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giovedì 15 maggio 2014

STORIA DI GIUSEPPE IL FALEGNAME


La Storia di Giuseppe il falegname è un testo apocrifo pervenutoci in copto (boairico e saidico) e arabo ma probabilmente redatto inizialmente in greco, databile in maniera incerta al VI secolo o ai secoli immediatamente successivi. Nella prima parte si tratta di una rielaborazione del materiale presente nel Protovangelo di Giacomo e nel Vangelo dell'infanzia di Tommaso relativamente al matrimonio tra Giuseppe e Maria. La parte successiva è relativa alla morte di Giuseppe e rappresenta un contributo originale. La Storia di Giuseppe il falegname non presenta una esplicita attribuzione pseudoepigrafa. Nel c. 30 l'autore si include nella cerchia degli apostoli rimanendo però anonimo. Circa l'effettiva data di composizione, essa non è facilmente determinabile data la disponibilità di soli testimoni recenti copti e arabi, che però tradiscono filologicamente una dipendenza da un originale greco andato perduto. Nel cap. 17 è presente un richiamo a un episodio narrato nel Vangelo arabo dell'infanzia, ma anche la datazione di questo apocrifo è particolarmente incerta, oscillando tra il VI e XIII secolo. Lo stesso periodo o un'epoca immediatamente posteriore va dunque ipotizzato per la Storia di Giuseppe il falegname.

Nel nome di Dio uno nella sua essenza e trino nelle sue persone. 
Storia della morte del nostro padre, il santo vecchio Giuseppe falegname. 
Le sue benedizioni e le sue preghiere custodiscano noi tutti, fratelli. Amen. 
Tutta la sua vita fu di centoundici anni, e il suo trapasso da questo mondo ebbe luogo il giorno ventisei del mese di abib, corrispondente al mese di ab (agosto). La sua preghiera ci custodisca. Amen. Fu lo stesso nostro Signore Gesù Cristo che riferì questa storia ai suoi santi discepoli sul monte degli Ulivi, il suo travaglio e la fine dei suoi giorni. I santi apostoli conservarono queste parole, le misero per scritto e le lasciarono nella biblioteca di Gerusalemme. La loro preghiera ci custodisca. Amen. 
[1, 1] Dal matrimonio agli anni centoundici. Avvenne un giorno che mentre il Dio salvatore e maestro, il salvatore nostro Gesù Cristo, sedeva assieme ai suoi discepoli radunati tutti sul monte degli Ulivi, dicesse loro: "Fratelli, amici miei, figli del Padre che vi ha scelto fra tutti gli uomini. Sapete che spesso vi ho riferito come é necessario ch'io sia crocefisso e muoia per la salvezza di Adamo e della sua posterità, e che poi risorga da morte. Vi affiderò la dottrina del santo vangelo (che a voi già prima avevo) annunziato, affinché lo predichiate in tutto il mondo. Vi rivestirò di forza dall'alto (Lc 24, 49), e vi riempirò di Spirito santo. 
[2] Annunzierete a tutti i popoli la penitenza e la remissione dei peccati. Se un uomo, infatti, trova un unico bicchiere d'acqua per il secolo futuro, esso é molto più prezioso e più grande di tutte le ricchezze di questo mondo. E lo spazio occupato da un solo piede nella casa di mio Padre (Gv 14, 2), é più grande e più eccelso di tutte le ricchezze della terra. Una sola ora nella lieta dimora delle persone pie, é più felice e più preziosa di mille anni tra i peccatori: e infatti non cesserà il loro pianto e la loro lamentazione, non finiranno le loro lacrime, né essi avranno mai, in alcun tempo, sollievo e quiete. Ed ora, mie membra onorabili, andate a predicare a tutte le genti, annunziate e dite loro: certo, il Salvatore indaga la sua eredità, ed é amministratore di giustizia. 
[3] Essi, gli angeli, annienteranno i nemici e combatteranno per essi nel giorno della lotta. Egli, Dio, esaminerà ogni parola oziosa e ingiusta detta dagli uomini che dovranno renderne conto. Come, infatti, nessuno é esente da morte, così nel giorno del giudizio saranno rese manifeste le opere di ognuno, tanto le buone quanto le cattive. 
[4] Annunziate anche le parole ch'io dissi oggi: colui che é forte non si vanti della sua forza e il ricco non si vanti della sua ricchezza, colui che vuole vantarsi si vanti nel Signore (1 Cor 1, 31). 
