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mercoledì 31 ottobre 2012

HALLOWEEN O SAMHAIN?

Nel corso degli anni la festa di Halloween è diventata una vera e propria risorsa economica e ha le sue basi in un’altra ricorrenza di origini precristiane e celtiche, ma si tratta di due feste distinte che hanno di simile sono il punto di partenza, l’evoluzione ed il fine hanno seguito binari diversi e ad una distanza abissale. La Chiesa si è espressa contraria più e più volte a questa festa sostenendo che sia un messaggio di invito all’occultismo ed al satanismo, e non mancano certo i fanatici che prendono le parole di condanna di uno e le elevano all’ennesima potenza, calcando la mano ma andando per la propria tangente. In questo articolo si discuterà delle origini della festa di Halloween e della festa celtica religiosa pre-cristiana da cui è stata ricavata, Samhain, ma si premette fin da ora che sono due cose distinte tra loro e di diverso valore e significato sia culturale sia religioso. Verranno analizzati i pro e i contro di Halloween e verranno commentati i vari punti di vista.

Tra paure e fanatismo su Halloween

Si sapeva da millenni che l’ignoranza abbonda sul popolo, ma fino al punto di dire che Halloween è diventata una festa istigata dal diavolo e che esso ne trae soddisfacimento per le anime che mieterà, realmente e non per finta, all’inferno è veramente il colmo dell’ignoranza! Quindi, a tutti i fanatici che stanno brandendo un frustino per la prossima autoflagellazione dovuta al fatto di essersi messi un mantello nero ed una dentiera da vampiro, vi prego evitate! Vestirsi da vampiri, da streghe, da scheletri, da angeli e da demoni non è un crimine contro nessuna religione e soprattutto è solo la possibilità di poter festeggiare due volte, con gran gioia delle aziende italiane ed estere, il carnevale, forse nemmeno questo. A febbraio si mangiano le frappe, a ottobre si mangeranno balogie (castagne cotte, nel dialetto modenese) e caldarroste. Fuori sia a febbraio sia in ottobre il freddo c’è sempre, i dolci abbondano sulle tavole, i bambini fanno la gara per chi si veste nel modo più bello o più spaventoso a seconda che sia carnevale o halloween e poi...che dire?
La fuori ho sentito tanti fanatici dire “vade retro, opera del demonio” riferendosi a tutti quei bambini che non svendo proprio niente di nuovo da inventarsi (queste generazioni...!) hanno pensato bene di travestirsi da qualcosa (forse manco loro sanno cosa) e andare a suonare i campanelli in cerca di dolcetti con la frase mongola “dolcetto o scherzetto?”. Stando però ai fanatici, scusate, gli ignoranti, Halloween sarebbe una sorta di influenza opera del diavolo per cui i bambini (anime innocenti) vogliono vestirsi da bestie e mostri creature del diavolo e i genitori sotto lo stesso influsso lascerebbero i propri figli liberi di fare. Oh, signori! Ma cosa credete che sia questo? Il Medioevo? Si, medioevo moderno, cacchiate di ultima generazione pronte per essere servite come piatti di lasagne per fanatici ignoranti, golosi di sola ignoranza! Halloween innanzitutto in Italia e nel 99% del mondo NON ESISTE COME RICORRENZA RELIGIOSA DI ALCUN VALORE, in quanto NON FA PARTE DELLE NOSTRE TRADIZIONI CRISTIANE! Il nome Halloween è una parola moderna che nello slang anglosassone fa riferimento ad una festa celtica, il cui valore simbolico e tradizionale, religioso ha un effettivo e concreto significato solo nei PAESI ANGLOSASSONI come Gran Bretagna e Irlanda! Halloween è una parola moderna di origini americane e canadesi.
È il nome di una festa popolare di origine pre-cristiana, ora tipicamente statunitense e canadese, che si celebra la sera del 31 ottobre. Oggi per Paesi come America ed Europa Halloween è una festa, un fenomeno esclusivamente COMMERCIALE e per ciò privo di ogni valore religioso.

Etimologia e i perché di questo fenomeno

La parola “halloween” deriva da "All Hallows Eve", che vuole dire appunto "Vigilia di Tutti i Santi", perciò "Vigilia della festa di Tutti i Santi", festa che ricorre, appunto, il 1° novembre o durante la notte tra il 31 ottobre ed il 1 novembre.
Le sue origini antichissime affondano nel più remoto passato delle tradizioni europee: viene fatta risalire a quando le popolazioni tribali usavano dividere l'anno in due parti in base alla transumanza del bestiame. Nel periodo fra ottobre e novembre, preparandosi la terra all'inverno, era necessario ricoverare il bestiame in luogo chiuso per garantirgli la sopravvivenza alla stagione fredda: è questo il periodo di Halloween.
In Europa la ricorrenza si diffuse con i Celti. Questo popolo festeggiava la fine dell'estate con Samhain, il loro Capodanno. In irlandese anticoSamhain significa infatti "fine dell'estate" (Sam, estate, e fuin, fine). La sera tutti i focolari domestici venivano spenti, e riaccesi dai druidi che passavano di casa in casa con torce avvivate presso il falò sacro situato a Tlachtga, vicino alla reale Collina di Tara [1].
Nella dimensione circolare-ciclica del tempo, caratteristica della cultura celtica, Samhain si trovava in un punto fuori dalla dimensione temporale che non apparteneva né all'anno vecchio e neppure al nuovo; in quel momento il velo che divideva dalla terra dei morti si assottigliava ed i vivi potevano accedervi.
I Celti non temevano i propri morti e lasciavano per loro del cibo sulla tavola in segno di accoglienza per quanti facessero visita ai vivi. Da qui l'usanza del trick-or-treat (in italiano "dolcetto o scherzetto?"). Oltre a non temere gli spiriti dei defunti, i Celti non credevano nei demoni quanto piuttosto nelle fate e negli elfi, entrambe creature considerate però pericolose: le prime per un supposto risentimento verso gli esseri umani; i secondi per le estreme differenze che intercorrevano appunto rispetto all'uomo. Secondo la leggenda, nella notte di Samhain questi esseri erano soliti fare scherzi anche pericolosi agli uomini e questo ha portato alla nascita e al perpetuarsi di molte altre storie terrificanti. Si ricollega forse a questo la tradizione odierna e più recente per cui i bambini, travestiti da streghe, zombie, fantasmi e vampiri, bussano alla porta urlando con tono minaccioso: "Dolcetto o scherzetto?". Per allontanare la sfortuna, inoltre, è necessario bussare a 13 porte diverse. Si ricordi inoltre che nei paesi di tradizione anglosassone il 13 è un numero che porta sfortuna, contrariamente al maledetto 17!
Con il dominio romano, Samhain fu assimilata all'equivalente celebrazione di Pomona, una festa del raccolto. Dai Romani la festa fu chiamata Samonios.
Il Cristianesimo tentò di eliminare le antiche festività pagane dando loro una connotazione diversa (integrandole o demonizzandole). Papa Bonifacio IV istituì la festa di Tutti i Santi (Ognissanti); in tale festività, istituita il 13 maggio 610 e celebrata ogni anno in quello stesso giorno, venivano onorati i cristiani uccisi in nome della fede. Per oltre due secoli le due festività procedettero affiancate, sino a che papa Gregorio III (731-741) ne fece coincidere le date.
Secondo altre fonti, fu invece Sant'Odilone di Cluny che nel 1048 decise di spostare la celebrazione cattolica all'inizio di novembre al fine dispodestare il culto di Samhain, ancora molto popolare. Quell'anno l'Ognissanti fu spostata dal 13 maggio al 1 novembre per dare ai cristiani l'opportunità di ricordare tutti i santi e, il giorno dopo, tutti i cristiani defunti (Commemorazione dei Defunti). Per questo nei paesi di lingua inglese la festa divenne Hallowmas, che significa "messa in onore dei santi"; la vigilia divenne All Hallows Eve, il cui nome progressivamente si contrasse in Halloween. Dal 1630 al 1640 si ebbe una recrudescenza di proibizionismo, quando la Chiesa Cattolica fece in modo di far sopprimere ogni tradizione di tipo pagano rimasta legata a Ognissanti e alla sua vigilia.
Negli Stati Uniti le diverse tradizioni legate alla festa di Ognissanti confluirono, fino ad arrivare alle consuete moderne celebrazioni. Inizialmente era una festa regionale, le cui caratteristiche erano legate alle culture degli immigrati ed alla fede religiosa personale. Nell'Epoca Vittoriana furono gli strati più elevati della società ad impadronirsi della festa: era di moda, negli Stati Uniti, organizzare feste, soprattutto a scopo benefico, la notte del 31 ottobre. Era necessario eliminare i collegamenti con la morte ed amplificare i giochi e la parte scherzosa della festa.
Già nel 1910 le fabbriche statunitensi producevano tutta una serie di prodotti legati unicamente a questa festa. Prende in questo periodo la connotazione di "notte degli scherzi" o "notte del diavolo", durante la quale ci si abbandonava all'anarchia ed erano ricorrenti gli atti di vandalismo, fino al punto da ritenere opportuno l'annullamento della festività. Con la Seconda Guerra Mondiale si fece leva sul patriottismo americano e la festa servì a tenere alto il morale delle truppe ed il vandalismo degli scherzi di peggiore specie venne eliminato.
Terminato il conflitto mondiale i bambini si impossessarono della festa, anche grazie alle aziende, che dedicarono a loro tutta una serie di costumi, dolci e gadget trasformando la festa in un affare commerciale.

