Con Sguardo Sul Medioevo collaborano circa 35 persone e chi più chi meno hanno consentito al blog di diventare un ottimo raccoglitore di articoli medievali. Negli ultimi giorni la mia mail è stata riempita di persone che vogliono contribuire ma, forse perchè mi portano alla mente ricordi divertenti, mi piace presentarvi Mauro Pagan un burattinaio (come diciamo a Roma) che ci ha proposto una rivisitazione de "Il Milione" di Marco Polo in veneto sotto forma di sceneggiatura per teatrino....davvero...delizioso!
Marco Polo
Scherzo in un atto di Mauro Pagan.
La scena mostra la prigione di Genova (palazzo San Giorgio). Seduto ad un tavolo, nell’atto dello scrivere, vi è Rustichello da Pisa; accanto, su di un tavolaccio, dorme Marco Polo. Ha un sonno agitato, si gira e si rigira mentre, nel sogno, pronuncia queste parole:
Marco Polo: Vado in Cina!
No! Resto a Venessia!
Resto in Cina!
No! Torno a Venessia!
Vado e torno…
Torno e vado…
Prima evado
E dopo torno.
Ma dove vado?
(Rustichello, incuriosito, lo guarda. Nel frattempo Marco cade dal
tavolaccio e si sveglia).
Ostia che bota!
G’ho tuta l’ossa rota!
Sciàvo, Rustichello…
Com’è il tempo, brutto o bello?
Oh! Chiedo scusa, buon fratello,
se a risponder t’interpello;
già lo so che tu sei muto,
sono stato inavveduto.
………………..
Ehh… un pisano e un veneziano
In prison, xé squasi un anno;
ti ti scrivi e mi qua sogno
d’esser liber s’ha bisogno.
Cosa scrivi, Rustichello,
cosa seria o indovinello?
Posso legger le parole?
(Rustico gli dà il foglio).
Oh! Son tante… come prole.
(legge). 2
“Stiamo en due en ella prigione de Genova, davanti allo mare et allo porto,
et ogni die sentìmo le grida delli marinai. Qui la vita è dura assai. Lo mio
compagno de cella à nome Marco Pollo” … Marco Pollo?
Rustichello, sii paziente,
ma l’errore é sì evidente:
non mi chiamo Marco Pollo,
né gallina o capocollo.
Sono solo Marco Polo,
Polo Marco, solo solo.
(riprende a leggere).
Ordunque… “egli è un veneziano che li genovesi hanno sprigionato en
ella battaglia del Caazzo” … del Caazzo?!
Rustichello,
questo proprio non è bello;
che sia pure del Caazzo,
la battaglia, non fo chiazzo,
ma suo nome è inver Caiazzo.
Tu capisci ch’è diverso,
la vocale ti sei perso!
(riprende a leggere).
Ordunque …. “battaglia di mare e vittoria delli genovesi. Li genovesi
sono essi gente bene strana, talché io li fatico a li comprendere. Spesso, per
lo esempio, senti che lo uno chiama lo altro ‘belino’, et io l’usanza non
comprendo, poi ché non si puote dire essi siano in particolare belli…
almeno li omeni…”.
Rustichello, sii paziente,
ma l’errore é si evidente
che ti sembri deficiente;
ché ‘belino’ non vuol dir
che quell’uomo sia carin…
(riprende a leggere).
“… le femene, per lo contrario, le sono belle assaie.”
E su questo son d’accordo,
no ti sembri un gran balordo.
(riprende a leggere).
“Ma pur una volta che io camminavo en el borgo detto de San Lorenzo et
ne vidi una che me pareva bella assaie, ardii de appellarla a l’usanza et
dissile forte: ‘Ohi, belina, dove vaie’? Ma ella se ofese grandemente et
con tuta la famiglia sua, che purtroppo la era tanta, me percorse et me
percosse che ancor ne porto el segno. Et io ne concludo che femena bella
è la genovese, ma assaie pazzerella.”
Et io concludo, 3
Rustichello, sii paziente,
se non proprio deficiente
mi te digo fino fino:
ti xé proprio un gran belino!
(folgorato da un’idea).
Rustico! Mi qua vedo che te ami la scrittura
E del mondo e della gente cussì far la dipintura:
ti voressi far per mi letteratura
e la storia che te conto scriver qua senza premura?
(Rustico lo guarda senza rispondere)
Rustico!
Non è favola, ma storia,
ché non è consolatoria,
è una storia veritiera
d’un paese oltre frontiera
che se ciama India, Erminia,
Persia, Cina e Tarteria.
