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martedì 21 febbraio 2012

LA TORTURA NEL MEDIOEVO

C’ è un aspetto del medioevo che è sempre stato stigmatizzato come esempio di quelli che sono passati alla storia come secoli bui: l’uso della tortura. In realtà il medioevo non fu di certo un periodo storico peggiore del passato; l’uso della tortura è antichissimo, ed era praticato a memoria d’uomo, ed era presente in tutte le prime civiltà degli albori, da quella Babilonese a quella egizia, passando per le culture sudamericane o anche più vicine a noi, come la cultura romana, ad esempio. Effettivamente nel medioevo però tale consuetudine venne praticata con più frequenza, visto che alla tortura ricorrevano re e principi quand’anche semplici esponenti della nobiltà, vi ricorreva la chiesa, che istituì l’Inquisizione, definita con un eufemismo Santa, e che nacque con lo specifico compito di estirpare l’eresia, trasformandosi, con il passare dei secoli, in un’istituzione dai confini e dalla moralità incerta. Alla tortura si ricorreva per estorcere informazioni al nemico, per far confessare rei di varie colpe, o anche per motivi che oggi appaiono orripilanti, come il tentativo di far confessare presunte colpe di stregoneria, di maleficio, di adorazione del diavolo. Lo strumento della tortura divenne perciò un sistema generalizzato.
Molto spesso agli imputati venivano riconosciuti più gradi di colpa, e non era infrequente che essa venisse applicata anche a ladri, falsari, spergiuri ecc. Gli strumenti di tortura erano molteplici, e passavano attraverso uno studio che oggi considereremmo degno di miglior causa ; alcuni di essi mostrano un ingegno ben oltre la fantasia, quasi un’estensione delle menti probabilmente malate di chi le ideò. Alcune applicazioni della tortura non richiedevano praticamente nessun mezzo tecnico; in alcuni casi l’apporto degli stessi era molto limitato Una delle forme di tortura più frequenti era lo scorticamento. Il malcapitato veniva letteralmente scorticato con strumenti da taglio di varia foggia e misura. La pelle era tagliata a strisce, ed era una delle pratiche più dolorose in assoluto. Faceva il paio con il tavolo dell’allungamento, altra mostruosità peraltro purtroppo efficacissima che utilizzava delle imbragature di pelle per tendere gli arti del prigioniero, che veniva steso un tavolo e tirato, alle volte anche contemporaneamente, per i quattro arti. Una variante utilizzava dei pesi che venivano legati, progressivamente, alle gambe del prigioniero, appeso per le braccia ad un anello di metallo. Il risultato era lo stesso, e provocava lo stiramento delle articolazioni. Altre varianti erano gli anelli di contenzione, che a loro volta differivano molto nella loro forma. Alcuni venivano applicati ai polsi e alle caviglie dei condannati, e mediante una ruota elicoidale, venivano stretti fino alla confessione del soggetto. Altri ancora avevano all’interno degli aculei in metallo, che straziavano le carni, una versione primitiva di quello che sarà lo strumento di tortura forse più raffinato, se vogliamo usare il termine, ovvero la Vergine di Norimberga. Nei secoli successivi varianti di questi strumenti vennero utilizzati anche come strumento di pena e non solo di tortura; nella Serenissima era in voga l’utilizzo di uno strumento particolarmente crudele, applicato non con frequenza, ma dal risultato particolare; consisteva in una maschera metallica con due aculei fissati all’altezza degli occhi; la maschera stessa veniva applicata sul volto del condannato e chiusa. I due aculei bucavano gli occhi, provocando la cecità del soggetto. Il campionario degli strumenti di tortura comprendeva anche l’utilizzo di animali; una delle torture più temute, e allo stesso tempo più dolorose, era la tortura della capra. Al condannato veniva spalmato del sale sotto le piante dei piedi; al suo cospetto veniva condotta una capra, tenuta a digiuno per giorni. L’animale iniziava ovviamente a leccare il sale, e , affamata, spesso consumava la pelle dei piedi del malcapitato, a volte non si fermava se non quando era arrivata all’osso. Particolarmente efferati erano gli strumenti di tortura riservati alle donne, che spaziavano dal violone delle comari o anche maschera dell’ignominia, che consisteva in una forma di legno o anche di ferro nella quale erano imprigionati i polsi e il collo della persona, che veniva trascinata per le strade e percosso con