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domenica 11 settembre 2011

LA BATTAGLIA DI LEGNANO

La battaglia di Legnano fu combattuta il 29 maggio 1176 nei dintorni dell'omonima città lombarda oppure tra Borsano e Busto Arsizio. Fu la battaglia cruciale nella lunga guerra con cui il Sacro Romano Impero Germanico tentava di affermare il suo potere, almeno in linea di principio, sui Comuni dell'Italia settentrionale; questi però avevano messo da parte le loro reciproche rivalità per unirsi, dando vita alla Lega Lombarda, presieduta da Papa Alessandro III. L'imperatore Federico Barbarossa cercò di usare la forza per sottomettere i Comuni e fu sconfitto, perché i Lombardi fecero un eccellente uso del terreno e della cooperazione fra le diverse unità del loro esercito, contro un'armata composta quasi unicamente da cavalieri.
Alla storica battaglia fa riferimento l'inno di Mameli che recita "Ovunque è Legnano" a ricordare la vittoria delle popolazioni italiane sulle popolazioni straniere.
La battaglia di Legnano potrebbe definirsi uno dei tanti scontri quasi casuali, difatti entrambi gli schieramenti, sebbene sapessero della presenza del nemico, si incontrarono senza avere il tempo di pianificare alcuna strategia. Dopo aver ricevuto le non molte truppe di rinforzo dalla Germania,l'imperatore lasciate le vallate alpine, da Como aveva ripreso la marcia verso sud, diretto verso Pavia, per riunirsi col resto del suo esercito, per poi attaccare l'esercito della Lega lombarda.
Questi ultimi che ne seguivano i movimenti avanzarono velocemente per impedire la manovra di ricongiungimento. Furono le due avanguardie di fanti a incontrarsi e a iniziare lo scontro: 700 fanti della Lega Lombarda, in maggioranza truppe provenienti proprio da Legnano, si trovarono ad affrontare 300 fanti imperiali. La battaglia durò una ventina di minuti fino a quando l'imperatore Federico Barbarossa sopraggiunse coi suoi cavalieri e caricò i lombardi. Dapprima ebbero la meglio le truppe imperiali tedesche; la loro cavalleria pesante costrinse le prime file dell'esercito lombardo ad indietreggiare, anche in preda alla confusione, sino a che si trovano raggruppati attorno al carroccio. L'avanzata della cavalleria tedesca, non riuscendo a infrangere la resistenza disperata dei fanti che difendevano il centro dello schieramento lombardo, fu arrestata intorno al carroccio. Intuendo che il cuore della battaglia era ormai intorno al carroccio, Federico Barbarossa, col coraggio che gli era abituale, si gettò nel bel mezzo della mischia, cercando di incoraggiare le sue truppe, senza apprezzabile risultato. Per giunta l'imperatore nel fervore della battaglia venne disarcionato e sparì alla vista dei combattenti, per cui i tedeschi cominciarono a scoraggiarsi e andarono incontro ad una sconfitta totale, con perdite molto pesanti. Dopo la battaglia i milanesi scrissero ai bolognesi una lettera, in cui tra le altre cose affermavano di avere in custodia, proprio a Milano, un grande numero di prigionieri, tra cui il duca Bertoldo (forse Bertoldo IV duca di Zähringen), un nipote dell'imperatore e il fratello dell'arcivescovo di Colonia. L'imperatore ebbe grosse difficoltà a sfuggire alla cattura ed a raggiungere la fedele Pavia. Sotto la bandiera della loro coalizione, i soldati lombardi, in inferiorità numerica e stanchi, resistono contro un esercito riposato, superiore e per di più a cavallo. Fra i motivi di tale energica resistenza bisogna elencare probabilmente la convinzione dei lombardi nel combattere per la loro libertà ma soprattutto il fatto che gli eventi della battaglia li portarono a raggrupparsi proprio sotto il loro simbolo. Sul carro era posta la croce di Ariberto d'Intimiano che tenne alto il morale a questi fanti e permise loro di resistere fino all'arrivo dei rinforzi, ma oltre a ciò, proprio per stare attorno al carroccio (che è un carro molto grande dal quale i comandanti impartiscono gli ordini) i fanti lombardi formarono inavvertitamente uno schiltron. Lo schiltron è una formazione di lancieri in cerchio, che replica la formazione che assumono i buoi muschiati quando sono in branco e si trovano aggrediti dai lupi. Le lance, tutte rivolte all'esterno, devono sicuramente essere le prime responsabili della vittoria lombarda. Per tutti questi motivi i fanti lombardi resistono valorosamente fino a quando alcuni cavalieri fuggiti durante la carica della cavalleria imperiale raggiungono Milano ed avvisano la cavalleria lombarda, che giunge sul campo di battaglia in tempo utile per attaccare e disperdere le forze imperiali. Alla testa della cavalleria lombarda si trova la Compagnia della Morte composta da 900 cavalieri (guidata, secondo la tradizione popolare, da Alberto da Giussano, un leggendario cavaliere lombardo) e che pare provenissero principalmente da Brescia e da altri comuni della Lombardia orientale. La compagnia è un gruppo di cavalieri scelti che ha giurato di proteggere il proprio comandante fino alla morte. Questi ultimi dirigono la carica finale contro l'esercito imperiale, che viene messo in rotta: l'imperatore, disarcionato, si trova a dover fuggire a piedi. La battaglia di Legnano rappresenta uno dei primi esempi in cui la fanteria medievale ha dimostrato il suo potenziale tattico nei confronti della cavalleria. La vittoria va però anche ripartita con la cavalleria leggera comunale, che assestò la carica decisiva contro gli imperiali; tale vittoria è la prima avvisaglia del tramonto della concezione cavalleresco-medievale delle battaglie, dove la cavalleria, esclusivamente formata da nobili, batte con estrema facilità la fanteria e lo scontro si decide con una serie di cariche frontali tra le due schiere di cavalieri. Oggi è difficile stabilire con precisione il luogo esatto della celebre battaglia. Una delle cronache dello scontro, gli Annali di Colonia, contiene un'informazione che indica dove probabilmente fosse il Carroccio. Perché nessun combattente potesse fuggire, i Lombardi "…aut vincere aut mori parati, grandi fossa suum exercitum circumdederunt…", ossia "pronti a vincere o a morire sul campo, collocarono il proprio esercito all'interno di una grande fossa". Potrebbe significare che la famosa battaglia potrebbe essere stata combattuta nei pressi di San Martino a Legnano oppure in prossimità della costa di San Giorgio, e quindi su un territorio ora appartenente anche al Comune di San Giorgio su Legnano, non essendo in altra parte del legnanese individuabile un altro avvallamento con queste caratteristiche. Una leggenda popolare narra che a quei tempi una galleria sotterranea metteva in comunicazione San Giorgio su Legnano al Castello di Legnano, e che per questo cunicolo l'Imperatore Federico I Barbarossa riuscì a fuggire ed a salvarsi dopo la disfatta nella famosa battaglia. Nel XX secolo, durante degli scavi, furono effettivamente trovati dei tronconi di una galleria sotterranea molto antica. Il primo, non lontano da San Giorgio su Legnano, fu esplorato da uno degli operai che lo riportarono alla luce. Venne dissuaso dall'esplorazione, dopo aver percorso 5 o 6 metri, a causa di un fiato di vento che gli spense la candela. Un secondo troncone verso Legnano fu scoperto e subito ostruito dall'Amministrazione comunale per ragioni di sicurezza.

Fonte: Wikipedia

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