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martedì 23 ottobre 2012

IL SANTO SEPOLCRO A GERUSALEMME - RITI, TESTI E RACCONTI TRA COSTANTINO E L'ETA' DELLE CROCIATE

Il complesso del Santo Sepolcro, fulcro memoriale e devozionale dell’ecumene cristiana, ha svolto anche un ruolo esemplare per lo sviluppo di riti e celebrazioni. Tra l’età di Costantino e la fine dei regni crociati, la Chiesa di Gerusalemme ha elaborato forme liturgiche proprie caratterizzate da un rapporto diretto con i luoghi memoriali e con la topografia della città e della Terrasanta cristiane. Le vicende, spesso drammatiche, vissute dalla comunità e le distruzioni degli edifici, nel 614 ad opera dei persiani e nel 1009 per ordine del califfo del Cairo al-Hakim, così come i successivi rifacimenti, hanno interagito con questa complessa genesi.  Dal punto di vista storico, si pone - così - il problema di individuare la specificità agiopolita, nel suo rapporto con la Cristianità, e al contempo le dinamiche della dialettica fra conservazione e innovazione all’interno della tradizione gerosolimitana. Questo saggio lo affronta in una prospettiva interdisciplinare, sulla base di una pluralità di fonti: testi propriamente liturgici, omelie, inni, composizioni pastorali, ma anche parole e racconti di chi ne è stato coprotagonista, fonti testuali che riflettono la percezione di riti e cerimonie da parte di fedeli e pellegrini. Allo stesso modo, le strutture e i resti archeologici degli edifici, le dimensioni dei luoghi di culto, gli elementi topologici e topografici dei complessi architettonici e delle città, gli oggetti utilizzati durante i riti, così come le raffigurazioni superstiti, restituiscono componenti fisiche e spaziali, imprescindibili per la comprensione dello specifico liturgico. Ne risulta un quadro complesso e variegato, uno spaccato della ricchezza del mondo cristiano medievale e, al contempo, della continuità dell’attaccamento devozionale ai Luoghi Santi.
 
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Il libro è basato sulla ricognizione dei testi liturgici superstiti, su resoconti, cronache e racconti di area latina, greca, siriaca, armena, su vite di santi, testi di pellegrinaggio, descrizioni delle celebrazioni e delle processioni, cronache di crociata. I dati sono confrontati con i risultati delle indagini archeologiche e con l’analisi di planimetrie e ricostruzioni grafiche. Sono considerati anche disegni e mappe di età medievale e moderna, miniature, oggetti liturgici. Lo studio analizza come i siti tradizionalmente identificati fino ai nostri giorni con il Golgota e con la Tomba di Cristo siano testimoniati dalle fonti scritte. Si evidenzia una continuità strettissima tra il racconto dei Vangeli, le attestazioni della distruzione del luogo voluta dall’imperatore Adriano che vi fece erigere un tempio a Giove e una statua a Venere, e la narrazione degli scavi commissionati da Costantino, che poi fece costruire la rotonda dell’Anastasis e il primo insieme di edifici cristiani. Questi dati trovano riscontro senza contraddizioni nelle ricognizioni e nei sondaggi archeologici condotti finora, che confermano che la zona era esterna alle mura fino al 44 d. C. ed era una grande cava di pietra abbandonata e riutilizzata gradualmente nei secoli precedenti con orti e giardini. Tutto fa propendere per l’autenticità del luogo, suffragata dalla continuità delle devozioni e delle liturgie lì celebrate fin dalle origini. L’elemento più rilevante che emerge è la forza dell’attaccamento dei cristiani ai Luoghi memoriali, che si è tradotta in una presenza ininterrotta attraverso i secoli, nonostante devastazioni, assedi, massacri, abbattimenti. Il complesso del Santo Sepolcro è stato distrutto due volte: dai persiani nel 614, dagli islamici nel 1009 per ordine del califfo fatimita del Cairo al-Hakim. Ricostruito altrettante volte, nonostante l’esiguità e le ristrettezze economiche della comunità cristiana, fu riedificato dai crociati che lo rivestirono di mosaici e sculture per trasformarlo nella chiesa più sontuosa della Cristianità. Ciò che ne resta oggi, dopo una serie di spogli, saccheggi e danni subiti nei secoli successivi, non ne è che un pallido ricordo. Le testimonianze e i racconti dei protagonisti analizzati nel testo restituiscono la drammatica concretezza di quegli eventi e, al contempo, dimostrano come la celebrazione ininterrotta delle liturgie abbia permesso la continuità della presenza cristiana e le ricostruzioni. La ricostruzione delle celebrazioni svolte nel complesso del Santo Sepolcro e nella città di Gerusalemme per mezzo dei testi liturgici superstiti e per mezzo delle testimonianze di pellegrini, monaci, cronisti permette di evidenziare il carattere plurale dei riti e della stessa comunità cristiana locale, composta da gruppi diversi per lingua, origine geografica, legami esterni, impostazioni dottrinali. Cristiani greci, latini, siriani, arabi, armeni, georgiani, nubiani, etiopi hanno sempre celebrato negli stessi spazi, distinguendosi gli uni dagli altri per liturgie e per gerarchie, ma riconoscendo una comune appartenenza e un comune legame con i Luoghi della morte della resurrezione di Gesù. Tali differenze sono andate via via marcandosi nell’Alto Medioevo e poi dopo il Mille, con l’allontanamento fra mondo greco e mondo latino. Tuttavia non hanno inficiato la compresenza all’interno del complesso, regolata fino ai giorni nostri dall’insieme non scritto delle regole dello status quo. L’ultima parte del libro è dedicata al viaggio di san Francesco a Gerusalemme e alla presenza dei Francescani nei Luoghi Santi. Con loro e con la creazione della Custodia di Terrasanta si è aperta una pagina nuova nei rapporti con i dominatori musulmani e anche con i cristiani non latini nel Santo Sepolcro e a Betlemme. La loro presenza, pur segnata da massacri, persecuzioni e lunghe fasi di isolamento, ha assicurato la continuità della celebrazione latina romana fino ai giorni nostri.
 
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Renata Salvarani è laureata in Lettere Moderne all’Università di Padova (con indirizzo in storia dell’arte medievale) e dottore di ricerca in Storia medievale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. È docente di Storia del Cristianesimo e Storia medievale all’Università Europea di Roma. Indaga due principali aree di ricerca: genesi e mutamento dei segni materiali impressi da comunità e istituzioni nello spazio e nel paesaggio; rapporti tra liturgia, progettazione dello spazio e architettura nel Medioevo. Fra le sue onografie:
La fortuna del Santo Sepolcro nel Medioevo. Spazio, liturgia, architettura, Milano (Jaca Book) 2008; Pievi del Nord Italia. Cristianesimo, istituzioni, territorio, Verona (Arsenale) 2009; Matilde di Canossa, il Papato, l’Impero. Storia, arte, cultura alle origini del Romanico. Catalogo della mostra, Mantova, Casa del Mantegna 31 agosto 2008-11 gennaio 2009, Cinisello Balsamo (Silvana Editoriale) 2008 (con Liana Castelfranchi); Garda romanico. Pievi, istituzioni, territorio, Milano (Libri Scheiwiller) 2004; Verso Gerusalemme, crociati, santuari, pellegrini (con Franco Cardini e Michele Piccirillo), Bergamo (Velar-Idea Libri) 2000.

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