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giovedì 15 maggio 2014

NARRAZIONE DI GIUSEPPE DI ARIMATEA

File:Pietro Perugino 012.jpg

Il Vangelo di Gamaliele è un vangelo apocrifo con attribuzione pseudoepigrafa a Gamaliele, stimato maestro ebreo del I secolo. Datato al IV secolo, è scritto in copto, forse rielaborante materiale greco precedente. Descrive gli eventi della domenica di Pasqua successivi alla risurrezione di Gesù e esalta la figura di Pilato e sua moglie Procla, che prendono in consegna la Sindone. È evidente la dipendenza da un altro vangelo apocrifo relativo alla passione, il Vangelo di Nicodemo o Atti di Pilato. Come gli altri vangeli della passione, il Vangelo di Gamaliele è all'origine dell'esaltazione cristiana di Pilato e sua moglie Procla, considerati santi dalle chiese greco-ortodossa e copta.

[1, 1] Io, Giuseppe da Arimatea, che ho chiesto a Pilato il corpo di nostro Signore Gesù per seppellirlo, fui imprigionato dagli Ebrei omicidi e deicidi i quali mantenendo la legge di Mosè sono diventati agenti di afflizione: hanno suscitato l'ira del legislatore misconoscendo il Dio da loro crocifisso, e hanno dimostrato la sua divinità a tutti i credenti. Presentazione dei due ladroni. Sette giorni prima che essi condannassero alla morte in croce il figlio di Dio, a Pilato erano stati mandati due uomini catturati a Gerico con i seguenti capi d'accusa. 
[2] Il primo, di nome Gesta, aveva assassinato dei viandanti e depredato altri, appeso donne con i piedi in alto e la testa in basso e tagliato loro i seni, e bevuto il sangue dei bambini, dopo averli mutilati; non aveva mai riconosciuto alcun dio, n‚ obbedito ad alcuna legge: si era comportato così fin dall'inizio della sua vita. Ecco invece qual era la situazione dell'altro. Si chiamava Dema, era galileo e aveva un albergo; ospitava i ricchi, ma faceva anche del bene ai bisognosi e, come Tobia, seppelliva segretamente i morti poveri; si industriava di derubare i beni degli Ebrei, rubò anche la legge a Gerusalemme; depredò la stessa figlia di Caifa, sacerdotessa del santuario, e sottrasse persino il deposito segreto collocatovi da Salomone. Queste le azioni delle quali si era reso colpevole. 
[3] Gesù fu dunque arrestato tre giorni prima della pasqua, nella sera. N‚ Caifa n‚ tutto il popolo ebraico volevano festeggiare la pasqua a causa del loro profondo dolore per il furto che era stato consumato nel santuario. Il compito di Giuda. Chiamarono Giuda Iscariota e glielo dissero: egli era, infatti, figlio del fratello del grande sacerdote Caifa; siccome non era uno dei discepoli che seguivano Gesù, tutti gli Ebrei l'istigarono a seguirlo, non per credere ai prodigi che egli operava n‚ per approvare i suoi discorsi, ma per consegnare Gesù nelle loro mani dandogli una parola menzognera. Per questa bella impresa ricevette due dramme d'oro al giorno. C'era pure, a quanto si dice, uno dei discepoli chiamato Giovanni che aveva passato due anni con Gesù. 
[4] Tre giorni prima di impadronirsi di Gesù, Giuda disse agli Ebrei: "Su, teniamo consiglio e deliberiamo che non è il ladrone che ha rubato la legge, ma Gesù in persona. Io poi mi incarico dell'arresto". Quando furono pronunciate queste parole uno di noi, di nome Nicodemo, che custodiva le chiavi del santuario, si rivolse a tutti dicendo: "Non commettete un simile crimine!". Nicodemo era più leale di tutti gli altri Ebrei. Ma la moglie di Caifa, di nome Sarra, gridò: "Parlando in questo luogo santo, Gesù stesso disse: "Io posso distruggere il tempio e ricostruirlo in tre giorni"". Gli Ebrei le risposero: "Noi tutti crediamo alle tue parole!". Terminato 
il consiglio, Gesù fu arrestato. 
