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martedì 3 aprile 2012

I PAPI RIFORMATORI

Leone IX, Gregorio VII, Innocenzo III sono i papi riformatori di una Chiesa che nel medioevo lottava, in un primo tempo, per emanciparsi dalla tutela dell'Impero, l'altro potere universale e poi per affermare la propria superiorità spirituale e politica su di esso. L'esigenza di una riforma veniva anche dal basso, dal popolo di Dio sempre più scandalizzato da un clero simoniaco e nicolaita, molto spesso culturalmente non all'altezza del proprio ministero. È da questa ansia, sentita sempre più impellente, che si genereranno quei movimenti presto divenuti o dichiarati ereticali che più tardi, con Lutero, porteranno alla spaccatura della cristianità occidentale. Nel XIII secolo i poteri universali, Chiesa e Impero sono in crisi, iniziano a sfuggire loro quelle strutture e quella società che nel medioevo, cosiddetto di mezzo, sono state la loro base. È una crisi che segue il lungo periodo storico in cui entrambi si sono spesso serviti l'uno dell'altro per imporsi come istituzioni dotate di quella caratteristica d'universalità che ora comincia ad essere contestata. Il nascere degli stati nazionali che porteranno alla formazione degli stati assoluti prima e quindi degli stati moderni ed i contrasti che, presto, opporranno questi due poteri supernazionali in una lotta reciproca per l'affermazione della propria supremazia daranno un colpo alla loro universalità. Impero e Chiesa devono lottare, inoltre, contro quei fermenti politico culturali e quei movimenti che produrranno la dissoluzione del primo, anche se non nominalmente, e la frattura dell'unità della cristianità, ad opera della riforma protestante, per quanto riguarda la seconda.
Il cammino della Chiesa nell'acquisizione e nel consolidamento del potere politico è lento ma costante. Essa conquista un'autonomia giuridica politica che le permette di resistere ai tentativi del potere politico di ridurla esclusivamente nello spazio dell'esercizio delle attività spirituali, e di partecipare, invece, attivamente alla vita politica legittimando direttamente sovrani e imperatori o avallandone in ogni caso il potere. La Chiesa mantiene la propria autonomia normativa universale riuscendo ad attuare il connubio tra la legge canonica e la legge umana. Con l'accordo con i sovrani franchi e la contemporanea consacrazione del rinnovato Impero, ora Sacro, la Chiesa si pone prepotentemente come comprimaria sulla scena politica dell'Europa medievale. Cerca di trasfondere, e con successo, le proprie norme canoniche nelle norme giuridiche positive e con altrettanto successo acquisisce spazi d'esenzione nell'ordinamento positivo delle organizzazioni politiche. Troviamo, così, norme relative al diritto di famiglia, del matrimonio che vengono a far parte del diritto degli Stati con conseguenze giuridico-politiche importantissime, basti pensare al caso matrimoniale di Enrico VIII Tudor, mentre, al contempo, ottiene privilegi d'esenzione a proprio favore e della propria struttura che dureranno fino all'età contemporanea, in alcuni casi non ancora scomparsi. Il più delle volte la concessione di questi privilegi o il conferimento di più ampie sfere di potere sono strumentali alle esigenze contingenti di sovrani ed imperatori, come nel caso della politica seguita dagli Ottoni e dalla casa di Sassonia, che porta ad un inserimento istituzionalizzato dei vescovi del sistema feudale: ecco i Vescovi-conti titolari anche del potere di concedere a propria volta feudi a laici. La Chiesa acquisisce un potere sempre maggiore con influenze decisive nella successione imperiale. Lo strumento della scomunica di cui fa un uso spregiudicato è un'arma molto temuta ed efficacissima, che riesce molto spesso a determinare la prevalenza della Chiesa sul potere politico civile, a questo fa da contrappunto un potere di interferenza diretto dei sovrani nell'organizzazione della Chiesa quale quello di investitura laica degli ecclesiastici. I tempi spingono, ormai, verso una maggiore e più incisiva autonomia della Chiesa nei confronti del potere civile e verso un rinnovamento spirituale che il movimento cluniacense e cistercense invocano come improcrastinabile. Lo spettacolo della compravendita delle cariche ecclesiastiche, del matrimonio o concubinaggio dei sacerdoti, della corruzione del clero non è più accettabile. Da più parti si grida allo scandalo specialmente da parte di quel movimento laico, i Patarini, che si scaglia violentemente e con grande fervore moralizzatore contro i preti ammogliati e simoniaci di Milano.