[2, 1] Vi fu un uomo di nome Giuseppe, nato da una stirpe di Betlemme, città di Giuda, e dalla stirpe del re David. Ben formato negli insegnamenti e nelle dottrine, fu fatto sacerdote nel tempio del Signore. Eccelleva inoltre nel mestiere di falegname e, come é d'uso per tutti gli uomini, prese moglie. Generò anche figli e figlie: quattro figli e due figlie. Questi sono i loro nomi: Giuda, Giusto, Giacomo, Simeone; le due figlie si chiamavano Assia e Lidia. 
[2] Un giorno, la moglie del giusto Giuseppe (Mt 1, 19), dopo essere sempre stata preoccupata della gloria divina in tutte le sue azioni, morì. Ma quest'uomo giusto, Giuseppe, mio padre secondo la carne e sposo di Maria, mia madre, se ne andò con i suoi figli ad esercitare la sua professione, cioé il mestiere di falegname. [3, 1] Quando Giuseppe, il giusto, restò vedovo, la mia santa, benedetta e pura madre, Maria, aveva già compiuto dodici anni. I suoi genitori l'avevano portata nel tempio all'età di tre anni, e restò nel tempio per nove anni. Quando i sacerdoti videro che la vergine santa e timorata del Signore diventava adulta, si accordarono, dicendo: "Cerchiamo un uomo giusto e pio al quale affidare Maria fino al tempo delle nozze. Affinché, seguitando a restare nel tempio, non le accada quanto suole capitare alle donne e, a causa di ciò, noi pecchiamo suscitando in tal modo l'ira di Dio". 
[4, 1] Inviarono quindi, subito dopo, dei messi per convocare dodici vecchi della tribù di Giuda. Scrissero i nomi delle dodici tribù d'Israele. La sorte cadde sul pio vecchio Giuseppe, il giusto. [2] I sacerdoti dissero allora alla mia benedetta madre: "Va' con Giuseppe e resta con lui fino al tempo delle nozze". Quindi il giusto Giuseppe prese mia madre e la condusse a casa sua. Qui Maria trovò Giacomo, il Minore, che nella casa di suo padre aveva l'animo spezzato ed era triste per la mancanza della madre, e lo allevò: di qui l'appellativo di madre di Giacomo (Mt 27, 56). Lasciatala a casa, Giuseppe se ne andò all'officina dove esercitava il mestiere di falegname. 
[3] Su Maria. Passati due anni da quando la santa vergine era entrata in casa sua, e compreso il periodo trascorso prima, giunse al suo quattordicesimo anno di età. [5, 1] Io l'ho amata in un modo alquanto singolare con un movimento di volontà, con il beneplacito di mio Padre e il consiglio dello Spirito santo, e mi incarnai in lei, con un mistero che supera la capacità della ragione creata. 
[2] Ma, passati tre mesi dalla concezione, l'uomo giusto, Giuseppe, fece ritorno dal luogo in cui esercitava il suo mestiere, e visto che la mia madre vergine era incinta, fu sconvolto e pensò di mandarla via di nascosto (Mt 1, 19). Dal timore, dalla tristezza e dall'angustia del cuore, in quel giorno non gli riuscì neppure di mangiare e bere. [6, 1] Verso il mezzogiorno gli apparve, in sogno, il principe degli angeli, san Gabriele; munito di un ordine di mio Padre, gli disse: "Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere Maria in 
tua sposa. Ha concepito infatti da Spirito santo e partorirà un figlio che sarà chiamato Gesù (Mt 1, 20). 
[2] Questi é colui che governerà, con scettro di ferro, tutte le genti" (Ap 12, 5). Ciò detto, l'angelo se ne andò. Giuseppe si levò dal sonno, e fece come gli aveva detto l'angelo del Signore (Mt 1, 24). E Maria restò presso di lui. 
[7, 1] Passato alcun tempo, uscì un ordine di Augusto Cesare e re affinché fosse recensito tutto l'orbe abitato, ognuno nella sua città (Lc 2, 1). Partì dunque il vecchio giusto Giuseppe, prese con sé Maria vergine, e andarono a Betlemme, poiché era prossimo il suo parto. Giuseppe scrisse il suo nome nell'elenco: Giuseppe infatti, la cui sposa era Maria, era figlio di David, della tribù di Giuda. 
[2] E Maria, mia madre, mi partorì a Betlemme, in una grotta vicina al sepolcro di Rachele, moglie del patriarca Giacobbe, madre di Giuseppe e di Beniamino. 
