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mercoledì 1 maggio 2013

LEZIONE DI STORIA MEDIEVALE 2: LA DIFFUSIONE DEL CRISTIANESIMO

Nella prima lezione abbiamo affrontato l’argomento della fine dell’Impero Romano ed abbiamo visto come le invasioni delle popolazioni barbariche avessero lasciato un segno profondo nella società del tempo, non solo a livello geo-politico, ma anche a livello spirituale. E’ all’interno di questo humus che si sviluppa e cresce il cristianesimo. In un primo tempo profondamente avversato dalle persecuzioni, la religione cristiana guadagnò consensi dapprima grazie a Costantino - che proclamò la libertà di culto nel 313 - e poi con Teodosio, che la elevò a religione di stato nel 380. Lo sviluppo del Cristianesimo deve quindi essere ricercato nella capacità di tale credo nel fornire una risposta al bisogno di riscatto sociale dei ceti più umili andando incontro alle esigenze di equilibrio intellettuale e morale sempre centrali per i ceti aristocratici. Come detto, la svolta vera e propria si ebbe con Costantino che nel decretare la libertà di culto , deliberò la restituzione dei beni confiscati dotando le chiese di ingenti patrimoni destinati alle attività assistenziali oltre a dedicarsi all’abbellimento degli edifici di culto. Nel corso del IV secolo, le chiese vescovili si moltiplicarono localizzandosi specialmente nelle città. Dalle città, il cristianesimo potè ampliare il suo raggio d’azione verso i villaggi (pagus - da cui il termine pagano) i cui abitanti erano rimasti legati agli antichi culti. Furono questi gli anni delle grandi dispute teologiche. Particolare rilievo ebbe la disputa circa l’incarnazione di Cristo e la sua duplice natura divina ed umana. Le divergenze di vedute tra i vari patriarchi prese il nome di eresia (“scelta”) ed il concilio di Nicea del 325 sciolse il dubbio sulla questione trinitaria, sancendo che Padre e Figlio avevano una identica natura divina. Tale tesi veniva a contrapporsi a quella di un prete di Alessandria, Ario, la cui dottrina detta appunto arianesimo sosteneva che la natura divina del Padre fosse superiore a quella del Figlio. Come vedremo nelle lezioni successive, l’arianesimo ebbe notevole fortuna presso le popolazioni barbariche diventando un elemento distintivo della loro identità etnica. Sono due gli altri concili meritevoli di essere menzionati. Il Conilio di Efeso (431) che si pose in netto contrasto con il nestorianesimo (in Cristo coesistono due persone distinte, quella umana e quella divina) e il Concilio di Calcedonia (451) che sancì il primato del Vescovo di Roma nelle questioni di fede e di giurisdizione ecclesiastica. Tra i movimenti che caratterizzarono questo periodo, un posto di particolare rilievo è occupato dal monachesimo, largamente presente nelle culture religiose dell’estremo oriente, che mirava a realizzare un più diretto contatto con l’Essere superiore attraverso il distacco dalla società umana e la purificazione delle cose del mondo esteriore. In Occidente, il monachesimo iniziò a diffondersi attorno al IV secolo. I primi monasteri si formano nella Gallia occidentale ad opera del vescovo di Tours Martino, per poi approdare in Britannia ed in Irlanda grazie all’opera di San Patrizio. Lì furono proprio i monasteri a costituire l’ossatura della Chiesa vista l’assenza di una tradizione di dominio romano e di centri urbani idonei ad ospitare le sedi dei vescovi. In particolare, il monachesimo irlandese fu caratterizzato da un forte vigore spirituale ed annoverò monaci missionari il cui fine era quello di evangelizzare le popolazioni che ancora praticavano i culti pagani. Due furono le figure più importanti: Colombano, che nel VII secolo completò l’evangelizzazione della Britanniae Wynfrith (Bonifacio) che indirizzò la sua opera evangelica verso i popoli germanici. In Italia, la prima esperienza di tipo monastico fu quella di San Benedetto da Norcia che fondò il monastero di Montecassino nel 540 circa ed  elaborò una regola che proponeva un’interpretazione moderata dei principi del monachesimo orientale: si richiedeva ai monaci l’obbedienza al proprio abate e proponeva un modello di vita in cui l’esercizio della pratica ascetica lasciava spazio alla preghiera e al lavoro manuale, inteso come una forma di ascesi. La diffusione della regola benedettina raggiunse il culmine in epoca carolingia quando, con il concilio di Aquisgrana venne elevata ad unica regola per i monasteri dell’impero d’Occidente.

Articolo di Alfonso Russo. Tutti i diritti riservati. Tratto da http://medioevooggi.blogspot.it/

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