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martedì 7 febbraio 2012

ERESIE A PUNTATE: 9. L’IMMAGINE DEL DIAVOLO

La Chiesa era ben consapevole dell’analfabetismo diffuso della popolazione, e fece un uso intenzionale dell'immagine per informarlo e, soprattutto, per formarlo. Per un tempo assai lungo, nelle immagini dipinte o scolpite prevalse l’aspetto didattico ed ideologico su quello propriamente estetico. Anche i colori, oltre alle forme, divennero dei simboli (pensiamo, ad esempio, al primato del rosso, colore imperiale). L’idea di diversità, di rovesciamento dei connotati umani e divini, sta alla base della rappresentazione iconografica del maligno. Sia che esso venga raffigurato in forma umana che ferina, la sua corporeità presenta elementi esagerati e mostruosi. Lo scopo era quindi quello di impressionare e spaventare i peccatori con le minacce dei tormenti infernali e le fattezze mostruose e bestiali dei diavoli li distinguevano dalla dignità angelica. Nelle rappresentazioni dei primi secoli cristiani, fino al IX secolo circa, il demonio ha fattezze umanoidi: con un aspetto di un essere piccolo e deforme, oppure quello di un vecchio; oppure come un essere grande e grosso, con fattezze umane, ma con artigli ai piedi. A volte anche come un angelo vestito di bianco. Tra gli attributi più frequenti del diavolo in forma umanoide ricordiamo una capigliatura liscia e scura e, successivamente, serpentina; gli occhi di fuoco, e il naso lungo e ricurvo (particolare, quest’ultimo, connesso allo stereotipo razziale degli ebrei al fine di demonizzarli). Come animale o mostro il diavolo incomincia ad apparire con maggiore frequenza a partire dall’XI secolo. Le rappresentazioni ferine o mostruose seguivano l’immaginario medievale e quasi sempre richiamavano in qualche modo serpenti, gatti, lupi, caproni e pipistrelli. Fra gli attributi più comuni si possono ricordare la coda, le orecchie animali, la barba caprina, gli artigli e le zampe - specialmente quelle posteriori - da capro. Le corna, in un primo momento non molto diffuse, lo divennero verso l’XI secolo (basti pensare al gran numero di citazioni di questo attributo nei proverbi popolari). Il diavolo era spesso alato: nell’Alto Medio Evo le sue ali erano quasi piumate, mentre dal XII secolo cominciarono a comparire le ali da pipistrello. Per quanto riguarda i colori, il diavolo, di solito, era raffigurato con il nero, altrimenti poteva apparire blu o viola, tutti colori che comunque stavano ad evidenziare la sua natura infima. Secondo lo schema galenico dei quattro elementi, egli era costituito di aria scura e densa, in contrapposizione agli angeli che, composti di fuoco etereo, erano di colore rosso o bianco. Solo nel tardo medioevo il rosso divenne un colore diabolico, associato al sangue e alle fiamme infernali. Altre volte, ma meno frequente, troviamo il diavolo raffigurato anche in marrone o grigio pallido, il colore dei malati e dei morti. Accanto alle raffigurazioni del diavolo, l’iconografia medievale rappresentava e associava i simboli di morte a quelli diabolici, per evidenziare la contrapposizione duale tra l’anima e il corpo, la luce e il buio, la vita e la morte. In questo modo, anche la morte diviene un principio negativo legato al “male”, e la si “demonizza” (basti pensare alle varie danze macabre che, soprattutto dopo la peste nera, vengono rappresentante un po’ ovunque). Il diavolo, privo di bellezza e armonia proprio per rappresentare una ripugnante deformazione della natura umana e angelica, intesa come modello di bellezza e perfezione (umana e divina), nella rappresentazione folklorica assume, spesso, anche un carattere grottesco e burlesco (frequenti sono le parodie e storielle, che parlano delle sue sfide con i Santi, a suon di peti). A partire dal ’300, l’immagine di Dio comunemente rappresentata è quella di un giudice terribile e implacabile, che permette immani flagelli, come la peste (soprattutto dopo la peste nera del 1348-49) e carestie, per punire le colpe degli uomini. Satana occupa un posto di rilievo e ovunque sono dipinti e raffigurati demoni e tutti coloro che la Chiesa reprimeva per la loro devianza dottrinale, attraverso il Tribunale dell’Inquisizione, ovvero eretici, ebrei, atei, ma soprattutto streghe, conseguenza dell’ossessione misogina della Chiesa nei confronti della donna. Il sesso, in particolare quello femminile, diventa la tentazione per eccellenza. La ragione di questa visione sessuofobia e fortemente misogina risiede nel fatto stesso che ella, essendo nata dalla costola dell’uomo, “è più carnale dell’ uomo, più imperfetta, ed essendo più carnale, la tentazione si accanisce sulla donna, che per sua natura “inganna sempre”. È superfluo ricordare il manuale, violentemente misogino, di due inquisitori tedeschi, Jakob Sprenger ed Heinrich Institoris, per l’identificazione e la punizione delle streghe, il Malleus maleficarum, che ebbe tra il 1486 e il 1669 ben 34 edizioni e che, fra il ’500 e il ’700, centinaia di migliaia di donne persero la vita a causa della caccia alle streghe.

Articolo di Aldo Ciaralli. Non può essere distribuito né copiato senza il consenso dell'autore.

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