bastoni. Avevano forme fantasiose ed erano applicate sul volto di donne particolarmente litigiose o insofferenti ai mariti. A volte queste maschere erano dotate di congegni che mutilavano la lingua e le labbra con aculei e lamette taglienti. E spesso accadeva che le donne soggette a tale trattamento venivano esposte al dileggio del popolo, che le copriva di escrementi e orina, e che arrivava a oltraggiarle con bastoni e altro, con particolare accanimento sui genitali. La tortura della goccia era pratica assai diffusa; il condannato veniva legato ad una sedia, gli veniva aperta la bocca e tramite un imbuto veniva versata nella bocca una certa quantità d’acqua, spessa mista a sale, ad aceto o altro. Ingurgitare grossi quantitativi d’acqua provocava dolori fortissimi, e l’aguzzino spesso colpiva al ventre il condannato per amplificare il dolore. Come già detto agli inizi, la pratica della tortura divenne per l’Inquisizione, un formidabile strumento per stanare l’eresia, e non solo; la diffusione delle eresie provocò la ricerca, da parte della stessa Inquisizione, dei responsabili di pratiche considerate demoniache. Così, accanto a strumenti indicativi per identificare e colpire streghe e affini, come il Malleus Maleficarum, il Martello delle streghe, comparvero strumenti di tortura creati apposta per snidare il diavolo dalle stesse streghe, che spesso erano soltanto presunte tali. Va detto, per onor di cronaca, che nel corso dei secoli è nata un’autentica leggenda nera sia sul numero delle persone sottoposte a tali pratiche, sia sulla diffusione effettiva di queste stesse pratiche. I numeri sono nettamente inferiori a quanto alcuni sostengono; probabilmente i sottoposti a tortura, nell’intero arco di vita dell’organizzazione inquisitoria non furono più di centomila, con sessantamila vittime sia della morte sopravvenuta alla tortura stessa, sia delle esecuzioni di coloro che rifiutavano di pentirsi, convertirsi ecc. o semplicemente perché giudicati pericolosi e quindi da mandare a morte. Sono cifre notevoli, che però sono ben lontane dai numeri che i nemici dell’organizzazione misero in giro a scopo evidentemente propagandistico. Una delle torture più utilizzate dall’inquisizione consisteva nell’appendere l’imputato, tramite delle corde che legavano i polsi ad una carrucola; là lo sventurato attendeva anche mezz’ora, a seconda che confessasse oppure no. Va detto che difficilmente questa tortura si protraeva oltre il termine stabilito, poiché i danni riportati dal torturato dopo tal termine, diventavano perenni, e spesso poteva sopraggiungere la morte per arresto cardiaco. Purtroppo questo sistema di tortura venne ben presto implementato con altri ben più crudeli, ammesso che sia possibile fare una distinzione in base a gradi di crudeltà stessa; una pratica barbara e crudele consisteva nel infilare topi o altri roditori negli orifizi sia maschili che femminili. Le bestiole, per istinto, si muovevano all’interno del corpo, mangiando intestini e pareti interne, con risultati che possiamo per fortuna solo immaginare. Così come un altro sistema particolarmente barbaro prevedeva l’utilizzo di particolari tenaglie, atte a strappare unghia, dita e brandelli di carne per estorcere confessioni. Sistemi che producevano ovviamente una percentuale vicina al cento per cento di confessioni. La quasi totalità dei torturati spesso preferiva la morte alla tortura. Il campionario degli orrori potrebbe continuare a lungo, visto che la fantasia degli aguzzini spesso rasentava il patologico. In realtà quelli su descritti erano gli strumenti più usati; possiamo considerare forme di tortura anche la deprivazione del sonno, che consisteva nel tenere sempre svegli gli indagati, provocando loro danni spesso irreversibili. Strumenti, se vogliamo, più sofisticati, che sono arrivati sino ai nostri giorni. L’uso della tortura, lungi dall’essere confinato nel medioevo, ha avuto nel corso dei secoli successivi sviluppi anche tecnologici, come dimostra il secolo scorso, con un campionario di orrori che ebbe nel nazismo la sua vetta più alta e nera. Accanto ai sistemi medioevali, si sono aggiunti gli elettroshock, l’uso di strumentazioni elettriche e chimiche, dimostrando come non fu di certo il medioevo il periodo più buio della mente umana in termini di crudeltà.

Fonte: http://paultemplar.wordpress.com/2009/02/11/la-tortura-nel-medioevo/

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