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giovedì 12 dicembre 2013

"UN PRONTUARIO DEGLI STEREOTIPI SUL MEDIOEVO" DI ANTONIO BRUSA DELL'UNIVERSITA' DI BARI E PAVIA

"Ci siamo persi il XIII secolo", continua a ripetere dispiaciuto l'analista capo di Zero, il supercomputer che raccoglie e tramanda la memoria completa della storia umana. "Fortunatamente, si consola, è una perdita limitata. Pensate, se avessimo perduto il XX secolo, con tutte quelle guerre, personaggi eccetera. In fondo, che cosa c'era nel XIII secolo? Dante, qualche papa corrotto e, per il resto, solo una grande confusione".
In questa scena minore, e forse dimenticata dai più, di Rollerball, il crudo film di fantascienza di Norman Jewison, si rappresenta una situazione tipica della conoscenza diffusa del medioevo: un periodo lontano, dal quale emergono alcune figure eroiche e fondative (Dante, in questo caso, ma si potrebbero aggiungere Carlomagno, Barbarossa o Chaucer), alcuni errori tenaci quanto immotivati (i due Innocenzo - III e IV, papi esemplari di quel secolo - possono essere accusati di tutto, fuorché di corruzione), e, finalmente: il gran guazzabuglio di feudatari, castelli, congiure, guerre e matrimoni, crociate, monaci e santi. Una situazione disperante, per uno storico: ma anche un'occasione straordinaria per esaminare i rapporti fra storiografia e conoscenze diffuse. Fra scienza e "senso comune storico", come si disse in un dibattito su "Quaderni storici" del principio degli anni '80, più che fra scienza e "uso pubblico della storia", categoria importante, ma più limitata di quella ideata da Grendi, quasi un quarto di secolo fa. Infatti, le caratteristiche fondamentali degli stereotipi e delle false immagini medievali, attualmente circolanti, sono due: da una parte c'è la loro grandissima diffusione, la loro pervasività; dall'altra, il fatto che sono, per la maggior parte, di origine accademica. Non sono prodotti spontanei di una società ignorante. Al contrario, furono, in tempi passati, elaborati nel cuore stesso dell'accademia, e da quella fonte hanno penetrato gli aspetti più nascosti e insospettati della società. Si sono radicati a fondo: come, ad esempio, l'idea del "medioevo buio". Sono, dunque, testimonianza esaltante ed ambigua al tempo stesso: sia del successo della comunicazione storica, sia della sua disfatta. Proprio per questo, tali stereotipi dovrebbero essere studiati non tanto con il cipiglio severo del maestro che bacchetta giornali, documentari televisivi e film e manuali, e si scandalizza per l'ignoranza delle folle (maleducate, ma questo è un altro stereotipo, dalla televisione e dalla scuola che non funziona); quanto piuttosto con la serietà e la pazienza del ricercatore, che intuisce, sotto la pelle del fenomeno di massa, crisi o malfunzionamenti profondi del rapporto fra la comunità degli storici e la società, fra l'università e la scuola, quando non scorge problemi irrisolti all'interno dello stesso ambito accademico.
Una testimonianza della presa, anche su un pubblico più vasto, che queste problematiche hanno, è data dal successo di un convegno organizzato congiuntamente dal Dipartimento di Paleografia e Medievistica dell'Università di Bologna e da Flavia Marostica, insegnante e ricercatrice di Didattica della storia dell'IRRE Emilia Romagna. Un successo tale, che il convegno è stato replicato, a causa dell'eccessivo numero di iscritti (ottobre 2001 e marzo 2002). Titolo del Convegno: Medioevo e luoghi comuni. Nella sua apertura, Massimo Montanari va direttamente al cuore del problema: gli stereotipi e le false immagini sono strettamente connesse all'idea stessa di Medioevo (che come si sa bene fu elaborata in ambito umanistico). Sono "veri" al punto tale che la coerenza storiografica dovrebbe imporre una soluzione paradossale. "Eliminare il Medioevo dal nostro vocabolario sarebbe una soluzione radicale e forse traumatica - conclude Montanari - ma personalmente la riterrei una conquista intellettuale". Lo storico sottolinea che è sbagliata l'idea stessa che esista "un periodo intermedio" e, conseguentemente, mobile, fluttuante, incerto, "confuso" (ma a questo punto dovremmo riconoscere a Jewison una capacità di sintesi mirabile). Infatti, nella storia non possiamo distinguere periodi di movimento e di trasformazione, da periodi di immobilità. Questa, lo sappiamo bene, è la prima conseguenza del carattere processuale della storia. Furono gli umanisti, che, pensandosi come "classici e perfetti", definirono per contrasto il periodo precedente come "di passaggio" e, per giunta, "gotico". Si produsse, dunque, cinque secoli fa, un trauma nella percezione del passato. E questo trauma è stato metabolizzato dalla cultura occidentale. Ne fa parte con tutti i suoi errori (siamo tutti debitori della lezione di Ovidio Capitani, su questo punto). E, dal punto di vista squisitamente didattico, questo "medioevo traumatico" crea una questione paradossale e difficilissima: come si può insegnare un periodo storico che convive con la sua falsa immagine, così inestricabilmente, che il falso si sovrappone al vero, e attiva un gioco di specchi e di rimandi, che forse è impossibile (o delittuoso) sciogliere? L'esempio più evidente, per quanto sicuramente paradossale, di questo intreccio, è dato dal fatto che, per