La Cattività avignonese è un periodo della storia della Chiesa (dal 1309 al 1377) in cui la sede papale si spostò da Roma ad Avignone. Il termine "cattività" viene dal latino captivus (prigioniero). Tale termine presso i coevi non sottintendeva tanto una prigionia dei Papi presso i Re di Francia, bensì una situazione di esilio paragonabile a quella vissuta dal popolo ebraico durante la cattività babilonese (587 a.C.-517 a.C.). Esso venne indirettamente coniato dal Petrarca: nel sonetto 114 del suo Canzoniere (Dell'empia Babilonia) egli identifica Avignone con Babilonia, biblicamente intesa come capitale dell'iniquità e del vizio. I contemporanei quindi – partendo da questo paragone – assimilarono la lontananza del Papato da Roma con l'esilio degli Ebrei e chiamarono questa situazione "nuova cattività babilonese". In seguito, per poter meglio distinguere l'originale cattività ebraica con quella pontificia, il termine mutò in "cattività avignonese".
Antefatti
Papa Bonifacio VIII (1294-1303) perseguì una decisa riaffermazione dei privilegi e del potere pontificio, sia all'interno degli Stati della Chiesa che in ambito europeo. Tale politica lo mise in contrasto da un lato con le potenti famiglie feudatarie romane (in particolare i Colonna), dall’altro con i monarchi europei e principalmente con il re di Francia Filippo il Bello. Lo scontro fu durissimo su entrambi i fronti: ma mentre in ambito interno vide il temporaneo successo del Papa – culminato con la distruzione di Palestrina, feudo dei Colonna – Sciarra Colonna reagì fermamente, sino al punto di oltraggiare il Pontefice con l'episodio noto come schiaffo di Anagni. Trentaquattro giorni dopo tale episodio (11 ottobre 1303), Bonifacio VIII morì, per calcolosi renale. Il suo successore Benedetto XI (1303-1304) si trovò in una situazione difficile: Filippo il Bello era infatti in aperta ribellione all’autorità pontificia e minacciava sia di convocare un concilio del clero francese in cui proclamare l’autonomia della chiesa francese da Roma sia di istituire un processo post-mortem in cui far dichiarare pubblicamente Bonifacio VIII eretico, simoniaco, occultista e servitore del diavolo.
I nobili romani intanto avevano iniziato di nuovo a dilaniarsi in guerre intestine che rendevano malsicura la Città eterna nonché l'incolumità del Pontefice. Benedetto XI non ebbe modo di intervenire perché, dopo soli 9 mesi di regno, morì (7 luglio 1304). L'insicurezza di Roma suggerì al Sacro Collegio di tenere il conclave a Perugia: durò ben undici mesi. Questa lunghezza fu dovuta all'incertezza dei cardinali sulla linea che la Chiesa avrebbe dovuto seguire, e di conseguenza quale candidato eleggere: alcuni cardinali propendevano per un ritorno alla politica di forza di Bonifacio VIII, altri per una via più conciliante che – rassicurando il re di Francia - scongiurasse lo scisma gallicano ma soprattutto il processo a Bonifacio VIII; lasciare che una parte del clero (quello francese) giudicasse un Papa e lo dichiarasse eretico avrebbe costituito un pericoloso precedente. Alla fine prevalse la linea accomodante e fu eletto il francese Bertrand de Got, che prese il nome di Clemente V (1305-1314). Egli non era presente al conclave: si trovava infatti a Bordeaux di cui era arcivescovo. Il nuovo Papa chiese ai cardinali di raggiungerlo a Lione per l'incoronazione: non era una novità, già Callisto II era stato incoronato nella vicina Vienne. Essi acconsentirono e, dopo la cerimonia, Clemente V fece ritorno a Bordeaux. Come previsto dai cardinali, Filippo il Bello si mostrò accomodante col Pontefice, e nel 1307 gli propose di barattare il processo a Bonifacio VIII con la distruzione dell'Ordine templare, i cui beni suscitavano l'interesse del monarca. Clemente accettò, ma si rese conto che in un simile frangente era necessario sia riaffermare l'indipendenza della Santa Sede sia tenere strettissimi contatti col sovrano francese: nel 1309 dunque si spostò da Bordeaux (che era sotto il dominio del re di Inghilterra) ad Avignone, che in sé era proprietà dei d'Angiò, sovrani di Napoli (da cui ottenne il permesso ad insediarsi, dopo aver pagato loro la somma di 80.000 fiorini) ma che si trovava in mezzo al Contado Venassino, feudo pontificio. l Papa qui poteva sentirsi a casa propria ed allo stesso tempo era vicino ai luoghi ed ai personaggi intorno a cui si giocavano i destini della Chiesa. Oltre a queste considerazioni, le relazioni provenienti da Roma circa l'ordine pubblico sconsigliavano il ritorno del Pontefice nella sua sede storica. Se da un lato non è possibile conoscere le intenzioni di Clemente V circa il ritorno a Roma, dall'altro i molti interventi sulla Città eterna e l'Italia in generale lasciano pensare che i Pontefici considerassero transitoria la sede di Avignone.
