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La Grande Storia dei Cavalieri Templari

Creati per difendere la Terrasanta a seguito della Prima Crociata i Cavalieri Templari destano ancora molto interesse: scopriamo insieme chi erano e come vivevano i Cavalieri del Tempio

La Grande Leggenda dei Cavalieri della Tavola Rotonda

I personaggi e i fatti più importanti del ciclo arturiano e della Tavola Rotonda

Le Leggende Medioevali

Personaggi, luoghi e fatti che hanno contribuito a conferire al Medioevo un alone di mistero che lo rende ancora più affascinante ed amato. Dal Ponte del Diavolo ai Cavalieri della Tavola Rotonda passando per Durlindana, la leggendaria spada di Orlando e i misteriosi draghi...

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mercoledì 3 aprile 2019

LO SAPEVATE CHE A PITIGLIANO CI SONO...LE STREGHE?

Nel meraviglioso borgo medievale di Pitigliano è possibile incontrare anche…le streghe! Eh già! Una storia antica racconta di come Pitigliano sia stata dimora di alcune donne molto particolari: le streghe si incontravano ogni martedì proprio intorno alla Fontana di piazza della Repubblica.

Noi si và in Maremma a ballare, dicevano le streghe”.

Le streghe di Pitigliano non aspettavano altro che mostrarsi nei loro festini del martedì e del venerdì spargendo i loro corpi con creme profumatissime cantando intorno al fuoco il proprio rituale magico “Mi ungo e mi riungo e in un’ora ora vado e torno, sotto acqua e sopra vento vado alle noce di Buonconvento..oh“. Al termine del festino, le streghe risalivano in sella ai cavalli o asini che evidentemente avevano rubato ai pastori del posto per volare verso mete ignote. Tornate a Pitigliano, manco fosse una comitiva scolastica, stanche ma ancora molto eccitate rapivano i bambini non per fare loro del male ma solamente per coccolarli fino a quando la preoccupazione della madre non si fosse manifestata.

Una volta ottenuto il loro scopo le streghe di Pitigliano riportavano i bambini alle loro madri di nascosto. All'epoca dei fatti, si dice che il popolo era terrorizzato da queste streghe, pertanto non era impossibile vedere ramoscelli di ginepro fuori le porte. Questa come tante altre storie rende Pitigliano davvero magica e misteriosa, un luogo molto particolare e unico dove passare un rilassante fine settimana!

Vuoi passare un rilassante fine settimana a Pitigliano magari alla ricerca di…qualche strega? Compila il campo a destra o chiama Stefania al numero 3921507601.

VISITA PITIGLIANO
Appartamento Uso Turistico di Stefania ed Elisa
via Luigi Pavolini 10, Pitigliano
Tel.3921507601
stefania.gvn@gmail.com

giovedì 7 febbraio 2019

SCOPERTI NUOVI FRAMMENTI SULLA LEGGENDA DI MERLINO E DEI CAVALIERI DELLA TAVOLA ROTONDA


Da alcuni frammenti di pergamena risalenti al XIII è riemersa una nuova versione della leggenda di Mago Merlino, Re Artù, del Santo Graal e della celeberrima spada Excalibur. 
La scoperta è avvenuta nella Biblioteca Centrale di Bristol dove riposava un incunabolo risalente al XV secolo stampato a Strasburgo tra il 1494 e il 1502. Nei pochi frammenti scoperti, si parla della battaglia di Trebes e del discorso di Merlino ai cavalieri di Artù prima dell'inizio della battaglia. Dopo aver informato il quotidiano "The Guardian" la direzione della Biblioteca ha contattato Leah Tether a capo di una associazione specializzata nel mondo arturiano (International Arturian Society) che ha confermato l'alto valore storico della scoperta. Secondo un primo studio della Tether i frammenti recuperati potrebbero risalire ad una versione dell' "Estoire de Merlin" proveniente dal "Ciclo del Lancelot-Graal", ovvero "Lancillotto in prosa" un famoso ciclo di racconti utilizzati da Thomas Malory che furono rielaborati ne "Le Morte d'Arthur" vera e propria fonde di ispirazione per tutti i racconti sulle mitiche imprese di Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda.

domenica 17 luglio 2016

LA LEGGENDA DELLA ROCCA DELLA REGINA GIOVANNA

Torri della Rocca

Alla storia della Rocca di Arquata del Tronto è legata una famosa leggenda: Si narra da secoli che la Rocca di Arquata fosse la residenza di Giovanna d'Angio tra il 1240 e il 1435 la quale, secondo alcuni storici, fece ricostruire la rocca che divenne un importante avamposto di difesa del Regno di Napoli.

Secondo la tradizione, la regina usava invitare nella sua stanza giovani pastori con cui si intratteneva amabilmente durante la notte. La regina aveva il diritto di decidere il destino degli uomini che, se non erano in grado di soddisfare a pieno le sue voglie irrefrenabili, venivano uccisi e letteralmente appesi ai torrioni del podere.

Si dice che il suo fantasma ancora si aggiri dentro la fortezza «dimostrando di possedere sempre quell'indomabile irrequietezza che contraddistinse la sua umana esistenza» [1]

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[1] Narciso Galiè e Gabriele Vecchioni Arquata del Tronto - il Comune dei due Parchi Nazionali, Società Editrice Ricerche s. a. s., Via Faenza 13, Folignano (AP), Stampa D'Auria Industrie Grafiche s.p.a., Sant'Egidio alla Vibrata (TE), Edizione marzo 2006, pp. 40, 52-55, 80-81, 83-84, ISBN 88-86610-30-0

Immagine Tratta da Wikipedia, Autore: InfinitiSpazi (CC BY SA 3.0)

martedì 21 giugno 2016

LA LEGGENDA DELLE STREGHE DI BENEVENTO


La storia delle famose Streghe di Benevento si è diffusa dal XIII secolo proprio dalla celebre città campana che, secondo le varie leggende, è il luogo prediletto dalle streghe italiane. La leggenda delle streghe di Benevento risale addirittura all'epoca romana, quando si diffuse in città il culto della dea egiziana della magia Iside particolarmente cara a Domiziano il quale le fece edificare un tempio in suo onore. Il culto di Iside aveva messo le basi per una forte presenza del paganesimo che fu la religione di stato per secoli tanto che le caratteristiche di alcune streghe sono riscontrabili anche nelle divinità pagane. 

Pietro Piperno, nel suo libro "Della superstiziosa noce di Benevento" risalente al 1639 fece risalire la nascita della leggenda addirittura al VII secolo quando Benevento, capitale di un ducato del regno longobardo, era stata invasa da pagani (anche se convertiti per comodità al cattolicesimo) che adoravano una vipera d'oro simbolo che entrava in correlazione col culto di Iside che, ricordiamo, era in grado di calmare e di dominare i serpenti.

I riti attorno al noce

I longobardi iniziarono una serie di rituali singolari che avvenivano nei pressi del fiume Sabato, fiume a loro sacro: si appendeva la pelle di un caprone ad un albero, si correva vorticosamente con il cavallo attorno allo stesso, si lanciavano lance per strappare porzioni di pelle che poi venivano mangiate. La popolazione cristiana di Benevento collegò questi rituali alle già diffusissime credenze riguardanti le streghe tanto che le urla venivano intesi come emanazione di riti orgiastici e il caprone era l'impersonificazione del diavolo. 

