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venerdì 21 dicembre 2012

ASSISI E IL CALENDIMAGGIO

La festa di Calendimaggio dura tre giorni e di regola si celebra il primo giovedì venerdì e sabato di Maggio, in data fluttuante da diversi decenni per evitare la sovrapposizione con altre feste laiche. Essa trae origini da diversi riti nati dal sentimento dell’antico popolo degli Umbri, tutti improntati sulla gioia per il ritorno della primavera e quindi il rinnovarsi del ciclo della vita, in onore delle divinità pagane Maya e Flora.   In questo periodo, in realtà, Assisi subisce l’influenza di Perugia, città etrusca e potente. Nel 295 a.C. venne conquistata dai romani e con il nome di “Asisium” divenne un importante centro economico e sociale dell’Impero. In seguito alla diffusione del cristianesimo, ad opera di S. Rufino (III secolo d.C.), nel 568 venne conquistata dai Longobardi e venne incorporata al ducato di Spoleto. L’VIII secolo è caratterizzato in Europa da un forte crollo demografico in seguito all’alternanza di carestie, epidemie come la peste e di fenomeni naturali spaventosi. La storia sociale di quel tempo lasciò un ricordo indelebile nella memoria collettiva dell’occidente, originando il sogno ricorrente di una prodigiosa abbondanza di cibo descritta con ricchezza di particolari. Un sogno che in seguito avrebbe dato vita al paese di cuccagna, luogo favoloso rappresentato diverse volte nella festa di Calendimaggio. L’esigenza di una nuova forma di governo che tutelasse gli interessi della classe borghese, portò nell’ XI secolo alla nascita dei comuni in Europa e soprattutto nell’Italia Centro-Settentrionale. Anche Assisi divenne libero comune. Nel 1174 venne annessa al dominio imperiale da Federico Barbarossa che vi insediò un vicario imperiale di sua fiducia ma nel 1198, grazie ad una sollevazione popolare, riacquistò la sua autonomia. Questo periodo è comunque segnato dalle lotte con la vicina Perugia e da scontri interni. Durante la fine della prima metà del 1200 l'Assisi guelfa subì vari assedi da parte delle truppe facenti parte del grande esercito di Federico II; le truppe imperiali devastarono a più riprese il contado ma la città grazie alla valenza delle sue milizie ed il carisma di Santa Chiara resistette alle incursioni. I documenti riguardanti la vita di san Francesco attestano che questi nella sua giovinezza eccelleva nella composizione delle poesie da ballo e di canti. In questo periodo è determinante anche l’influenza francese e provenzale, soprattutto nella musica. Tali componimenti venivano appunto chiamati “Canti di Maggio” ed erano eseguiti all’inizio di questo mese da brigate di giovani, Francesco di Bernardone incluso, che si spostavano nei vari rioni della città. Questo è il periodo in cui in Italia si ha il fiorire della letteratura, soprattutto nell’Italia Meridionale. Nel XIII secolo Assisi conobbe comunque un periodo di massimo splendore, attestato dalle cronache del ‘300 e confermato anche dall’estensione delle mura cittadine, dalle chiese e dalla presenza dei più grandi pittori quali Giotto, Cimabue e Simone Martini i quali si adoperarono per la decorazione della basilica di S. Francesco. La decisione di costruire ad Assisi una nuova basilica in onore del santo recentemente scomparso si deve ad Elia da Cortona. Questa venne costruita in un luogo dirupato e malfamato dove il santo aveva chiesto di essere sepolto, il “Collis Infernis” ribattezzato “Collis Paradisi”. Il poco spazio disponibile costrinse a sovrapporre i due edifici, sotto ai quali vi è la cripta che dà alla composizione architettonica anche un valore simbolico (analogamente al Santo, sostegno della Chiesa, il corpo sostiene i due edifici sovrastanti). Alla fine del settimo/ottavo decennio del XIII secolo Cimabue si recò ad Assisi per affrescare il transetto e la parte superiore dell’abside della basilica superiore. Anche Giotto vi si recò per affrescare lungo le pareti della basilica superiore il ciclo delle storie su S. Francesco in 28 pannelli. Risale a questo periodo la ristrutturazione della Rocca Maggiore a opera dell’arcivescovo di Toledo Albornoz. Nata inizialmente come fortezza umbra, della Rocca Maggiore si hanno notizie certe solo dal 1174, sembra infatti che vi fosse stato ospitato Federico II durante la sua giovinezza. Tuttavia nel XIV secolo iniziò la decadenza a causa degli scontri interni tipici dell’età comunale (basti pensare ai Guelfi e ai Ghibellini) tra le due antiche fazioni della città che facevano capo alle due famiglie più nobili e influenti: i Nepis e i Fiumi. Il primo scontro cruento secondo Arnaldo Fortini risale al 14 Novembre 1376, quando la parte de sotto (che faceva capo ai Fiumi) sorprese