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sabato 11 febbraio 2012

ERESIE A PUNTATE: 17. DALLA MITOGRAFIA CATARA AL NAZIONALSOCIALISMO

E’ veramente incredibile come vicende lontanissime del Medioevo abbiamo influenzato e plasmato l’ottocento e il novecento. Nel caso del Catarismo è inoltre complicato districarsi all’interno degli usi strumentali che di esso hanno fatto esoteristi, occultisti, massoni e infine politicanti avvezzi a piegare i miti ai loro fini di manipolazione di massa. Sotto un particolare punto di vista sembra che le persecuzioni adottate all’Inquisizione abbiamo compresso e poi fatto dilagare le idee eretiche in un’epoca nella quale la Chiesa non aveva più armi per difendere la propria ortodossia. In questo senso, a differenza di quanto è avvenuto per la gnosi cristiana tardoantica, cui numerosi pensatori e scrittori contemporanei si sono richiamati come a un ineludibile “modello” speculativo, a partire almeno da Ferdinand Christian Baur - che in Die christliche Gnosis oder die christliche Religionsgeschichte (1835) ricollegò la filosofia di Hegel alla gnosi valentiniana - fino a Jung, a Jonas o a Cioran, il catarismo è stato di norma trattato in epoca moderna più come un mito politico o un tema occultistico che come un capitolo di storia del pensiero o delle religioni.
E in questa luce lo presenta ancor oggi la folta letteratura di consumo fantasticante sui segreti o sui tesori dei Catari, sui loro favolosi rapporti con i Templari o con la leggenda del Graal, sul loro ruolo nell'ambito di una tradizione occulta occidentale che si sarebbe perpetuata fino ai giorni nostri. Il modello ideologico-politico si delineò fin dai primi decenni del secolo scorso con Thierry e Sismondi: pur con diverse sfumature, entrambi videro nella Crociata contro gli Albigesi uno scontro fra Nord e Sud, fra dispotismo e libertà, fra aristocrazia feudale e Terzo Stato, fra oscurantismo ecclesiastico e Lumières. Nel corso dell'Ottocento, quello che era ormai diventato il “mito” albigese continuò ad arricchirsi di nuovi apporti, assorbendo anche elementi che annunciavano i successivi sviluppi occultistici, come il tema ugonotto della Chiesa nascosta (Lenau) o l'identificazione della Chiesa d'amore degli Albigesi con la dama cantata dai trovatori (Aroux). La sintesi di tutte queste componenti
fu realizzata tra il 1870 e il 1872 nei tre volumi della Histoire des Albigeois di Napoléon Peyrat, pastore protestante dell'Ariège, animato da ferventi idee regionalistiche e socialiste; a lui attingeranno, citandolo come una indiscussa autorità, quasi tutti i successivi mitografi del catarismo. A lui si deve soprattutto la creazione del mito di Montségur, che nella cornice visionaria del suo racconto diventa per la prima volta la montagna sacra dei Catari: Montségur, egli scrive, fu “quasi una Sion essena, una Delfi platonica dei Pirenei, una Roma Gioannita, proscritta e selvaggia d'Aquitania”. E profetizza che da questa “fortezza del Paracleto”, da questo “Golgota della fede Gioannita e della patria pirenea” spiccherà il volo il cavaliere misterioso che dovrà rigenerare l'Europa e il mondo intero. Tra la fine dell'Ottocento e i primi anni del nostro secolo, si registrò una progressiva e rapida integrazione del catarismo in ambito occultistico. Una novità decisiva, dopo il collegamento con la poesia trobadorica, è costituita dall'identificazione di Montségur alla montagna sacra del Graal, il Munsalvaesche di Wolfram von Eschenbach, operata sull'onda di suggestioni wagneriane (il Monsalvat del Parsifal è situato sui Pirenei) da quel chiassoso personaggio della Parigi fin de siècle che fu Joséphin Péladan (1858-1918), fluviale romanziere e saggista nonché membro di varie società segrete di stampo martinista e rosicruciano. Ne sarebbero scaturiti gli sviluppi più impensati e aberranti. Intanto, un movimento “neognostico”' guidato dal massone Jules Doinel (1842-1889) restaurava la sede episcopale di Montségur: nel corso di una seduta spiritica tenutasi nel 1890 presso il salotto-oratorio di una grande dama dell'occultismo parigino, Maria de Mariàtegui, duchessa di Pomar (poi Lady Caithness), l' “entità” di Guilhabert de Castres, martire cataro del XIII secolo, circondato dai quaranta vescovi del “Sinodo Albigese di Montségur”, consacrò