Leone IV

L'azione moralizzatrice e riformatrice è iniziata nel 1049 da papa Leone IX, al secolo Brunone dei conti di Egisheim-Dagsburg, che godeva fra l'altro oltre che dell'appoggio dell'Imperatore Enrico III di Sassonia, di quello dell'Abate Ugo di Cluny, dell'arcivescovo Alinardo di Lione e di Pier Damiani priore di Fonte Avellana.
L'opera iniziata da Leone IX è proseguita in maniera estremamente incisiva dal suo successore Papa Gregorio VII che porterà a termine quella riforma che ha preso il suo nome e che farà esplodere il contrasto non sempre latente fra Chiesa ed Impero.

Gregorio VII

Papa Gregorio VII, al secolo Ildebrando di Soana, attua una politica di riforme, particolarmente rigorosa sul piano politico e morale, tesa ad eliminare ogni interferenza laica nell'organizzazione della Chiesa ed a risanare quest'ultima dai peccati di simonia e concubinaggio elevandone la moralità da lungo tempo calpestata: Chi guida le cose spirituali a maggior ragione può giudicare quelle secolari e Chi lega e scioglie in cielo a maggiore ragione può togliere e concedere imperi, regni, principati d'ogni altro possesso umano. La scomunica, d'ora innanzi, colpirà chi accetta la carica di vescovo da un laico; contemporaneamente viene vietata l'assunzione di cariche civili da parte di ecclesiastici. Con il Dictatus Papae del 1075 Gregorio VII stabilisce la superiorità del Papa su ogni altra autorità, il primato assoluto di Roma sulla cristianità intera, oltre che nella Chiesa stessa, nonché il potere del Papa di deporre l'Imperatore, di nominare in esclusiva i vescovi e di sciogliere i fedeli dai doveri di fedeltà nei confronti degli ingiusti. Soltanto il Papa ha il diritto di conferire cariche ecclesiastiche, come pure di condannare i vescovi indegni, e ciò in quanto rappresentante di Cristo in terra e successore di S. Pietro nella illimitata potestà di sciogliere e legare concessagli direttamente da Cristo. È l'inizio di una lotta tra i due poteri universali, Chiesa ed Impero, che presto sfocia nella lotta per le investiture e nelle guerre guelfo-ghibelline, dando luogo alla nascita di due partiti che, per opposti interessi, si pongono uno a favore del Papa l'altro a favore dell'Imperatore. Il movimento di riforma della Chiesa, che si inserisce nella lotta tra il Papa e l'Imperatore per il potere nell'Europa Occidentale, produce alcuni effetti di fondamentale importanza quali la perdita da parte dell'Imperatore del diritto di nomina dei Vescovi in Italia ed in Borgogna e la consacrazione della centralità della Chiesa di Roma nei confronti di tutta la cristianità, da cui derivò l'aggiunta al potere temporale di quello spirituale del Papa. Accanto alla forza spirituale ed al prestigio del Papa, cresciuti enormemente, se ne sviluppa la valenza politica: Federico Hohenstaufen di Svevia, che avrebbe lottato contro il Papa, ne ricercava l'incoronazione imperiale quale legittimazione del suo potere.