quanto riguarda il medioevo, le stesse contromisure critiche si sono col tempo stereotipate. In altre parole, degli "stereotipi-vaccino" si frappongono, come un filtro potente, fra corpo docente e ricerca attuale. I principali sono due: il fatto che "il medioevo non è un periodo buio", e il fatto che "il medioevo non è il periodo dei papi e degli imperatori". Da tempo immemorabile gli insegnanti sanno che "i secoli bui" sono un vecchio stereotipo da evitare, quando si spiega il medioevo. E, da almeno trent'anni, sanno che il medioevo "di papi e imperatori" è un altro stereotipo, che magari ha afflitto il loro studio in gioventù, e che, perciò, è bene sostituire con un più vivace e realistico "medioevo dal basso", nel quale Bodo il contadino, le nuove tecniche agrarie, la vita quotidiana, le streghe, e le mentalità costituiscono una sorta di bazar delle meraviglie, luogo ideale di fascinazione per il giovane studente. A suo tempo, indubbiamente, queste idee sul medioevo rappresentarono un momento di dibattito e un desiderio di innovazione. Ma, ripetute e praticate per così tanti anni, si sono sclerotizzate. Sono diventate a loro volta degli stereotipi di un tipo particolare. Infatti, poiché si presentano incessantemente come "novità", questi speciali luoghi comuni conferiscono all'insegnante che li professa la sicurezza di essere al corrente della più recente produzione storica, e lo convincono dell'inutilità dell'aggiornamento. Sono "novità devitalizzate", che producono l'identico effetto di un vaccino, dal momento che proteggono accuratamente la scuola dalla rilevante quantità di nuove conoscenze, che, negli ultimi trenta-quaranta anni la medievistica ha elaborato. La massa di questi conoscenze "consegnate alla manualistica" è impressionante e giustifica la compilazione di un prontuario che metta sull'avviso il docente. Quello che segue tratto da un reading (Storia medievale, a cura di G. Sergi, Donzelli editore, Roma 1999), un'opera fondamentale per i nostri scopi, dal momento che la sua caratteristica principale consiste proprio nel tentativo di operare una revisione delle conoscenze diffuse: di far reagire, insomma, la storiografia non solo rispetto al suo dibattito interno, ma anche rispetto alle idee circolanti. Una straordinaria quantità di conoscenze da revisionare, che costringe il docente a muoversi con circospezione quasi ad ogni pagina, ad ogni paragrafo. Tuttavia, non si tratta dell'unico problema, nel campo della revisione cognitiva di questo periodo. E' la vulgata stessa, cioè la trama di fondo del racconto del medioevo, ad essere mutata. Proviamo a sintetizzare il copione-base della storia manualistica. Si parte con Carlo Magno, che fonda il suo impero e dà un volto preciso alla nuova realtà, l'Europa feudale: uno spazio ben organizzato, con un centro-vertice (l'imperatore e la sua capitale) ed una periferia controllata attraverso una catena di comando discendente (la piramide feudale). Questa struttura ha due nemici: un concorrente pericoloso (il papa, che lotta con l'imperatore per il dominio di questa piramide) e un avversario indomabile (i feudatari che ostinatamente vogliono distruggere la piramide). Questi tre protagonisti generano una storia, fatta di dinastie che si succedono (carolingi, ottoni, franconi, svevi), in un continuum intervallato da periodi di "anarchia feudale". Dopo ogni periodo di anarchia, l'impero si ricostituisce, su basi sempre più ristrette e asfittiche. Fino a che, i nuovi protagonisti (i comuni e la borghesia) mettono fine a questa lotta fra universalismo e particolarismo, definita "tipicamente medievale", e pongono le basi di una nuova società, che attraverso le fasi politiche della signoria e del principato, porta allo stato moderno. Ora, questo copione-base andrebbe sostituito con un altro, che invece parte con un territorio europeo punteggiato da miriadi di signorie (e principi di potere affini), che pian piano si ingrandiscono, si consolidano e si legittimano e trova una svolta fondamentale a metà del XII secolo, quando si instaurano le prime organizzazione efficaci, di governo centrale. E' da allora che imperatori, papi, re e città lottano fra di loro - in perfetta concorrenza - per affermare il loro dominio sul territorio. Lo stato moderno è figlio di questa concorrenza. Non nasce dunque sulle ceneri del feudalesimo, perché si forma insieme a questo: la piramide perfetta, infatti, è quella che è sotto gli occhi degli illuministi, in pieno Settecento. Sono dunque due processi generali completamente diversi: e obbligano, secondo me, non soltanto a rivedere questa o quella conoscenza, ma a riformulare interamente il racconto. A mutare gerarchie di fatti e problemi (sono ancora fondamentali i capitolari di Quierzy o la Constitutio de Feudis? O dobbiamo sostituirli con altri eventi?), a riformulare giudizi (su imperatori, papi, movimenti religiosi ecc.). E ciò non più in nome di una storia di fatti, da interpretare ideologicamente (a seconda della propria propensione politica), ma in nome di una storia che ha cambiato, letteralmente, volto. Ma tutto ciò, non può essere lasciato alla cura di insegnanti, per quanto preparati e attenti. Il disegno storico di base, di un medioevo finalmente aggiornato, non può che provenire dal confronto fra storici. 