Tentativi di rientro
Il fatto che i Pontefici considerassero non definitiva la soluzione avignonese è suffragato dal finanziamento di spedizioni militari e diplomatiche nei loro possedimenti italiani per ristabilire l'autorità pontificia in quei territori. Le spedizioni principali furono:
Giovanni XXII (1316-1334)
- 1319-1334: spedizione del cardinale Bertrando del Poggetto
- 1322-1330: sostegno alla spedizione di Giovanni del Lussemburgo
Benedetto XII (1334-1342)
- 1335: dichiarazione concistoriale in cui si annuncia il rientro in Italia, poi rimandato per i disordini romani. Restauri alla Basilica di San Pietro
1340: accordi diplomatici con Milano e Bologna
- Clemente VI (1342-1352) (il meno propenso al rientro)
1350: indizione del Giubileo a Roma
- Innocenzo VI (1352-1362)
1353-1357: spedizione del cardinale Albornoz
- Urbano V (1362-1370)
- 1364: missione diplomatica del legato Audroin de la Roche in vista del rientro del Pontefice a Roma
16 ottobre 1367: il Pontefice rientra solennemente a Roma sino al 1370, quando nuove rivolte nello Stato della Chiesa lo costringono a tornare ad Avignone. La quantità di iniziative intraprese per favorire il rientro a Roma della Sede apostolica smentisce il luogo comune secondo cui – durante la cattività avignonese – i Pontefici si disinteressarono delle sorti dell'Italia. Al contrario, seppur tra alti e bassi, non smisero mai di lavorare per il recupero dei loro possessi romani, peraltro in balia dell'anarchia: fa eccezione Clemente VI, che pubblicamente dichiarò di preferire Avignone a qualunque altro luogo della terra, tanto che nel 1348 comprò la città dalla regina Giovanna I di Napoli per 80.000 fiorini.
Il rientro a Roma
Gregorio XI (1370-1378) venne sollecitato da molte parti a seguire i passi di Urbano V: in questa opera di convincimento fu molto attiva Caterina da Siena. Il Pontefice si rendeva conto che i motivi del trasferimento ad Avignone erano ormai superati: la Francia era assorbita nella Guerra dei cent'anni e la situazione di Roma sembrava volgere al meglio. Non si poteva ulteriormente rimandare senza il rischio di vedere il tracollo del concetto stesso di Santa "Romana" Chiesa. Il 27 gennaio 1377 il Papa fece solenne rientro a Roma: da allora e sino ai giorni nostri, questa città sarebbe rimasta la sede del Sommo Pontefice e della Curia romana.
I pro e i contro della Cattività Avignonese
Contro: La cattività avignonese rappresenta certamente un periodo difficile per la Chiesa, non tanto per la scelta del trasferimento in sé quanto per le conseguenze che esso portò e quindi per la sua immagine nell'Europa del tempo. Molti furono i problemi sorti in quell'epoca:
- l'aggressività dei monarchi francesi sia verso i Templari che verso la memoria di Bonifacio VIII
- la disputa sulla povertà apostolica con l'Ordine francescano
- l'inasprimento dei rapporti con l'Impero
- il progressivo inaridimento delle entrate ecclesiastiche
La causa principale di questi avvenimenti fu la debolezza spirituale della Chiesa avignonese, individuabile in tre punti fondamentali:
- confinante con la Francia e guidata da Pontefici di nazionalità francese, la Chiesa venne vista come asservita agli interessi della monarchia francese.
- Avignone venne presa d'assalto da banchieri, artigiani ed artisti che da sempre gravitavano intorno alla Corte pontificia: ma, se costoro erano di casa a Roma e nessuno se ne scandalizzava, tutti stipati nella piccola Avignone essi davano l'impressione ai visitatori di trovarsi in un perpetuo mercato. Per questo Petrarca la chiamò "empia Babilonia": la stessa impressione ebbero i suoi contemporanei.
- le difficoltà di comunicazione con le potenze europee e le ingenti spese dovute alla creazione di nuove strutture per la Corte pontificia (ad esempio il Palazzo dei Papi) causarono il crollo delle entrate pontificie: per ovviare a questi problemi economici, i Pontefici appesantirono l'esazione dei tributi sino a portarla ai limiti del sopportabile e tutto divenne motivo per reperire fondi (indulgenze, annullamento di matrimoni). L'eccessiva fiscalità diede l'impressione che la Chiesa fosse diventata più un centro finanziario che spirituale.
Pro: La storiografia moderna (Bernard Guillemain e Guillaume Mollat tra tutti) valuta in modo più equilibrato il periodo avignonese rispetto alla precedente immagine di "catastrofe del Papato". Se certamente le difficoltà non furono poche, è altrettanto vero che i Papi di quel periodo – nella relativa tranquillità loro offerta dalla città francese – poterono metter mano ad una profonda riorganizzazione dell'apparato pontificio, con l'introduzione di uffici ed istituti che pur tra molte modifiche fanno ancor oggi parte della burocrazia e delle prerogative papali. A titolo di esempio:
- invenzione del bilancio di previsione, ad opera di Giovanni XXII
- istituzione del Tribunale della Rota Romana, così chiamato perché i giudici sedevano a rotazione (in latino, rotatim)
- riforma della Camera apostolica
- introduzione della designazione pontificia per i vescovi, precedentemente prerogativa dei Capitoli (la nomina in sé, invece, è sempre stata prerogativa papale)
- introduzione dell’obbligo ai prelati (con funzioni di cura d'anime) di risiedere nelle Diocesi loro affidate
Quali sono le conseguenze della Cattività?
Le conseguenze della cattività avignonese per la Chiesa furono molteplici. A lungo termine, la riorganizzazione dell'ossatura amministrativa le consentì quella stabilità gestionale e finanziaria che le permise di essere protagonista del Rinascimento. La centralizzazione del potere nelle mani della Curia da una parte facilitò la razionalizzazione e la supervisione degli affari interni, dall'altra consentì l'aumento esponenziale della pratica del nepotismo. Nel breve periodo invece la perdita di credibilità della Sede apostolica certamente favorì la nascita delle Chiese nazionali e lo Scisma d'Occidente, che infatti nacque subito dopo la morte di Gregorio XI.
Fonte: Wikipedia
0 commenti:
Posta un commento