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martedì 11 settembre 2012

L'OMBRA SUL TEMPIO

Con la perdita di Acri nel 1291 cadde la motivazione principale della fondazione dell'Ordine dei Templari. Erano stati creati per difendere la Terra santa dall'infedele e la caduta di una importante roccaforte che, come effetto, portò dietro anche Sidone, Beirut metteva in dubbio l'utilità di avere un esercito che ormai aveva perso potere (da rivedere). Dopo Acri, Nicolò IV decise di puntare ad unificare gli ordini combattenti affinché ci si potesse muovere insieme in Terra santa; a tal proposito pensò di unificare anche i Templari e gli Ospitalieri ma non prima di aver sentito il clero che approvò il piano. L'idea fu appoggiata anche da alcuni re che avevano visto in questo modo la possibilità di far perdere potere all'Ordine dei Templari minandone i privilegi. Tuttavia la proposta fu respinta dagli ordini stessi. Il 29 marzo del 1291 il papa indisse una nuova spedizione, la quarta in tutto, cercando di aver l'élite del mondo cristiano disponibile in tempi brevi: il re di Francia Filippo IV voleva consolidare il suo potere e non voleva lasciare la Francia; il re di Inghilterra soffriva le mire indipendentiste della Scozia, ma entrambi si stavano preparando per la Guerra dei Cent'anni e in questo frangente si poteva fare affidamento solo agli ordini militari; solamente Enrico II sembrò pronto ad accogliere l'accorato appello papale, se non altro perché era re di Cipro e rappresentava Gerusalemme. Enrico II però si dovette scontrare con i templari che dopo la caduta di Acri, spostarono il proprio quartier
generale proprio nella piccola isola. In quel periodo divenne Gran Maestro Jacques De Molay. Entrato nell'Ordine nel 1265, De Molay era un uomo privo di intelligenza e di fantasia sicuramente l'opposto di Folco di Villaret, Gran Maestro Ospedaliere. L'anno successivo alla sua elezione, De Molay girò l'Europa nella speranza di ottenere sostegno. Risalì l'Europa fino ad arrivare a Londra dove incontrò Edoardo I impegnato nelle guerre contro la Francia e la Scozia. Le pressioni di De Molay superarono le mura Vaticane, generalmente insormontabili: Bonifacio VIII emanò una bolla che concedeva al Tempio posto a Cipro gli stessi privilegi che aveva in Terra santa. Arrivò a Roma a dicembre proprio nel momento in cui Celestino V abdicò (unico caso nella storia) in favore di Bonifacio VIII Caetani. Eletto il 5 luglio del 1294, Celestino si sentiva totalmente inadeguato al ruolo affidato: decise di consultare insigni giuristi chiedendo se era prevista l'abdicazione di un papa. Avuta l'approvazione, depose i simboli del potere spirituale in un drammatico discorso al concistoro del 24 dicembre. Il 24 dicembre fu eletto il cardinale Benedetto Caetani che si fece
chiamare Bonifacio VIII e decise subito dopo di allontanare Celestino V per evitare che avesse intenzioni scismatiche nei presso di Ferentino dove morì nell'anno 1296. Egli aveva sicuramente più "fiuto" per le questioni diplomatiche del suo predecessore e proprio per questo decise di stringere rapporti 
cordiali col giovane Filippo IV. Filippo, undicesimo re capetingio, divenne re a 17 anni nell'anno 1285. Era duro, inclemente con gli oppositori ma soprattutto un grande oratore ed amava circondarsi di consiglieri illustri, come Guglielmo di Nogaret, suo consigliere sulle cui origini sappiamo ben poco. Sembra sia figlio di una famiglia messa al rogo per eresia. Filippo IV era molto avaro. Lottava su più fronti, ad esempio
contro Edoardo I, con ingenti spese che gravano sulle casse della Francia che già si trovavano pressoché vuote. Il re, per ottenere più fondi possibili, inaugurò una serie di pratiche fiscali estremamente vessatorie. I primi ad essere colpiti furono i mercanti lombardi che vivevano a Parigi che si videro espropriati di ogni bene ed esiliati; nel luglio dell'anno 1306 toccò agli ebrei subire la medesima sorte. Filippo ebbe la pessima idea di
svalutare la moneta, così negli undici anni che vanno dal 1295 al 1306 il valore delle spezie perse il 200%! Decise, inoltre di tornare alla moneta in uso ai tempi del nonno, Luigi IX, ma ciò comportò una forte perdita del potere di acquisto che creò dure  sommosse in tutta la Francia. Il re fuggi e, ironia della sorte, si rifugiò nel Tempio a Parigi. Filippo poteva contare nelle entrate della Chiesa che poteva essere tassata solamente solo con il permesso del papa ribadito nella bolla Clericos laicos. Filippo decise quindi di bloccare i fondi verso Roma e dato che l'esistenza del papato dipendeva dal denaro francese decise di ritrattare e per farsi perdonare in segno di riconciliazione, l'11 agosto del 1297 proclamò santo il nonno di Filippo IV, Luigi IX.