[8, 1] Satana però andò a riferire questo a Erode il Grande, padre di Archelao. Questo appunto é quell'Erode che ordinò l'amputazione della testa di Giovanni, mio amico e parente. Mi ricercò quindi con diligenza pensando che il mio regno fosse di questo mondo. Ma della cosa fu avvertito in sogno il vecchio e pio Giuseppe. 
[2] Levatosi, prese dunque Maria, mia madre (Mt 2, 21), e me che riposavo sul suo petto: si offrì come compagna di viaggio anche Salome. Partito da casa, riparò in Egitto ove rimase per lo spazio di due anni completi, fino a quando non passò l'invidia di Erode. [9, 1] Erode morì d'un genere pessimo di morte scontando la pena del sangue dei bambini tolti di mezzo iniquamente, mentre essi non avevano peccato alcuno. Morto il tiranno, questo empio Erode, i genitori, con Gesù, ritornarono nella terra d'Israele e abitarono in una città della Galilea detta Nazaret (Mt 2, 23). 
[2] Ripreso il suo mestiere di falegname, con il lavoro delle sue mani provvedeva il sostentamento. In conformità di quanto Mosé aveva una volta ordinato per mezzo di una legge, egli infatti non ha mai cercato di vivere sul lavoro degli altri. 
[10, 1] Passando gli anni, la sua vecchiaia avanzava sempre di più. Ma non soffriva di alcuna infermità corporale, non vacillò la sua vista, né perdette alcun dente la sua bocca; in tutta la sua vita, ebbe sempre la mente lucida. 
[2] Nei suoi affari ebbe sempre un vigore giovanile, come quello d'un fanciullo, le sue membra furono sempre integre e libere da ogni dolore. Tutta la sua vita di cento e undici anni: una vecchiaia quindi avanzatissima. 
[11, 1] Gesù in famiglia. Giusto e Simeone, i due figli più vecchi di Giuseppe, si sposarono e andarono ad abitare a casa loro Anche le due figlie si sposarono e si ritirarono a casa loro. Nella casa di Giuseppe restavano Giuda e Giacomo il Minore, nonché mia madre, vergine. Io poi rimasi con loro, proprio come se fossi uno dei suoi figli. [2] Passai senza colpa tutta la mia vita. Chiamai Maria, mia madre, e Giuseppe, mio padre, e in tutto mi comportai sempre verso di loro secondo il costume; né mai sono stato recalcitrante 
verso di loro, ma ho sempre obbedito loro, come sogliono fare tutti gli altri uomini prodotti dalla terra. Mai ho suscitato la loro ira, né opposto loro alcuna parola o una risposta un po' dura. Al contrario, é con un amore immenso che li ho seguiti, come la pupilla degli occhi. 
[12, 1] Tristezza di fronte alla morte. Avvenne così che si avvicinò il giorno della morte di quel pio e giusto Giuseppe e la sua dipartita da questo mondo, come é per tutti gli altri uomini che sono nati su questa terra. Approssimandosi la fine del suo corpo, l'angelo del Signore gli comunicò l'imminenza dell'ora della morte. 
[2] Fu dunque invaso da paura e ingente turbamento. Alzatosi, andò a Gerusalemme, entrò nel 
tempio del Signore e si sciolse in preghiere nel santuario. Disse: 
[13, 1] ''O Dio, autore di ogni consolazione (2 Cor 1, 3), Dio di ogni misericordia e Signore di tutto il genere umano, Dio della mia anima, del mio spirito e del mio corpo. Supplichevole, io ti venero, o Signore e Dio mio: se ormai sono terminati i miei giorni ed é giunto il momento nel quale debbo uscire da questo mondo, inviami, te ne prego, il grande Michele principe dei tuoi angeli santi, e resti con me affinché la mia povera anima esca senza difficoltà, senza paura e senza impazienza da questo corpo travagliato. 
[2] Una grande paura e una veemente tristezza si impadronisce infatti dei corpi nel giorno della loro morte, sia che si tratti di un maschio che di una femmina, di un animale domestico o di una bestia selvatica, di un essere che cammina sulla terra o vola nell'aria: in conclusione, grande é la paura e immenso lo sfinimento che attanaglia le anime quando escono dai loro corpi e ciò vale per tutte le creature che sono sotto il cielo e hanno in se stesse uno spirito vitale (Gn 6, 17), tutte sono scosse da paura. 