Progetto di un prontuario degli stereotipi e dei
luoghi comuni sul medioevo


Argomenti a. Stereotipi della vulgata
attuale
b. Messa a punto della
storiografia
1. I barbari 1. Invadono l'impero e
lo distruggono.

2. Si caratterizzano per la loro alterità, rispetto al mondo
imperiale.

3. Vivono in comunità primitive e semplici, rispetto alla
società mediterranea complessa
Quando penetrano nell'impero
sono già abbondantemente latinizzati.

Sergi, pp. 8-9
2. I barbari L'organizzazione sociale
dei popoli germanici è fondata su sostanziale egualitarismo.
Le diverse popolazioni germaniche erano, infatti, abituate a spartirsi
il bottino, ma nel contatto con il mondo romano, hanno cominciato
a perdere questa loro caratteristica.

Si tratta di postulati
del tutto indimostrabili.

Sergi, p.9
3. Il feudalesimo Il feudalesimo è
stato abbattuto dalla rivoluzione francese che ha dissolto ogni
"residuo medievale".
Il feudalesimo abbattuto
dalla rivoluzione francese (la celebre "piramide feudale")
non era quello tipico del medioevo (caratterizzato piuttosto da
una struttura a "rete"), ma era un feudalesimo nato da
sviluppi ulteriori legati alla nuova Europa degli Stati nazionali.

Sergi, p.4

4. La curtis Azienda agricola autarchica.
Economia povera e stentata, non produce abbastanza per mettere in
modo il commercio

Questa è un'immagine
tipica dell'800. La curtis produce alimenti a sufficienza. La moneta
esiste e circola.