Questa breve digressioni su Bonifacio e Filippo IV ci aiuta a capire il contesto in cui ci si prepara all'attacco finale dei templari. Sicuramente si è già capito che l'obiettivo primario della Francia era, per così dire, fare cassa e per farlo si doveva attaccare chi era ricco, e i cavalieri del Tempio erano l'avversario più facile da colpire. La pace tra Bonifacio e Filippo fu sancita con la proclamazione di Luigi IX santo ma il papato fu travolto dalla disputa con la famiglia Colonna potentissima in Campania. I due cardinali Colonna che avevano appoggiato Bonifacio per l'elezione alla Cattedra di Pietro affermarono che la sua elezione era irregolare. I due cardinali presero il tesoro papale il 3 maggio del 1297 e di tutta risposta, Bonifacio fece demolire i castelli e donò quanto depredato alla propria famiglia. I colonna decisero di chiedere l'intervento del re di Francia. La fama di Bonifacio aumenta esponenzialmente. Nel 1300 indice il primo Giubileo della Storia promettendo una indulgenza plenaria a quelli che si fossero recati sulla tomba di Pietro e nella cattedrale di Roma per confessare i propri peccati. Ai pellegrini arrivati a Roma, si rivolse gridando: "Io sono Cesare!". Ma dopo questo sfoggio di potere, Bonifacio subì un declino importante. Nel 1301 il vescovo di Pamiers Saisset, criticò fortemente le azioni poste in essere da Filippo IV che lo fece arrestare sulla base di confessioni estorte ai suoi servi con tortura. Fu accusato di eresia, blasfemia e alto tradimento. Bonifacio si irritò notevolmente e il 5 dicembre dell'Anno del Signore 1301 emise la Ausculta Fili in cui condannò la violazione della giurisdizione
ecclesiastica organizzando un sinodo di vescovi francesi. Successivamente, il 18 novembre del 1302, Bonifacio proclama la Unam Sanctam che rafforzava la supremazia del papa:
«[…]è assolutamente necessario per la sua salvezza, che ogni creatura umana
sia soggetta al pontefice romano...[...] la spada spirituale e temporale sono in
potestà della Chiesa: la seconda deve essere impugnata per la Chiesa, la prima
dalla chiesa stessa[…]»
Il 20 luglio Bonifacio concesse ai templari una casa e terreni nella sua città, Anagni. Bonifacio conosceva bene l'orgoglio del re francese, pertanto decise di premunirsi con una bolla di scomunica, la Super Petri Solio contenente la scomunica al re, a Nogaret e ai due Colonna. L'atto doveva essere reso pubblico l'8 settembre del 1303. nel caso in cui non fosse sottostato ai dettami della Unam Sanctam. Per evitarne la diffusione, nella
notte del 7 settembre mentre Bonifacio era ad Anagni, un gruppo di soldati guidati da Nogaret unitamente ad alcuni inviati dei cardinali Colonna, irruppe nel palazzo con l'intento di catturare il papa che li sfidò offrendo "testa e collo". L'episodio passò alla storia come Oltraggio di Anagni o Schiaffo di Anagni. L'intenzione di Nogaret non era probabilmente quello di uccidere il papa come aveva chiesto Colonna, ma quello di portarlo in Francia per poterlo accusare di sodomia, eresia
« [...] "Se' tu già costì ritto,
se' tu già costì ritto, Bonifazio?
Di parecchi anni mi mentì lo scritto.
Se' tu sì tosto di quell'aver sazio
per lo qual non temesti tòrre a 'nganno
la bella donna, e poi di farne strazio?" »
(Dante, Inferno, Canto XIX, 52-57)
e di aver ucciso il suo predecessore Celestino V che, va ricordato, al momento della sua elezione non godeva affatto di buona saluta. La notizia si diffuse in tutta la piccola cittadina laziale scatenando l'ira del popolo. I francesi furono cacciati e il papa tornò a Roma. Nogaret rimase addirittura ferito. Bonifacio tornò a Roma scortato dagli Orsini. La proverbiale forza di Bonifacio si era annullata e dopo circa un mese morì, era l'11
ottobre 1303. Dante Alighieri nella sua Commedia racconta l'accaduto:
«Perché men paia il mal futuro e 'l fatto,
veggio in Alagna intrar lo fiordaliso,
e nel vicario suo Cristo esser catto.
Veggiolo un'altra volta esser deriso;
veggio rinovellar l'aceto e 'l fiele,
e tra vivi ladroni esser anciso»
(Divina Commedia, Purgatorio, XX, 85-90.)

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