Secondo una leggenda, ritenuta incompatibile con i dati storici, il sacerdote Barbato accusò i longobardi di idolatria e Romualdo, duca di Benevento posta sotto assedio da Costante II, promise di cancellare i culti pagani se la città fosse riuscita a resistere a quel pesante attacco. Costante si ritirò e Barbato divenne vescovo di Benevento il quale decise di abbattere immediatamente l'albero per far costruire al suo posto la chiesa di Santa Maria in Voto. 

I primi anni del Cristianesimo videro una durissima lotta contro i culti pagani che si stavano diffondendo a macchia d'olio dalle periferie alla città: basti pensare che le streghe furono viste come antitesi alla Madonna, dedite a riti di natura orgiasti e amiche del diavolo. 

Fu dopo l'anno 1000 che la leggende sulle streghe iniziò a prendere piede in Europa; durante uno dei tanti processi Matteuccia da Todi, processata nel 1248, affermò che le cerimonie si svolgevano sotto un albero di noce, lo stesso albero che Barbato fece abbattere e che il diavolo mise nuovamente al suo posto. Nel XVI la macabra scoperta di alcune ossa, probabilmente umana, ancora fresche alimentarono ancora di più le credenze popolari. 

Secondo l'iconografia classica le streghe usavano ungersi petto e ascelle con un unguento particolare prima di prendere il volo a bordo di una scopa di saggina oppure in groppa a un "castrato negro". I sabba, o giochi di Diana, erano momenti in cui ci si univa carnalmente con spiriti e demoni che avevano forma di gatto o di caproni; dopo queste "feste" le streghe erano pronte a seminare il terrore, terrore che era causa di sofferenza, di aborti o di nascite di bambini con gravi deformità. 

Le streghe poi assunsero anche una forma incorporea più simile a spiriti tanto che usavano entrare in casa da sotto la porta, proprio per questo si soleva mettere una scopa o del sale sull'uscio della porta. La scopa, simbolo fallico, contrastava la sterilità causata dalla presenza della strega, il sale era ritenuto, a torto in quanto etimologicamente non corretto, portatore di salute. 

Le persecuzioni delle Streghe 

Le persecuzioni contro le streghe furono portate avanti per la prima volta da Bernardino da Siena che gettò i suoi anatemi contro le streghe di Benevento proprio negli anni in cui fu pubblicato il Malleus Maleficarum, edito nel 1486, una vera e propria guida su come riconoscere e interrogare una strega e su quale tortura era più idonea per estorcere una confessione. Furono migliaia le confessioni estorte in ogni modo tra il XV e il XVII secolo fino a quando durante l'Illuminismo, ritenendo non valida la confessione estorta con la tortura, Ludovico Muratori arrivò ad affermare che le streghe erano solamente donne malate e l'unguento usato altro non era che un composto creato con sostanze allucinogene. 

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venerdì 8 gennaio 2016

CONFERENZA - IL DRAGO: UN ANTICO MISTERO TRA STORIA MITO E LETTERATURA


Nel 2016 il progetto di Accademia Medioevo Castelli Medievali, il Medioevo ai Castelli Romani, giunto al suo terzo anno di programmazione, sceglie di approfondire le tematiche legate al periodo Medievale, attraverso gli occhi e la penna di uno degli studiosi più intriganti ed emblematici dello scorso secolo: J.R.R.Tolkien, scrittore, filologo, medievista e docente presso l'Università di Oxford.

Un programma denso di appuntamenti che dà avvio alla collaborazione tra Accademia Medioevo e l'A.I.S.T. (Associazione Italiana Studi Tolkieniani) che, per questo anno accademico, ha scelto di far convergere in questo progetto il proprio corso sulla conoscenza ed approfondimento letterario e di ricerca sulle opere di Tolkien.

Questo progetto vedrà inoltre la partecipazione speciale dell' associazione culturale Eldalie di Bologna, in particolare per ciò che concerne lo studio della sezione linguistica (Le lingue della Terra di Mezzo).

Accademia Medioevo mette in rete, anche per questo progetto, numerose realtà istituzionali dei Castelli Romani: Comuni, musei, biblioteche, circoli e luoghi della Cultura.
Il programma prevede, a partire dal 30 gennaio 2016, un ciclo di conferenze, corsi di Arti Antiche e  un'intera giornata dedicata a "Tolkien e il Medioevo" domenica 8 maggio 2016.

Programma in fase di sviluppo:

Sabato 30 Gennaio ore 17,00 – 19.30 
Conferenza "Il Drago: un antico mistero tra storia, mito e letteratura". A seguire una visita al Santuario di Iuno Sospes e all'Antro del "Draco". Sala delle Colonne del Palazzo Sforza a Lanuvio, con il Patrocinio del Comune di Lanuvio, Museo Civico di Lanuvio
Intervengono:
-         dott. Luca Attenni -  Direttore del Museo Civico di Lanuvio
 Il Draco di Lanuvio: il mito ai Castelli Romani

-         Dott.ssa Rosaria Cozzolino – Accademia Medioevo
Il Drago nell'Immaginario Medievale

-         Roberto Arduini – A.I.S.T.
Il Drago in Tolkien e nelle opere di Letteratura Fantastica

Moderatore: Alessandro de Santis – delegato alla Cultura del Comune di Lanuvio

Sabato 13 febbraio ore 17,00 – 19,00

Conferenza L'Eroe e la Scelta: Dal Medioevo al Signore degli Anelli

Martedi 8 marzo ore 18:00 – 19.30

Conferenza Tutte le Donne nelle opere di J.T.T. Tolkien

lunedì 30 novembre 2015

ANTONELLA E RAIMONDO, INNAMORATI ALLA CORTE DI MARGHERITA DI DURAZZO

Salerno Today

Il Medioevo è stata una vera e propria fucine di leggende e questa che vi stiamo per raccontare è una delle più particolari: ci troviamo a Salerno e narriamo di Antonella e della fondata di via San Benedetto. Antonella era una delle damigelle della regina Margherita di Durazzo la quale, scappata a Salerno dopo la morte di Carlo III, ricostruì una buona parte del Castel Terracena trasformandola nella sua casa. Un giorno Ladislaso, suo figlio tornato dalla guerra, andò a trovare la madre unitamente a molti altri guerrieri tra cui Raimondo il cui sguardo incontrò quello di Antonella.

Ritenuta non degna di posare gli occhi su di un guerriero, Antonella fu rinchiusa nel monastero di San Michele: ma neanche questo consentì ai due di non sposarsi, difatti dopo due anni il re decise di premiare il valore mostrato da Raimondo consentendogli di sposare finalmente Antonella.

