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giovedì 8 marzo 2012

L'ORDINE TEUTONICO

Nel leggere gli eventi che riguardano questo Ordine, è possibile immaginare cosa sarebbe avvenuto tra il 1300 e il 1400 se, come aveva espressamente chiesto Papa Clemente V, si fossero unificati gli Ordini monastico-guerrieri dei Templari, degli Ospitalieri e dei Teutonici. L’Europa non avrebbe conosciuto “le nazioni” ma un unico Stato teocratico, spietato, autoritario, repressivo, totalitario, intollerante e liberticida. Impero e papato sarebbero stati un'unica cosa e lo scontro con l’Islam sarebbe stato definitivo ma solo dopo la conquista e la sottomissione del Far West d’Europa che si sarebbe realizzata fino alle pendici degli Urali. La Russia sarebbe scomparsa e nessuno avrebbe nemmeno immaginato una Unione Sovietica. Le democrazie moderne sarebbero state, forse, solo l’utopia di popolazioni sottomesse in un eterno medioevo oscurantista e feudale. Le guerre di invasione verso le estreme propaggini ad Est avrebbero ritardato la scoperta d’America a tutto vantaggio della sopravvivenza delle popolazioni indigene del nuovo continente.
Il rifiuto dei Templari a fondersi in un unico ordine militare ha salvato l’Europa e condannato l’America. L’avventura del III Reich e di Adolf Hitler ha tentato di sovvertire il destino ripristinando le fastose strategie dei Cavalieri Teutonici, creando uno stato religioso intorno alla figura divina del Führer. Fortunatamente la battaglia è stata persa dai poderosi barbari germanici, ma la guerra non è finita. Comprendendo la logica degli eventi è infatti possibile intuire che questa visione del mondo è sempre presente, in modo occulto, tra le società segrete che intrecciano i loro disegni dispotici all’ombra della religione. Sotto un aspetto squisitamente antropologico è invece possibile affacciarsi sulle diversità tra il mondo latino e quello sassone studiando la fredda e lucida filosofia dei Teutonici. L’autore di questo testo ritiene che l’attuale equilibrio mondiale sia fortemente instabile e precario per effetto delle spinte sotterranee provenienti dal Nuovo Ordine, perseguito e auspicato da menti sottili che traggono vasta ispirazione dal successo faraonico conseguito dai Cavalieri Teutonici. Quando la croce di ferro rifarà la sua comparsa sul petto di nuovi guerrieri, quello potrebbe essere il primo giorno dell’Apocalisse. Difficile stabilire come e chi si schiererà tra gli eserciti del Bene e del Male. Certamente il campo di battaglia sarà intorno a Gerusalemme e sulle macchine da guerra torneranno a trionfare le croci patenti dei tre immancabili ordini cavallereschi.