Sergi, pp. 22, 23, 27
5. Servi della gleba Sono l'emblema della condizione
servile del lavoro agricolo Vi sono rare attestazioni di adscripti
glebae. Si tratta di una cattiva lettura di Marc Bloch.

I contadini erano liberi,
servi o schiavi: ma non legati alla terra.

Sergi, p. 25
6. Papato Dopo Costantino, la chiesa
è un potere unico, esteso in tutta Europa. Le eresie rappresentano
una rottura di questa unità. Attentano all'unità ecclesiale
anche l'anarchia feudale e i processi di autonomia. I papi dell'XI
secolo, a partire da Gregorio, lottano per ripristinare l'unità
originaria

Solo dopo il XII secolo
il papato si presenta come un potere monarchico. Fino ad allora,
i vescovi erano sovrani nelle loro sedi.

Sergi, p. 29
7. Riforme Il matrimonio dei preti,
la vendita delle cariche, le chiese dei laici sono degenerazioni
che i papi riformatori tentano di combattere.
Costituivano aspetti normali
della vita religiosa e sociale del tempo. Vengono messi sotto accusa
da Gregorio VII, nel contesto della sua riforma accentratrice.

Sergi p. 29
8. Concordato di Worms Segna la vittoria del potere
papale (o di quello temporale) a seconda delle interpretazioni
Vi si stabiliscono forme
di gradimento reciproco.

Sergi, p. 30

9. Vescovi conti Ottone I li istituisce,
per impedire che nei feudi si affermi il principio ereditario.
Esistevano ovunque vescovi
con poteri civili.Gli Ottoni ottengono l'alleanza di quelli più
potenti.

Sergi, p. 31

10. Opulenza dei monasteri La ricchezza è un'aspetto
della degenerazione della vita monastica - originariamente costruita
intorno al precetto della preghiera e del lavoro - contro la quale
insorge la riforma.

Erano segno di superiore
disciplina spirituale. I benedettini non amavano il lavoro manuale.

Sergi, pp. 31-32
11. Comuni Sono gli antagonisti principali
dei poteri feudali. In essi si sviluppa la classe borghese. Impongono
a Federico I Barbarossa il rispetto delle libertà comunali;
rappresentano gli esordi di una italianità (o un'identità
lombarda), nei confronti del nemico straniero e centralizzatore.
L'età comunale non
rappresenta un superamento dell'età feudale. I comuni sono
immersi in una rete di rapporti feudali e signorili. La lotta contro
Federico I non ha nulla di nazionale, borghese o lombardo. La pace
di Costanza è un momento di tarda feudalizzazione.

Sergi, pp. 33-34

12. La libertà comunale L'aria della città
rende liberi.
Usano strumenti non nuovi
di assoggettamento delle campagne. Molto raramente i contadini accolgono
come "liberatori" i nuovi dominatori comunali

Sergi, p. 35

13. Podestà Erano un potere neutrale,
esterno alle rissose famiglie cittadine
Non si ricorreva al podestà
tanto per la sua neutralità, quanto per la sua esperienza
in diritto e nell'arte del governo.

Sergi, p. 36

14. Germani I "popoli germanici".
Il concetto di nazione è frutto dell'elemento germanico

Un popolo che si chiamava
"germani" forse non è mai esistito. I goti non
sono germani. Non avevano la sensazione di far parte di un popolo.

Pohl, p. 73
15. Alimentazione altomedievale La povera e disperata
agricoltura altomedievale.
Mangiavano più
carne che vegetali e, probabilmente, avevano più problemi
di colesterolo che di fame.

Wickham, p. 211

16. La rivoluzione dell'anno
mille
Nuovi strumenti, aumento
di produzione, aumento di popolazione ecc.

Non è vero che
le innovazioni abbiano avuto l'effetto di produrre una sorta di
rivoluzione medievale dei rendimenti agricoli.

Petralia, p-. 297
17. Regni medievali Al termine del periodo
di anarchia feudale, si riprendono gli antichi regni

Non di ricostruzione di
ordinamenti pubblici si trattò, ma di vera e propria costruzione
di quadri politici fondati su una concezione del potere monarchico
sostanzialmente diversa da quella dei cosiddetti regni romano-germanici
e da quella dell'impero carolingio.