L'inganno di Vanna

Ma durante la peste nell'anno 1412 Margherita si ammalò gravemente: Ladislao, Raimondo e Antonella corsero al suo capezzale ma la regina, appena vide Antonella, la accusò di essere la sua gemella cattiva Vanna che aveva sostituito la pudica sorella per sposarsi il giovane Raimondo. Aveva ragione, Antonella era moribonda nella stanza accanto, Raimondo fece in tempo a rivedere la sua donna poco tempo prima che esalasse l'ultimo respiro. Disperato, Raimondo si spogliò di tutti i suoi beni e iniziò a vagabondare per le campagne, monti e valli cercando disperatamente la sua Antonella

Accanto al castello c'è una fontanella testimone del primo incontro tra Raimondo e Antonella: secondo la leggenda se una ragazza, durante il mese di agosto, dopo essersi bagnata le labbra e dopo aver sussurrato la frase 
"Anima della fontanella di Margherita, La regina bella, caccia le lacrime di Antonella, tradita dall'infame gemella" 
se vede il flusso d'acqua fermarsi per poi riuscire solamente goccia dopo goccia potrà raccoglierne un po' e conservarle gelosamente per fare in modo che il suo sogno d'amore possa diventare realtà.

mercoledì 4 novembre 2015

LA STORIA DEGLI AMANTI DI TERUEL


La leggenda degli Amanti de Teruel narra della meravigliosa e travagliata storia d'amore di Isabel de Segura e Juan Martinez de Marcilla che risale a una antichissima tradizione. Nel XIII secolo Juan e Marcilla vivevano a Turel e da un'amicizia nacque un intenso amore osteggiato dalla di lei famiglia in quanto sprovvisto di una dote adeguata. Gli fu concesso del tempo, Juan partì per la guerra e tornò poco dopo il tempo pattuito; Isabel, nel frattempo, si era sposata con un fratello del signore di Albarracin ma, nonostante questo, Juan chiese ed ottenne la possibilità di incontrare Isabel la quale negò al giovane la possibilità di darle un bacio. Il dolore per Juan fu fortissimo tanto che morì. Il giorno dopo, durante i funerali, una donna vestita di nero si avvicinò al feretro di Juan, baciò il defunto sulle labbra e morì improvvisamente accanto a lui...era Isabel.

La storia

Nell'anno 1555 le mummie furono scoperte nella cappella dei Santi Cosma e Damiano con accanto la testimonianza di un notaio in cui si raccontava la storia dei giovani. Le statue dentro cui riposano i due amanti furono scolpite da Juan de Avalos concepite in modo da sottolineare l'immortalità di un amore impossibile. I resti dei giovani si trovano nel Mausoleo de los Amantes di Turel.

lunedì 14 settembre 2015

MISTERIOSO FURTO ALLA KIRKCALDY GALLERY DI EDIMBURGO

Roslyn Chapel, Dalkeith.jpgPochi giorni fa è stato rubato uno splendido arazzo nella Kirkcaldy Gallery. Secondo chi ha organizzato la mostra, il ladro sarebbe un uomo particolarmente ossessionato dalla leggenda dei Saint Clair e del Santo Graal. L'arazzo sarebbe scomparso giovedì scorso all'apertura della mostra; l'arazzo trafugato è una parte di un grande arazzo formato da 160 pannelli che raccontano la storia gloriosa della Scozia dalla Battaglia di Bannockburn del 1314 all'ultima convocazione del parlamento dell'anno 1999. Il pannello è una suggestiva e particolarissima opera di Andrew Crummy secondo l'idea di Alexander McCall Smith famoso scrittore di gialli e cittadino di Edimburgo. Il Fife Cultural Trust, subito dopo essersi accorto del furto, ha lanciato un accorato appello su Facebook chiedendo aiuto alla rete e successivamente ha consegnato alla magistratura i video a circuito chiuso del museo. L'arazzo di Crummy è molto particolare: esso narra la storia della Cappella di Rosslyn che, a detta di molti studiosi ed appassionati, sarebbe la sede dove riposa da secoli il Santo Graal. Abbiamo parlato della Battaglia di Bannockburn, legata ai cavalieri Templari: l'esercito scozzese sconfigge Edoardo II e conquista la tanto agognata Indipendenza. Ad aiutare gli scozzesi ci furono, sembra, i Cavalieri Templari che erano da poco sfuggiti dalla persecuzione di FIlippo il Bello culminato con il rogo di Jacques de Molay nel marzo del 1314. Fuggiti dalla furia reale, alcuni templari si sarebbero imbarcati da La Rochelle salpando verso la Scozia con un tesoro. La Battaglia fu vinta anche grazie alla perfetta preparazione dei Templari che furono aiutati dai Sinclair a fuggire in America (almeno così dice la leggenda, ma sta di fatto che gli indigeni non furono molto sorpresi nel vedere la croce rossa su fondo bianco che si ergeva sulle caravelle di Colombo) per poi donare loro una cappella in una piccola ma suggestiva chiesa di Edimburgo, Rosslyn. Ritorniamo a quello che è accaduto giovedì scorso...
Gli organizzatori sono convinti che l'autore dell'opera ha voluto approfittare della storia e della leggenda sul Graal per disegnare una sorta di "mappa del Tesoro" che condurrebbe direttamente alla misteriosa reliquia. Chissà se il misterioso "Lupin" abbia in mano la possibilità di scoprire il "Segreto dei Segreti"?

martedì 8 settembre 2015

IL LEGGENDARIO "BRACCIO BARESE"


Chissà se, passeggiando per Bari, avete notato una semplice curiosità...Ci troviamo davanti la Basilica di San Nicola e guardando il bellissimo portone centrale sulla destra vi è un toro...ebbene ancora qualche metro nella medesima direzione troviamo una linea dritta di circa 58 centimetri, stiamo parlando del "braccio lineare barese". Essa rappresenterebbe un'unità di misura utilizzata durante il Medioevo per il commercio di tessuti. La linea era calcolata sulla distanza tra l'estremità del dito medio e il gomito, e il valore cambiava da città in città. A questo punto è normale chiedersi il perchè una facciata di una basilica abbia una linea di 58 centimetri. La storia ci porta indietro al 528 d.C. quando il Codex di Giustiniano obbligava a conservare nella chiesa più importante della città le varie misure, così Bari scelse proprio il suo logo più sacro. E' molto probabile, quindi, che la linea era ad uso dei venditori e dei compratori che proprio nei pressi della basilica si incontravano durante due grandi fiere (le ferie nicolaiane) che avvenivano a maggio (per festeggiare la traslazione di San Nicola) e dicembre (in occasione della morte del santo).
Una scusa per visitare Bari e la sua parte vecchia, tra storie e leggende di Santi e commercianti.

venerdì 4 settembre 2015

IN HOC SIGNO VINCES - INDAGINE STORIA SULLA CONVERSIONE DI COSTANTINO

Raffigurazione di san Costantino nella basilica di Santa Sofia a Istanbul. L'imperatore, che la Chiesa ortodossa ha definito «Simile agli Apostoli», proclamandolo santo, è raffigurato nell'atto di dedicare la basilica.