Jack O’Lantern e il mito della zucca

Jack-o'-lantern possono essere intagliati con una faccia amichevole, come qui sopra, un'espressione minacciosa, o con un aspetto a metà tra i due. Una candela illumina la zucca dall'internoSi tratta di una zucca lavorata a mano, tradizionalmente adoperata nei paesi di cultura anglosassone durante la ricorrenza di Halloween. Privata della polpa interna, la zucca assume la forma di un involucro vuoto che, cesellato opportunamente, vuole richiamare la sagoma di un volto. Una fonte di luce, usualmente una candela, viene inserita all'interno della zucca. In seguito la calotta superiore, prima recisa, viene impiegata a mo' di coperchio, in maniera che il chiarore dello stoppino rischiari la sagoma dall'interno, mettendo in luce i tratti della sagoma intagliata.
I Jack-o'-lantern venivano ricavati da grandi rape, barbabietole e cavoli rapa prima dell'introduzione della zucca dall'America.
L'usanza di Halloween è legata alla leggenda di Jack, un pigro ma astuto fattore, sempre propenso a indispettire la gente. Si narra che osò sfidare il diavolo, il quale, terrorizzato, fu costretto a rifugiarsi su un albero. Al fine di impedire che il diavolo discendesse, il furbo Jack incise una croce sul tronco. Soltanto dopo un lungo battibecco i due giunsero ad un compromesso: in cambio della libertà, Lucifero avrebbe dovuto risparmiare la dannazione eterna a Jack. Durante la propria esistenza il fattore,sicuro che non sarebbe andato all'inferno, commise tanti peccati che, quando morì, non andò in Paradiso. Rimasto sulla terra, colse una zucca e vi intagliò un volto, inseritavi una candela, ne fece una lanterna. Cominciò da quel momento a peregrinare senza tregua alla ricerca di un luogo di riposo. Halloween sarebbe dunque il giorno nel quale Jack, va alla caccia di un rifugio. Gli abitanti di ogni paese sono tenuti ad appendere una lanterna fuori dalla porta per indicare all'infelice anima che la loro casa non è posto per lui.

 

Halloween ed il diavolo: confine tra follia e realtà

La Chiesa, le religioni e Halloween: commenti, pro e contro dal punto di vista storico e sociale.
I Cristiani credono che Halloween sia una festa satanica, e che quindi chi la festeggia adori inconsciamente il diavolo. Alcuni vescovi della Chiesa Cattolica si sono espressi più volte contro tale festa. Secondo il portavoce dell'Associazione Comunità Papa Giovanni XXIII Halloween sarebbe un "giorno particolare significativo per i satanisti in cui vengono celebrate numerose messe nere e riti satanici". Secondo l'associazione "l'elogio del macabro, non sarebbe altro che un modo subdolo per avvicinare anche i più piccoli al Satanismo”.
La frase “i cristiani credono” è troppo generica, è più corretto dire che molti ci vogliono credere, innanzitutto. Inoltre la parola cristiano denota tutti coloro che dalla venuta di Cristo si sono convertiti, ma a partire dalle varie riforme ci sono state diverse suddivisioni, in un certo senso, così ci sono i cristiani cattolici, i cristiani protestanti, i cristiani anglicani, ecc. Queste riforme hanno solo comportato degli scismi dalla Chiesa di Roma, storicamente, ma non da Dio. Essendosi creati nei secoli, ne sono derivate delle culture e delle mentalità diverse con delle tradizioni diverse, alcune delle quali, come quella dei paesi anglosassoni abbracciano ancora alcune tradizioni della precedente religione pagana, quella della Dea Madre. Sfortunatamente esistono anche tanti fanatici che di un’erba ci fanno un bel fascio e qui mi riferisco a coloro che sostengono che chi festeggia una festa come halloween debba essere considerato alla stregua di un adoratore del diavolo e mi riferisco in modo particolare a coloro che non conoscono le basi culturali e storiche da cui questa festa e quella di Samhain sono derivate e che pretendono di giudicare pur essendo dei perfetti ignoranti. Primo si tratta di due festività diverse se pur di simile punto di partenza, secondo è contraddittorio dire che quanti festeggino halloween “adorino inconsciamente il diavolo”. In primis, come si può adorare una cosa inconsciamente? O ne sei consapevole o non ne sei consapevole e ciò potrebbe portare molti al dubbio di dire a sé stessi “O mio Dio, cosa sto facendo? Ho festeggiato halloween con i miei amici, sono diventato un satanista”. No, siamo fuori di testa! Come abbiamo detto sopra, Halloween ha le sue origini prima del Cristianesimo, è legato ad altre culture. Oggi in Occidente, questa festa ha solo un fine di sballo e divertimento, un fine commerciale senza bisogno di tirare fuori il diavolo, anche perché la leggenda di Jack O’Lantern non è una leggenda nata quando c’erano i Celti (i Celti non sapevano manco cosa fosse il diavolo), ma molti molti secoli, se non millenni dopo, in epoca moderna quando ormai la religione pagana non esisteva più. In secondo luogo, i fenomeni come le messe nere, l’occultismo, il satanismo e tutto ciò che comportano sono una distorsione dei simboli delle varie religioni; sono delle profanazioni di quello che è ritenuto sacro al tempo moderno o al tempo passato. Se il 31 ottobre qualcuno si fa una bella birra, una pizza e quattro risate con gli amici, tutti insieme allegramente avvolti in rotoli di carta igienica per rappresentare delle mummie io non credo che queste persone possano essere considerate alle stregua di sataniste, siamo ben lontani e il fatto che invece i veri satanisti in questo giorno commettano atti di vandalismo o razzismo, violenza è un altro fatto che conferma la natura di questi personaggi nel loro piacere per la violazione, per la distorsione di tutto quello che fa il resto del mondo [2]. I quattro amici che a New York si avvolgono nella carta igienica e vanno a mangiarsi una pizza per fare due risate non sono considerabili o paragonabili agli altri quattro individui che da qualche altra parte del mondo nello stesso momento stanno commettendo dei crimini di natura satanista. In terzo ed ultimo luogo, Halloween non è un elogio del macabro dal momento che la maggior parte dei mascheroni di questa specie di carnevale commerciale sono figure più mitologiche che non reali e i mostri anch’essi riferibili a figure mitologiche non devono essere attribuiti a mostri o demoni dell’inferno, per cui assumendo con una maschera di plastica o cartone il volto di un mostro non ci si avvicina all’inferno. Onestamente, adesso con più sono brutti i mascheroni con più fanno ridere, non fanno più paura! Nell’immaginario popolare il mostro rappresenta qualunque cosa nell’uomo risvegli incubi, dubbi o paure infantili, la riproduzione di questi fantocci in versione hollywoodiana altro non è che un tentativo ormai futile per esorcizzare una paura che ormai l’immaginario popolare ha cessato di nutrire. I film dell’orrore, sono nati per esorcizzare le paure, da principio, oggi la maggior parte dei film del genere horror hanno più che altro il solo scopo di disgustare lo spettatore. Non ci sono più paure da esorcizzare, in fin dei conti. Con più la gente esce dai cinema munita di secchi per vomitare e con più i registi di questo genere sono contenti perché vuol dire che il film ha proprio FATTO SCHIFO, quindi la volta dopo il film FARA PIU SCHIFO ANCORA! È una gara al disgusto, più che al macabro in sé. Quello che oggi deve davvero preoccupare sono i messaggi subliminali volti a richiamare l’attenzione all’occultismo intenso come satanismo, messaggi che potrebbero benissimo essere inclusi nei tanti film horror che ormai possiedono le casse dei cinema! Inoltre il vero elogio del macabro si è manifestato, da come si è letto sui giornali o sentito dai tg, in modo ben più subdolo e non con mascheroni di halloween o cose analoghe. Bisogna cominciare a cercare di stare un po’ in una posizione razionalista senza estremizzare perché anche la festa di halloween ha i suoi limiti. La festa di halloween in fin dei conti, in un paese come il nostro, è entrato perché noi per primi l’abbiamo lasciato entrare e non per motivi religiosi, per dire “adesso faccio un torto a quella religione”, ma perché ci siamo accorti che è un fenomeno che fa guadagnare dei soldi a tanti. Finchè c’è chi compra i costumi, i mascheroni le aziende produrranno; se c’è chi vuole spendere tutti i quattrini in un mantello, una dentiera ed una zucca, che problema c’è? Finiti i soldi, il portafoglio si chiude. Halloween in fin dei conti in un paese come il nostro è una bagatella che i monelli si divertono a rievocare per distrarsi, divertirsi, ma tutto si ferma qui senza bisogno di andare a tirare fuori il diavolo, le sette sataniche e via dicendo.
I bambini vedono il mostro del mascherone più come il mostro delle favole o dei cartoni che si può impersonare a proprio piacimento se si sta giocando a buoni e cattivi! Fine. Il bambino non associa il mascherone al diavolo, questo per una fortunata mancanza di malizia umana che però nel tempo si forma. Un genitore è libero, secondo la propria coscienza ed i propri principi, di comprare o no a suo figlio il mascherone, il forcone e il mantello nero al posto magari di un bel libro da colorare, di un pupazzo, di una bambola, di un gioco istruttivo. I bambini, in tal senso, festeggiano halloween perché i genitori lo permettono, entro i limiti. Anche gli adolescenti lo festeggiano, per svagarsi, ridere, sgarrare un po’, uscire e stare con gli amici e anche qui ci fermiamo. Con gli adolescenti si può essere forse un po’ più restrittivi, ci sono gli orari di rientro, ci sono i divieti per alcolici e quant’altro e poi anche qui un ragazzo è già libero di scegliere da solo se mascherarsi oppure no e sta al genitore mettere poi i paletti, ovvero fissare le regole. Ma in tutto questo che male c’è? Fin qui nulla di male. Il male comincia, in questo c’è un serio motivo di allarmismo, se ci sono i vandali che entrano nelle chiese e buttano per terra qualcosa che si trova sull’altare, se spaccano i vetri delle chiese a sassate, se si mettono a fare scritte abominevoli sui muri delle chiese. Ma qui siamo in campo penale, ragazzi, si parla di reati punibili a norma di legge. Peggio ancora e qui c’è anche maggior motivo di preoccupazione quando alcuni vandali sempre per divertimento fanno del male volutamente ad animali e a persone e qui allora la Chiesa ha serio motivo di preoccuparsi e condannare questa festa, ma bisogna rimanere nel campo del sociale e dell’attualità, puntando il dito contro il fenomeno del bullismo e della violenza che approfittano di questi eventi come halloween proprio per farsi notare, per creare allarmismo e allora si crea un circolo vizioso senza fine.
Inoltre, mi sembra che in Italia questa festa commerciale sia entrata di recente e come è entrata spetta a noi farla uscire se vogliamo, ognuno è libero di scegliere, di capire se una cosa è giusta o sbagliata. Si tratta di una festa alla moda, di una moda che come tale passa se non ci si da credito.
Il 31 ottobre e l'1 novembre alcuni neopagani celebrano Sauin: i wiccani [3], per i quali Sauin è uno dei Sabba [4], nello specifico quello in cui allegoricamente il la divinità maschile muore e la dea ne piange la scomparsa; e i ricostruzionisti celtisti, per i quali è una festività etnica tradizionale.