Rustichello,
lungo viaggio è la mia vita,
molta storia ho vista e udita;
molte cose, e d’arte e guerra
posso dir di quelle terra.
(improvvisamente abbassa il volume della voce e guarda in direzione della
guardia carceraria).
E tu sai che i genovesi
Voglion ch’io gliel’appalesi,
poiché sempre il mercantaggio
vuol servirsi del spionaggio.
Mi prometton: “Parla, ch’esce”
Ma io… muto, come un pesce.
Ma tu scrivi!
Scrivi pure quel che detto
Scrivi pur nel to dialetto
Scrivi presto sul foglietto
Che faremo un bel libretto;
Ti verrà che bel quadretto,
Vinceremo lo scudetto!
(alzando la voce, entusiasta)
Rustico! Scrivi! Ostia de un can
Tuta la storia del Gran Can!
(Rustico si appresta a scrivere) 4
Scomincio:
“Signori, imperatori, re e duci e tutte altre genti, che volete sapere le diverse
generazioni delle genti, leggete questo libro dove le troverete tutte e dove
messere Marco Polo – con una elle solamente – savio et nobile cittadino di
Vinegia…”
(nel frattempo, avvicinatosi al tavolo di Rustichello, rilegge quanto gli ha
dettato).
Oh! Vedemo, sì, bravo, leggete questo libro dove le troverete tutte e dove
messer Marco Pollo con una elle solamen… ma cossa ti g’ha scritto, ciò?
Ma allora proprio no ti capissi gnente! Polo, el nome della mia famegia, va
scritto con una sola elle: P, O, L, O.
Forza scrivi e non far danni
O ghe vorrà un milion de anni.
Ma saltiam l’introduzion
Passo ad altra descrizion…
‘Scolta:
prendi e scrivi questa storia
che me torna alla memoria;
storia bella, ma sì orrenda
ch’or tra gli arabi è leggenda.
E’ la storia…
(Rumori da fuori e urla)
Cossa nasse in ‘sto frangente?
Non ghé paxe eternamente,
urla e grida in permanente,
qua i ne trata crudamente.
(viene portato un prigioniero e bastonato).
Questa scena è assai scortese,
pover omo, se n’ha prese!
Genovesi! Gente dura
E spietata addirittura,
io non sempre la capisco…
Senti bene, definisco:
nel 1266 e di giugno il 23
genovesi e veneziani
fecer guerra assai, ahimé!
In quel mare che sta lì
Ben davanti a Trapanì.
Qui la flotta genovese
Si trovò male in arnese,
per error dell’ammiraglio
il Lanfranco Borborino, se non sbaglio.
Tre galee furon bruciate, 5
Ventiquattro catturate.
L’ammiraglio Borborino
Pagò caro il suo destino;
qui in città con la sua nave
venne sì, ma sottochiave
ei fu messo immantinente:
fu trattato da fetente.
Fu un error non perdonato,
ma morale ci ha portato.
Questa gente genovese non concorde,
l’uno sempre contro l’altro va discorde;
l’un gioisce se del mal all’altro è fatto
sì che ogni lor nemico è soddisfatto.
Ma io, Rustico, ti dico ch’era un tempo
Che a discuter non si davan perder tempo,
che coraggio e buon valore era solo loro onore
e vittorie nella guerra riportavan con clamore.
Perché fosser forti forti come allora,
basterebbe che concordia rinascesse come aurora.
Ma fin troppo ne ho parlato,
riprendiamo quel dettato.
Anzi, meglio, prendo un fiato,
(prende una scodella ed una ne porge a Rustichello)
beviam qui dell’avvinato
(Rustico beve, mentre il Polo continua a parlare).
Sai, fratello, il ricordo mi riporta alla mia Cina
Ed al vino che bevendo mi riempiva la pancina;
oh! vin di riso, colle spezie, chiaro, bello ed inebriante,
vino caldo, ben fumante e nel corpo penetrante.
Quante volte abbiam bevuto, stando assieme al grande Cane,
ora invece
(beve e sputa)
questo è vin del fiòl d’un cane!
A proposito del Cane, meglio, dico, del Gran Can,
mi ricordo la canzone che cantavo ai suoi figlioli,
poi ché, sai, ‘i son stato precettore per quel clan
e canzoni e filastrocche ‘i cantava ai suoi boccioli.
Ben, tra quelle v’era questa
Ch’era poi la più richiesta..