[3] Or dunque, o Signore e Dio mio, sia presente con il suo aiuto alla mia anima e al mio corpo il tuo angelo santo fino a quando si saranno separati. N‚ sia allontanata da me la faccia dell'angelo che mi é stato dato come custode dal giorno della mia formazione, mi sia invece compagno di viaggio fino a quando mi condurrà fino a te: il suo volto mi sia sereno e ilare, e mi accompagni in pace. [4] Non permettere invece che, fino a quando io sarò giunto felicemente a te - sulla strada che avrò da percorrere - mi si avvicinino demoni dall'aspetto spaventoso. Non permettere che i portieri impediscano all'anima mia l'ingresso in paradiso. Scoprendo i miei delitti, non espormi alla vergogna davanti al tuo terribile tribunale. Non mi assalgano i leoni. I flutti del mare di fuoco (Dn 7, 10) - che ogni anima deve attraversare - non sommergano l'anima mia prima che sia giunta a contemplare la gloria della tua divinità. O Dio, giudice giustissimo (2 Tm 4, 8), tu che giudicherai i mortali con giustizia e equità (Sal 97, 9), e darai a ognuno secondo le sue opere, o Signore e Dio mio, stammi vicino con la tua misericordia, e illumina la mia vita affinché io giunga a te: tu sei, infatti, la sorgente ripiena di ogni bene e di gloria in eterno. Amen". 
[14, 1] Sul letto di morte. Ritornato a casa sua, a Nazaret, cadde malato e si mise a letto. Era giunto per lui il tempo di morire, come é destino di tutti gli uomini. Era gravemente malato come mai lo era stato dal giorno della sua nascita. Ed é certamente così che a Cristo piacque disporre le cose del giusto Giuseppe. [2] Visse quarant'anni prima del matrimonio; la moglie rimase sotto la sua tutela per quarantanove anni e dopo morì. Un anno dopo la morte di sua moglie, dai sacerdoti fu affidata a Giuseppe mia madre, la beata Maria, affinché la custodisse fino al tempo delle nozze. Senza compiere alcuna cosa degna di nota, ella passò due anni in casa di lui; ma nel terzo anno della sua permanenza in casa di Giuseppe, cioé nel suo quattordicesimo anno di età, costituendo con me un'unica essenza, ha partorito me sulla terra, con un mistero che nessuna creatura può indagare e comprendere, se non io, mio Padre e lo Spirito santo. 
[15, 1] L'età, dunque, di mio padre, quel vecchio giusto, fu complessivamente di centoundici anni, così avendo deliberato il Padre mio celeste. Il giorno poi in cui l'anima abbandonò il suo corpo era il giorno ventisei del mese di abib. L'oro iniziò a perdere il suo magnifico splendore e l'argento a essere sciupato dall'uso: mi riferisco alla sua conoscenza e al suo intelletto. [2] Cibo e bevanda gli davano fastidio, aveva perso la sua perizia di falegname e non ne aveva più cognizione alcuna. Avvenne che alla prima luce del ventiseiesimo giorno di abib, l'anima del giusto vecchio Giuseppe coricato sul suo letto principiò ad agitarsi. Aprì la sua bocca con sospiri, batté le mani l'una contro l'altra, ed esclamò a voce alta così: 
[16, 1] "Guai al giorno in cui sono nato in questo mondo. Guai all'utero che mi portò. Guai alle viscere che mi accolsero. Guai alle mammelle che mi allattarono. Guai ai piedi sui quali me ne sono stato seduto tranquillo. Guai alle mani che mi portarono e mi educarono fino a quando divenni adolescente. 
[2] Sono stato infatti concepito nell'iniquità e mia madre mi ha desiderato nei peccati. Guai alla mia lingua e alle mie labbra che hanno proferito e detto cose vane, calunnie, menzogne, ignoranza, irrisioni, finzioni, astuzie e ipocrisie. Guai ai miei occhi che guardarono scandali. Guai alle mie orecchie che si dilettavano all'udire discorsi pieni di calunnie. 
[3] Guai alle mie mani che rapirono quanto non era di loro proprietà. Guai al mio ventre e al mio intestino che desiderarono cibi proibiti. Guai alla mia gola che, come un fuoco, consumava tutto quanto incontrava. Guai ai miei piedi che spesso percorsero strade non gradite a Dio. Guai al mio corpo e guai all'anima mia triste, già contraria a Dio, suo creatore. 