Il mutato atteggiamento di Costantino verso la religione e la Chiesa cristiane ha avuto una rilevanza tale che ancora oggi ne subiamo le conseguenze. Non a torto parte della dottrina parla di una “svolta costantiniana”. Forse è proprio per la portata storica della politica religiosa di Costantino che ci si è interrogati tanto a lungo sul suo fondamento, sulle sue cause più remote. Quando si convertì? Fu sinceramente cristiano? Oppure era mosso da ragioni pratiche? Il risultato di questo plurisecolare sforzo storiografico è stato il sovrapporsi di continue teorie e analisi elaborate sulla base di fonti per la verità non particolarmente attendibili. Occorre premettere, pertanto, che la questione, nonostante i fiumi d'inchiostro versati, è ancora aperta.
IL BATTESIMO DI UN IMPERATORE 

Battesimo di CostantinoQuando Costantino il Grande comprese che la morte era vicina, espresse il desiderio di essere battezzato per purificare la propria anima dai peccati commessi. “Questo è il momento che da tanto tempo aspettavo, assetato e desideroso di ottenere la salvezza in Dio” disse rivolgendosi ai vescovi che erano con lui in quei momenti di profonda angoscia. Costantino spirò a Nicomedia il 22 maggio del 337 d.C., dopo essere divenuto a tutti gli effetti un membro della Chiesa cristiana. Eusebio di Cesarea, amico personale e biografo dell'imperatore, mosso da pietosa compassione, scrisse che “questo sovrano benedetto fu il solo tra i mortali a regnare anche dopo la morte”. L'episodio del battesimo ha indotto alcuni storici a ritenere poco sincera la fede cristiana di Costantino: d'altra parte aspettò l'ora della fine per convertirsi. Ma nulla vi è di più infondato: nel IV secolo d.C. infatti la gran parte dei cristiani sceglieva di farsi battezzare solo in punto di morte. Ciò consentiva di condurre una vita terrena lontana dalla morale evangelica, purificandola dal peccato giusto prima di passare all'altro mondo. È perciò evidente che il battesimo ricevuto da Costantino, per quanto agli occhi di noi moderni possa apparire singolare, vada considerato come il punto d'arrivo, e non d'inizio, del suo percorso di fede. Ma quando e perché avvenne la conversione?

IL CONFRONTO CON LE FONTI

La tradizione cristiana antica tramanda che la conversione si sia verificata nel 312 d.C., a causa di un diretto intervento divino, durante la campagna militare contro il rivale Massenzio che ebbe il suo epilogo nella battaglia di Ponte Milvio. I due autori principali, entrambi cristiani, che ci parlano del prodigioso evento sono Lattanzio (240-320 d.C.), nel “De mortibus persecutorum”, e il già citato biografo di Costantino, Eusebio, vescovo di Cesarea (263-339 d.C.), nella “Vita di Costantino”.
Altri studiosi, diffidenti verso le fonti antiche, hanno proposto come data della conversione il 324 d.C., anno in cui Costantino vinse in una serie di battaglie decisive l'ultimo contendente rimasto, Licinio, il quale perseguitava le comunità cristiane all'interno dei suoi vasti territori. Il trionfo non parve essere soltanto il prevalere di un pretendente al trono imperiale su un altro, ma fu interpretato come la definitiva affermazione del Cristianesimo sul paganesimo sconfitto. Il concilio di Nicea, convocato l'anno successivo da Costantino stesso, sarebbe, secondo i fautori di tale tesi, nient'altro che la conferma dell'avvenuta conversione dell'imperatore vittorioso. È in effetti difficile negare che dopo il 324 d.C. Costantino fosse ormai cristiano, ma ciò non esclude che lo fosse già da tempo.
Alcuni sono addirittura arrivati a collocare la conversione ben prima del 312 d.C.: Costantino si sarebbe convertito al Cristianesimo in gioventù, avendolo conosciuto nella casa paterna. Costretto da ragioni politiche, avrebbe poi tenuto nascosta la propria fede, per poi renderla manifesta a partire dal 312 d.C. Una tesi tanto suggestiva quanto priva di reali appigli nelle fonti. Giusto per completezza dell'esposizione, vale la pena menzionare, seppur di sfuggita, due racconti sulla conversione di Costantino che, per quanto storicamente inattendibili, testimoniano la vivacità del dibattito sulla questione. Il primo è quello di Zosimo, storico vissuto nell'Impero Romano d'Oriente tra V e VI secolo d.C. Nella sua “Storia Nuova” racconta che Costantino avrebbe aderito alla religione cristiana solo dopo aver fatto uccidere il figlio Crispo e la moglie Fausta (326 d.C.): di fronte alla rigida ed esemplare posizione dei sacerdoti pagani, per nulla disposti a concedere la purificazione all'imperatore per una nefandezza di quella portata, Costantino si sarebbe rivolto al Cristianesimo, unica religione che “annullava qualsiasi colpa e conteneva in sé anche questa promessa, di liberare subito da ogni peccato gli empi che la praticavano”. La narrazione di Zosimo può essere messa da parte non solo perché è in contrasto con tutta la tradizione pagana e cristiana sulla conversione di Costantino senza avere conferme in altri autori, ma anche perché proviene da un autore pagano fino al midollo che tentò di spiegare la caduta dell'Impero Romano con la diffusione del Cristianesimo. La seconda “leggenda” è la versione papale diffusa a partire dall'VIII secolo d.C., in base alla quale Costantino avrebbe optato per la fede cristiana dopo essere stato curato dalla lebbra da papa Silvestro. Si tratta di uno dei molti racconti diffusi nel Medioevo per esaltare la figura del primo imperatore cristiano, il che lo rende poco utile ai fini della presente ricerca.
Le possibilità sono molte, le fonti poche. Tutto quel che si può pretendere è un cauto avvicinamento alla ricostruzione più probabile, “sine ira et studio”.