Corrao, p. 321
18. Il sacro romano impero Così si chiama
il regno di Carlo Magno, per distinguerlo dall'impero romano.

A partire dal 1158 cominciò
ad essere adoperato il termine Sacrum Imperium. Dunque, il Sacro
Romano Impero fu opera di Federico I Barbarossa.

Miglio, p. 439
19 Modelli di organizzazione
famigliare
L'origine del modello
di famiglia allargata e patriarcale, opposta a quella nucleare odierna,
è individuabile nel medioevo.

Nel medioevo prevaleva
la famiglia nucleare, o coniugale, molto più simile a quella
di oggi.

Sergi, p.4
20. Frazionamento Nel frazionamento politico-territoriale
del medioevo è rintracciabile l'origine delle civiltà
nazionali.

Immagine elaborata nell'Ottocento.

Sergi, p.8
21. I franchi L'invasione "francese"
(non definita germanica) del suolo italico porta alla sconfitta
dei longobardi.

In realtà il suolo
italico è teatro di un grande conflitto intergermanico in
cui prevale il popolo più incline alle integrazioni etniche,
pur presentando molteplici aspetti di primitivismo,(lex Salica),
rispetto ai longobardi più evoluti.

Sergi, p.10
22. I vincoli feudali I vincoli feudali sono
l'esito dello smembramento del patrimonio statale e del potere pubblico
a favore di un'aristocrazia militare e fondiaria.



I poteri signorili si sono
formati più o meno spontaneamente dal basso e non delegati
feudalmente dall'alto.

Sergi, p.15
23. Medioevo "europeo"
o medioevo "nazionale"
Nel medioevo è
rintracciabile quel "mosaico etnico preesistente" rispetto
all'età moderna. L'origine etnica delle nazioni è
rintracciabile proprio nel medioevo. (Anthony Smith).

Non si può parlare
di medioevo "nazionale" sia perché era molto frazionato,
sia perché non c'è nulla di vocazionale nelle linee
di ricomposizione che affiorano nei secoli finali.

Sergi p.21
24. La fine del mondo antico Il 476 contrassegna l'inizio
del Medioevo caratterizzato dal tracollo imperiale di Roma e dal
conseguente decomporsi di un'intera civiltà: quella del mondo
antico.

Un'immagine così
drammatica appartiene soltanto al mondo occidentale. Vista da Oriente,
la caduta dell'Impero d'Occidente, appare piuttosto come una mutazione.
Per un altro millennio i sudditi dell'Impero Bizantino avrebbero
continuato a definirsi "romani".

A. Schiavone p.45
25. Il ruolo delle clientele
nei popoli germanici.
Il guerriero che giurava
fedeltà al capo doveva poi seguirlo per tutta la vita.

I guerrieri spesso cambiavano
signore secondo le opportunità che venivano loro offerte
e le prospettive di successo.

W. Pohl p.79
26. Il ruolo del re nei popoli
germanici.
A differenza dell'impero,
i popoli germanici erano governati da "re".

Ciò che le nostre
fonti definiscono "re" non è un'istituzione fissa
ma una designazione data dai romani a vari fenomeni: capi di gruppi
locali o di piccole tribù, comandanti di eserciti piccoli
o grandi, sovrani di grandi imperi di steppa come Attila, o reggenti
di regni potenti sul suolo romano come Teodorico o Clodoveo.

W. Pohl p. 79
27. Paganesimo, magie e superstizioni Ogni credenza, rito o
pratica delle religioni politeistiche. Religione connessa con pratiche
umane volte a controllare la natura: la magia, l'astrologia, l'uso
di amuleti e così via.

Nella recente letteratura
si tende a ridimensionare l'entità e la presenza del paganesimo
come coerente sistema religioso, e a ridiscutere di conseguenza
il carattere di radicale azzeramento delle credenze precedenti attribuito
di solito all'azione di evangelizzazione, e alle missioni monastiche
in particolare.