[2, 1] Gesù davanti a Anna e Caifa. Il giorno appresso, il quattro del mese, all'ora nona lo condussero davanti a Caifa. Anna e Caifa: "Perchè hai tu rubato la nostra legge, e messo all'asta pubblica le promesse di Mosè e dei profeti?". Ma Gesù non rispose. Radunatasi nuovamente la moltitudine, qualcuno gli domando: "Perchè volevi tu distruggere in un istante il tempio che Salomone ha costruito in quarantasei anni?". Gesù non rispose: il tempio che è stato saccheggiato dal ladro è quello della sinagoga. 
[2] Verso sera, sulla fine del quarto giorno, tutta la moltitudine domandava che, a motivo della perdita della legge, la figlia di Caifa fosse data alle fiamme; e non si sapeva come celebrare la pasqua. Ma lei disse: "Perseverate, figli, continuate e mettete a morte questo Gesù. Così è la legge e in tal modo celebreremo la festività". Giuda accusatore. Anna e Caifa ricompensarono segretamente Giuda Iscariota dandogli una somma molto forte e gli dissero: "Parla come ci hai detto: "Io ho visto che la legge è stata rubata da Gesù e non da questa irreprensibile giovane"". Giuda rispose loro: "E' indispensabile che tutto il popolo ignori queste 
raccomandazioni che mi avete fatto a proposito di Gesù. Lasciatelo e io mi incarico di persuadere il popolo che le cose sono così". E, astutamente, misero Gesù in libertà. 
[3] Nel quinto giorno, Giuda andò nel tempio e, rivoltosi a tutto il popolo, disse: "Che cosa mi darete s'io vi consegno colui che ha detronizzato la legge e rubato i profeti?". Gli Ebrei gli risposero: "Se tu ce lo consegni, ti daremo trenta denari d'oro". Il popolo ignorava che Giuda intendeva parlare di Gesù: era, infatti, opinione diffusa che egli fosse figlio di Dio. Giuda si prese i trenta denari d'oro. 
[4] Andato al santuario all'ora quarta e all'ora quinta Giuda trovò Gesù che discorreva nell'atrio. Fattasi sera, disse agli Ebrei: "Datemi una scorta di soldati armati di spade e di bastoni, e ve lo consegnerò". Gli diedero così una scorta per prenderlo. Cammin facendo, Giuda disse ai suoi compagni: "Afferrate colui ch'io bacerò. E' lui che ha rubato la legge e i profeti". E avvicinatosi a Gesù, lo baciò, dicendo: "Salve, Rabbi!". Era la sera del quinto giorno. Afferratolo, lo portarono da Caifa e dai sommi sacerdoti; Giuda disse: "Costui è quegli che ha rubato la legge e i profeti". E gli Ebrei sottoposero Gesù a un iniquo interrogatorio dicendo: "Perchè tu hai fatto questo?". Ma Gesù non rispondeva. Vedendo questa cattedra di empi, Nicodemo e io, Giuseppe, ci allontanammo da loro, non volendo perderci con il consiglio degli empi. 
[3, 1] Gesù in croce tra i due ladroni. Durante questa notte inflissero a Gesù molti trattamenti indegni e, nella vigilia del sabato, lo consegnarono a Pilato, il governatore, affinchè fosse crocifisso: in questo convennero tutti. E' per questo che, dopo averlo interrogato, il governatore Pilato ordinò che fosse crocifisso con due ladroni: insieme a Gesù furono crocifissi Gesta, alla sua sinistra, e Dema, alla sua destra. 
[2] Quello che si trovava a sinistra cominciò a gridare dicendo a Gesù: "Guarda quanti delitti ho commesso sulla terra! Sebbene sapessi che tu sei re, pensavo che saresti perito. Perchè tu che dici di essere figlio di Dio, non puoi salvare te stesso, nel bisogno? Come puoi tu soccorrere un altro che ti invochi? Se tu sei il Cristo, discendi dalla croce, ed io crederò in te. Per ora io non ti considero un uomo, ma una bestia feroce condannata a morire con me". E proseguì dicendo molte altre cose su Gesù, bestemmiando e digrignando i denti contro di lui. Questo ladrone era, infatti, caduto negli inganni del demonio. 