Samhain, la vera e propria celebrazione celtica, dell’antico culto, storia e tradizioni celtiche

Samhain (pronuncia inglese: samèin; pronuncia originale irlandese: sàuin, ma anche sàun; grafia mannese Sauin, corrispondente alla pronuncia celtica tradizionale) è il termine gaelico moderno per indicare la stagione invernale, e si usa convenzionalmente anche per indicare la stagione invernale presso le antiche popolazioni celtiche, non conoscendosi i termini antichi per indicare questa stagione. Samhain è anche noto come Calan Gaeaf in Galles. Bealtaine, Lúnasa e Samhain sono tutt'ora i nomi di mesi di maggio, agosto e novembre nella lingua irlandese.
Benché nel Calendario di Coligny, l'unica fonte archeologica che fa riferimento al computo del tempo presso i celti, l'unica festa chiaramente indicata sia Trinuxtion Samoni (Samonios), tradizionalmente si ritiene che dividessero l'anno in due parti: inverno (il cui inizio era segnato dalla festa di Samhain) ed estate (di cui l'inizio era segnato da Beltane). I Celti erano influenzati principalmente dai cicli lunari e delle stelle che segnavano lo scorrere dell'anno agricolo che iniziava con Samhain (in novembre), alla fine dei raccolti, quando il terreno veniva preparato per l'inverno.
La vigilia di Samhain (in irlandese Oidhche Shamhna) era la festività principali del calendario celtico, probabilmente celebrata il 31 ottobre, rappresentava l'ultimo raccolto. Oggi in Irlanda Oíche Shamhna indica la notte di Halloween. I falò hanno sempre avuto un ruolo importante in questa festa. Anche in epoca cristiana i villici erano usi lanciare nel fuoco le ossa del bestiame macellato (il bestiame aveva un ruolo prominente nel mondo gaelico pre-cristiano). Una volta che i falò erano stati accesi, tutti gli altri fuochi venivano spenti ed ogni famiglia prendeva solennemente il nuovo fuoco dal falò.
Come molte feste celtiche, veniva celebrata a più livelli: dal punto di vista materiale era il tempo della raccolta e dell'immagazzinamento del cibo per i lunghi mesi invernali. Essere soli in questa occasione significava esporre sé stessi ed il proprio spirito ai pericoli dei rigori invernali. Naturalmente, questo aspetto della festa ha perso in epoca moderna gran parte del suo significato, visto che oggi le carestie fortunatamente non costituiscono più un problema come presso le antiche società rurali.
Spiritualmente parlando, la festa era un momento di contemplazione. Per i Celti morire con onore, vivere nella memoria della tribù ed essere ricordati nella grande festa che si sarebbe svolta la vigilia di Samhain era una cosa molto importante (in Irlanda questa sarebbe stata Fleadh nan Mairbh ("Festa dei Morti"). Questo era il periodo più magico dell'anno: il giorno che non esisteva. Durante la notte il grande scudo di Skathach veniva abbassato, eliminando le barriere fra i mondi e permettendo alle forze del caos di invadere i reami dell'ordine ed al mondo dei morti di entrare in contatto con quello dei vivi. I morti avrebbero potuto ritornare nei luoghi che frequentavano mentre erano in vita, e celebrazioni gioiose erano tenute in loro onore. Da questo punto di vista le tribù erano un tutt'uno col loro passato ed il loro futuro. Questo aspetto della festa non fu mai eliminato pienamente, nemmeno con l'avvento del Cristianesimo.
Infine, dal punto di vista dell'ordine cosmico, il sorgere delle Pleiadi, le stelle dell'inverno, segna la supremazia della notte sul giorno. In alcune parti della Bretagna occidentale, si usa cucinare le kornigou, torte a forma di corna di cervo, a simboleggiare il Dio cornuto o Re Cervo (dio Cernunnos) che perde le corna prima di ritornare nel suo regno nell'Aldilà.
Quando i Romani entrarono in contatto coi Celti, identificarono Samhain con la loro festa dei morti (Lemuria) che era però celebrata nei giorni 9, 11 e 13 maggio. Con la cristianizzazione venne istituita la festa di Ognissanti (1 novembre), mentre il 2 novembre si celebra il Giorno dei morti.