C. La Rocca p. 121
28. Cristianesimo Il cristianesimo si diffuse
in maniera sempre più decisa a partire dal IV secolo, quando
divenne religione ufficiale dello Stato. Tale processo portò
all'omogenizzazione della cultura e delle pratiche religiose dell'Europa
occidentale.

Risulta inadeguata l'idea
dell'avanzata del cristianesimo come un processo senza ostacoli
e contrasti.

C. La Rocca p. 138
29. La fine dell'età
carolingia
Segna il crollo dell'unità
imperiale e l'indebolimento dell'autorità politica e la fine
della concezione pubblica di quest'ultima.

Il frazionamento dell'unità
carolingia non determinò la fine della concezione pubblica
dell'autorità politica, ma l'avvio e l'accelerazione di processi
più complessi. Si ebbe la formazione di nuove realtà
politico territoriali come da una parte le "signorie",
e dall'altra l'individuazione di due aree geografiche e culturali:
quella francese e quella germanica.

P. Guglielmotti p. 201
30. La crisi economica al crollo
dell'Impero d'Occidente.
Questo periodo vide una
catastrofe economica generalizzata contrassegnata da una notevole
contrazione degli scambi e dell'attività produttiva.

Non possiamo parlare i
catastrofe economica generalizzata. La schiacciante maggioranza
della popolazione, fatta di contadini, non avvertì i cambiamenti
macro-economici e continuarono a vivere in un mondo tutto sommato
immutato.

Ch. Wickham p.225
31. La curtis Il modello curtense costituisce
il sistema agrario medievale per eccellenza.

R. Latouche e A. Verhulst
(tra 1950-70) hanno dimostrato che il modello curtense ebbe nei
fatti una diffusione assai limitata nello spazio e nel tempo, concentrata
sostanzialmente in Gallia, in Inghilterra e nell'Italia del Nord
solo dopo la metà dell'VIII secolo.

C. Wickham p.210
32. La schiavitù Con la caduta dell'Impero
d'Occidente, e la diffusione del Cristianesimo, ha fine il modo
di produzione basato sul lavoro degli schiavi.

Nel tardo impero e all'inizio
dell'età medievale c'erano ancora molti schiavi, nel senso
di uomini e donne senza diritti legali. Per quanto riguarda l'impero
romano, poi, bisogna tenre presente che il sistema di produzione
basato sul lavoro degli schiavi fu diffuso solo nell'Italia centrale.

C.Wickham pp. 208-9
33. Il commercio nel 700 Con l'espansione del mondo
arabo il commercio subisce una brusca interruzione.

Il commercio dei beni
di lusso continuò senza interruzione grazie alla vocazione
commerciale degli arabi. Il commercio dei generi di consumo di medio
livello era già in declino nel V e VI secolo.

C.Wickham p. 216
34. L'immagine degli arabi Le rapidissime e fortunate
campagne militari costituirono la ragione fondamentale dell'ampliamento
del mondo islamico.

Lo sviluppo era legato
all'esistenza di una complessa società stratificata al cui
interno funzionari civili e giuristi, mercanti e dotti avevano un
ruolo di rilievo. Il commercio rivestiva un ruolo di importanza
maggiore, per il consolidamento dell'Impero, dello stesso espansionismo
armato.

M. Gallina p. 239
35. La piramide feudale I rapporti sociali presenti
nel Medioevo possono essere rappresentati attraverso una "piramide"
di subordinazioni feudali che dal piccolo signore saliva, passando
per vassalli di livello crescente, fino al re.

I domini signorili non
scaturivano da concessioni "feudali" compiuti dal re e
dagli ufficiali pubblici, ma erano il prodotto di una evoluzione
spontanea. Per questo l'immagine della "piramide feudale"
si può applicare semmai ai secoli XII e XIII: ma non al periodo
carolingio o a quelli immediatamente successivi.

S. Carrocci p.257
36. Età signorile-feudale Nella prima parte del medioevo
si forma il sistema feudale; a questo succedono le signorie.

L'incontro tra signoria
e feudalesimo ha luogo solo a partire dall'XII secolo. Potremo parlare
quindi per il periodo compreso tra X-XII di "età signorile"perché
caratterizzato dalla signoria e non dal feudalesimo.