[4] Che farò quando giungerò al luogo nel quale dovrò stare davanti al giudice giustissimo, ed egli mi rimprovererà a causa delle azioni da me accumulate nella mia gioventù? Guai a ogni uomo che muore nei suoi peccati. Ecco che grava su di me quella stessa ora terribile sperimentata da mio padre Giacobbe, allorché la sua anima se ne volò via dal corpo. [5] Oh, quanto sono miserabile oggi e quanto sono degno di commiserazione! Ma, Dio solo é il padrone dell'anima e del corpo, ed egli si comporta con essi come meglio gli piace". [17, 1] Tali furono le parole pronunciate da Giuseppe, quel vecchio giusto. Entrando da lui, io 
vidi la sua anima terribilmente agitata: si trovava, infatti, in grande angustia. Gli dissi: "Salve, padre mio Giuseppe, uomo giusto, come stai?". Egli mi rispose: "Mille volte salve, figlio mio diletto. 
[2] Ormai il dolore e la paura della morte mi hanno assalito, ma appena sentì la tua voce,l'anima mia si é sollevata. O Gesù nazareno, Gesù mio consolatore, Gesù liberatore della mia anima. Gesù mio protettore. Gesù, nome soavissimo sulla mia bocca e su quella di tutti coloro che lo amano. Occhio che vedi e orecchio che ascolti, esaudiscimi. 
[3] Io, tuo servo, oggi ti venero umilissimamente e verso le mie lacrime davanti a te. Tu sei veramente il mio Dio, tu sei il mio Signore. Come spessissimo mi ha riferito l'angelo, specie il giorno in cui il mio animo oscillava tra pensieri cattivi verso la pura e benedetta Maria in stato di gravidanza, ch'io pensavo di dimettere segretamente (Mt 1, 19). [4] Mentre io riflettevo su questo evento, mi diede pace l'apparizione di un angelo del Signore con l'annunzio di un meraviglioso mistero, dicendo: Giuseppe, figlio di David, non temere di prendere Maria in tua sposa, non rattristarti, non proferire parole indecorose a proposito del suo concepimento: é infatti incinta dallo Spirito santo e partorirà un figlio il cui nome sarà Gesù. 
[5] Non volermene, o Signore, a causa di tutto ciò: io ignoravo il mistero della tua nascita. Mi sovvengo pure, mio Signore, del giorno in cui, a causa di un morso di serpente, quel fanciullo stava per morire. I vicini ti volevano consegnare a Erode, affermando che eri stato tu a ucciderlo; ma tu lo hai restituito loro risuscitandolo dai morti: avvicinatomi, presi la tua mano dicendo: figlio mio, sta in guardia. Tu però mi rispondesti: non sei tu forse mio padre secondo la carne? Ti insegnerò chi sono io. 
[6] Ed ora, Signore e Dio mio, non ti adirare e non condannarmi a causa di quell'ora. Io sono tuo servo e figlio della tua serva. Tu invece sei il mio Signore, Dio mio e salvatore, e certissimamente figlio di Dio". 
[18, 1] Dopo aver detto ciò, il mio padre Giuseppe non pot‚ più piangere. Mi accorsi che la morte già lo sovrastava. Mia madre, vergine illibata, s'alzò allora e avvicinatasi a me disse: "Mio diletto figlio, a momenti muore questo pio vecchio Giuseppe". Io risposi: "Madre mia amatissima, su tutte le creature che nascono in questo mondo grava la stessa necessità di morire. La morte, infatti, ha diritto su tutto il genere umano. Anche per te, o vergine madre mia, come per gli altri mortali, c'é da aspettarsi la stessa uscita dalla vita. 
[2] Tuttavia la tua morte, come anche la morte di questo giusto, non é morte, ma perenne vita in eterno. Anzi, anche per me vi é la necessità di morire per quanto concerne il corpo preso da te. Ora, alzati, o mia venerabile madre, va' e entra dal vecchio benedetto Giuseppe, e vedi che cosa avviene del suo corpo mentre l'anima sale in cielo". 
[19, 1] Maria e Gesù al capezzale di Giuseppe. Maria dunque, la mia madre pura, entrò nel locale ove si trovava Giuseppe. Io mi posi a sedere ai suoi piedi, e lo guardavo. I segni della morte erano già apparsi sul suo volto. Ma quel vecchio benedetto, alzata la testa, fissava gli occhi sul mio volto; ma attanagliato dal dolore della morte, non aveva più forza di parlarmi, e emetteva molti sospiri. [2] Io tenni le sue mani per tutto lo spazio di un'ora: ed egli voltando la faccia verso di me, mi indicava di non abbandonarlo. Gli posi poi la mano sul petto e compresi che la sua anima era già vicina alla preparazione della partenza dal suo abitacolo. 