Innocenzo III

Con papa Innocenzo III, al secolo Lotario dei conti di Segni, la Chiesa raggiunge l'acme della potenza politica trasformandosi in una teocrazia dotata di potere assoluto su tutti i governi. Sono di questo grande Papa le formule: "Pietro ha ricevuto da Cristo il compito di governare non solo la Chiesa universale ma anche l'intero mondo secolare"; "il Papa non è successore di Pietro, è vicario di Cristo"; "la Chiesa diretta dal Papa è come l'anima e l'Impero come il corpo che ne riceve gli impulsi vitali".

Innocenzo III e l'Impero

Papa Innocenzo III non si limitò solo alle enunciazioni di principio ma intervenne pesantemente e fattivamente nei problemi dell'Impero, particolarmente in quello della successione alla corona imperiale. La sua azione decisa e spregiudicata lo portò prima ad appoggiare Ottone di Brunswick nella successione alla corona imperiale per poi scomunicarlo a seguito del mancato rispetto dell'impegno assunto di rinunciare a pretese territoriali su Spoleto ed Ancona, sulla Toscana e sulla Sicilia, del cui futuro sovrano, ancora minore, Federico di Svevia, Innocenzo III era Papa-tutore. Continuò nel contrapporre ad Ottone di Brunswick il giovane Federico di Svevia, divenuto maggiorenne, acquisendogli l'appoggio del re di Francia Filippo II Augusto. Si formarono così due alleanze da una parte il Papa, Filippo II Augusto e Federico di Svevia e dall'altra Ottone di Brunswick, appoggiato dagli inglesi e dai fiamminghi. Lo scontro armato fu inevitabile e sfociò nella cosiddetta Battaglia delle Nazioni, Bouvines 1214, dove Ottone ed i suoi alleati furono duramente sconfitti.

La battaglia di Bouvines rappresentò un evento storico-politico importantissimo per l'Europa: fu la consacrazione del Papa quale punto di riferimento politico per l'Europa stessa e quale potenza politica primaria, ma fu anche uno degli avvenimenti fondamentali che contribuirono alla nascita della Francia come nazione. Innocenzo III si affermò non solo come una delle figure più importante nella storia della Chiesa, continuatore ed attuatore dei principi del Dictatus Papae di Gregorio VII, ma come suprema autorità riconosciuta da tutta la cristianità: il Papa era davvero superiore ad ogni autorità terrena dell'Europa occidentale. Questo successo politico della Chiesa ne costituì, in un certo senso, il canto del cigno: Federico II, stupor mundi, che dal Papa era stato aiutato nella conquista della corona imperiale nel 1227, sarebbe entrato in rotta di collisione con il papato.

Nuovi fermenti, al contempo, sommuovono dall'interno la Chiesa stessa con manifestazioni dottrinali eterodosse subito bollate d'eresia, ma che preludono a quel grande movimento riformatore protestante che alcuni secoli dopo romperà definitivamente la cristianità d'Occidente. È il tramonto delle idee universali che colpisce anche l'Impero, il cui ultimo vero interprete della sua universalità fu Federico II, nipote del Barbarossa e pupillo di Innocenzo III: ne seguirà la nascita delle nazionalità. Altri protagonisti in entrambi i campi proveranno a risuscitare queste idee di universalità, ma falliranno travolti da una nuova società che si impone non solo con la forza di una nuova economia, ma con la riscoperta di una cultura dimenticata, con un approccio diverso nei confronti della vita spirituale e con lo sviluppo di movimenti nazionali: è veramente la fine di un'epoca, mentre un nuovo protagonista politico si impone sullo scenario europeo, la Francia di Filippo il Bello.

