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lunedì 5 settembre 2011

IL FIGLIO UGUALE AL PADRE COME PARADOSSO DELLA TRINITA'

La natura della filiazione dal Padre al Figlio costituisce una delle principali controversie trinitarie: Mentre Ario nega la piena divinità di Cristo e riconosce il Padre come l'unico vero Dio, l'ortodossia, che si forma in reazione all'arianesimo, deve concepire un legame tra Padre e Figlio che sia una vera e propria filiazione e che assicuri la loro pari divinità. Decisivo fu il Concilio di Nicea nel 325 in cui si proclama il Credo Trinitario in cui il Figlio è detto consustanziale al padre generato e non creato. Il figlio deve essere generato altrimenti non sarebbe figlio, ma non può essere creato altrimenti non sarebbe divino. La differenziazione tra creazione e generazione è decisiva per tenere insieme ciò che i contestatari ariani considerano come inconciliabile ossia concepire Cristo come Figlio e allo stesso tempo uguale al Padre.
Tra il Padre e il Figlio esiste una vera filiazione e perfetta uguaglianza: il dogma produce una relazione paradossale in contraddizione con i caratteri della filiazione di ordine carnale poichè rende paritario un rapporto che è gerarchico. Il dogma trinitario è un paradosso insostenibile ed è di fronte a due pericoli: da una parte l' arianesimo che ammette solo la divinità del Padre negando quella del Figlio, dall'altro il sabellianesimo accusato di confondere il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo in una sola persona. Le accuse di eresie riappaiono dopo il Concilio di Nicea: il nestorianesimo smonta la logica dell'Incarnazione separando le due nature, divina ed umana, di Cristo. All'estremo opposto il monofisimo afferma la natura unica di Cristo ugualmente divina ed umana. In Spagna il dibattito continua e due vescovi, Elipando e Felice, separano le due nature di Cristo affermando che è vero Figlio di Dio per la sua natura divina, ma che, in quanto uomo, è solo suo figlio adottivo. La loro dottrina è condannata da Beato di Liebana e soprattutto dall'entourage di Carlo Magno e dal Concilio di Francoforte riunito nel 794. Poco dopo l'anno Mille, lo Scisma tra Greci e Latini implica una dimensione trinitaria poichè i primi continuano ad affermare che lo Spirito Santo procede dal solo Padre, mentre i secondi considerano che procede dal Padre e dal Figlio (filioque) il che rafforza la loro uguaglianza. La complessità dello status del Figlio è parte integrante di questi paradossi: l'Incarnazione di Dio fatto uomo conferisce a Cristo una posizione cruciale e multiforme, egli è figli odi ogni eternità uguale a quella del Padre. Cristo è di fronte agli uomini in una doppia relazione; per la sua incarnazione è fratello di coloro che seguono la sua fede e nel Nuovo Testamento rifiuta lo status di maestro per ammettere solo quello di fratello maggiore ossia di "primogenito tra molti fratelli". Mentre durante il medioevo le preghiere eucaristiche della liturgia romana si rivolgevano solo al Padre, l'invocazione a Cristo si sviluppa dall'XI secolo. A partire dal XII secolo è qualificato come Padre e il titolo Dominus manifesta la natura gerarchica del legame che lo unisce agli uomini. Il paradosso del Dio-uomo è anche quello del Padre-fratello. Se Cristo è Padre e fratello è anche Madre; la rappresentazione di Gesù come madre appare nella spiritualità cistercense e poi negli ambienti mistici alla fine del Medioevo. Cristo è allora percepito come madre in ragione dell'amore e della tenerezza che manifesta verso il proprio gregge ma soprattutto perchè dà la vita e nutre i fedeli. Il Corpo di Cristo che si offre nell'eucarestia è femminile in quanto nutrimento.

Fonte: La Civiltà Feudale, Gerome Baschet, Newton & Compton

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