S. Carrocci p.266
37. Età buia Medioevo come periodo caratterizzato
da guerre, fame e carestie.

Ciò si può
dire solo dei secoli XIV e XV, i due secoli finali del medioevo,
che tuttavia hanno determinato l'immagine che del medioevo si è
successivamente consolidata. Le carestie fecero immaginare un medioevo
molto più affamato di quanto non fu in realtà.

Sergi p.37
38. Il monachesimo I monaci benedettini si
rifacevano al principio dell' "ora et labora". Ovvero
credevano nella funzione purificatrice dell'attività manuale.


Non amavano il lavoro se
non come condizione indispensabile per consentire la preghiera,
non credevano a una funzione purificatrice dell'attività
manuale.

Sergi p. 32
39. Il VII secolo Secolo di morte, in cui
un'Europa cristiana indebolita è soggetta agli attacchi di
nuovi nemici, gli Arabi.
40. Oscurantismo medievale Ignoranza, superstizione,
oscurantismo, arroganza del potere ecclesiastico appaiono i tratti
dominanti di una realtà medievale poi rinnovata dalla riforma
di Lutero.
I polemisti luterani tracciarono,
nel XVI secolo, un disegno della storia europea recente centrata
sulla questione religiosa, ossia sulla decadenza dell'originaria
spiritualità cristiana causata dal papato romano. In tal
modo si precisò un'immagine di Medioevo da condannare in
blocco e si affermò l'idea di una pressoché totale
coincidenza fra il concetto di Medioevo e la storia del cattolicesimo
romano.

Montanari p. 109


Bibliografia

Questo "prontuario" è stato pubblicato in una forma più ridotta in A. Brusa, Guida a Il nuovo racconto delle grandi trasformazioni, vol. I, PBM editori, Milano 2004, nel quale cerco di proporre un modello diverso di vulgata. E' stato, poi, ripreso da Valentina Sepe, nell'ambito del suo dottorato di ricerca, presso Didattica della Storia, con una ricerca che comprende non solo i manuali, ma anche la comunicazione attraverso il Web. Questa nuova versione del "prontuario" è debitrice di questi lavori, e va considerata, perciò come provvisoria. Nel volume Medioevo e luoghi comuni si trovano, oltre all'introduzione di Montanari, citata nel testo, saggi di M.G. Muzzarelli, G. Albertoni, B. Andreolli, G.M. Cantarella, T. Lazzari, A.L. Trombetti Budrieri, su diversi aspetti: la piramide feudale, la vita nei castelli, i barbari, l'anno mille, i servi della gleba e Federico II. Massimo Montanari, con Albertoni, Milani e Lazzari, ha pubblicato un manuale per i tipi Laterza (Bari 2002), Storia medievale, che raccoglie le nuove interpretazioni in capitoli succinti e precisi, con una bibliografia essenziale, di facile consultazione. L'autore al quale si deve l'impulso fondamentale verso questo genere di studi è sicuramente Giuseppe Sergi, la cui battaglia per un medioevo correttamente raccontato ha superato ormai il quarto di secolo. La prefazione al manuale Donzelli, da cui è ricavato il prontuario, è stata pubblicata anche a parte, in un volume intitolato L'idea di Medioevo. Fra luoghi comuni e pratica storica, Donzelli, Roma 1999. I saggi del manuale Donzelli, citati nel prontuario sono:

G. Sergi, L'idea di medioevo, pp. 3-42
A. Schiavone, Il mondo tardoantico, pp. 43-64
W. Pohl, L'universo barbarico, pp. 65-88
C. La Rocca, Cristianesimi, pp.113-139
P. Guglielmotti, I franchi e l'Europa carolingia, pp. 175-201
CH. Wickham, L'economia altomedievale, pp. 203-226
M. Gallina, La formazione del Mediterraneo medievale, pp.227-246
S. Carrocci, Signori, castelli, feudi, pp. 247-267
G. Petralia, Crescita e espansione, pp. 291-318
P. Corrao, Regni e principati feudali, pp. 319-362

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