nel sonno gli avversari. Durante questo periodo si mantenne comunque viva la consuetudine di celebrare la festa di primavera, chiamata per l’appunto Calendimaggio. Canti e musiche si sostituivano al fragore delle armi e veniva eletto un re della festa. Tale usanza si protrarrà per diversi secoli. Ma tali scontri non lasciarono respiro alla città che fu successivamente sottomessa dai Visconti e dagli Sforza. Dal XVI secolo questa entrò a far parte del Regno Della Chiesa, sotto Paolo III, e successivamente del nascente Stato D’Italia. Nel 1927 per volere dell’allora podestà Arnaldo Fortini la festa fu celebrata in forma del tutto nuova, egli infatti riuscì a far costituire la brigata di calendimaggio che nella notte fra il 30 Aprile e il 1° Maggio andava a rallegrare la gente di Assisi con danze e canti. La festa venne sospesa durante la seconda guerra mondiale ma riprese vigore nel 1947; nel 1954, infine, per iniziativa di alcuni intellettuali assisiati, assunse la suggestiva forma che tutt’oggi  mantiene, dando vita ad una contesa che rievoca i tempi del calendimaggio. Le due parti tornano a sfidarsi ai nostri giorni in una contesa accesa ma cortese, di canto, recitazione e creazioni scenografiche. Le parti altri non sono che le due unità territoriali, che rievocano i territori dei Fiumi e dei Nepis, in cui è idealmente suddivisa la città. Tale linea ideologica attraversa la Piazza del Comune suddividendo Assisi nella parte alta, ovvero la Nobilissima Parte de Sopra, comprendente i rioni di Porta Moiano, Porta Perlici e San Rufino, e nella parte bassa, ovvero la Magnifica Parte de Sotto, comprendente i rioni di San Francesco, San Giacomo e San Pietro.
Sebbene la definizione e la storia del Calendimaggio possano essere facilmente comprensibili, tanto risulta difficile illustrare il fascino che esso trasmette alla gente di Assisi che sin dai primi mesi dell’anno si dedica alla realizzazione della festa. Le parti ambiscono a conquistare il Palio, lo stendardo che la parte vincitrice conserverà nei suoi rioni fino all’anno successivo, emblema del suo primato sulla parte avversa. Tale “premio” viene assegnato secondo il giudizio di una giuria composta da tre esperti di fama nazionale: uno scenografo, un musico e un regista. Il Calendimaggio è l’unica festa laica di Assisi ma ciò nonostante inizia con la benedizione dei vessilli nelle rispettive chiese di parte, successivamente una rappresentanza di ogni parte si reca nella piazza del comune dove il Maestro di Campo assume temporaneamente le chiavi della città dal sindaco, simbolo che Assisi per tre giorni torna effettivamente nel medioevo. La sera la parte che l’anno precedente ha eletto Madonna Primavera aggiudicandosi almeno due dei tre giochi di piazza, fa rivivere nelle proprie vie il tempo lontano. Il giorno successivo, il venerdì, è interamente dedicato all’elezione di madonna primavera mediante una sfida tra le due parti in tre diversi giochi: il tiro alla fune, il tiro con la balestra e la corsa delle tregge. La parte vincente ha il diritto di eleggere tra le cinque più belle fanciulle della propria parte la regina della festa. La sera nei propri rioni, la parte avversa realizza le proprie rievocazioni di vita. Illuminate esclusivamente dal chiarore delle fiaccole, le scene del giovedì e venerdì notte prevedono che l’aspetto della città sia riportato, come se il tempo non fosse mai trascorso, nel medioevo. Numerose scenografie trasformano i vicoli di Assisi ricreando ambienti tipicamente trecenteschi. I partaioli indossano vestiti d’epoca e, parlando in volgare, danno vita alle sceneggiature scritte dai poeti della rispettiva parte, evocando storie differenti di anno in anno. Vere e proprie poesie su modello petrarchesco arricchiscono il parlato degli attori. Le stesse rappresentazioni traggono spesso spunto dalle novelle del Boccaccio o da episodi biblici, riagganciandosi perfettamente alla cultura medioevale. Il sabato è il giorno più intenso proprio perché è quello decisivo, le sfilate nella piazza del comune divengono colorate e ricche di scenografie con storie nuove ogni anno. Al crepuscolo si hanno i bandi di sfida dove una parte critica l’altra e viceversa in ridenti sfottimenti ricchi di satira. La notte il fuoco diventa il vero protagonista delle sfilate. Arriva poi il momento culminante della festa: la sfida canora, vera origine del calendimaggio. A notte fonda il verdetto e l’assegnazione del palio; mentre in una parte i festeggiamenti si prolungheranno sino all’alba, nell’altra si tenterà di sostituire al sapore della sconfitta quello del vino.

Articoli di Lillocci Stefania. Tutti i diritti riservati

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