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venerdì 8 giugno 2012

UN DEMONE AD ASSISI

Nella ventesima scena della Vita di San Francesco, dipinta da Giotto nella Basilica superiore di Assisi, c'è il profilo di un demone, con due corna scure, che emerge dalle nuvole sospese fra la scena della morte del santo e la scena dell'assunzione della sua anima in cielo. La scoperta di Chiara Frugoni: "Un vigoroso ritratto''. E' lì, da otto secoli, in uno degli affreschi del ciclo pittorico che segna l'inizio dell'arte figurativa occidentale, e nessuno finora se n'era accorto: nella ventesima scena della Vita di San Francesco, dipinta da Giotto nella Basilica superiore di Assisi, c'è il profilo di un demone, con due corna scure, che emerge dalle nuvole sospese fra la scena della morte di Francesco, in basso, e la scena dell'assunzione della sua anima in cielo.
A scoprirlo è stata la storica Chiara Frugoni, grande specialista francescana, dandone notizia in un articolo che sarà pubblicato nel prossimo numero della rivista San Francesco Patrono d'Italia, edita dal Sacro Convento d'Assisi, e che viene anticipato sul sito www.sanfrancesco.org. La storica è sicura del fatto che questa scoperta è destinata a fissare un nuovo inizio della ''manipolazione delle nuvole'' da parte di un pittore. ''Fino ad oggi, infatti - osserva la storica - il primo pittore che pensò di trattare le nuvole era ritenuto Andrea Mantegna che nel suo San Sebastiano, dipinto nel 1460 (oggi conservato nel Kunsthistorisches Museum a Vienna), mostrò sullo sfondo del cielo un cavaliere che emerge da una nuvola. Ora, questo primato del Mantegna non è più tale''. Sul perchè, invece, Giotto abbia dipinto nella parte della nuvola più vicina all'angelo di destra ''un vigoroso ritratto, completato anche da due corna scure'', la Frugoni non si sbilancia: ''Forse non fu soltanto un'impertinenza sfuggita fino ad oggi all'occhio di tutti. Nel Medioevo si credeva che anche nel cielo abitassero i demoni che ostacolavano la salita delle anime: è un significato ancora da approfondire, ma che sembra destinato a dare buoni frutti''. "Giotto, che con i suoi allievi ha affrescato la basilica, ha inteso riportare una credenza popolare per la quale si pensava che nelle nuvole vivessero sia gli angeli che i demoni: i primi per portare le anime dei giusti in Paradiso, i secondi per condurre le altre anime alla dannazione eterna, all'Inferno. Era una credenza medievale, che ovviamente non ha alcun fondamento teologico", spiega all'ADNKRONOS padre Enzo Fortunato, responsabile per la comunicazione del Sacro Convento di San Francesco ad Assisi, dopo la scoperta. "Si trattava di un modo di pensare nel Medioevo, fra la popolazione non fra il clero - precisa il padre francescano - Ma dal momento che il francescanesimo ha 'assunto' il linguaggio popolare, è evidente che alcuni di questi aspetti sono presenti, anche nell'arte figurativa. Lo stesso passaggio nella pittura dal modello raffigurativo bizantino al modello giottesco porta ad assumere il reale, il vissuto". Dunque, "per Giotto, ritrarre fra le nuvole anche un demone è stato un modo per avvicinarsi al comune sentire popolare dei fedeli della sua epoca. Non a caso il ciclo di affreschi viene chiamato la Bibbia dei poveri: proprio perché molti non potevano permettersi la lettura del testo sacro, per analfabetismo o semplicemente per i costi del libro, i francescani per una piu' efficace catechesi hanno pensato di ricorrere appunto all'affresco, povero nella sua fattura ma ricco di possibilita' di far leggere anche chi non sapeva o non poteva leggere". Sulla presenza del demone 'nascosto' non si meraviglia lo storico dell'arte Claudio Strinati: "Che vi siano elementi nascosti in un'opera d'arte è del tutto normale e le opere hanno sempre due facce, una esplicita ed una implicita, destinata ad essere colta solo da alcuni". "Su questo genere di interventi -dice all'Adnkronos-, cioè sul celare in un'opera qualcosa di segreto o almeno di non evidente, non si hanno testimonianze scritte, quindi è difficile dire delle intenzioni, delle motivazioni dell'autore, capire, ad esempio, se l'elemento nascosto è concordato con i committenti oppure è celato anche a loro", aggiunge Strinati, ricordando poi che "vi sono anche casi particolari, come quello del pittore fiammingo Hieronymus Bosch, nei quali l'autore si rivolge intenzionalmente, con i suoi messaggi celati, a pochi adepti di una realtà cui appartiene"."Bosch -prosegue Strinati- apparteneva ad una confraternita di iniziati ed è ovvio che chi faceva parte di quel raggruppamento coglieva precisi segnali in immagini difficili da interpretare per tutti gli altri". Il pittore aderiva ai Confratelli di Nostra Diletta Signora, confraternita pubblica di laici ed ecclesiastici, ma è stata ipotizzata la sua appartenenza anche a sette quali quella degli Homines intelligentiae, oppure a una cellula superstite dell'eresia catara.


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