Cernunnos e la Dea dell’antica religione, nulla a che vedere con il diavolo

Dettaglio del calderone di Gundestrup con la raffigurazione del dio CernunnosNella mitologia celtica, Cernunnos era lo spirito divinizzato degli animali maschi cornuti, specialmente dei cervi, un dio della natura associato alla riproduzione e alla fertilità. Come "Dio Cornuto", Cernunnos fu una delle numerose divinità simili presenti in molte culture antiche.
Dalle fonti archeologiche si sa che Cernunnos veniva adorato in Gallia, in Italia settentrionale (Gallia Cisalpina) e sulla costa meridionale della Britannia. Quella che probabilmente è la più antica immagine di Cernunnos si trova tra le Incisioni rupestri della Val Camonica, in Italia, e risale al IV secolo a.C., mentre la più conosciuta si trova sul famoso Calderone di Gundestrup della Danimarca pregermanica e risalente al I secolo a.C.
Nella religione gallo-romana, il suo nome è noto dal "Pilastro dei barcaioli" (Pilier des nautes), un monumento ora situato al Musée Nationale du Moyen Age a Parigi. Fu costruito dai marinai galli all'inizio del I secolo d.C., dall'iscrizione (CIL XIII number 03026) probabilmente nell'anno 14, al momento di inizio del principato di Tiberio. Fu trovato nel 1710 nelle fondazioni della cattedrale di Notre-Dame de Paris sul sito di Lutetia, la civitas capitale della tribù celtica dei Parisii. Raffigura Cernunnos e alte divinità celtiche insieme a divinità romane come Giove, Vulcano, Castore, e Polluce.
Il Pilier des nautes fornisce la prima evidenza scritta del nome della divinità. Ulteriori evidenze sono fornite da due placche identiche di metallo da Steinsel-Rëlent nel Lussemburgo, nel territorio della tribù celtica dei Treveri. Queste iscrizioni (AE 1987, 0772) si leggono Deo Ceruninco, "al Dio Cerunincos". Infine, un'iscrizione gallica (RIG 1, number G-224) scritta in lettere greche da Montagnac (Hérault, Languedoc-Roussilion, Francia) si legge αλλετ[ει]υος καρνονου αλ[ι]σο[ντ]εας che ci dà il nome "Carnonos".
Sulla iscrizione dei Parisii Cernunnos, la prima lettera fu cancellata, ma può essere agevolmente restituita in "Cernunnos" a causa della raffigurazione di un dio con le corna sotto il nome e dal fatto che in Gallico, carnon o cernon significa "corno" (Delmarre, 1987 pp. 106-107). Similmente cern significa "corno" o "capo" in Antico Irlandese ed è etimologicamente affine al termine simile carn in Gallese e Bretone. Queste derivano dalla radice proto-indoeuropea *krno- che ha dato anche il latino cornu e germanico *hurnaz (dal quale l'inglese "horn") (Nussbaum 1986) (Porkorny 1959 pp.574-576). La stessa radice gallica si trova nei nomi di tribù come i Carnutes, i Carni e i Carnonacae e nel nome della tromba gallica da guerra, la carnyx. Perciò, la forma proto-celtica di questo teonimo può essere ricostruita o come *Cerno-on-os o come *Carno-on-os, entrambi col significato di "divinità maschile cornuta". Il tema -on- si trova di frequente, ma non esclusivamente, nei teonimi (esempi: Map-on-os, Ep-on-a, Matr-on-ae, Sir-on-a). Seguendo le leggi fonetiche celtiche, la forma romano-britannica di questo teonimo proto-celtico deve essere verosimilmente stata *Cernonos o *Carnonos entrambe direttamente comparabili con la forma gallica Cernunnos.
Le raffigurazioni di Cernunnos sono notevolmente coerenti in tutto il mondo celtico. Il suo attributo più caratteristico è costituito dalle sue corna di cervo, ed è di solito raffigurato come un uomo maturo con barba e capelli lunghi. Indossa un torquis, un collare ornamentale usato dai Celti come segno di nobiltà. Egli spesso indossa altri torc ai polsi o appesi alle corna, e ha una borsa piena di soldi. Di solito viene raffigurato seduto a gambe incrociate, in una posizione che alcuni hanno interpretato come meditativa o sciamanica, sebbene possa riflettere soltanto il fatto che i Celti si accovacciavano quando cacciavano.
Cernunnos è quasi sempre raffigurato con degli animali, in particolare il cervo. È frequentemente associato anche con un animale particolare che sembra appartenere prima di tutto a lui: un serpente con le corna di un ariete. Questa creatura potrebbe essere una divinità essa stessa. Meno frequentemente, è associato anche con altri animali, compresi il toro (a Reims), il cane e il topo. A causa della sua frequente associazione con animali, gli studiosi spesso descrivono Cernunnos come "Signore degli animali" o "Signore del mondo selvatico". A causa della sua associazione col cervo (un animale particolarmente cacciato) è anche descritto come "Signore della caccia". È interessante che il Pilier des nautes lo colleghi con i marinai e con il commercio, suggerendo che egli fosse associato anche con la ricchezza materiale come dimostra anche la borsa con le monete del Cernunnos di Reims (Marne, Champagne, Francia) - nell'antichità, Durocortorum, la civitas capitale della tribù dei Remi - e il cervo che vomita monete proveniente da Niedercorn-Turbelslach (Lussemburgo) nel territorio dei Treveri.
Tracce del dio sopravvissero in epoca cristiana. Le tradizioni letterarie sia del Galles che d'Irlanda contengono allusioni a questo dio, mentre in Bretagna il leggendario San Korneli (o Cornély) a Carnac ha gli attributi di Cernunnos. È stato anche ipotizzato che il mito inglese di Herne il Cacciatore sia un'allusione a Cernunnos, sebbene sembri che Herne sia una sopravvivenza delle credenze dei Sassoni, piuttosto che dei Celti ed è menzionato per la prima volta nel 1597 nella commedia di William Shakespeare Le allegre comari di Windsor, Atto 4, Scena 4.

Il calendario celtico

L'anno celtico era diviso in feste solari e lunari. I solstizi e gli equinozi solari erano i punti che segnavano il percorso del sole: allo zenit nel solstizio d'estate, al suo apogeo nel solstizio d'inverno, e sui punti mediani durante gli equinozi.
Le Feste Lunari o Feste di fuoco celtiche sono festeggiate ancora oggi. Le antiche Samhain (31 ottobre/1º novembre) e Beltain (30 aprile/1º maggio) erano le due feste più importanti del calendario celtico, perché segnavano la divisione dell'anno in due parti: la metà oscura e quella luminosa (inverno ed estate). I celti festeggiavano il nuovo anno a Samhain, oggi celebrato come Halloween o festa di Ognissanti, che segnava anche l'inizio dell'inverno.
Un'altra festa, Oimelc (o Imbolc) (31 gennaio/1º febbraio), indicava l'allontanamento dell'inverno e caratterizzava un periodo in cui si celebravano poche feste tribali, ad eccezione di quelle femminili, legate alla fertilità. Beltain, o Vigilia di maggio, coincideva con l'inizio dell'estate e si svolgeva sotto la protezione dello Splendente, cioè il dio Belenos.
Il 31 luglio/1º agosto era la volta di Lughnasadh, che segnava la riunione della tribù, o clan, in piena estate.
Abbiamo una sola prova dell'esistenza del calendario celtico: il Calendario di Coligny gallico, ritrovato nel 1897 a Coligny (in Francia). Risale al I secolo d.C. circa e consiste in frammenti di bronzo incisi, dalla cui analisi lo studioso J. Monard ipotizzò che fosse un autentico calendario lunisolare druidico.
Secondo le ipotesi più accreditate, calcola il principio dei mesi dal plenilunio oppure dal primo quarto, anziché dal novilunio (o luna nuova), come avviene invece nei calendari lunisolari in uso oggi (ad esempio, quello ebraico e quello cinese).
Ogni mese era lungo 29 o 30 giorni ed era diviso in due parti, la prima "luminosa" e la seconda "oscura". I mesi di 29 giorni erano considerati infausti, mentre quelli di 30 erano fausti.
Come tutti i calendari lunisolari, il calendario di Coligny aggiunge periodicamente un tredicesimo mese all'anno, per mantenere i mesi lunari grosso modo sincronizzati con le quattro stagioni dell'anno solare. Nel calendario di Coligny, gli anni di tredici mesi ("abbondanti" o "embolismici") ricorrevano due volte ogni quinquennio: un ciclo lunisolare simile, ma meno preciso, del più comune ciclo di Metone (usato, per esempio, nel calendario ebraico), nel quale gli anni embolismici ricorrono sette volte ogni diciannove anni. In altri termini, il calendario di Coligny prevedeva un 40% di anni embolismici, contro il 38,84% del ciclo di Metone.
Il nuovo giorno è calcolato da tramonto a tramonto: ogni festa di conseguenza si celebrava a partire dalla notte precedente e quindi dalla sua vigilia. Questo particolare fa pensare che la disposizione di molte feste cristiane nel calendario possano essere state influenzate dalle usanze celtiche.

Samon, Mese dell’incontro con gli Avi (30 giorni)

È il nome abbreviato del primo mese del calendario di Coligny, il termine originale samonios o samonos o anche samonis lo troviamo in altre forme abbreviate: samo-, sam- e samoni al genitivo. Il termine sembrerebbe contenere la particella samo- che sia nelle lingue galliche che nell’indoeuropeo significa “estate” ed essendo posizionato esattamente a 6 mesi di distanza dal mese di Giamoni(o)s, il cui significato è attestato come “Fine dell’inverno”, la traduzione che sembrerebbe essere più probabile è “Fine dell’estate”. Nonostante queste apparenti evidenze è forse più verosimile che Samonios abbia anche altri significati, lasciando al mese di Edrini il compito di chiudere ufficialmente la bella stagione, anche in accordo con i tempi agricoli. Secondo alcune ipotesi sempre più accreditate tra gli studiosi il termine irlandese Samain così come il gallico Samoni(o)s, pur contenendo il prefisso samo-, avrebbe poca attinenza con l’estate, anzi alcuni ritengono che potrebbe addirittura fare riferimento al solstizio invernale anche se tale ipotesi è poco accreditata. In effetti è verosimile che il significato di samonios sia prossimo a quello di “assemblea, riunione”, da cui l’antico irlandese samain (termine che deriva da essaim e che indica le api), anche in sanscrito sàmanam significa “assemblea, riunione, festa”, nell’antico norreno saman significa “insieme, gruppo”, infine la radice indoeuropea sem-, som-, sm- significa proprio “insieme”. Dal gallico samoni(o)s deriva indubbiamente il nome della festa panceltica di Samain, dedicata ai morti. Infatti troviamo sul calendario di Coligny in coincidenza con il 17° giorno di Samonios l’indicazione trinox samo[ sindiv (trinoxtion Samoni sindiu) “da oggi la festa delle tre notti di Samonios”. La festa è ancora celebrata oggi sotto altri nomi e secondo il folklore moderno durante questo periodo le entità soprannaturali e gli spiriti degli Avi e dei morti in generale entrano in contatto con i viventi. Ricollegando perciò la festa di Trinoxtion Samoni alla moderna festa irlandese di Samain, passata in tempi più recenti al resto del mondo anglofono come Halloween, e facendo riferimento poi a allocuzioni simili in greco e sanscrito il significato diventa “momento (luogo) di incontro con gli Avi” o “riunione con i Padri” (sm-uid- e sam-vid).

Duman, Mese delle fumigazioni (29 giorni)

È la forma abbreviata di dumanios o dumanos o dumanis, secondo mese del calendario celtico, la si trova anche come dumann, dumn ed al genitivo come dumanni, dumani. È prossima al termine latino fumus, sanscrito dhumah, lituano dumai “fumoso”, greco thumos “anima, cuore” e thumiao “fare fumare”. La relazione tra “fumo, vapore” e “anima, forza vitale” è insita nel termine e potrebbe indicare la natura sacrificale e senza dubbio rituale di questo mese.