[20, 1] Visto ch'io toccavo il suo corpo, anche mia madre vergine gli toccò i piedi. Sentendoli smorti e privi di calore, mi disse: "Mio amato figlio, ormai i suoi piedi iniziano a raffreddarsi e imitano il biancore della neve". Chiamati dunque i suoi figli e figlie, disse loro: "Venite tutti e appressatevi al vostro padre. Certamente egli é giunto ormai agli estremi". [2] La figlia Assia disse: "Guai a me, fratelli miei, egli é morto della stessa malattia della mia amata madre". Gridava e lacrimava accompagnata dal pianto degli altri figli di Giuseppe. Io, poi, e Maria, mia madre, piangemmo con essi. 
[21, 1] Rivolti gli occhi a meridione, vidi venire la morte con tutta la gehenna, stretta dal suo esercito e dai suoi satelliti: i loro abiti, il loro volto e le loro sacche sprizzavano fuoco. Mio padre Giuseppe, visto che tutto questo era diretto a lui, si sciolse in lacrime e allo stesso tempo emise un gemito straordinario. All'udire questa veemenza di sospiri, scacciai la morte e tutto l'esercito dei suoi accompagnatori. Invocai poi il mio buon Padre, dicendo: 
[22, 1] ''O Padre di ogni clemenza, occhio che vedi e orecchio che ascolti, esaudisci la supplica e le mie preghiere per il vecchio Giuseppe, e manda Michele, principe dei tuoi angeli, e Gabriele, annunziatore di luce, e tutto lo splendore dei tuoi angeli: tutta la loro schiera scorti l'anima del mio padre Giuseppe fino a quando sia giunta a te. 
[2] Questa é l'ora in cui mio padre ha bisogno di misericordia". Vi assicuro che tutti i santi, anzi tutti gli uomini che nascono al mondo, siano essi giusti o perversi, devono necessariamente gustare la morte. 
[23, 1] Giunsero allora Michele e Gabriele presso l'anima di mio padre Giuseppe, la presero e avvolsero in uno splendente involucro. Affidò così lo spirito nelle mani del mio Padre buono, ed egli gli diede la pace. Nessuno dei figli s'era ancora accorto ch'egli si era addormentato. [2] Ma gli angeli custodirono la sua anima dai demoni delle tenebre che erano sulla via, e lodarono Dio fino a quando l'accompagnarono alla dimora dei giusti. [24, 1] Il suo corpo restò prostrato ed esangue. Tolta perciò la mano dai suoi occhi, li ho composti e ho chiuso la sua bocca; dissi poi alla vergine Maria: "O madre mia, dov'é il suo mestiere, quello che egli ha esercitato per tutto il tempo vissuto in questo mondo? Esso é scomparso, ed é come se non fosse mai esistito". I suoi figli, udite queste parole dette da me a mia madre vergine pura, capirono ch'egli era spirato e, lacrimando, iniziarono a gridare. [2] Io dissi loro: "Sì, la morte del vostro padre non é morte, ma vita sempiterna. E' stato, infatti, liberato dalle tribolazioni di questo mondo, e passò alla pace perpetua che dura in eterno". Udito ciò, si strapparono le vesti piangendo. 
[25, 1] Gli abitanti di Nazaret e quelli della Galilea, venuti a conoscenza del loro pianto, andarono da essi e piansero dall'ora terza fino all'ora nona. All'ora nona andarono tutti insieme alla camera di Giuseppe. Di unguenti sceltissimi riempirono il suo corpo e lo portarono via. [2] Io pregavo mio Padre con la preghiera dei celesti: é quella stessa ch'io scrissi prima di venire portato dall'utero della mia madre vergine; appena l'ebbi terminata e pronunziai l'amen, giunse un'ingente moltitudine di angeli; a due di loro ordinai di stendere la loro bianca veste e di avvolgervi il corpo del vecchio benedetto Giuseppe. 
[26, 1] Rivolta la parola a Giuseppe, dissi: "Su di te non regnerà né l'odore della morte né la sua corruzione, dal tuo corpo non uscirà mai un verme. Non un solo membro sarà spezzato, non un solo capello sarà mutato sul tuo capo, nulla del tuo corpo perirà, o padre mio Giuseppe, ma resterà integro e incorrotto fino al convito dei mille anni. [2] Ogni mortale che nel giorno del tuo anniversario avrà cura della oblazione sarà da me benedetto e ricompensato nell'assemblea dei vergini. 