[3] Il buon ladrone. Ma il ladrone di destra, che si chiamava Dema, vedendo che la grazia divina era diffusa su Gesù, gli rivolse la parola così: "Io vedo, Gesù Cristo, che tu sei il figlio di Dio. Io ti vedo, Cristo, adorato da migliaia di miriadi di angeli. Perdona i peccati da me commessi! Fa' che n‚ le stelle, n‚ gli astri della notte assistano alla mia condanna allorchè tu verrai a giudicare tutta la terra: è, infatti, durante la notte che ho portato a compimento i miei perversi disegni. Fa' che il sole, oscuratosi adesso per te, non si muova per illuminare il male che è dentro il mio cuore: io, nulla posso offrirti per espiare le mie colpe. Ecco che mi sovrasta la morte a causa dei miei peccati, ma tu sei l'espiazione: liberami, o padrone dell'universo, dalla tua terribile riprovazione; non permettere al demonio di inghiottirmi e di ereditare l'anima mia come quella del miserabile che è crocifisso alla tua sinistra. Vedo, infatti, che il demonio si impadronisce con gioia della sua anima, mentre il suo corpo diventa a poco a poco invisibile. Non mettermi neppure dalla parte degli Ebrei, giacchè vedo Mosè e i patriarchi immersi in una profonda desolazione, mentre il demonio gioisce del loro dolore. Perciò, o padrone, prima che io renda il mio spirito, ordina che siano rimessi i miei peccati, ricordati di me, povero peccatore, nel tuo regno, allorchè sull'alto tuo trono che domina i cieli, verrai a giudicare le 
dodici tribù di Israele, poichè per opera tua hai offerto al mondo il mezzo di evitare un grande castigo". 
[4] Mentre questo ladrone parlava così, Gesù gli rispose: "In verità ti dico, tu, Dema, sarai oggi con me in paradiso, e i figli del regno, i discendenti di Abramo, di Isacco, di Giacobbe e di Mosè, saranno gettati nelle tenebre esteriori, ove sarà pianto e stridore di denti. Tu solo abiterai nel paradiso fino alla mia seconda venuta, quando verrò per giudicare quanti non avranno confessato il mio nome". Disse ancora al ladrone: "Quando sarai partito, dì ai cherubini e alle dominazioni che portano la spada fiammeggiante, custodi del paradiso dal quale è stato scacciato il primo uomo Adamo ch'io avevo posto nel paradiso ma non ha 
osservato i miei ordini, che nessuno dei primi vedrà il paradiso fino a quando verrò io per la seconda volta per giudicare i vivi e i morti: così sta scritto. Io Gesù Cristo, figlio di Dio, disceso dal più alto dei cieli, uscito dall'invisibile seno del Padre mio, senza esserne separato, venuto sulla terra per prendere un corpo ed essere crocifisso per salvare Adamo, mia creatura, alle dominazioni dei miei arcangeli, ai portieri del paradiso, ai ministri del Padre mio, prescrivo e ordino l'ammissione di colui che è stato crocifisso con me; in virtù mia abbia la remissione dei peccati, vestito di un corpo immortale entri nel paradiso e abiti là ove nessuno mai ha potuto abitare". Dopo queste parole, Gesù rese lo spirito: era la vigilia del sabato, l'ora nona. Tenebre 
si estesero su tutta la terra e si sentì un grande terremoto: crollò il santuario e anche il pinnacolo del tempio. 
[4, 1] Sepoltura di Gesù e sua apparizione a Giuseppe. Io, Giuseppe, chiesi il corpo di Gesù e lo seppellii in un sepolcro nuovo dove ancora non era stato posto alcuno; ma il corpo del ladrone che era stato crocifisso alla sua destra non lo si trovò più, mentre il corpo di quello che era stato crocifisso alla sua sinistra era simile a quello di un dragone. Poichè io avevo chiesto il corpo di Gesù per seppellirlo, gli Ebrei si irritarono contro di me e mi rinchiusero in una prigione ove, con la forza, erano trattenuti i malfattori. Era la sera del sabato quando mi si inflisse questo trattamento con il quale la nostra nazione recava oltraggio alla giustizia. Ecco 
quale terribile malvagità la nostra nazione praticava nel giorno di sabato. 