Riuros, Mese del freddo intenso (30 giorni)

È nome del terzo mese del calendario di Coligny e non ne sono conosciute abbreviazioni. Normalmente il termine riuros viene messo in relazione all’omologo dell’ irlandese arcaico réud “grande freddo”, al gallese rhew “gelo, freddo intenso”, al bretone reo e rev “grande freddo”, tutti termini derivanti dalla comune radice indoeuropea preus-, che ritroviamo anche nel latino pruina “gelata bianca” da cui l’italiano brina, nel germanico friosan “gelare” e nel sanscrito prusva “gelata”. Qualche studioso lo fa derivare da ro-iuos che significa “grande festa”, ma è una traduzione che contrasta troppo fortemente con l’interpretazione più comune.

Anagan, Mese del riposo (29 giorni)

È la forma abbreviata del termine [a]nagtio- che troviamo sul calendario di Coligny e il cui nominativo dovrebbe essere anagantios, benché di questa parola potrebbero essere possibili altre versioni. La particella an- iniziale è senza dubbio privativa e il tema -agantio- sembra essere una forma participiale della radice ag- “condurre, andare, portare”, nell’irlandese antico troviamo infatti ag- con il medesimo significato, nel gallese agit “essi vanno”, nel latino ago, etc. Perciò Anagan indicherebbe un periodo nel quale non si viaggia o forse vige il divieto di viaggiare, cioè in cui si resta e, probabilmente, si riposa. Il periodo dell’anno al quale fa riferimento, la fine dell’inverno, indica un momento in cui le provviste sono quasi terminate, la selvaggina scarseggia e la natura non si è ancora risvegliata, indicato perciò a preservare le energie.

Ogron, Mese del freddo (30 giorni)

Abbreviazione, anche nella forma ogronn, del nominativo ogronnios o ogronnos. È attestata anche una forma ogronu, che potrebbe essere però un errore di compilazione da parte degli autori del calendario di Coligny. Il significato del termine sembra piuttosto chiaro e deriva dal celtico insulare ougro- che significa “freddo”. Lo stesso significato lo troviamo nel termine arcaico irlandese ùar e òcht e nel gallese oer. Ogron è perciò un mese moderatamente freddo in rapporto a Riuros, mese del “grande freddo”.

Cutios, Mese delle Invocazioni (30 giorni)

Lo troviamo al nominativo come gutios, cut- e al genitivo cutio, qutio, quti. Da notare l’alternanza della “c/q” con la “g”, già presente anche nel termine indicante il mese di cantlos/gantlos, con una netta predominanza della “c/q”. Cutios/Gutios è prossimo al termine dell’irlandese arcaico guth “voce” e al gallico gutuater “invocatore”. Il significato della parola sarebbe dunque: “mese delle invocazioni”.
Giamon, Fine dell’inverno (29 giorni)
Abbreviazione di giamonios o giamonis dall’etimologia molto chiara in quanto la parola contiene direttamente il termine gallico che indica l’inverno giamo-. Potrebbe in tal senso indicare l’inizio o la fine dell’inverno, ma il nome del mese successivo simiuisonna contenente il termine celtico per la primavera non lascia dubbi sulla seconda ipotesi. Fine dell’inverno.

Simiuis, Metà primavera (30 giorni)

Anche questa è una forma abbreviata e nel calendario di Coligny la troviamo anche trascritta in semiuiso-, simiuiso-, -sonna- ecc. Il nominativo è simiuisonna e con tutta probabilità è un parola composta dal prefisso simi- o semi- “mezzo”, da cui il latino semi, il greco hemi-, il sanscrito sami- e il termine uisonna- che indica anche nell’indoeuropeo arcaico la primavera e che diventa in gallese arcaico guiannuin, nel cornico arcaico guaintoin, da cui uesnteino, in latino uer, in greco éar, in sanscrito vasantà- ecc. Ossia, traducendo letteralmente: metà della primavera. Un’altra ipotesi vede nel termine sonna- il nome del sole e lo equipara a sonno-cingos “corso del sole”, ma in questo caso non viene preso in considerazione il prefisso simi- per cui l’interpretazione non è accettabile.

Equos, Mese dei Cavalli (30 giorni)

Il nome di questo mese rappresenta un piccolo enigma, se sembra evidente che faccia riferimento ai cavalli avendo come omologo il termine latino indicante questi animali, con la trasformazione labio-velare della sequenza k + u in p, non si comprende allora perché ovunque altrove i celti indicassero i cavalli con la radice epo-! Si suppone perciò che il termine equos sia un arcaismo la cui conservazione sia giustificata all’interno di un documento istituzionale quale il calendario druidico oppure che il termine sia derivato direttamente dal latino all’epoca della trascrizione dalle fonti orali del calendario stesso (I sec. d. C.).

Elembiu, Mese del Cervo (29 giorni)

Decimo mese del calendario di Coligny, lo troviamo abbreviato anche in elemb. Il termine contiene in maniera molto evidente la parola indoeuropea che indica il cervo elem-(bhos), affine al greco élaphos (elnbhos) “cervo”, al gallese elain (elani), all’irlandese arcaico elit (elnti) “capriolo, cervo”, ecc. L’elembiu celtico ha forti corrispondenze con il nono mese del calendario greco-attico durante il quale si celebravano feste dedicate alla dea della caccia Artemide.

Edrini, Fine dell’Estate (30 giorni)

Trascritto anche come aedrini-, probabilmente un arcaismo del periodo nel quale il dittongo ai non si era ancora contratto in ē, analogamente al caso di equos con la sua labio-velare inattesa. Il significato è ancora sconosciuto, ma alcune ipotesi vedono in edrini- la radice aidh- che significa “ardore, fuoco” da cui poi il termine latino aestas da cui è derivata la nostra parola “estate”. In tal caso potrebbe significare l’inizio o il termine dell’estate, e vista la posizione del mese nel calendario si dovrebbe interpretare come “Fine dell’estate”. Se si considera il significato della radice aidh- possiamo interpretare il termine come “Fine del periodo dell’ardore” nel senso in cui in questo periodo dell’anno cessavano le guerre, come è poi attestato anche storicamente. Quest’ultima ipotesi è però meno consistente della prima, da preferirsi.

Cantlos, Tempo dei canti rituali (29 giorni)

Il significato del termine Cantlos, con la variante Gantlos così come per il mese Cutios/Gutios, probabilmente è simile a quello dell’irlandese arcaico cétal “canto, recitazione”, del gallese cathl “canto, poema, inno”, del bretone quentel “canto liturgico”, tutti contenenti la radice indoeuropea kan- “cantare”, da cui il latino canō, ecc. Cantlos è dunque il mese del canto rituale.

Conclusioni personali

Spero per voi cari lettori, che abbiate un bel 31 ottobre 2009, io l’ho passato in montagna col mio ragazzo e i suoi genitori e la sera abbiamo fatto una bella polentata, come facevano una volta, con spezzatino e presso il calore di una stufa. Ah, dimenticavo, non è mancato il mio cappello da strega con fibbia, bellissimo davvero e originale. È stato il primo halloween della mia vita, il cappello ci voleva, ma è stato per me soprattutto un momento da condividere con le persone cui voglio bene, ci si è divertiti parlando e scherzando e siamo tutti ancora qui senza essere incorsi nell’”ira divina” e avendo indossato solo dei comodissimi blue jeans. Buon inizio novembre a tutti!
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Note:

