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martedì 13 maggio 2014

CRISTO COME APOLLO?

File:Apollo1.JPG

Il cristianesimo nacque all'interno della civiltà ebraica, ma durante un'epoca in cui l'ebraismo era profondamente immerso dentro il mondo greco-romano. Il regno di Israele non esisteva più da tempo, e il titolo di "re" rimase alla dinastia reale solo come onorificenza. Inoltre, la Bibbia non era più letta in ebraico come accadeva tanti secoli prima: da duecento anni, ormai, si leggeva solo nella traduzione greca, detta Bibbia dei Settanta perché si credeva che Dio avesse ispirato prodigiosamente settanta esperti che dalla lingua antica, conosciuta ormai solo dai sacerdoti, la tradussero in greco. La Gerusalemme dove vissero Gesù e i primi cristiani apparteneva dunque pienamente alla civiltà ellenistica. Il pensiero greco-romano aveva il culto della bellezza in tutte le sue forme, e aveva prodotto un’arte che imitava quanto più possibile la natura inseguendo un ideale di perfezione. Per quanto la filosofia e le altre scienze dell’intelletto cercassero di coltivare anche lo spirito, era soprattutto la dimensione umana e terrena della vita che veniva esaltata. Secondo la mitologia pagana, dopo la morte non restava dell’uomo che una pallida, meschina ombra dispersa nei sentieri dell’Ade, dove non c’era nemmeno una vera forma di esistenza. Quando nell’Odissea Ulisse scende nel regno degli Inferi e incontra Achille, il più grande e nobile degli eroi greci, si sente dire questo: Achille preferirebbe essere sulla terra l’ultimo degli schiavi, ma vivo, piuttosto che il re di quel desolato mondo di fantasmi. Dopo la morte, dunque, non c’era nulla; o comunque non c’era nulla a cui guardare con sollievo. Perciò era bene usare al meglio il tempo disponibile in vita, per godere di tutte le gioie possibili senza farsi troppi pensieri per il poi. Tale è il senso di un famosisissimo passo del poeta Orazio, vissuto proprio nel I secolo, il quale invita una giovane donna a godere dei piaceri dell’amore. E il passo è anche lo specchio del suo tempo:
Mentre parliamo il tempo, invidioso, sarà già fuggito.
Cogli il giorno che fugge,
credendo il meno possibile nel futuro.
Nella Grecia antica il fatto di essere belli nel corpo significava essere considerati anche belli dentro, cioè essere onesti, virtuosi, coraggiosi, e le due cose difficilmente andavano separate: il verbo kalokagathèuein, usato per indicare le persone perbene, significava letteralmente “essere bello e buono”. Nei poemi omerici gli dèi erano bellissimi, e così pure gli eroi, i loro figli nati da un amore con esseri umani. Il fattore culturale rischiava di influire nettamente sul modo in cui Gesù veniva raffigurato.

Immagine tratta da Wikipedia, Autore: Mathiasrex

Articolo per gentile concessione della dott.ssa Barbara Frale

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