Si assisterà, nella Francia di Filippo il Bello, alla gestazione di quello che sarà lo Stato moderno. Appaiono le corti di giustizia, prima fra tutte per importanza quella di Parigi del 1302, volute dal re Filippo IV. Filippo IV va ricordato, anche, per lo scontro durissimo con il Papa Bonifacio VIII e per avere convocato nel 1302, in occasione di tale scontro, una riunione dei rappresentanti della nobiltà, della borghesia e del clero di Francia. Tale riunione costituisce l'atto di nascita dei cosiddetti Stati Generali ed è il punto di partenza di quel particolare rapporto fra Chiesa e Stato che darà luogo, poi, alla cosiddetta Chiesa gallicana. Al tradizionale scontro tra l'Imperatore ed il Papa si aggiunge lo scontro tra l'Imperatore e il Re di Francia, che avrà a supporto dottrinale, Bartolo di Sasso Ferrato con la sua formula Imperator est dominus totius mundi il primo, e la scuola di Tolosa con la formula Rex est imperator in suo regno il secondo. L'Impero, d'altra parte, risponderà alle pretese papali con la Bolla d'Oro del 1356 con cui Carlo IV di Lussemburgo e Boemia statuisce il rifiuto totale dell'intervento del Papa nella elezione alla carica imperiale. Da allora in avanti l'Imperatore sarà eletto dai Principi del Palatinato, del Brandeburgo, di Boemia e dagli Arcivescovi di Magonza, Colonia e Treviri. Si consumava l'ultimo atto di un processo che trasformava l'Impero in un regno tedesco, costituito da una federazione di Principati, in cui la pretesa universalista verrà a sparire.
Si incaricherà Voltaire, dopo la Pace di Vestfalia del 1648 che concluderà la guerra dei trent'anni, di sancire definitivamente che l'Impero non era più Sacro, né Romano, né Impero.

È nel Trecento che si sviluppano quei fermentio interessaranno ogni campo della vita e del pensiero ed a sconvolgimenti politici ed ideologici. Lo scandalo suscitato dal fasto e dalle lotte intestine nella Chiesa portano a movimenti ereticali che contribuiscono alla divisione della cristianità; nascono e si moltiplicano le guerre tra i prìncipi. L'opinione popolare è travagliata da dubbi, molto spesso è impotente a prendere parte attiva alla vita pubblica di un mondo che vuole trascinarla nelle lotte tra i grandi protagonisti dell'epoca: la Chiesa e il potere statuale, il Papato e l'Impero. Ciò nonostante questo mondo caotico ha in sé i germi di una nuova epoca in cui si giungerà ad una più giusta ripartizione del potere tra le forze spirituali e temporali. Si sviluppano nuovi princìpi che mettono in luce le nuove esigenze dello stato moderno, ora in via di gestazione. D'altra parte non si può neppure dire che l'assolutismo rappresenti la vera e sola manifestazione ideologica del tempo; nella vecchia società medievale si vede un larvato principio di costituzionalismo, che dal Trecento comincia ad essere tradotto in pratica ed appare come una geniale anticipazione di un futuro ancora lontano. Questo è il significato più intimo delle discussioni sulla posizione dell'Imperatore o del Principe nello Stato e del Papa nella Chiesa. Questi diversi problemi sono, all'origine, strettamente collegati, ma un'analisi storica che volesse cristallizzarli attorno ai due più rilevanti episodi della vita politica del Trecento, la contesa tra Filippo il Bello e Papa Bonifacio VIII all'inizio del '300 e quella tra Marsilio da Padova, Ludovico il Bavaro ed i papi Giovanni XXII e Benedetto XII durante il quarto decennio ne evidenzierebbe la drammaticità ma rischierebbe di riunire cose che vanno tenute distinte. L'incertezza tra il vecchio, che non vuole scomparire, ed il nuovo, che fa fatica ad affermarsi, incide notevolmente su quei avvenimenti storici del momento che porteranno alla guerra dei Cento Anni, cui contribuirono in modo notevole anche le rivalità dinastiche, per altro sempre presenti. Questo è anche un secolo travagliato da crisi ideologiche, economiche e demografiche, ma costituisce il periodo in cui la feudalità viene sepolta dai nascenti stati nazionali ed i cui si pongono le premesse di quegli avvenimenti che saranno la Riforma e la Controriforma religiose.

Fonte: Wikipedia

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