[1] Collina di Tara: La Collina Reale di Tara era uno dei luoghi più venerati e importanti dei primi secoli della storia d'Irlanda. Situata nel Meath, nella zona centro-orientale dell'isola, un tempo la Collina di Tara era la residenza del Re Supremo irlandese ( Ard-Rí na hÉireann ). Su questa collina colui che sarebbe divenuto re doveva dare prova di essere stato scelto dagli dei. La prova consisteva nel "volare" al disopra della Pietra del Destino (Lia Fáil), mitico menhir senza il quale l'Irlanda sprofonderebbe. Tara fu la residenza degli High Kings of Ireland (re supremi d'Irlanda); all'epoca avevano sede sulla collina una grande sala per i banchetti indetti dall'High King, con più di settecento posti, una scuola bardica, druidica e per guerrieri. Vi erano poste anche alcune dimore dei funzionari e uomini vicini al Re d'Irlanda. La collina di Tara era anche dimora dei Feniani, cioè dei Cavalieri del Destino, protettori dell'Irlanda. Ai giorni d'oggi si definiscono Feniani coloro che aderiscono al partito della Repubblica d'Irlanda, il Fianna Fáil. In mitologia, Tara era anche la residenza del mitico popolo di dei, i Tuatha de Danaan, che prenderanno il nome di Daoine Sidhe.
[2] Il fenomeno dell’occultismo, soprattutto il s. è in principio un fenomeno che porta coloro che ne fanno parte ad un vero e proprioisolamento dal resto del mondo. La formazione delle sette s. sta alla base del fenomeno stesso dal momento che non solo prevede la negazione e la profanazione di elementi e simboli cristiani o di altre religioni, ma mira ad un controllo di coloro che nelle varie sette s. entrano a far parte, un controllo soprattutto psicologico, un lavaggio del cervello in piena regola che priva l’essere umano della sua personalità per dargliene una nuova, alla quale non ci si può ribellare. Si tratta solitamente di gruppi anarchici con a capo individui seriamente malati di mente o privi di qualsiasi scrupolo che solitamente agiscono contro la razza diversa o contro la religione in generale, non solo il cristianesimo.
[3] Wicca: La Wicca (in italiano pronunciabile [wikka] o [vikka]) è una delle religioni appartenenti al movimento neopagano. La religione wiccan venne presentata per la prima volta nel 1954 attraverso gli scritti di un ex funzionario pubblico britannico esperto di esoterismo, Gerald Gardner. Questi affermò di essere stato iniziato ad una vecchia tradizione misterica, continuazione dei culti esoterici medievali etichettati come stregoneria a loro volta imperniati sulle religioni pagane dell'Europa antica. La veridicità delle esperienze di Gardner rimane controversa, parecchi studi moderni sostengono ad ogni modo come la teologia wiccan iniziò ad essere compilata non prima degli anni '20. Wicca non è sinonimo di Paganesimo, così come Wiccan non è sinonimo di pagano né tantomeno è correlabile alle branche recenti del paganesimo, come il Druidismo e l'Odinismo. Sono cose tra loro distinte
[4] Sabba: secondo la tradizione, il sabba è l'incontro tra le streghe e, inizialmente, secondo il Canon Episcopi, con Diana, o, successivamente, con il diavolo che si svolge principalmente nel giorno di sabato e, più precisamente, durante la notte tra sabato e domenica. Prima del volo, le streghe sono solite ungersi con del grasso o con unguenti magici che consentono loro di librarsi in aria e di trasformarsi, all'occasione, in creature mostruose o animali. Nella religione neopagana o Wicca i sabbat sono le otto feste dedicate agli dei e legate ai movimenti del sole. La parola Sabbat nasce dalla stessa radice della parola ebraica Shabbath, nell'inglese arcaico "sabat", francese arcaico "sabbat", dal latino "sabbatum", e il greco "sabbaton" (o sa'baton), che divenne l'ebraico "Shabbat", con il significato di cessare inteso come smettere di compiere determinate azioni. Pur essendo legati alle fasi solari le cerimonie, solitamente, si svolgono di notte, e ricalcano le feste stagionali tipiche di un’Europa pre-monoteismo. Queste festività raccontano la vita del Dio e della Dea, attraverso miti che possono differire da una tradizione all’altra.

Articolo di Chiara del sito http://vivereilmedioevo.blogspot.it

LA VOLTA DELLA CAPPELLA SISTINA COMPIE 500 ANNI

Ricorre oggi il cinquecentenario dall'inaugurazione della Volta della Cappella Sistina, luogo sacro per eccellenza e sede dei conclavi.





Oggi alle 18 il Papa presiederà nella Cappella Sistina la celebrazione dei Vespri in occasione del 500esimo anniversario dell'inaugurazione, da parte di Giulio II, era il 31 ottobre 1512, della volta dipinta da Michelangelo. "Il grande artista con una impresa immane, in soli quattro anni tra il 1508 e il 1512, affrescò una superficie di più di mille metri quadrati", ricorda 'Radio vaticana'. Oggi cinque milioni di visitatori all'anno, ventimila al giorno nei periodi di punta, visitano la Cappella Sistina. Si tratta di "un ben arduo problema" - sottolinea il direttore dei Musei Vaticani Antonio Paolucci sull''Osservatore romano', che aggiunge: "La pressione antropica con le polveri indotte, con l'umidità che i corpi portano con sé, con l'anidride carbonica prodotta dalla traspirazione, comporta disagio per i visitatori e, nel lungo periodo, possibili danni per le pitture. Potremmo contingentare l'accesso, introdurre il numero chiuso. Lo faremo se la pressione turistica dovesse aumentare oltre i limiti di una ragionevole tollerabilità e se non riuscissimo a contrastare con adeguata efficacia il problema". Tuttavia, Paolucci ritiene che, contrariamente a quanto apparso su alcuni media, "nel breve medio periodo l'adozione del numero chiuso non sarà necessaria". E' però necessario - conclude il direttore dei Musei Vaticani - "mettere in opera tutte le più avanzate provvidenze tecnologiche in grado di garantire l'abbattimento delle polveri e degli inquinanti, il veloce ed efficace ricambio dell'aria, il controllo della temperatura e dell'umidità" in modo da garantire la conservazione degli affreschi di Michelangelo "per il tempo più lungo possibile".

Fonte: tmnews.it


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martedì 30 ottobre 2012

LA TORRE MAGGIORE DI SANTA PALOMBA

Tor Maggiore - Una delle torri più alte della Campagna Romana e, a detta di molti, tra le più belle. Costruita sui resti della Domusculta di S. Edistius, fondata dal papa Adriano I (772-795), viene menzionata per la prima volta nel 1334, quando era dei Savelli. Fu degli Altieri e, nel 1458, dei Capodiferro, quindi dei Serlupi nel XVII secolo. La pianta è quadrata, il lato è di 7,10 metri , ed è costruita in tufetti regolari per un’altezza di oltre 34 metri . Suddivisa in più piani, il primo e l’ultimo dei quali ricoperti da volte a crociera, gli altri erano costituiti da travature lignee. La torre presentava due ingressi a livelli diversi ed era circondata da un recinto in muratura comprendente una superficie di quasi 3000 mt quadrati.

Fonte: www.s-palomba.com

lunedì 29 ottobre 2012

IURAMENTUM SUTRINUM


Con il termine iuramentum Sutrinum (noto anche come patto di Sutri, o concordato di Sutri) ci si riferisce all'accordo stipulato fra Enrico V e papa Pasquale II il 9 febbraio 1111. Durante la lunga lotta dei papi contro gli imperatori sulla questione delle investiture, quando Enrico V avanzò con un'armata in Italia allo scopo di essere incoronato, Papa Pasquale II acconsentì ad un accordo passato alla storia come Iuramentum Sutrinum in base ai termini del quale la Chiesa doveva cedere tutti i possedimenti e i diritti che aveva ricevuto dall'impero e del regno d'Italia sin dai tempi di Carlo Magno, mentre Enrico da parte sua avrebbe rinunciato all'investitura laica. I preparativi per l'incoronazione vennero fatti per il 12 febbraio 1111, ma i romani sorsero in rivolta contro l'accordo, ed Enrico si ritirò portando con sé il Papa e la curia. Dopo sessantuno giorni di dura prigionia nel castello di Tribuco a Ponte Sfondato di Montopoli di Sabina, Pasquale si arrese e garantì l'investitura all'imperatore. Enrico venne quindi incoronato in San Pietro il 13 aprile, e dopo aver preteso la promessa che nessuna vendetta sarebbe stata tentata per quello che era accaduto, si ritirò al di là delle Alpi. Il partito ildebrandino venne comunque incitato ad agire; un concilio in Laterano del marzo 1112 dichiarò nulle le concessioni estorte con la violenza; un concilio tenuto a Vienna in ottobre scomunicò l'imperatore e Pasquale ne sancì le decisioni.

Fonte: Wikipedia





LA LEGGENDA DI ORLANDO, IL PALADINO DI CARLO MAGNO

La tradizione popolare, rafforzata dai poemi cavallereschi franco-veneti del XII secolo, vuole che a Sutri sia nato Orlando Paladino, Marchese del Chiaramonte, Conte di Blaye e Gonfaloniere della Chiesa Cattolica Apostolica Romana. La leggenda racconta che Carlo Magno aveva una sorella di nome Berta la quale ebbe l'impudenza di invaghirsi di un valoroso condottiero privo di titolo, di nome Milone. Il re, adiratosi, scacciò la donna dalla corte assieme al suo innamorato sgradito. Per quest'ultimo divenne vitale cercare chi lo assumesse al proprio servizio ma, respinto da tutti, fu costretto a dirigersi verso Roma per chiedere al Papa di intercedere presso il re. Durante la sosta a Sutri, in quella grotta, Berta fu colta dalle doglie del parto e mise alla luce un bel bimbo. Mentre lo accudiva un giorno il piccolo le scivolò di mano iniziando a rotolare sull'erba del pendio e facendo esclamare alla madre disperata "Ooh! le petit rouland!". Da qui venne il suo nome Rolando o Orlando e quello della valle che ancora è chiamata Valle Rotoli. Il ragazzo crebbe sano e robusto, divenendo capo della gioventù Sutrina, meritandosi la carica di "Re del Carnevale" e conducendo una vita spensierata fino a quando non giunse a Sutri la corte di Carlo Magno. Il re dei Franchi era diretto a Roma e tant'era l'euforia che suscitavano i re e il suo seguito al passaggio che Orlando, contagiato da tanta eccitazione, non perse tempo a mettersi in mostra. Si travestì da servitore, si infiltrò nella sala del banchetto reale e rubò con la velocità del fulmine, la coppa dove aveva appena bevuto il sovrano. Carlo, più meravigliato che adirato per l'accaduto, sfidò giocosamente il ladro a ripetere la malefatta il giorno successivo, cosa che si ripeté puntualmente identica fra lo stupore generale. Sulla strada di casa Orlando trovò i tre dignitari inviati dal re che, riconosciuta la madre Berta come sorella del sovrano, permisero il ricongiungimento dei familiari da tanto tempo divisi. Rientrando in Francia, Carlo Magno volle suo nipote al fianco, ma Orlando pretese che il suo compagno Oliviero - sutrino autoctono - lo accompagnasse, divenendo poi con lui Paladino di Francia. (entrambi morirono combattendo contro i Saraceni nella battaglia di Roncisvalle, nell'agosto del 778.)

