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venerdì 17 febbraio 2012

GIROLAMO SAVONAROLA

(Ferrara 1452 - Firenze 1498), predicatore e riformatore italiano. Nato in una famiglia nobile, nel 1474 entrò nell'ordine dei domenicani a Bologna e nel 1482, chiamato da Lorenzo il Magnifico, iniziò l'attività di predicatore presso il convento di San Marco, a Firenze. Le sue prediche, accolte con grande entusiasmo dai fedeli, avevano come bersaglio il clero e la società corrotta del tempo, e in particolar modo i membri e i sostenitori della famiglia dei Medici. Nel 1493 la sua proposta di riforma dell'ordine domenicano in Toscana fu approvata dal papa Alessandro VI, che lo nominò primo vicario generale. Da quel momento le sue prediche si concentrarono sulla politica, preannunciando l'invasione delle truppe francesi guidate dal re Carlo VIII; in tale occasione, nel 1494, Savonarola prese parte all'incontro con il sovrano e Firenze fu risparmiata. L'anno successivo i Medici furono cacciati e venne costituita una repubblica governata da Pier Antonio Soderini, della quale Savonarola divenne, sebbene senza poteri politici, il simbolo e la guida spirituale. Egli era in grado di esercitare una notevole influenza sul popolo, ma le sue capacità, indubbiamente geniali, andavano di pari passo con il fanatismo estremo delle sue teorie che predicavano l'ascetismo; la Repubblica di Firenze, secondo il suo disegno, doveva diventare il modello di una comunità cristiana perfetta e quindi ogni forma di lusso e di usura venne duramente repressa con una nuova legislazione.
Le sue critiche contro la decadenza e la corruzione dei costumi non risparmiarono neppure il papa Alessandro VI che, nel 1495, lo chiamò a Roma per ottenere spiegazioni sulle sue presunte facoltà profetiche e sulla sua stravagante interpretazione delle Scritture, accusandolo di eresia. Savonarola si rifiutò di presentarsi presso la sede pontificia e il papa lo interdisse  dall'attività di predicatore, revocando l'autorizzazione che gli aveva permesso di costituire un ordine indipendente. In seguito, Savonarola rifiutò i tentativi di riconciliazione del pontefice e continuò a non rispettare i divieti che gli giungevano da Roma. Nel frattempo la situazione a Firenze si era aggravata. Nel 1497 Savonarola fu scomunicato, ma contestò la scomunica e continuò a predicare; l'anno successivo venne dichiarato eretico e scismatico e fu condannato a morte; la sentenza del processo, inviata a Roma, venne  confermata dalla commissione apostolica. Savonarola, con altri due membri del suo ordine, fu impiccato e il suo cadavere arso sul rogo il 23 maggio 1498 fra un tumulto di popolo in piazza della Signoria a Firenze.

Il processo e la condanna

Venutogli meno l'appoggio francese, fu messo in minoranza rispetto al risorto partito dei Medici che nel 1498 lo fece arrestare e processare per eresia. Il processo fu palesemente manipolato: Savonarola subì la tortura della corda, quella del fuoco sotto i piedi e fu quindi posto per un'intera giornata sul cavalletto, riportando lussazioni su tutto il corpo. Alla fine venne condannato ad essere bruciato in piazza della Signoria con due suoi confratelli. All’alba del 23 maggio 1498, alla vigilia dell'Ascensione, i tre religiosi, dopo aver ascoltato la messa nella Cappella dei Priori nel Palazzo della Signoria, furono condotti sull’arengario del palazzo stesso dove subirono la degradazione da parte del Tribunale del Vescovo. Nello stesso luogo vi erano anche il Tribunale dei Commissari Apostolici e quello del Gonfaloniere e dei Signori Otto di Guardia e Balìa, questi ultimi i soli che potevano decidere sulla condanna. Dopo la degradazione i tre frati furono avviati verso il patibolo, innalzato nei pressi della Fontana del Nettuno (in seguito compiuta da Bartolomeo Ammannati) e collegato all'arengario del palazzo da una passerella alta quasi due metri da terra. La forca, alta cinque metri, si ergeva su una catasta di legna e scope cosparse di polvere da sparo per bombarde. Fra le urla della folla fu appiccato il fuoco a quella catasta che in breve fiammeggiò violentemente, bruciando i corpi oramai senza vita degli impiccati. Le ceneri dei tre frati, del palco e d’ogni cosa arsa furono portate via con delle carrette e gettate in Arno dal Ponte Vecchio, anche per evitare che venissero sottratte e fatte oggetto di venerazione da parte dei molti seguaci del Savonarola mescolati fra la folla. Dice infatti il Bargellini che "ci furono gentildonne, vestite da serve, che vennero sulla piazza con vasi di rame a raccogliere la cenere calda, dicendo di volerla usare per il loro bucato". La mattina dopo, come già detto, il luogo dove avvenne l'esecuzione apparve tutto coperto di fiori, di foglie di palma e di petali di rose. Nottetempo, mani pietose avevano così voluto rendere omaggio alla memoria dell’ascetico predicatore, iniziando la tradizione che dura tuttora. Il punto esatto nel quale avvenne il martirio e oggi avviene la Fiorita era indicato da un tassello di marmo, già esistente, dove veniva collocato il "Saracino" quando si correva la giostra. Questo lo si deduce da "Firenze illustrata" di Del Migliore, il quale così scrive: "alcuni cittadini mandavano a fiorire ben di notte, in su l'ora addormentata, quel luogo per l'appunto dove fu piantato lo stile; che v'è per segno un tassello di marmo poco lontano dalla fonte". Al posto dell'antico tassello per il gioco del Saracino, v'è attualmente la lapide circolare che ricorda il punto preciso dove fu impiccato e arso "frate Hieronimo". La lapide, in granito rosso, porta un'iscrizione in caratteri bronzei. Molti anni dopo la sua scomparsa, il termine Savonarola divenne un aggettivo di connotazione dispregiativa o ironica che sta ad indicare una persona che si scaglia con veemenza contro il degrado morale: il repubblicano Ugo La Malfa ad esempio venne soprannominato "Il Savonarola della politica".
Il Museo nazionale di San Marco a Firenze conserva numerose memorie del frate.

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