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mercoledì 1 maggio 2013

LEZIONE DI STORIA MEDIEVALE 1: IL TRAMONTO DELL'IMPERO ROMANO

In questa prima lezione di storia medievale, tratteremo un argomento tanto controverso, quanto interessante: la fine dell’Impero Romano. I fattori di coesione che avevano garantito l’unità di un Impero che aveva raggiunto confini territoriali notevoli erano sostanzialmente tre: l’efficienza amministrativa, la capillare riscossione dei tributi e le città come centro di aggregazione di interessi. A questo deve aggiungersi la lingua: il latino era un mezzo di comunicazione diffuso globalmente. I primi segnali di crisi, tuttavia, si videro quando le frontiere dell’estremo Oriente, iniziarono a vacillare con ‘ascesa al trono della dinastia Sassanide di Persia. Nel 260, l’Imperatore Valeriano subì una grave sconfitta che costituì l’inizio di una serie di ripetuti attacchi alle frontiere romane che sfociarono nella sconfitta dell’imperatore Decio nel 251 fino alla decisione di cingere Roma di mura difensive (le mura Aureliane, terminate nel 271)il cui fine era chiaramente quello di contenere le pressioni esterne. In questo clima di crescente incertezza e timore, l’esercito ed il potere militare ebbero un ruolo centrali sulle sorti della conduzione dell’Impero. In questo periodo, definito dell’anarchia militare (235-284), si avvicendarono sul trono con ritmo incalzante una serie di Imperatori acclamati dagli eserciti. I fattori di crisi dell’Impero Romano vanno dunque ricercati a) nell’assenza di nuove conquiste b) nell’incremento della spesa pubblica e del c) conseguente aumento della pressione fiscale, d) lo spopolamento delle campagne causato dal crescente senso di insicurezza e timore di invasioni ed ultimo d) dalla notevole contrazione dei flussi commerciali. In particolar modo si assiste ad un nuovo tipo di gestione della villa romana, non più ad esclusivo usus del domino, bensì concessa in gestione a uomini liberi, ai quali era assegnata un’abitazione familiare. A fianco ad essa continuava a persistere una quota della villa gestita direttamente dal dominus in una forma di organizzazione bipartita che costituirà l’embrione di quella pars massaricia/pars dominica che costituirà l’humus della società feudale. L’aggravarsi della situazione portò l’imperatore Diocleziano a varare due importanti riforme. La prima, nel campo del lavoro, prevedeva un vncolo a svolgere il mestiere paterno; tutto questo al fine di tutelare un’economia che rischiava di sfaldarsi di fronte alle invasioni delle popolazioni barbare. L’altra, sul piano costituzionale, prevedeva l’istituzione di due Augusti, affiancati da due Cesari, per una tetrarchia che avrebbe dovuto garantire un passaggio di potere non traumatico e controllato. Tale sistema a quattro durò poco: si sfaldò con Costantino, che, riunito l’impero sotto il suo nome, si concentrò su altri aspetti. La prima decisione fu quella di spostare la capitale da Roma a Bisanzio (ribattezzata poi Costantinopoli), lasciandola nelle mani di un prefetto. Il suo nome, tuttavia, è legato soprattutto all’Editto di Milano (313) con cui l’Imperatore concesse la libertà di culto - ponendo di fatto fine alle devastanti persecuzioni che i cristiani dovettero subire nei decenni precedenti. L’editto, tuttavia, non si concentrò solo sugli aspetti religiosi, ma contribuì anche a rivalutare la figura dell’Imperatore, centralizzandola e ponendo il sacrum consistorium (ovvero il collegio dei più alti funzionari) alle sue dirette dipendenze. Proprio in questo periodo si assiste ad un aumento della presenza dell’elemento germanico all’interno dell’ordo senatorius, ma non solo: aristocratici detentori di vasti latifondi giungono al vertice della gerarchia sociale e politica. Con l’Imperatore teodosi la divisione tra pars occidentalis e pars orientalis diventa definitiva e l’elemento germanico entra perentoriamente a corte: Stilicone (vandalo) e Rufino (goto) sono i tutori dei giovani successori di Teodosio. Intanto le pressioni delle popolazioni germaniche crescono sempre più: Unni, Ostrogoi (Goti dell’Est) e Visigoti (Goti dell’Ovest) dilagano ad Est dell’Impero che tiene fino al 378, anno della decisiva sconfitta nella battaglia di Adrianopoli. Figura di spicco in questi ultimi anni dell’Impero è Stilicone. Il generale, seppur di origini germaniche, è l’ultimo strenuo difensore dell’Impero Romano. Respinge i Visigoti sconfiggendoli nella battaglia di Milano (in quell’occasione, 402, la capitale fu spostata a Ravenna), ma nulla può contro l’avanzata dei vandali nel 406 prima e, soprattutto, nel 410 - data cruciale che segna per sempre le sorti della gloriosa Roma: il sacco di visigoto ad opera di Alarico. La conseguente perdita di controllo di numerose province consente agli Unni guidati da Attila di dilagare in Gallia. Roma intanto patì il secondo sacco, ad opera dei vandali nel 455. Lo sciro Odoacre che aveva acquisito grande influenza nell’ambito delle popolazioni germaniche, depose Romolo Augustolo nel 476 e le insegne imperiali furono inviate ad Oriente.   

Articolo di Alfonso Russo. Tutti i diritti riservati. Tratto dal blog http://medioevooggi.blogspot.it

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