Fonte: Wikipedia

domenica 28 ottobre 2012

DOCUMENTARIO: "LA NECROPOLI LONGOBARDA"





sabato 27 ottobre 2012

GESU' AVEVA MOGLIE? IL PAPIRO E' FALSO!


La notizia ha dell'incredibile. Qualche giorno fa questo blog ha riportato la scoperta di un papiro che affermerebbe che Gesù avesse una moglie. Per la verità tutti gli esperti contattati per esaminare il papiro avevano lasciato dei dubbi sulla validità del documento e la smentita ufficiale è arrivata da l' Osservatore Romano. Secondo il quotidiano della Santa Sede il papiro è un falso clamoroso in quanto, non solo i caratteri sono stampati ma soprattutto il papiro non viene da un ritrovamento archeologico ma da un mercatino d'antiquariato! Lo stesso comportamento di Karen King che aveva allertato tutti i media americani circa la presunta scoperta aveva destato molti dubbi.

Si riporta l'articolo tratto dall'Osservatore Romano del 27 settembre 2012


CITTA’ DEL VATICANO – Non l’hanno visto e non sembrano avere alcuna intenzione di vederlo, perché per loro è “in ogni caso un falso”: all’Osservatore Romano, quotidiano del Vaticano, sono certi che il papiro che parla di una presunta moglie di Gesù non sia autentico. ”In ogni caso un falso”, ha detto il direttore dell’Osservatore Romano Gian Maria Vian sulla vicenda della presunta ”moglie” che sarebbe attestata da un frammento papiraceo ”molto problematico e controverso”, oggetto del ”clamoroso annuncio” del 18 settembre scorso dalla studiosa americana Karen L. King, durante il decimo congresso internazionale di studi copti, che era ospitato dall’Istituto Patristico Augustinianum. ”Annuncio preparato senza lasciare nulla al caso: testate americane preavvertite, una conferenza stampa preventiva tenuta da Karen L. King per preparare uno scoop mondiale che però è stato subito messo in discussione dagli specialisti”, scrive Vian, il cui giornale pubblica la ricostruzione della vicenda fatta ”con prudenza e rigore” dal coptologo Alberto Camplani, docente di storia del cristianesimo alla Sapienza e tra gli organizzatori del convegno internazionale svoltosi all’Augustinianum. ”Ragioni consistenti indurrebbero a concludere che il papiro sia anzi una maldestra contraffazione (come tante altre provenienti dal Vicino Oriente) che potrebbe essere stata finalizzata alla vendita, da parte di un privato a una prestigiosa istituzione, del frammento e di altri manoscritti”, prosegue il direttore del giornale vaticano. ”Nel quadro, del tutto implausibile, di una lettura del fenomeno gnostico tendenziosa e piegata a un’ideologia contemporanea che con la vicenda storica del cristianesimo antico e con la figura di Gesù non ha nulla a che vedere. Insomma, in ogni caso un falso”.

venerdì 26 ottobre 2012

INAUGURATA LA PRIMA TARGA RICORDO SULLA VIA FRANCIGENA

Una targa per ricordare il primo cartello segnaletico della via Francigena ed un raduno del Club Alpino Italiano sono stati al centro della scorsa domenica a Monteriggioni. In vista infatti dell'anniversario dei 150 anni della fondazione del Club Alpino italiano, il Cai di Siena ha organizzato un grande raduno al quale hanno partecipato circa 500 soci provenienti da tutte le province toscane ed anche da fuori regione. Glie scursionisti del Cai si sono ritrovati presso il campo sportivo di Gracciano nel comune di Colle di val d'Elsa per poi seguire il tracciato della via Francigena ed arrivare fino a Monteriggioni.Ad Abbadia Isola ad attendere i camminatori per il ristoro a metà della passeggiata c'era l'assessore di Monteriggioni, Adriano Chiantini, che prima ha rivolto ha salutato anome dell'Amministrazione comunale gli ospiti e poi ha loro illustrato lastoria e le opere d'arte presenti nello storico complesso abbaziale. Dopo il pranzo consumato nel chiostro del complesso monumentale, pranzo preparato dalla donne e dagli uomini dell'Abbi, l'Associazione di Beneficenza di Badia Isola, sempre seguendo il tracciato della Francigena e guidati dal presidente Massimo Vegni e da Chiantini, i soci del Cai hanno proseguito alla volta del castello.Ad attendere i camminatori, fuori della porta di ponente, c'era il sindaco Valentini, che li attendeva per scoprire insieme a loro ed al loro presidente senese una targa a memoria del primo cartello del tratto italiano della via Francigena inaugurato nell'ottobre del 2(X)7 dall'allora Presidente del Consiglio Romano Prodi, insieme al ministro della cultura, Francesco Rutelli. Valentini ha ricordato la spinta che questo evento ha dato ad un ulteriore sviluppo del cosiddetto turismo lento e consapevole, un fenomeno che si affianca al flusso, sempre più consistente, di pellegrini che viaggiano su questa strada per raggiungere la tomba dell'Apostolo Pietro, a Roma. Il sindaco ha voluto anche esternare un sincero ringraziamento a tutti i volontari del Cai che collaborano con gli enti locali sull'itinerario della Francigena dall'Arno fino alle porte di Siena nell'opera di monitoraggio e manutenzione del percorso ribadendo che è importante creare delle opere, dei tragitti, ma è altrettanto importante programmare contemporaneamente la loro manutenzione e chi se ne dovrà occupare.Una delle prossime opere di messa in sicurezza del percorso è stata già progettata in collaborazione con l'amministrazione provinciale e riguarderà il tratto fra la Colonna e l'ultima salita di ascesa al castello. 

313 D.C. UN PONTE TRA ANTICHITA' E MEDIOEVO

Per la prima volta Roma Capitale celebra il 1.700° anniversario della Battaglia del 28 ottobre del 312 d.C con numerose attività e  iniziative promosse dall’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovrainten- denza ai Beni Culturali di Roma Capitale, in collaborazione con Zètema Progetto Cultura e RAI Cinema. Un fitto programma di incontri, proiezioni, visite guidate e conferenze si svolgerà dal 27 ottobre al 2 dicembre 2012 nei diversi punti della città: monumenti e luoghi della memoria di quegli eventi storici che ruotarono intorno alle vicende di  Costantino e del suo rivale Massenzio. In particolare Ponte Milvio, nella storia come nelle celebrazioni, rappresenta il luogo della storica battaglia del 312 d.C., ma anche il conflitto tra antico e moderno, tra armi e filosofia, tra potere temporale e legittimazione della religione. Un luogo, quello del “ponte”, che diventa anche terreno di congiunzione e di superamento di ostacoli, un simbolo di pace.
E proprio alla Battaglia di Ponte Milvio, nel suo 1.700° centenario, quest’anno Roma Capitale ha voluto dedicare per il 2.765° Natale di Roma la moneta coniata in occasione di ogni 21 Aprile.
Per celebrare questo anniversario, l’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale, in collaborazione con RAI Cinema presenterà in anteprima la proiezione del documentario “Costantino, imperatore d'Oriente e Occidente” che si terrà domenica 28 ottobre, presso la Sala della Protomoteca (Palazzo Senatorio - Campidoglio) alle ore 21 e alle ore 22.15.  Ad accompagnare lo spettatore in un viaggio storico tra Oriente e Occidente, della durata di 50 minuti,  saranno le voci narranti di Franco Scaglia e di due archeologi di fama come  Andrea Carandini e Stefano De Luca. Ingresso libero fino ad esaurimento posti con  prenotazione allo 060608.

Oltre a Ponte Milvio, il Museo della Civiltà Romana, le Mura Aureliane, i Musei Capitolini, la Villa di Massenzio, il Museo di Roma e i Mercati di Traiano, saranno gli scenari di un circuito attraverso cui il pubblico potrà rivivere la ricostruzione dei fatti epocali che rivoluzionarono il rapporto tra l’Impero Romano e la Cristianità.
Le visite guidate, gli incontri e le conferenze, a cura dei funzionari della Sovraintendenza Capitolina, sono gratuite, mentre gli appuntamenti del 27-28 ottobre sono a pagamento.

Tra le altre iniziative, l’Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico - Sovraintendenza ai Beni Culturali di Roma Capitale ha progettato e realizzato anche un volume dal titolo: “312 d.C. Un ponte tra antichità e Medioevo”. Articolata in 25 percorsi e itinerari attraverso cui rivivere i fatti e i luoghi storici del 312 d.C., la pubblicazione apre con la genealogia di Costantino e Massenzio, conducendo il lettore attraverso un viaggio nel contesto storico e urbano in cui si svolgono gli eventi, grazie a cinque presentazioni di approfondimento e ad alcune mappe utili alla ricostruzione delle tappe fondamentali.




