La Storia dei Re di Britannia (Historia Regum Britanniae) è una celebre cronaca in latino, scritta da Goffredo di Monmouth intorno al 1136, e in seguito rivista e ritoccata dall'autore fino al 1147. L'opera, dedicata dall'autore a Roberto I conte di Gloucester, ripercorre la storia dei re britanni lungo un periodo di circa 2000 anni, da Bruto, discendente diretto di Enea (al quale si riconducono quindi le origini della dinastia bretone), fino all'avvento degli Anglo-Sassoni in Gran Bretagna nel VII secolo. La sua popolarità nel medioevo europeo fu tale da giustificare l'affermazione per cui la Historia sarebbe il primo best-seller della letteratura inglese; in particolare, essa contribuì in modo fondamentale alla nascita della tradizione letteraria arturiana.
Goffredo presentò l'Historia come un'opera storiografica, e come semplice traduzione in latino di un non meglio precisato liber vetustissimus di cronache in gallese, fornitogli dall'arcidiacono Gualtiero, rettore del collegio dei canonici secolari di Saint George, a Oxford, in cui Goffredo si trovava. Se questo sia da considerarsi vero è controverso. Alcuni studiosi hanno messo in dubbio che il liber vetustissimus sia esistito, o che Goffredo potesse avere le conoscenze linguistiche necessarie per tradurre dal celtico. John Morris in The Age of Arthur, per esempio, definisce la Historia un "falso deliberato". Se il liber vetustissimus è un'invenzione, fra le fonti di Goffredo potrebbero trovarsi Nennio (al quale per qualche tempo si è scorrettamente attribuita la paternità stessa dell'Historia) e Gildas. Se invece il liber è esistito, l'opera di Goffredo rappresenta la prima trascrizione in latino di opere tradizionali gaeliche. Per diversi secoli, gli storici credettero all'esattezza delle notizie riportate (o tradotte), da Goffredo. Secondo le interpretazioni moderne, buona parte delle informazioni della Historia sono correlabili a personaggi o eventi storici, ma quasi mai si possono considerare attendibili in senso stretto. Anche sulla scorta dei dubbi circa la questione del liber vetustissimus, vi è chi ha visto nell'opera di Goffredo un lavoro di fantasia con intenti almeno parzialmente politici, e in particolare a sostegno dei bretoni contro i gallesi e dei britanni contro i sassoni. Nella Historia Goffredo incluse anche le Prophetiae Merlini, una sua opera precedente costituita da una collezione di profezie di Merlino sul futuro della Britannia, anche in questo caso con implicazioni politiche piuttosto evidenti. Può essere interessante osservare che anche nella dedica iniziale delle Prophetiae Goffredo sostenne di essere solo un traduttore di (altri) oscuri testi celtici; circostanza che avvalorerebbe l'ipotesi che il riferimento al "testo perduto" sia un espediente letterario, forse usato da Goffredo per mascherare gli elementi propagandistici o politici di alcuni passi delle sue opere. D'altra parte, i critici di Goffredo suoi contemporanei, pur mettendo in discussione la veridicità delle informazioni riportate dall'Historia, non si spinsero mai fino al punto di sostenere che la sua fosse una pura opera di fantasia; e anche gli studiosi moderni hanno osservato che questa ipotesi appare tanto inverosimile quanto quella di Goffredo puro "traduttore". Per esempio, se nel successivo Vita Merlini Goffredo attribuisce una innaturale longevità a Merlino, ciò sembra avere lo scopo di riconciliare il "suo" personaggio con due figure storico-leggendarie di epoche diverse, Myrddin Emrys e Myrddin Wyllt, di cui evidentemente Goffredo aveva saputo da qualche "fonte", forse proprio celtica. È dunque probabile che Goffredo si ispirasse complessivamente alla tradizione celtica gallese; non proprio traducendola, ma reinterpretandola e adattandola (al suo gusto o ai suoi interessi). L'Historia conobbe una enorme diffusione per tutto il medioevo; basti pensare che ne sono stati ritrovati oltre duecento manoscritti. Se fin dal XII secolo l'opera conobbe critici agguerriti che ne mettevano in dubbio la verosimiglianza storica (per esempio Guglielmo di Newburgh o Giraldo di Barri), le vicende fantastiche dei leggendari re bretoni narrate da Goffredo fecero invece, indubbiamente, la storia della letteratura. Alla diffusione dell'opera contribuirono sia le numerose copie manoscritte, sia la loro ripetizione da parte di bardi e menestrelli. L'eredità letteraria diretta dell'Historia si può tracciare da William Shakespeare ad Algernon Swinburne. Quella indiretta, per i motivi che si diranno, è incalcolabile. Fra i sovrani di cui tratta l'Historia si possono citare: Bruto di Troia, figlio di Silvio e quindi discendente di Enea, fondatore della colonia di Britannia, che da lui prenderebbe il nome; Leir, ovvero il Re Lear poi ripreso da Shakespeare, di cui non risultano menzioni antecedenti alla Historia; Cassibelano, re dei Britanni al tempo dell'invasione dei Romani di Cesare; Cunobelino, ancora fonte di ispirazione di Shakespeare per Cymbeline; Lucio, primo Re cristiano di Bretagna; il "Vecchio Re Cole" - l'Old King Cole citato da una popolare filastrocca inglese; Costantino I, primo imperatore romano cristiano; e Vortigern, un famoso re protagonista di molte leggende medioevali. Ma il sovrano che emerge sopra ogni altro è certamente Re Artù, cui sono dedicati ben tre dei dodici volumi complessivi che costituiscono l'opera. Pur con qualche incongruenza e bizzarria (un'interpretazione letterale del testo porterebbe a pensare che Artù sia vissuto più di trecento anni e abbia dominato l'intera Europa), la narrazione di Goffredo contribuì in modo fondamentale a diffondere in tutta Europa gli elementi essenziali su cui si sarebbe sviluppato, nel corso dei secoli, l'intero ciclo bretone.
Alla Historia si deve anche la nascita del personaggio letterario di Merlino. Se infatti le Prophetiae si riferivano al personaggio tradizionale di Myrddin Emrys, nella Historia Goffredo colloca Myrddin/Merlin in quella relazione con i regnanti bretoni che porterà il mago, negli sviluppi successivi della saga, a diventare consigliere di Artù e dei Cavalieri della Tavola Rotonda. La prima apparizione di Merlino, alla corte di Re Vortigern, in effetti riprende un episodio tradizionale, già presente nella Historia Brittonum di Nennio; il ragazzo che in Nennio si chiamava Ambrosius diventa Merlino, o (anche in questo caso con una probabile acrobazia di un Goffredo intento a riconciliare e unificare le fonti) Merlinus Ambrosius.
Fonte: Wikipedia
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