UN LAVORO DI CRITICA STORICA

Escluse quelle teorie che, a causa della loro inconsistenza, non meritano di essere approfondite, resta da analizzare il periodo tra il 312 d.C. e il 324 d.C., anni in cui, come hanno già intuito Simon e Benoit, deve esserci stata l'evoluzione religiosa dell'imperatore che lo portò al Cristianesimo.
Datare la conversione al 324 d.C. significa anzitutto sminuire la portata dei resoconti a sfondo religioso di Lattanzio e di Eusebio, entrambi autori che, al di là di ogni possibile obiezione, avevano conosciuto personalmente Costantino. I sostenitori di questa tesi, tra cui, in primis, Grégoire, ritengono che l'imperatore, pur avendo intuito già dal 312 d.C. l'utilità della religione cristiana per accattivarsi il favore degli abitanti di Roma, si fosse convertito pienamente durante la durissima lotta per la supremazia contro il rivale Licinio. I motivi che spinsero Costantino, secondo tale ipotesi, furono di tipo essenzialmente politico: a guidarlo fu l'utile, non l'anima. Non bisogna dimenticare, ad ogni modo, che alcuni hanno ritratto Costantino come un uomo religioso, inquieto, che, oltre alla ragion di Stato, badava anche alla proprio interiorità: in principio si considerò il discendente di Ercole; dopo si volse a una teologia solare che vede in Apollo il suo centro; da lì approdò a un sincretismo che tentava la conciliazione tra Paganesimo e Cristianesimo in chiave monoteistica. Il 324 d.C., in tale ottica, fu il punto d'arrivo di un incessante cammino di fede. La debolezza di queste teorie risiede principalmente nella mancanza di una prova valida che dimostri che la conversione non possa essersi verificata prima della vittoria su Licinio.
Comunque la si voglia vedere, il 312 d.C. rimane un anno denso di avvenimenti e di vicende che meritano una spiegazione. Davvero Costantino si convertì già durante la campagna in Italia contro Massenzio? Oppure fu l'inizio di un progressivo avvicinamento alla fede cristiana? Fu realmente un anno decisivo per la religiosità dell'imperatore o dovremmo sminuirne la portata storica? E cosa dire riguardo alle visioni prodigiose? Procediamo per gradi. Nell'ottobre del 312 d.C. Costantino si preparava ad affrontare l'atto finale della sua fulminante campagna in Italia contro il rivale Massenzio, che saldamente manteneva il potere a Roma. Aveva già conseguito due brillanti vittorie, una a Torino, a seguito della quale aveva ricevuto l'omaggio delle città della pianura padana, l'altra assediando Verona. Costantino si presentava come il liberatore d'Italia, il baluardo della rettitudine contro la scelleratezza del tiranno. Nell'asprezza della guerra civile, il Dio dei Cristiani, stando agli storici antichi, si manifestò a Costantino in tutta la sua potenza.
Sull'episodio uno dei racconti più vicini cronologicamente è quello di Lattanzio, che scrive il “De mortibus persecutorum” tra il 313 d.C. e il 320 d.C. La sua narrazione merita un'attenzione particolare se si considera che fu il precettore di Crispo, il figlio di Costantino, e che, di conseguenza, fu in stretti rapporti con l'imperatore. Lattanzio racconta di un sogno miracoloso in cui sarebbe stato ordinato a Costantino di far dipingere sugli scudi dei suoi soldati un segno divino per affrontare al meglio la battaglia finale contro Massenzio. Tuttavia Eusebio, nella “Vita di Costantino”, dà una versione dei fatti parzialmente diversa. Scriveva tra il 337 e il 338 d.C., ma era anche lui amico personale dell'imperatore, al punto da esporre in più occasioni fatti che aveva sentito dallo stesso Costantino. Sull'apparizione divina prima della battaglia di Ponte Milvio il suo resoconto è sospettosamente vasto e ricco di particolari, soprattutto se rapportato alle laconiche parole di Lattanzio: si parla di una visione in pieno giorno alla presenza di tutto l'esercito, di un segno nel cielo, di una luce abbagliante e del sogno in cui a Costantino è ordinato di far rappresentare quell'immagine divina sugli scudi dei soldati. L'elemento comune che colpisce il lettore è anzitutto quello del “segno celeste”. Di che figura può trattarsi? Per quanto riguarda la “Vita di Costantino” non ci sono dubbi: è il labarum, l'emblema militare che riporta le iniziali di Cristo e che da Costantino in poi sarebbe diventato uno dei simboli principali del nuovo impero cristiano. Ben altra cosa è individuare il segno di cui parla Lattanzio: “Un X attraversato da una linea perpendicolare con la sommità piegata”. Alcuni storici hanno interpretato la descrizione come un riferimento al labarum stesso, ma la dottrina storiografica prevalente, considerate le molteplici spiegazioni che si possono dare alle enigmatiche parole di Lattanzio, è scettica riguardo a tale tesi ardita. Dunque l'autore del “De mortibus persecutorum” con ogni probabilità non si riferiva al labarum. A ciò può collegarsi un dato letterario: lo stesso Eusebio in una sua opera precedente alla “Vita di Costantino”, la “Storia Ecclesiastica”, conclusa tra il 320 e il 325 d.C., non fa alcuna menzione dell'episodio miracoloso di cui Costantino fu protagonista, né tanto meno di un emblema divino. Altrettanto significativo è il fatto che la prima moneta bronzea in cui è attestato con certezza il labarum risale al 327 d.C., ben dopo i fatti di cui parliamo. Ecco che, di conseguenza, unendo tutti questi indizi, lo spettacolare racconto di Eusebio nella “Vita di Costantino” colloca con ogni probabilità l'adozione del famoso simbolo ben prima della sua reale comparsa tra le legioni, come congetturato da Marcone. È più probabile che possa essere stato utilizzato per la prima volta durante la campagna militare contro Licinio, nel 324 d.C.
L'anticipazione di eventi come l'adozione del labarum aveva il preciso scopo di attribuire all'imperatore una tutela dall'alto fin dal principio. Lo storico di oggi, conseguentemente, ha tutto il diritto di mettere in dubbio il resoconto delle fonti antiche, onde non cadere vittima della propaganda costantiniana. In effetti non possiamo ritenere credibile l'ipotesi di una conversione avvenuta in maniera tanto repentina e netta. E tuttavia il comportamento di Costantino dopo la battaglia di Ponte Milvio sembra confermare che qualcosa fosse cambiato. Le lettere, gli editti e le leggi dell'imperatore in tema religioso sembrano il frutto di un nuovo orientamento, dimostrando la chiara volontà di favorire la Chiesa e di introdurla ufficialmente nella vita pubblica. In tale ottica possono leggersi l'editto di Milano (313 d.C.), con cui era garantita la tolleranza ai cristiani; il riconoscimento del diritto della Chiesa di manomettere gli schiavi (316 d.C.) e del diritto di giurisdizione dei vescovi (318 d.C.); le innumerevoli donazioni. Alla luce di ciò, è evidente che il 312 d.C. rappresenti il principio della svolta religiosa dell'Impero Romano, ma sarebbe azzardato collocare senza riserve a questa data la conversione di Costantino. La prudenza consente al massimo di ipotizzare che dalla campagna d'Italia contro Massenzio Costantino abbia iniziato a manifestare un chiaro interesse per il Cristianesimo e per la Chiesa. Baynes lo spiega ancora meglio: “E' certo che dopo la vittoria agisce esattamente come ci si dovrebbe attendere se il racconto di Lattanzio fosse vero”. Resta tuttavia impossibile stabilire se dal 312 d.C. Costantino fosse già pienamente cristiano oppure se lo sia divenuto definitivamente a partire dal 324 d.C.
Di questa “rivoluzione” rimane da chiarire quali ne furono le cause. Si trattò di una cinica scelta politica oppure di un rinnovamento interiore e di una fede sincera?

LE RAGIONI DELLA SVOLTA

Spesso si è parlato di una scelta di comodo: a detta di Burckhardt, di fronte al dilagare del Cristianesimo Costantino si sarebbe cinicamente adagiato sull'inevitabile fato di Roma. I fautori di simili teorie lo immaginano come il maestro della realpolitik, come il principe machiavelliano in grado di adattarsi ai colpi bassi della fortuna. In realtà il calcolo politico sembra da escludere: la comunità cristiana di inizio IV secolo a.C. era ancora esigua nel numero e rappresentava una ristretta minoranza religiosa.
Oggi si tende a vedere maggiore sincerità nella fede cristiana di Costantino, pur senza aderire alle già accennate teorie che lo ritraggono come un convinto servitore della Chiesa in attesa del momento giusto per mettere a nudo le proprie convinzioni spirituali. Dobbiamo partire dal presupposto che Costantino era un uomo bramoso di gloria e di potere, ambizioso fino all'eccesso e capace di ogni cosa pur di conseguire i suoi scopi. Sognava una nuova Roma, pacificata dai conflitti e assoggettata al dominio di uno solo. Una protezione ultraterrena era esattamente quello di cui aveva bisogno per la sua missione: il politeismo, nonostante gli sforzi di Diocleziano e di molti altri, era superato; il monoteismo cristiano, al contrario, sembrava in grado di soddisfare le sue esigenze di legittimazione e di accentramento. Un solo Dio, un solo imperatore. È proprio sulla base di tali argomentazioni che potrebbero esserci margini per rivalutare, seppur con estrema cautela, la sincerità della conversione di Costantino: in fin dei conti aveva trovato un culto che, almeno all'epoca, si adattava perfettamente alla sua mentalità e alle sue concezioni politiche. Come conciliare però quanto appena detto con l'ambiguità di Costantino in fatto di religione? Risulta infatti dalle fonti che, durante il suo regno, né depose l'antica carica di pontifex maximus, né smise di esaltare i valori del mito e della gloria di Roma. Bisogna tuttavia tener presente che parliamo di un imperatore, una figura universale in cui tutti dovevano riconoscersi. Costantino era un politico troppo raffinato per non sapere che, nell'immediato, aveva ancora bisogno del consenso dei pagani e che dimostrare il suo favore esclusivamente alla minoranza cristiana poteva alienargli appoggi fondamentali. La sua equivocità era dettata plausibilmente dalla ragion di Stato. Su un punto possiamo essere certi: dopo Costantino l'Impero Romano non fu più lo stesso. È esagerato, certo, vedere nella conversione di un uomo il principio della fine dell'esperienza romana. Cionondimeno, al di fuori di alcune sporadiche eccezioni, il cammino intrapreso da Costantino fu seguito dalla quasi totalità degli imperatori venuti dopo di lui: dai suoi figli a Teodosio, da Valentiniano III fino agli ultimi deboli pretendenti al trono imperiale prima della caduta. La cultura medievale enfatizzò all'eccesso la figura del primo imperatore vicino alla comunità cristiana: si pensi a Gerberto d'Aurillac, papa dal 999 al 1003, che scelse di essere chiamato Silvestro II in memoria di quel Silvestro che fu amico di Costantino e che con quest'ultimo realizzò il sogno dell'Impero Cristiano. Gli esempi potrebbero andare avanti a lungo, inducendoci a trarre una conclusione paradossale: la conversione di Costantino, in parte oscura nel suo svolgimento e nei suoi particolari, ha illuminato il tortuoso cammino dell'Europa medievale e moderna. Osservando l'immagine sbiadita dell'evento non vediamo solo un'epoca tramontata e dimenticata. Vediamo anche noi stessi.