Il programma:
27 ottobre 
ORE 10 Museo della Civiltà Romana
L’età di Costantino attraverso le opere del Museo della Civiltà Romana. Visita guidata
 
ORE 10.30
Ponte Milvio
I luoghi della battaglia: Ponte Milvio – la vittoria. Visita guidata
ORE 15.30 Mura Aureliane
Eurisace, Elena, Costantino, San Giovanni: pagani e cristiani lungo le Mure Aureliane. Visita guidata
ORE 16.30 Musei Capitolini
I ritratti imperiali. Visita guidata
 
28 ottobre
ORE 10 Villa di Massenzio
Massenzio, il rivale di Costantino. Visita guidata
ORE 10.30 Musei Capitolini
I ritratti imperiali. Visita guidata


8 novembre
ORE 15.30 Villa di Massenzio
Il complesso di Massenzio sulla via Appia. Il mausoleo dinastico dell’Imperatore: una memoria mancata. Incontro e visita guidata a cura di Carmelina Camardo


11 novembre
ORE 10.30 Museo della Civiltà Romana
La battaglia di Ponte Milvio e il sigillo divino sulla gloria imperiale di Costantino: le testimonianze in mostra nel museo della Civiltà Romana. Incontro e visita guidata a cura di Clotilde D’Amato
 
13 novembre
ORE 16 Museo di Roma
La raffigurazione di Costantino in età moderna. Pietro da Cortona e la vicenda degli arazzi Barberini. Incontro/conferenza a cura di Patrizia Masini
 
18 novembre
ORE 11 Museo della Civiltà Romana
Roma Imperiale e Roma Cristiana: trasformazione urbanistica della metropoli attraverso il plastico del Museo della Civiltà Romana. Incontro e visita guidata e cura di Lucrezia Ungaro
 
21 novembre
ORE 16 Mercati di Traiano
Le insegne imperiali tardoantiche dalle pendici del Palatino. Incontro/conferenza a cura di Sabina Zeggio
 
25 novembre
ORE 10.30 Museo della Civiltà Romana
Il ruolo del Cristianesimo e di Costantino nell’idea di Roma attraverso le sale del Museo della Civiltà Romana. Incontro e visita guidata a cura di Enrico Silverio
 
29 novembre
ORE 16 Mercati Traiano
La Roma di Costantino. Incontro/conferenza a cura di Roberto Meneghini
 
1 dicembre
ORE 10.30 Museo della Civiltà Romana 28 ottobre 312 d.C. Cronaca di una battaglia. Incontro e visita guidata a cura di Anna Maria Liberati
 
2 dicembre
ORE 16.30 Musei Capitolini esedra Marco Aurelio Le immagini colossali di Costantino. Incontro e visita guidata a cura di Francesca Ceci

I BACAUDAE. TENSIONI SOCIALI TRA TARDO ANTICO E ALTO MEDIOEVO



Luca Montecchio ha di recente pubblicato un saggio dal titolo I bacaudae. Tensioni sociali tra tardoantico e alto medioevo. Si tratta di uno studio interessantissimo su un fenomeno noto soprattutto agli specialisti della storia. 

L’autore ha pubblicato in precedenza con la Graphe.it edizioni altri due saggi storici: I visigoti e la rinascita culturale del secolo VII (2006) e Gerberto d’Aurillac. Silvestro II (2011). Questo nuovo studio del professor Montecchio arriva in libreria per i tipi di Elabora edizioni letterarie e multimediali. Pubblichiamo di seguito una nostra traduzione dallo spagnolo della prefazione al libro scritta dal professor Gonzalo Bravo Castañeda dell’Univesità Complutense di Madrid.

***

Al giorno d’oggi la storia non si concepisce come se non presentasse problema alcuno. Il discorso storico piano, di mera descrizione, non è più soddisfacente per i ricercatori e tantomeno per i lettori. Lo storico, oggi, cerca, analizza e interpreta i fatti, non solo basandosi su quanto le fonti dicono expressis verbis ma anche servendosi di molteplici risorse teoriche: elaborazione di nuove ipotesi, saggi di nuove forme di analisi, proposte di nuove metodologie, revisioni di vecchie teorie storiografiche, eccetera. In definitiva, oggi, lo storico dell’antichità quasi sempre deve affrontare l’arduo compito di smontare il paradigma, sradicare i luoghi comuni storiografici e formulare, se possibile, nuove teorie per la migliore comprensione e spiegazione dei fatti storici. Non tutti i problemi storici sono uguali e, pertanto, esigono una trattazione diversificata. Questo è il caso del conflitto delle bacaudae che, per vastità e intensità del dibattito storiografico degli ultimi decenni, potrebbero a ragione essere considerate una vera e propria “questione storica” dal momento che, come segnala l’autore di questo libro, alla fine, dopo numerose letture di fonti e interpretazioni, restano sempre troppi dubbi (e per fortuna, aggiungerei). Il primo dubbio si colloca nell’assumere lo sviluppo del conflitto in due tappe non consecutive (fine del secolo III e prima metà del V) con l’inspiegabile intervallo del lungo secolo IV fra le due. Inoltre, la localizzazione del conflitto solo in alcune regioni dell’Occidente tardo romano (principalmente l’Armorica in Gallia e la valle media dell’Ebro in Hispania) interroga la tesi socioeconomica di matrice marxista, teoria che interpreta le rivolte bacaudiche come risposta allo sfruttamento dei contadini (coloni e schiavi) da parte dei domini-patroni, interpretazione prevalente da vari decenni nella storiografia che vede nel conflitto bacaudico un fenomeno rivoluzionario. Ecco due problemi che ancora non sono stati risolti in maniera soddisfacente. In realtà, se definire la bacauda gallo-ispanica è già molto difficile, al di là di una valutazione generica, considerata l’imprecisa delimitazione spazio-temporale del conflitto, vederla nei suoi giusti termini è quasi un desideratum, dato che lo storico dubita spesso, a ragione, tra comprendere il passato con le sue proprie categorie o proiettarvi sopra le risorse analitiche a sua disposizione. In ogni caso, si può affermare che si tratta di un conflitto armato, di resistenza al potere romano o alla sua rappresentazione istituzionale: l’esercito, la Chiesa e le autorità locali. Si tratta di gruppi organizzati, di estrazione rurale e urbana, ma mentre le rivolte della fine del secolo III sono senza dubbio contadine, in quelle del secolo V il carattere di ribellione è ampio, vi partecipano gruppi urbani e si collocano nelle città, ragion per cui finiranno per aggregarvisi gran parte degli strati intermedi della popolazione, sostenuti alla fine da alcuni gruppi barbari. Ma, come ben è dimostrato in questo studio, il problema è più complesso, per vari motivi. In primo luogo, perché le fonti disponibili sulla bacauda non sono così esplicite come vorremmo, dal momento che si muovono tra vana retorica (panegirici, Salviano di Marsiglia), mera costatazione della cronaca (Idazio, Chronica Gallica) tanto che sarebbe auspicabile uno studio minuzioso della terminologia usata caso per caso. In secondo luogo, perché gli atti devono essere contestualizzati in maniera adeguata, visto che risulta ovvio che la situazione sociale e politica della fine del III secolo non può essere la stessa di quella degli inizi o di metà del V secolo, e non si può neppure lontanamente paragonare, soprattutto perché il sistema fiscale e la presenza barbara non sembra possano considerarsi elementi comuni di analisi in entrambi i contesti. Infine, terzo motivo, perché i tentativi di minimizzare l’importanza del conflitto bacaudico, sia per la sua scarsa importanza sociale, sia per il suo mero carattere locale, cozzano con la testimonianza di fonti diverse (Salviano vs Idazio, per esempio), che però coincidono, senza dubbio, nell’affermare il generale scontento nelle province galliche o ispaniche di questo periodo. A queste domande – e a molte altre – risponde l’apparato documentale e storiografico del professor Montecchio che analizza il fenomeno bacaudico a partire da nuove letture dei testi (latini o greci, riportati in extenso in nota), senza apriorismi teorici e senza fare alcuna concessione a inutili apologie, ma con il massimo rigore e una meticolosa analisi critica, poco frequente in questa problematica. Probabilmente, la domanda di S. Mazzarino (Si può parlare di rivoluzione sociale alla fine del mondo antico?) avrebbe oggi una risposta negativa, ma è anche certo che, secondo me, difficilmente potrebbe comprendersi il fenomeno bacaudico nella sua giusta dimensione storica, se non si include nell’analisi di un contesto rivoluzionario (che non necessariamente comporta una rivoluzione concreta, storica) che dev’essere adeguatamente definito, analizzato e valutato dalla storiografia.
Il libro che il lettore ha in mano già fa parte di tale storiografia, o, per meglio dire, della buona storiografia, quella che, senza segno espresso né distacco obbligato, è senza dubbio rigorosa e arricchente per tutti e, forse senza pretenderlo, presto si converte come punto di riferimento per ricerche presenti e future. È qualcosa che solo pochi storici hanno il privilegio di conseguire.

Luca Montecchio
I bacaudae. Tensioni sociali tra tardoantico e alto medioevo
Elabora, 2012
ISBN 978-88-95485-13-3
pp. 308, euro 30,00


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