ordini Religioso-Militari il cui nucleo era costituito da monaci laici con funzioni di combattenti, ripartiti in cavalleria e in servienti. Il monaco guerriero rappresenta la soluzione estrema della cavalleria nell'ordine ecclesiastico e a partire dal trecento parecchi sovrano modellarono ordini cavallereschi di corte sulla base degli ordini religioso-militari. Da tali ordini nasceranno le moderne onorificenze cavalleresche. Si evolve l'equipaggiamento e il modo di combattere. Addestrare ed equipaggiare un cavaliere costava molto: nell'eta carolingia il cavaliere aveva lancia spada e arco che fu abolito in quando arma di lancio vista come sleale, aveva elmo e scudo come armi di difesa ed era dotato di bruina, giaccone imbottito di stoffa o cuoio rinforzato da borchie o bande di metallo. Dall'XI secolo la bruina fu sostituita dall'usbergo una lunga cotta di maglia di ferro fatta da una fitta trama di anelli intrecciati tra di loro. Era munita di guanti e cappuccio e di indossava sopra una lunga camicia resistente in tela ed era inoltre accompagnata da elmo conico o tronconico fornito di nasale e da un lungo scudo a mandorla che difendeva il cavaliere per tutta la sua lunghezza. La cotta si accorcia fino al ginocchio e una cotta d'armi coprì per intero l'armatura e le zone più vulnerabili erano coperte da pezzi di armatura a piastra sagomata. L'armatura di piastra rendeva inutile lo scudo che si andò riducendo fino a diventare solamente portatore di insegne araldiche o targhe da torneo. La massa di ferro aveva costi ingenti e ingente era anche il peso che doveva sopportare il cavaliere. Servivano cavalcature robuste in grado di sostenere pesi massicci con l'inconveniente di rendere le manovre e la velocità dei cavalieri molto lenta e quindi facilmente attaccabili dai nemici.

Fonte: La Tradizione Templare, Franco Cardini, Vallecchi

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