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giovedì 15 maggio 2014

DANTE ERA NARCOLETTICO?


La metà dei miei compagni di scuola definivano Dante "Pazzo furioso, fumatore incallito di cannabinoide e folle visionario"; ovviamente non era questo il tono che spesso assumeva sentieri torbidi. In realtà, paradossalmente, la pletora di studenti forse non aveva tutti i torti...

Tutto parte dalle prime terzine...

«Io non so ben ridir com'i' v'intrai, / tant'era pien di sonno a quel punto / che la verace via abbandonai»

Da questo momento in poi si ripeteranno episodi di sonnolenza, debolezza muscolare, torpore, allucinazioni, piccoli sonnellini e improvvise cadute successive ad uno shock emotivo, tutti sintomi della narcolessia, termine usato da Jean-Baptiste-Édouard Gélineau nel 1880 che notò un giovane bottaio che soffriva di sonno costante, a cui faceva fronte con brevi riposi ristoratori, e cadute improvvise conseguenti ad una risata. Soffrono di questa particolare malattia 4/10000 abitanti ed è caratterizzata anche da paralisi del sonno, allucinazioni e sonno notturno costantemente interrotto. Questo dipende dal malfunzionamento della fase REM che rappresenta il momento in cui sogniamo. La narcolessia dipende dalla scomparsa di alcune cellule che producono la orexina fondamentale nelle funzioni metaboliche. La Divina Commedia ha diverse chiavi di lettura; allegoricamente parlando, ad esempio, il viaggio di Dante è una visione durante il sonno, un sonno iniziato dopo la selva oscura e terminato al termine del suo viaggio. All'inizio del viaggio, Dante è molto stanco, non ricorda come diavolo è entrato nella selva oscura pur riuscendo a collocare l'inizio del viaggio nella settimana santa nel 1300 quando il poeta aveva 35 anni (Nel mezzo del cammin di nostra vita.....). Ma perchè tanta sonnolenza? Dante non ce lo fa capire forse perchè per lui è una situazione conosciuta. Il suo stato di stanchezza continua è testimoniato anche da San Bernardo che si accorge che Dante si sta risvegliando e quindi decide di smetterla con le descrizioni degli angeli per far godere al poeta la visione di Dio. Il continuo riferimento a pochi sonnellini di brevissima durata e le varie cadute come nell'episodio di Paolo e Francesca (e caddi come corpo morto cade oppure E caddi come l'uom cui sonno piglia) in cataplessia. Le cadute derivano da veri e propri shock emotivi di intensa potata. L'episodio di Vanni Fucci ( citato nel XXIV e XXV dell'Inferno) dimostra come Dante fosse consapevole della sua malattia e di conoscerla molto bene sottolineando anche il carattere demoniaco della malattie (sappiamo che l'epilessia era considerato sintomo di possessione demoniaca). Alcuni elementi della sua malattia li troviamo anche ne la "Vita Nuova", opera giovanile, in cui racconta di alcuni frequenti episodi di sonno dopo emozioni forte, debolezze muscolari e soprattutto presenza onirica subito dopo essersi addormentato. 

Rimandiamo per completezza ed esaustività, all'articolo "Dante's description of narcolepsy pubblicato su Sleep Machine"

1 commenti:

Antonio Gagliardi ha detto...

Questi fenomeni hanno una loro logica secondo la dottrina del sogno di allora mentre specialmente nella Vita Nova sono uno strumento per rappresentare ciò che succede oltre la vita reale. A volto si tratta del riconoscimento da parte di Dante del medesimo peccato del dannato, come succede con Francesca. Dante ha davanti la poetica di Aristotele tradotta in latino, nella quale catarsi viene tradotta con <> e con <> in modo tale che il venir meno significa liberazione da quel peccato conosciuto nel dannato. Qualcosa di simile succede col Conte Ugolino. La poetica aristotelica da poco giunta in occidente viene utilizzata secondo il linguaggio latino fortemente caratterizzato in senso cristiano.

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