Chiunque, nel giorno della tua memoria e nel tuo nome, avrà dato cibo ai miseri, ai poveri, alle vedove e agli orfani faticando con le sue mani, per tutti i giorni della sua vita non sarà privo di beni. 
[3] Chiunque, in tuo nome, avrà dato da bere un bicchiere d'acqua o di vino a una vedova oppure a un orfano, io lo affiderò a te affinché tu faccia ingresso con lui nel banchetto dei mille anni. Ogni uomo che nel giorno della tua commemorazione avrà cura di fare oblazione, sarà da me benedetto e avrà una rimunerazione nella chiesa dei vergini: gli renderò il trenta, il sessanta e il cento per uno. 
[4] Chiunque avrà scritto la storia della tua vita, il tuo travaglio e il tuo transito da questo mondo, nonché il presente discorso da me pronunziato, durante la sua vita presente io l'affiderò alla tua tutela; e quando la sua anima si separerà dal suo corpo, quando sarà giunta per lui l'ora di abbandonare questo mondo, io brucerò il libro dei suoi delitti e nel giorno del giudizio non lo tormenterò con alcun supplizio: passerà il mare di fuoco, senza alcuna molestia e senza alcun dolore lo attraverserà (Ap 20, 12-15). 
[5] Al povero, che non può fare alcuna delle cose sopra menzionate, é necessario che qualora gli nasca un figlio gli dia il nome Giuseppe. Così in quella famiglia non vi sarà mai in eterno miseria né morte improvvisa". 
[27, 1] Si radunarono allora i patrizi della città nel luogo ove era stato posto il corpo del benedetto vecchio Giuseppe, portando seco le lenzuola, volendolo avvolgere come gli Ebrei sogliono comporre i cadaveri. Ma trovarono che la sua sindone era così aderente al suo corpo che, nonostante i tentativi di toglierla, la si trovò immobile e indissolubile come ferro; in quella sindone non riuscirono neppure a trovare un lembo: il che destò in essi uno stupore grande. Finalmente lo portarono al luogo ove era una grotta e aprirono la porta per sistemare il suo corpo ove erano i corpi dei suoi padri. [2] Mi venne allora in mente il giorno in cui andò con me in Egitto e i grandissimi disagi sostenuti per causa mia: perciò piansi per lungo tempo la sua 
morte e, chinatomi sul suo corpo, dissi: 
[28, 1] Ineluttabilità della morte. O morte che rendi caduca ogni scienza e susciti così tante lacrime e grida! Certo é mio Padre che ti ha concesso questo potere. Gli uomini, infatti, muoiono a causa della trasgressione di Adamo e di sua moglie Eva, e la morte non ha pietà di nessuno. Ma non avviene nulla ad alcuno, né é arrecata alcuna cosa, senza l'ordine del Padre mio. [2] Hanno, certo, vissuto degli uomini che prolungarono la vita fino a novecento anni, ma poi morirono. Anzi, sebbene qualcuno di loro abbia vissuto più a lungo, dovette pur sempre soccombere al fato e nessuno di loro disse mai: io non gustai la morte. Il Signore, infatti, 
infligge la stessa pena una sola volta, quando piace a mio Padre di mandarla all'uomo. Nella stessa ora in cui essa si vede giungere l'ordine dal cielo (la morte) dice: uscirò contro quel tale suscitando una grande costernazione. [3] Immediatamente si scatena un movimento impetuoso, la morte lo domina e agisce con lui 
a suo arbitrio. Ma siccome Adamo non ha compiuto la volontà di mio Padre, bensì ne ha trasgredito l'ordine, mio Padre si é adirato contro di lui e l'ha destinato alla morte: é per tale motivo che la morte é entrata nel mondo. Se invece Adamo avesse osservato l'ordine di mio Padre, non gli sarebbe mai sopraggiunta la morte. 
[4] Ritenete voi ch'io possa chiedere al mio Padre buono di mandare un carro di fuoco a prendere il corpo di mio padre Giuseppe per trasferirlo nel luogo della pace, affinché dimori con gli esseri spirituali? Questa calamità é giunta a causa della prevaricazione di Adamo e con essa la violenza della morte in tutto il genere umano. Questa la causa per cui é necessario ch'io muoia secondo la carne, nell'adempimento del mio compito per gli uomini che io creai, affinché ottengano la misericordia. 