(se non si può aver musica dirà:
“te la canto senza note
quindi te la lascio in dote” e canta;
se invece c’è musica, dirà:
“te la canto pari pari 6
e se vuoi tu te la impari”)
Canzone: I figli del Can (Lam-Rem-Mi)
Se siam tanti in tutto il mondo
È perché papà è fecondo
Cinque mamme abbiamo in tutto
Lui feconda dappertutto.
Anche s’egli è un Grande Cane
Non ci fa mancare il pane:
noi siam dodici cagnetti
e abbiam piccoli i musetti.
Qui a palazzo, se ci vieni,
di animali siamo pieni,
pappagalli e francolini
bei cinghiali e leoncini;
di quegl’altri non diciamo
coccolarli preferiamo,
ma son tutti beneamati,
ben lavati e ben sfamati.
Ma chissà perché coi gatti
Poco accordo c’è ed infatti
Anche il pà, ch’è il Grande Cane
Ne ha ammazzati due stamane.
Gatti, gatti, attenti al cane
Che per voi è un pescecane.
Gatti! Attenti al pescecane
Ch’è ogni gran figlio di cane.
……………………………
Ma or la storia, quella orrenda,
già t’ho detto ch’è leggenda
e tu scrivi, scrivi tutto
già vedrai che farabutto.
E’ una storia d’assassini, o feddayn
Il cui capo aveva un nome: l’Aladdin.
Il profeta Maometto
Ha descritto e ben sì detto
Com’è fatto il Paradiso
E il dettaglio è assai preciso:
donne belle in abbondanza,
c’è di tutto per la panza,
vino, miele e latte a fiumi,
tutti liberi i costumi.
Così è fatto ‘l Paradiso
E l’Aladdin fu dell’avviso
Farne uno a sua misura
E qui comincia l’avventura. 7
Fece un falso Paradiso
A quel vero ben preciso,
ivi mise belle donne
a cui pria levò le gonne.
Quindi latte, miele e vino
Tutto a fiumi per benino.
Chiuse ‘l tutto e ‘l sigillò
Tra due monti e se ne andò.
Se ne andò a fare cosa?
Io ti dico quale cosa,
ma tu scrivi quel che dico,
che a ridir non m’affatico.
Cerca e trova della droga,
hashish, oppio, con gran foga;
quindi trova giovanotti
e a fumar li rende edotti.
Quelli fuman, innocenti
e nel sonno piomban lenti.
Tutti quanti, ormai drogati,
li rapisce addormentati:
nottetempo in Paradiso
li trasporta senza avviso.
Ora attento a che succede
Ch’è un racconto da mercede.
Al risveglio i giovanotti
Credon sì ai loro occhi!
“Questo è proprio il Paradiso
qual Maometto di preciso”!
Stan felici e ben contenti
Ché per uno c’è per venti;
son felici e senza affanno
ché le donne gliela danno!
Così passan loro tempo,
donne e pappa è un passatempo.
Ora viene quel ch’è orrendo
E io tosto te l‘apprendo.
Gl’innocenti giovanotti
Ad uccider sono indotti
Da quel capo d’assassin
Che t’ho detto è l’Aladdin.
Quando vuole un assassino
Lui lo droga e dal giardino
Via lo porta in altro posto
Mentre dorme tosto tosto.
Poi lo sveglia all’improvviso 8
E gli chiede dritto in viso:
“Ti piaceva ‘l Paradiso”?
Poi ché quel ci vuol tornare
Ei gli dice come fare;
“Vai, e uccidi chi m’è inviso,
se ritorni è ‘l Paradiso”!
Or quel giovin per benin
Si trasforma in assassin.
Egli parte a assassinare
Per poter lì ritornare
E se muore non gl’importa,
Ché del Ciel s’apre la porta,
sì ch’è detto feddayn
non perché sia un’assassin,
ma quel nome vuole dire
chi pel Cielo vuol morire.
Rustico,
interrompo il mio racconto
già è passato ormai ‘l tramonto.
Or son stanco de parlar
Vogio metarme a sognar
De Venessia e de la Cina
Ch’è ogni giorno più vicina.
Altra volta contarò
Quel che ho visto
E parlerò.
Questo libro s’ha da fare
Un milione son le cose da narrare.
Buon riposo alle tue mani
S’ciao a tutti e un buon domani
(si ridiscende sul tavolaccio.Musica)
FINE.
Testo di Mauro Pagan. E' VIETATO riprodurre il medesimo senza il consenso scritto dell'autore stesso
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