patriarca con il nome di Valentino II lo stesso Doinel. Questi procedette all'organizzazione della sua “Chiesa Gnostica”, fissandone dottrina e culto: uno dei sacramenti di cui la dotò era il consolamentum, fantasiosa elaborazione del rito di iniziazione cataro. Consacrò quindi altri vescovi gnostici, fra cui il celebre esoterista Papus (pseudonimo di Gérard Encausse) e il letterato socialista Léonce Fabre des Essarts, che gli sarebbe succeduto nel 1894 dopo le sue dimissioni. Fu Fabre des Essarts (Synesius in episcopato), nel 1908, a introdurre nel gruppo degli “Gnostici” il giovane René Guénon, allora ventiduenne, che assunse il nome di Palingenius. Con questo nome - preceduto dalla lettera tau, segno della carica episcopale - Guénon firmò i suoi primi articoli, apparsi nella rivista “La Gnose”, da lui stesso fondata nel 1909. Ma egli si sarebbe staccato ben presto dalla Chiesa Gnostica, che poi condannò senza appello entrando nel sufismo islamico; a Noele Maurice Denis-Boulet avrebbe addirittura dichiarato di essere entrato nel movimento gnostico solo per distruggerlo. Una iniziativa per certi versi simile a quella di Doinel e dei suoi successori, anche se caratterizzata da un maggiore interesse per la ricerca storica, fu quella di Déodat
Roché (1877-1978), che fondò nel 1950 a Montségur la Société du souvenir et des études cathares, viva ancor oggi; ne sono organo i “Cahiers d'études catare”, la cui pubblicazione era incominciata già nel 1949. Roché, che in giovinezza aveva aderito alla Chiesa Gnostica di Doinel e Fabre des Essarts assumendo il nome di Teodoto, venne poi conquistato dall'antroposofia di Rudolf Steiner, sui cui princìpi innestò il suo “neocatarismo”; fra i suoi discepoli vi fu René Nelli, e a lui dovette in gran parte la sua conoscenza
del catarismo anche Simone Weil. Ma il nome più famoso della mitografia catara del nostro secolo è senza dubbio quello di Otto Rahn, autore di Kreuzzuggegen den Graal (1933) e di Luzifers Hofgesind (1937). Legato alla Thule Gesellschaft, una delle società occulte che fiancheggiarono il nascente nazionalsocialismo, Rahn fece lunghi soggiorni nell' Ariège, compiendo misteriose ricerche nei Pirenei (ricerche che mascheravano probabilmente attività di spionaggio lungo la frontiera tra Francia e Spagna) e stringendo amicizia con Antonin Gadal, direttore del Syndicat d'lnitiative di Ussat-les-Bains e autore di fantasiosi scritti sul “Graal pirenaico”, che gli ispirarono le tesi fondamentali del suo primo libro. Rientrato in Germania e divenuto ufficiale delle SS, morì in circostanze poco chiare nel 1939 dopo essersi dimesso dal corpo, a quanto pare, in seguito alla scoperta delle sue origini ebraiche: ma secondo voci ricorrenti, che alimentarono una vera e propria leggenda, Rahn si sarebbe soltanto nascosto per riapparire in seguito sotto varie identità. Kreuzzuggegen den Graal sviluppa con un misto di erudizione universitaria e di lirico entusiasmo l'associazione Montségur-Munsalvasche, identificando i principali personaggi del Parzival di Wolfram von Eschenbach con alcuni protagonisti della resistenza catara contro i crociati di Simon de Montfort, a cominciare dallo stesso Parzival che adombrerebbe il visconte di Carcassonne Raimon-Roger Trencavel (morto nel 1209). Attraverso tutta una serie di avventurose ipotesi e di funambolici collegamenti, Rahn cerca così di dimostrare che eresia catara, poesia trobadorica e romanzi del Graal non sono che le diverse espressioni di una mistica amorosa che fiorì nell'Occitania medioevale e che fu violentemente combattuta, fino allo sterminio dei suoi esponenti, dalla Chiesa romana. Rispetto alla corrente di studi cui attinge (da Aroux e Peyrat fino a Péladan), il suo apporto più originale sta nell'inclusione della tradizione germanica in questa eterogenea rete di collegamenti, che si estende fino al buddhismo e all'induismo: ciò favorì una pronta utilizzazione del libro - non si sa quanto approvata dallo stesso Rahn - da parte della propaganda nazista e una collocazione, che si perpetua tuttora in certa pubblicistica di estrema destra, del catarismo tra le «fonti segrete» del nazismo.

Articolo di Aldo Ciaralli. L'articolo non può essere copiato nè distribuito senza il consenso dell'autore.

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