[2] Precisamente nella sera del primo giorno della settimana, all'ora quinta della notte. Gesù venne da me in prigione, con il ladrone che era stato crocifisso alla sua destra e che aveva mandato in paradiso: nella camera risplendette una luce accecante, la casa fu sospesa ai quattro angoli, si aprì così un passaggio e io sono uscito. Prima dunque riconobbi Gesù, poi il ladrone che portava una lettera a Gesù. Quando ci mettemmo in cammino per la Galilea brillò una luce così grande che la creazione non poteva sopportare; mentre dal ladrone emanava un gradito profumo che è quello del paradiso. 
[3] Lettera dei cherubini. Gesù si assise in un luogo e lesse così: "Noi cherubini e angeli, che dalla tua divinità ricevemmo l'ordine di custodire il giardino del paradiso, ti comunichiamo quanto segue per opera del ladrone che è stato crocifisso con te: alla vista dell'impronta dei chiodi del ladrone che fu crocifisso con te e dello splendore delle lettere della tua divinità, il fuoco s'è spento, incapace di resistere allo splendore di questa impronta e venne su di noi un timore grande; udimmo il creatore del cielo e della terra e di tutta la creazione, che discendeva dalle regioni più elevate fino alle profondità della terra per il primo uomo, Adamo. Vedendo la croce immacolata che sfolgorava, per mezzo del ladrone, con uno splendore sette volte più vivo di quello del sole, fummo colti dalla paura, risentimmo il tremore della terra e la grande voce dei servi degli inferi che dicevano con noi: "Santo, santo, santo è colui che comanda nel più alto dei cieli"; mentre le potestà innalzavano il grido: "Signore, ti sei manifestato in cielo e sulla terra apportando al mondo la gioia, ma con un dono ancora più bello di questo, con la tua invisibile volontà eterna tu hai liberato la stessa opera dalla morte!"". 
[5, 1] Gesù, Giovanni, il ladrone, Giuseppe. Io ho contemplato queste cose mentre andavo in Galilea con Gesù e il ladrone. Gesù si trasfigurò e non era più come prima che fosse crocifisso, ma era diventato tutto luce. Gli angeli lo servivano continuamente e Gesù parlava con essi. Io passai con lui tre giorni: non c'era con lui alcuno dei suoi discepoli, ma soltanto il ladrone. 
[2] A metà della festa degli azzimi sopraggiunge il suo discepolo Giovanni. Noi non notammo più il ladrone, n‚ sapevamo che cosa ne era avvenuto. Giovanni allora domandò a Gesù: "Chi era costui che tu non mi hai neppure presentato a lui?". Ma Gesù non gli rispose. Giovanni si prostrò allora davanti a lui, dicendo: "Signore, so che tu mi hai amato fin da principio, e perchè mai non mi fai conoscere quest'uomo?". Gesù gli rispose: "Perchè domandi tu cose nascoste? Sei diventato ottuso a un tratto? Non percepisci il profumo del paradiso che pervade questo luogo? Non conosci tu quest'uomo? E' il ladrone crocifisso il quale ha ottenuto il paradiso. In verità in verità ti dico che lui solo non attenderà il gran giorno". Giovanni gli chiese: "Rendimi 
degno di vederlo!". 
[3] Giovanni stava ancora parlando allorchè, tutt'a un tratto, gli apparve il ladrone; Giovanni, esterrefatto, si prostrò a terra. Il ladrone non era più come prima dell'arrivo di Giovanni, bensì assomigliava a un re soffuso da una grande potenza; portava la sua croce e s'udirono più voci dire insieme: "Vieni nel luogo del paradiso che ti è stato preparato! Abbiamo disposto che tu sia servito fino al gran giorno, per volere di colui che ti ha mandato". Dopo queste parole, il ladrone e io, Giuseppe, diventammo invisibili: io mi ritrovai a casa mia, ma non vidi più Gesù. 
[4] Avendo visto queste cose, le scrissi affinchè tutti credano in Gesù Cristo crocifisso, nostro Signore, e più nessuno serva alla legge di Mosè; si presti fede, invece, ai segni e prodigi da lui operati, e per mezzo di questa fede ereditiamo la vita eterna e possiamo incontrarci nel regno dei cieli. Giacchè a lui spetta gloria, potenza, lode e grandezza nei secoli dei secoli. Amen. 

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