Articolo di Giulio Talini. Tutti i diritti riservati.

BIBLIOGRAFIA

Marcel Simon e André Benoit, “Giudaismo e Cristianesimo. Una storia antica”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2005
Robin Lane Fox, “Pagani e cristiani”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2006
Arnaldo Marcone, “Costantino il Grande”, Editori Laterza, Roma-Bari, 2013
John B. Bury, “Cambridge Medieval History. Volumes 1-5”, Plantagenet Publishing, 2011
Zosimo, “Storia Nuova” a cura di Fabrizio Conca, BUR, Milano, 2007
Eusebio di Cesarea, “Vita di Costantino” a cura di Laura Franco, BUR, Milano, 2009
Eusebio di Cesare, “Storia Ecclesiastica” a cura di S. Borzi e F. Migliori, Città Nuova, Roma, 2001
Lattanzio, “Come Muoiono i Persecutori” a cura di M. Spinelli, Città Nuova, Roma, 2005
Andrea Frediani, “Le Grandi Battaglie di Roma Antica”, Newton Compton Editori, Roma, 2009
Alberto Barzanò, “Il Cristianesimo nell'Impero Romano da Tiberio a Costantino”, Lindau, Torino, 2013

venerdì 24 luglio 2015

CONFERENZA SUL GRAAL - 12 AGOSTO 2015 LIBRERIA L'UNICORNO DI TUSCANIA - ORE 21.30


Il Santo Graal...una coppa? Il ventre di Maria Maddalena? Un piatto? A questa domanda che attanaglia studiosi e semplici appassionati dalla notte dei tempi tenterà di rispondere Vincenzo Valentini presso la Libreria L'Unicorno di Tuscania mercoledì 12 agosto alle ore 21.30. Nell'incontro, Valentini editore di Penne e Papiri, illustrerà le fonti storiche del Santo Graal arrivando anche a quelle letterarie del Medioevo di Chretien de Troyes, Robert de Boron e Wolfram von Esenbach. Dopo l'approfondimento sulle fonti, verranno anche fatti collegamenti con il ciclo arturiano, i miti celtici e la simbologia cristiana.
Un appuntamento da non perdere in piena Tuscia che tenterà di far luce su uno dei più intriganti misteri della storia.

Clicca qui per la pagina facebook dell'evento

Libreria "L'Unicorno"
piazza Matteotti 9 (Centro Storico)

martedì 26 maggio 2015

LUOGHIMISTERIOSI.IT PROPONE UN'INTERVISTA DOPPIA SULLA SACRA SINDONE

Intervista doppia sulla Sindone: a confronto i due massimi esperti sul telo che avrebbe coperto il corpo di Gesù. Luigi Garlaschelli (Docente di Chimica all'Università di Pavia) contro Giulio Fanti (Docente di Meccaniche e Termiche Università di Padova).
Un ringraziamento speciale a Isabella della Vecchia del sito Luoghimisteriosi.it che ci ha permesso di poter condividere questo interessante documentario-intervista.
www.luoghimisteriosi.it


lunedì 25 maggio 2015

DOCUMENTARIO: "ALLA RICERCA DI RE ARTU'"

Un interessante documento su Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda, argomento ampiamente sviluppato su Sguardo Sul Medioevo dove troverete le biografie, i luoghi leggendari e tutto che quello che ruota su una delle più grandi storie di tutti i tempi!

giovedì 16 aprile 2015

LA MANDRAGORA


La Mandragora o Mandragola, appartiene alla famiglia delle Solanaceae e hanno le radici che ricordano la figura di un essere umana: questo, unitamente alle proprietà anestetiche, ne hanno fatto della pianta particolarmente importante per riti magici  affibbiandole poteri sovrannaturali, di cura contro l'infertilità ed innati doti afrodisiache. Il nome deriva dal persiano e fu Ippocrate il primo a donarle il nome Mandragora. Fu la sua raffigurazione in importantissimi testi alchemici che conferirono alla Mandragora la classica forma antropomorfa: la leggenda, ricordata nell'opera omonima di Nicolò Machiavelli, racconta come la pianta fosse il mezzo più efficace per uccidere un uomo a causa del suo pianto. L'unico modo sicuro per coglierla era legare la radice al guinzaglio di un cane in modo che lo stesso la sradicasse senza danneggiarla consentendo al padrone di coglierla in totale sicurezza. Il "principio attivo" della Mandragora è la mandragorina, un alcaloide estratto dalla radice e dai semi della piante stessa che ha importanti funzioni antispasmodiche.

domenica 22 febbraio 2015

IL PRIORATO DI KIRKLESS: LUOGO DI SEPOLTURA DI ROBIN HOOD?


Il Priorato di Kirkless è un monastero cistercense che si trova a Clifton nel West Yorkshire. Il convento è dedicato alla Vergine e fu fondato da Reiner The Fleming nel 1155 durante il regno di Enrico II. Tra il 1306 e il 1315 le suore del convento furono investite da scandali tanto che intervenì anche l'arcivescovo di York William Greenfield descrisse alla priora di alcuni "incontri particolari" tra Alice Raggid, Elizabeth Hopton e Hoan Heton. Nonostate la Dissolution of the Lesser Monasteries Act del 1535, il monastero non venne chiuso ma rimase attivo come luogo di culto e ricettivo. Il  convento è legato alla leggenda di Robin Hood: sembra che nel bosco nei pressi del fiume Calder ci possa essere la sua tomba su cui è scritto:

Robert Earl of Huntingdon
Lies under this little stone.
No archer was like him so good;
His wildness named him ROBIN HOOD.
For thirteen years, and something more,
These northern parts he vexed sore.
Such outlaws as he and his men
May England never know again.