[29, 1] Così parlando, abbracciavo il corpo di mio padre Giuseppe e piangevo su di lui: gli altri aprirono allora la porta del sepolcro e disposero in esso il suo corpo vicino a quello di suo padre Giacobbe. 
Quando si addormentò aveva compiuto centoundici anni. Non gli aveva mai fatto male un dente, mai fu indebolita la forza dei suoi occhi, né incurvata la sua persona, né diminuite le sue forze; esercitò il suo mestiere di falegname fino all'ultimo giorno della sua vita. Questo giorno era il ventisei del mese di abib". [30, 1] Noi apostoli, udito ciò dal nostro Salvatore, ci alzammo gioiosi, ci prostrammo davanti a lui per rendergli gli onori, e gli abbiamo detto: "Salvatore nostro, offrici la tua grazia; abbiamo invero ascoltato un sermone di vita. Ma desta la nostra meraviglia, Salvatore nostro, il destino di Enoc e di Elia: il fatto cioé che essi non siano stati soggetti alla morte. Già da ora abitano nella dimora dei giusti senza che i loro corpi abbiano visto la corruzione. [2] Mentre quel vecchio Giuseppe, falegname, era ben tuo padre secondo la carne. Hai ordinato che andando in tutto il mondo predichiamo il santo vangelo e ci hai detto: "Annunziate loro anche 
la morte di mio padre Giuseppe, e celebrate con solennità il giorno festivo sacro al suo anniversario. Chiunque poi avrà detratto qualcosa da questo sermone, o avrà aggiunto qualcosa, costui pecca". 
[3] Desta ancora la nostra meraviglia che dal giorno in cui sei nato a Betlemme Giuseppe ti abbia chiamato suo figlio secondo la carne (Rm 1, 3). Perché dunque tu non l'hai reso immortale come loro? Eppure tu dici ch'egli é stato giusto ed eletto". [31, 1] Il nostro Salvatore rispose, dicendo: "La profezia di mio Padre, già si é avverata su di 
Adamo a causa della sua disobbedienza, e tutte le cose sono disposte secondo il volere e la volontà di mio Padre. Se l'uomo abbandona l'ordinamento di Dio e segue le opere del diavolo commettendo il peccato, la sua età é allungata: viene conservato in vita affinché resti la possibilità che faccia penitenza e consideri che si sta dando nelle mani della morte. [2] Se invece uno é intento alle opere buone, avrà egli pure un prolungamento di vita (da Dio) affinché, crescendo la fama della sua vecchiaia, gli uomini giusti lo imitino. Ma quando vedete un uomo dall'animo gretto incline all'ira, i giorni di costui sono di certo accorciati: sono quelli 
che vengono tolti nel fiore dell'età. Ogni profezia pronunziata da mio Padre sui figli degli uomini, a proposito di qualsiasi cosa, deve compiersi. [3] Per quanto riguarda Enoc ed Elia, il fatto cioé che ancor oggi siano vivi mantenendo gli stessi corpi con i quali sono nati, mentre mio padre Giuseppe l'ha lasciato, é certo che per 
quanto l'uomo viva nel mondo molte miriadi di anni, sarà un giorno costretto a cambiare la vita con la morte. [4] Vi assicuro, o fratelli miei, che alla fine dei tempi necessariamente essi (Enoc e Elia) ritorneranno nel mondo e moriranno: ciò avverrà nel giorno del cambiamento, del terrore, dell'angustia e dell'afflizione. L'anticristo ucciderà infatti quattro corpi e verserà il loro sangue come acqua, per la vergogna alla quale lo esporranno e per l'ignominia con cui, scoperta la sua empietà, i vivi lo additeranno". 
[32, 1] Noi esclamammo: "O Signore nostro, Dio e Salvatore nostro, chi sono quei quattro di cui hai parlato dicendo che l'anticristo li toglierà di mezzo per il loro biasimo?". Il Salvatore rispose: "Essi sono Enoc, Elia, Schila e Tabita". Udite queste parole del nostro Salvatore ce ne rallegrammo e esultammo, e abbiamo dato ogni gloria e ringraziamento al Signore Dio e Salvatore nostro Gesù Cristo. 
[2] A lui la gloria, l'onore, la dignità, il dominio, la potenza e la lode, assieme al Padre buono e allo Spirito vivificante, ora e in ogni tempo, nel secolo dei secoli. Amen. 

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