Il Concilio Lateranense IV fu il dodicesimo concilio ecumenico della Chiesa, il quinto celebrato dopo lo scisma d'Oriente. Fu convocato a Roma da papa Innocenzo III con la bolla Vineam Domini Sabaoth, emanata il 19 aprile 1213. Vi prese parte un numero eccezionale di prelati (i patriarchi di Gerusalemme e Costantinopoli e i rappresentanti di quelli di Antiochia ed Alessandria, oltre 400 tra vescovi e arcivescovi, circa 900 tra abati e badesse) e, cosa mai verificatasi in precedenza, i rappresentanti laici di Enrico, imperatore Latino d'Oriente, Federico II, sovrano del Sacro romano impero, quelli dei re di Francia, Aragona, Inghilterra, Ungheria, Gerusalemme e Cipro e dei Comuni lombardi.
Fu il papa stesso ad aprire i lavori del Concilio con un’accorata allocuzione introduttiva pronunciata l’11 novembre 1215: il 30 novembre dello stesso anno, nel corso della III sessione del Concilio, Innocenzo III presentò settanta canoni, già formulati, che i padri conciliari dovettero limitarsi ad approvare. Per il numero e la rilevanza delle decisioni sia di carattere dogmatico che disciplinare che vi vennero prese, è da considerare uno dei più importanti della storia della Chiesa. Venne ribadita la fede cattolica in Dio eterno e onnipotente, unico e in tre persone consustanziali, Padre, Figlio e Spirito Santo: il Padre non deriva da alcuno, il Figlio dal solo Padre, lo Spirito Santo da entrambi; venne introdotta l'espressione transustanziazione per indicare e definire il mistero eucaristico;
Fu il papa stesso ad aprire i lavori del Concilio con un’accorata allocuzione introduttiva pronunciata l’11 novembre 1215: il 30 novembre dello stesso anno, nel corso della III sessione del Concilio, Innocenzo III presentò settanta canoni, già formulati, che i padri conciliari dovettero limitarsi ad approvare. Per il numero e la rilevanza delle decisioni sia di carattere dogmatico che disciplinare che vi vennero prese, è da considerare uno dei più importanti della storia della Chiesa. Venne ribadita la fede cattolica in Dio eterno e onnipotente, unico e in tre persone consustanziali, Padre, Figlio e Spirito Santo: il Padre non deriva da alcuno, il Figlio dal solo Padre, lo Spirito Santo da entrambi; venne introdotta l'espressione transustanziazione per indicare e definire il mistero eucaristico;
- Vennero condannate come eretiche alcune frasi di un libello attribuito a Gioacchino da Fiore (di cui era in corso il processo di beatificazione), dei Catari, dei Valdesi: la repressione dell'eresia, affidata ai vescovi e ai tribunali dell’inquisizione da loro dipendenti, venne elevata a legge generale della Chiesa;
- Fu stabilito il primato papale e l'ordine delle sedi patriarcali: patriarca di Costantinopoli (che al tempo era patriarcato di rito latino), patriarca di Alessandria, patriarca di Antiochia, patriarca di Gerusalemme;
- Venne data un’organizzazione più omogenea alla vita religiosa: gli ordini religiosi vennero invitati ad uniformare le Regole che governavano le loro comunità e venne loro imposto di istituire e riunire dei Capitoli Generali, sul modello di quello dei monaci di Citeaux. Inoltre, venne proibita l'adozione di nuove regole e la creazione di nuovi ordini;
- Ai chierici venne proibito il concubinato e ribadito l'obbligo al celibato; venne loro vietato di assistere a spettacoli di mimi e giullari, la caccia, l’ubriachezza, il gioco d’azzardo.
- Ai membri degli Ordini Maggiori venne proibito di praticare la chirurgia;
- Si ribadì la condanna della simonia;
- Si imposero ai fedeli la confessione e la comunione annuale (il Precetto pasquale);
- Venne ribadita l'impossibilità per un laico di assegnare cariche religiose e venne proibito al potere secolare di imporre tasse al clero;
- Venne fissato al quarto grado di parentela il limite entro il quale i consanguinei non potevano sposarsi;
- Un matrimonio si sarebbe potuto considerare valido solo se la donna fosse stata consenziente;
- Venne stabilito come dovevano essere pagate le tasse al clero.
Il Concilio, in un’epoca che riconosce nel papa il capo supremo non solo della Chiesa, ma anche, in un modo o nell’altro, della società civile, riafferma disposizioni già prese in precedenza riguardanti gli Ebrei, e ne stabilisce altre che rimarranno classiche fino alla Rivoluzione francese, anche se saranno applicate diversamente nei vari Paesi e rimarranno fondamentali fino alle bolle infami del Cinquecento.
Sono quattro le disposizioni relative agli Ebrei:
- decreto 67: mentre per i cristiani l’usura è vietata, agli Ebrei viene permessa, ma deve essere esercitata con moderazione, perché « se in seguito i Giudei, sotto qualsiasi pretesto, estorcessero ai cristiani interessi gravi e smodati, sia proibito ogni loro commercio con i cristiani, fino a che non abbiano convenientemente riparato »;
- decreto 68: gli Ebrei devono distinguersi dai cristiani per il modo di vestire e nei giorni della settimana santa non devono affatto comparire in pubblico. Questa fu la misura più conosciuta: nata per impedire rapporti sessuali fra cristiani ed ebrei, finì per assumere un significato discriminante. Il segno che doveva contraddistinguere gli Ebrei consisteva in una rotella gialla o rossa cucita sui vestiti. La disposizione significò presto inferiorità e infamia;
- decreto 69: ripete una vecchia disposizione, già presente nel codice teodosiano: agli Ebrei è vietato rivestire uffici pubblici, « poiché è cosa assurda che chi bestemmia Cristo debba esercitare un potere sui cristiani »;
- decreto 70: è fatto divieto agli Ebrei convertiti di ritornare alla loro vecchia religione, perché « è minor male non conoscere la via del Signore, che abbandonarla dopo averla conosciuta ».
Il concilio si concluse con la proposta del 14 dicembre 1215 di una nuova crociata in Terra Santa contro i musulmani: venne concessa l'indulgenza plenaria non solo a chi avrebbe combattuto, ma anche a quanti avessero solo finanziato le spedizioni. Innocenzo III morì pochi mesi dopo, pertanto la quinta crociata venne organizzata dal suo successore, Onorio III. Questo concilio segna l'inizio di una nuova epoca nella storia della Chiesa cattolica, all'insegna del centralismo amministrativo e giuridico incentrato sul vescovo di Roma, dell'uniformazione al modello romano e dell'intransigenza verso le diversità di culto e liturgia, di opinione, cultura e religione.
Fonte: Wikipedia
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