 Robert Duca di Huntingdon 
Giace sotto questa piccola pietra
Nessun arciere fu pari a lui
Per la sua natura fu detto ROBIN HOOD.
Per tredici anni e più
Queste terre del nord egli rese aride.
Fuorillege come lui ed I suoi uomini
Possa l’Inghilterra non vederne più.

domenica 1 febbraio 2015

L'ISOLA DI LOUGH DERG E LA LEGGENDA DI SAN PATRIZIO

InisCealtraMonastery.JPGIn Irlanda vi sono moltissimi pozzi che riportano il nome di San Patrizio; il pozzo, di per sé, è simbolo di ricchezza e fonte di vita e proprio in epoca cristiana era solito assegnare nomi di santi a questo tipo di costruzione. Ci siamo già occupati del Pozzo di San Patrizio Orvietano ma da che cosa nasce la leggenda? Secondo la tradizione medievale, il pozzo era una caverna profonda situata su una piccola isola del Lough Derg nell'Irlanda nord-occidentale. Proprio in questa zona, il Santo amava ritirarsi in preghiera e si racconta che Cristo gli indicò la caverna per dimostrare agli increduli le pene dell'aldilà: chiunque fosse riuscito ad arrivare sul fondo della grotta  avrebbe ottenuto non solo la remissione dei propri peccati ma anche accesso alla ricchezza del paradiso. L'isola è meta di molti pellegrini che, durante la breve estate irlandese, raggiungono l'isola rimanendovi per ben tre ore a piedi nudi e rimanendo svegli per 24 ore proprio come fece Patrizio che durante le sue 24 ore di veglia vide l'aldilà. La grotta venne chiusa da Alessandro VI nell'anno 1457. (Foto tratta da Wikipedia, Autore: John Armag)

Holy Island Clare St. Brigid's and Mary's churches.jpg

L'isola di Lough Derg mantiene ancora il suo fascino intramontabile. Molti pellegrini ancora oggi vanno nell'isola per fare il punta sulla loro vita e per tentare ispirazione per un futuro radioso. Il luogo incantevole, magico e mistico non ha fronzoli, non ha attrattive di alcun tipo, è semplicemente un luogo di pace, di riposo e di tranquillità. Il pellegrinaggio è estremamente duro ed è facile imbattersi in fedeli intenti a pregare sotto la tipica pioggia battente. Nella zona è possibile anche vedere resti di celle dei monaci eremiti le cui tracce sono rappresentati da sei croci. (Foto tratta da Wikipedia, Autore Deadstar)

Il pellegrinaggio è chiuso nei periodi invernali. Per altre informazioni http://www.loughderg.org/


sabato 20 dicembre 2014

LA BASILICA DELLA NATIVITA' DI BETLEMME E I SUOI IPOGEI

La figura di Gesù, ormai alle soglie del 2015, è ancora oggetto di studio da parte di studiosi e semplici appassionati di storia del Cristianesimo e non solo. Ma cosa affascina maggiormente di questa figura? Questo articolo cercherà di raccogliere le informazioni principali su Gesù scandagliando la Storia, i vangeli alla leggenda con l'obiettivo di fornire al lettore un quadro quanto più chiaro possibile su cosa accadde in Palestina più di duemila anni fa... Basti pensare, infatti, che la nascita di Gesù non era presente nelle elencazioni delle feste nei primi anni di nascita del Cristianesimo e soltanto nel Basso Medioevo si è tentato di dare importanza o comunque una impronta storica alla nascita di Gesù. La data della nascita è senza dubbio uno degli elementi più affascinanti. Il cristianesimo festeggia il bambinello il 25 dicembre la cui menzione risale al Cronographus del 354, un testo scritto da Filocalo. L'assegnazione della data sembra il frutto di una sorta di "compromesso" tra idee ebraiche e correnti religiose interne al Cristianesimo. Ma è solamente la coincidenza con il giorno del Natalis Solis Invicti che impone il 25 dicembre come la data di nascita di Cristo. Nel periodo tardo-antico, riuscì a far coincidere le feste dell'Impero Romano con i culti che provenivano direttamente dall'Oriente. Oltre ai già citati elementi di unione, si unirono anche alcuni elementi della tradizione popolare infatti proprio nel periodo in cui si entra nel solstizio di inverno venivano celebrati importantissimi riti propiziatori come i Saturnali, feste dedicate al Dio dell'agricoltura al quale venivano offerti raccolti e pranzi. Furono San Giovanni Battista e Zaccaria i primissimi che identificarono Cristo con il Sole consentendo una evidente sovrapposizione dell'iconografia pagana a quella cristiana. 
Uno dei primissimi testi che descrivono un pellegrinaggio in terra santa è l'Itinerarium Ad Loca Sancta di Egeria, vissuta nel IV secolo: nel testo si descrive anche il Natale in cui il vescovo di Gerusalemme si recava a Betlemme in pellegrinaggio. Egeria afferma anche che la presentazione del bambinello nel Tempio risalga a 14 giorni dopo il 6 gennaio e quindi intorno al 480 si riteneva che il 25 dicembre fosse davvero la data del Natale.

Particolarmente affascinanti erano le celebrazioni ad Antiochia e Gerusalemme ma fu a Roma dove, forse, ebbe il valore maggiore e precisamente a Santa Maria Maggiore dove il Natale ebbe i suoi primissimi riconoscimenti. Durante la Vigilia di Natale la cattedra del papa era posta a Santa Maria Maggiore nel presbiterio dove venivano allestite candele di incenso mentre all'interno della chiesa era possibile ascoltare canti e litanie. Sant'Ambrogio introdusse riti più o meno simili a Milano con l'intento di diffondere il culto del Natale anche in altre chiese del nord. 

La Basilica della Natività

Uno dei luoghi principali della vita di Gesù è senza dubbio la Basilica della Natività. San Girolamo ci dice che i romani innalzarono nel luogo dove Gesù morì una statua di Afrodite insieme ad un grandissimo tempio dedicato a Zeus. Successivamente alla rivolta di Bar Kokhba (131 d.C.) Adriano fece ricostruire Gerusalemme come fosse una città pagana iniziando una pesante repressione contro gli Ebrei diffondendo, in quella zona, i culti pagani cancellando tutti i luoghi di culti degli ebrei: unitamente vennero assimilati anche tutti gli spazi cristiani che furono letteralmente "segnalati". La costruzione della Basilica avvenne nel 330 per volere di Costantino e della madre, la regina Elena in una zona particolarmente ricca di cavità ipogee che erano luoghi di precedenti culti (si noti come a Roma molte delle chiese antiche sorgono proprio su santuari che prima erano pagani, si veda Santa Sabina, Santa Prisca su tutte...). 

La Grotta della natività (Fonte: betlemme.custodia.org)

Luogo della nascita di Gesù
Fonte immagine Wikipedia, autore Donatus
Le pareti naturali della grotta abbellite in epoca costantiniana, furono ricoperte di marmo in epoca bizantina. S’iniziò a venerare l'altare della Natività solo quando in epoca bizantina fu creato questo spazio in ricordo del luogo preciso della nascita di Gesù. L’attuale struttura è ormai totalmente modificata da quella descritta dal pellegrino Focas e dall'Abate Daniele nel XII sec. Due colonne in pietra rossa e l'iscrizione «Gloria in excelsis Deo et in terra pax hominibus» sovrastano l'altare, sopra al quale sono rappresentati la Vergine e il Bambino in fasce, la scena del lavacro e quella della venuta dei pastori. Sotto l'altare è posta la stella con l'iscrizione latina: «Hic de Virgine Maria Iesus Christus natus est» in ricordo del luogo preciso della Natività. A destra dell'altare sta il luogo dove Maria pose Gesù dentro la mangiatoia, detto anche "del Presepio". In questo punto della Grotta il pavimento è più basso e il vano è costituito da colonne simili a quelle bizantine della navata centrale della basilica e da resti di due colonne crociate. Di fronte al Presepio c'è un piccolo altare dedicato ai Magi, dove i latini celebrano la Santa Messa. La struttura del presepio non è originale ma è il risultato di ritocchi derivati dalla continua usura del tempo e del passaggio dei pellegrini. Dopo l'incendio del 1869 le pareti della Grotta furono ricoperte di amianto per prevenire gli incendi, donato dal Presidente della Repubblica Francese, il Maresciallo MacMahon, nel 1874. Al disotto del rivestimento sono ancora visibili i marmi crociati originari; mentre al di sopra si possono vedere dei dipinti su tavola.

La Grotta di San Giuseppe

Grotta di San Giuseppe
Fonte: betlemme-custodia.org

Usciamo dalla Grotta della Natività e attraversiamo un cunicolo che fu costruito dai francescani per accedere alla Grotta di San Giuseppe che costituirà l'ingresso più vicino alla Natività. La grotta, in cui troviamo l'altare di San Giuseppe, era un luogo utilizzato come sepolcreto dato che l'abitudine di seppellire il defunto nei pressi del luogo sacro era in voga sia in Oriente ma anche in Occidente. 

La Grotta degli Innocenti

Grotta degli Innocenti
Fonte: betlemme-custodia.org

Mettendoci alle spalle l'altare di San Giuseppe notiamo alla destra la Grotta degli Innocenti in cui si ricorda la drammatica Strage di infanti provocata da Erode pochi giorni dopo la nascita di Gesù. Nei primissimi secoli del cristianesimo, la memoria degli infanti erano ricordati in quella che era probabilmente una fossa comune in cui furono scoperte un numero incredibile di ossa di cadaveri

La Grotta di San Girolamo

Grotta di San Girolamo
Grotta di Girolamo
Fonte: betlemme-custodia.org

Prima di entrare nella Grotta di San Girolamo vi sono due altari uno dedicato a Paola ed Eustochio, seguaci di Girolamo, e l'altro dedicato a Girolamo ed Eusebio, padri della Chiesa. A destra del primo altare vi sono tre sepolcri disposti come quelli scoperti nelle campagne romane e questo fa pensare che fossero presenti nella città di Gesù fedeli di comunità latine che seppellivano il defunto secondo il metodo utilizzato nelle catacombe dove i corpi venivano deposti in nicchie costruite internamente alle pareti.


Foto tratte dal sito http://www.betlemme.custodia.org/

Orario d’apertura dei Santuari:

Basilica della Natività 
6.30 -19.30 (orario estivo)
5.30-18.00 (orario invernale)
domenica mattina la Grotta è chiusa

Santa Caterina 
6.00-19.00 (orario estivo)
5.30-18.00 (orario invernale)

Campo dei Pastori 
8.00 -18.00 domenica 8.00-11.45/ 14.00-17.30 (orario estivo)
8.00 -17.00 domenica 8.00-11.45/ 12.00-16.30 (orario invernale)

Grotta del Latte
8.00-18.00 (orario estivo)
8.00-17.00 (orario invernale)

S.Messe:
E’ possibile celebrare S.Messe presso la Grotta della Natività previa prenotazione al Franciscan Pilgrims' Office - FPO

sabato 29 novembre 2014

LA LEGGENDA DI BANSHEE

La banshee è una notissima creatura leggendaria che alberga nelle fantasie di irlandesi e scozzesi. Banshee è una bellissima donna, con un bel vestito verde e una mantella grigia, può apparire anche piangente avvolta da un candido velo. Il termine banshee significa "donna delle gate", è uno spirito maligno che si aggirerebbe attorno alle paludi e ai fiumi irlandesi. La figura sarebbe legata anche ad alcune famiglie il cui cognome inizia con "Mac" oppure "O" tanto che quando un membro della famiglia protetta dallo spirito muore, la banshee inizia a piangere e disperarsi...il grido può essere di giubilo se muore il membro di una famiglia nemica. Lo spirito non si mostra mai all'uomo se non a coloro i quali sono prossimi a morire ed è proprio per questa ragione che dopo l'VIII secolo gli spiriti entravano nel novero degli esseri maligni. La più famosa banshee era una certa Aibhill legata alla famiglia degli O'Brien...narra una leggenda che nel 1014 il re Brian Boru partecipò alla battaglia di Clontarf pur essendo sicuro di trovarvi la morte dato che proprio la notte precedente Aibhill gli era apparsa mentre era intenta a lavare i panni dei soldati fino a quando l'acqua assunse il colore rosso del sangue. La leggenda arrivò in America grazie all'emigrazione degli irlandesi nel Nuovo Continente ma si concentrò nel sud e durante la Guerra di Indipendenza.

LA LEGGENDA MEDIEVALE DEL BLACK DOG

La leggenda del cane nero, o black dog, ha origini nel folclore britannico: le storie di questo misterioso fantasma sono ancora oggi diffuse in Scozia, Galles, in Inghilterra e nelle isole della Regina. I cani neri sono animali soprannaturali con due occhi rossi fiammeggiante e pelo neo o verde e sono presagio di eventi funesti dato che vengono dall'oltretomba. La leggenda ha origini medievali che usava assimilare la figura del demonio anche ai gatti, ai caproni. Come abbiamo detto, il fenomeno è noto in tutta la Gran Bretagna pur assumendo, i cani neri, diversi nomi: Black Shucks, Skriker, Padfoot. Nel campo della letteratura la più importante opera basata sulla leggenda è "Il mastino di Baskerbille" di Sir Arthur Conan Doyle ma anche nel romanzo Jane Eyre di Charlotte Bronte.

Bibliografia

Arthur Conan Doyle, Il mastino dei Baskerville, Roma 1993.
Charlotte Brontë, "Jane Eyre", Roma 1997.
Hobby & Work Italiana Editrice, Miti e leggende. Fantasmi, 1998.
Massimo Izzi, Dizionario dei mostri, Roma 1997.

sabato 23 agosto 2014

GLATISANT LA BESTIA


La bestia Glatisant è un mostro rappresentato nel ciclo arturiano. La creatura ha testa e collo di serpente, un corpo di leopardo, cosce di leone e piedi di cervo. il suo nome deriva dal rumore che emetteva il suo stomaco, una specie di latrato. I primi testi sull'animale li troviamo nel Perlesvasus e nella Suite du Merlin del ciclo della Post-Vulgata che si svolge in La morte di Artù di Malory in cui la bestia compare ad Artù dopo aver avuto un amore con la sorella Morgause e generato Mordred. Artù vede la bestia mentre beveva in uno stagno subito dopo un lungo sogno che gli prediceva la distruzione che Mordred porterà nel regno. Merlino rivela che la bestia è nata da una principessa che amava suo fratello e giace con un demonio che le promise l'amore del ragazzo: il demonio la manipola e la donna accusò il fratello di stupro. IL padre lo fece sbranare da cani ma prima di morire lanciò un'anatema alla sorella il quale avrebbe partorito un mostro che riproduceva gli stessi rumori dei cani che lo avevano portato verso una morte orrenda. La bestia è il simbolo dell'incesto e della violenza che portò alla distruzione del regno. 

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