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Nella Domenica del 18 marzo 1229 una strana cerimonia si svolse nella chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme, purificata il giorno prima con acqua santa, dopo il suo ritorno al culto cristiano. Sfidando gli anatemi di papa Gregorio IX, Federico II di Hohenstaufen, imperatore scomunicato, si apprestava a cingere la corona del regno di Gerusalemme, che aveva appena liberato senza versare (per la prima e unica volta nella storia delle crociate) una goccia di sangue. Il patriarca di Gerusalemme, i Cavalieri del Tempio e quelli dell'Ospedale (i Cavalieri di Malta) avevano preferito disertare il rito. Nella chiesa oscura, illuminata da mille lampade a olio, si notavano, invece, drappeggiati nel loro grande mantello bianco, segnato da una croce nera sulla spalla sinistra, i Cavalieri dell'Ordine Teutonico con il loro Gran Maestro che fino ad allora erano stati considerati degli intrusi tra i crociati, forse perché poco numerosi. Il Gran Maestro, Hermann von Salza, che aveva personalmente ispirato e organizzato la cerimonia, si trovava a fianco di Federico, mentre il nuovo re, con un gesto destinato a dimostrare che si considerava l'unico signore dopo Dio, afferrava la corona deposta sull' altare e se la metteva in capo da solo, come avrebbe fatto Napoleone, circa seicento anni dopo, a Notre-Dame. In seguito, fu ancora Hermann von Salza, sempre lui, a tradurre in tedesco il discorso di Federico, poiché, per quanto parlasse sei lingue, fra cui il provenzale e l'arabo, il sovrano ignorava le sottigliezze della futura lingua di Goethe. Per il Gran Maestro teutonico, come per l'Imperatore germanico, quel giorno segnava il coronamento di una lunga lotta. Ma la vittoria si rivelò effimera per Federico, poiché, già l'indomani, il primo gesto del patriarca di  Gerusalemme sarebbe stato di mettere l'interdetto sulla chiesa del Santo Sepolcro e sul complesso dei Luoghi Santi, mentre la tregua di dieci anni ottenuta dal monarca, grazie alla sua abilità politica e alla sua amicizia con i Musulmani, si sarebbe dimostrata ben presto molto fragile, per mancanza di ogni sostegno pontificio. Vittoria decisiva, in compenso, per l'Ordine Teutonico, la cui irresistibile ascesa si sarebbe fermata soltanto nel 1410, spezzata dalle spade e dalle lance polacche e lituane. Ultimo nato dei tre grandi Ordini cavallereschi, fioriti con le crociate, l'Ordine Teutonico, la cui sede si trova oggi a Vienna in un palazzo barocco non lontano dalla cattedrale di Santo Stefano, non ha conosciuto, certamente, il lustro prestigioso dei Cavalieri di Malta. Non ha svolto neppure un ruolo finanziario paragonabile a quello dei Templari, anche se un inventario effettuato nel 1421 indicherebbe che, in fatto di metalli e pietre preziose, i Teutonici possedevano un tesoro che era probabilmente superiore a quello dei Templari. La sua affermazione e la sua influenza saranno tuttavia più clamorose di quelle dei concorrenti. Spingendo verso oriente le frontiere dell'Europa, i Cavalieri Teutonici, - il loro nome completo è "Fratelli della casa Teutonica di Santa Maria di Gerusalemme" o, in latino, Fratres Domus Hospitalis Sanctae Mariae Teutonicorum in Jerusalem - riusciranno a creare, sulle rive del Baltico, uno degli stati sovrani più potenti e più moderni della fine del Medioevo. Unico, tra tutti gli Ordini cavallereschi che esistono ancora oggi, a poter vantare una successione ininterrotta di Grandi Maestri eletti (sessantadue), dal cavaliere Heinrich Walpot nel 1190 all' abate mitrato Ildefons Pauler nel 1970, l'Ordine Teutonico è ridiventato, dal 1929, un'organizzazione puramente clericale e, dei suoi privilegi passati, ha conservato la facoltà di conferire il titolo di "cavaliere d'onore" e l'esecuzione della giurisdizione dei vescovi e del potere civile, nei soli Paesi dove esiste un concordato. Oggi, i suoi effettivi ammontano a cinquantasette sacerdoti, tre chierici, quattordici fratelli laici, due novizi e quattrocentotrentatre monache. Sparsi prevalentemente tra l'Austria, il Tirolo del Sud, la Germania e la Jugoslavia, essi si dedicano esclusivamente a compiti ospedalieri e all'insegnamento. Un giusto ritorno, insomma, alla modestia che caratterizzava inizialmente gli scopi dell'Ordine. Tradimento, mormorano però alcuni, nei riguardi della grande… idea teutonica, quell'idea che segnò il secolare Drang nach Osten (espansione verso oriente) germanico e ispirò, ancora recentemente, quelli che volevano fare delle S.S. un nuovo" ordine nero", guardiano del Reich millenario. Ma veniamo alla Storia. Gli ordini cavallereschi, come le famiglie reali, avvolgono le loro origini nel mistero. Anche l'Ordine Teutonico non sfugge alla regola. Stando alla tradizione, nel 1118, o nel 1128, un mercante della città di Brema, che si trovava in pellegrinaggio a Gerusalemme, in compagnia della moglie, dopo aver constatato lo stato di abbandono nel quale si trovavano i suoi compatrioti in Terra Santa, decise di imitare i mercanti italiani dell'ospedale di S. Giovanni, fondando un'istituzione umanitaria destinata ad accogliere e a curare cavalieri e pellegrini di lingua tedesca. Altri volontari, tra i pellegrini e i crociati tedeschi, si unirono all'impresa. E poiché la cappella dell'ospedale era consacrata alla Vergine, essi furono presto noti come "i frati dell'ospedale di Santa Maria dei Tedeschi". Chissà se quel primo ospedale tedesco fu risparmiato da Saladino al momento della caduta di Gerusalemme o se continuò un'attività segreta sotto la dominazione musulmana? Un fatto è certo: nel 1187, l'assedio di S. Giovanni d'Acri trovò i crociati tedeschi ancora una volta a disagio. Il grosso dell'esercito germanico, comandato dall'imperatore Federico I Barbarossa, aveva scelto, in mancanza di flotta, di raggiungere la Terra Santa a piccole tappe per l'interminabile via terrestre, attraverso i Balcani e l'Asia Minore. Il pugno di Tedeschi venuti dal Nord via mare si trovò perciò isolato, in minoranza tra i crociati degli altri Paesi. I Templari dedicavano tutte le loro cure ai Francesi, gli Ospitalieri agli Italiani. Di fronte all'infuriare di un'epidemia, alcuni mercanti di Brema e di Lubecca, per soccorrere i feriti e gli infermi d'origine germanica, intrapresero una seconda volta la costruzione di un ospedale sotto le mura della città assediata, usando come tende le vele delle navi. L'assedio durò 18 mesi. I rinforzi tardarono ad arrivare. La discordia insorse tra le varie nazioni del campo cristiano. Quando, come un colpo di fulmine, si propagò la notizia della morte del Barbarossa, annegato in Cilicia, la situazione sembrò disperata per la fragile confraternita ospedaliera che aveva ripreso il nome dei suoi precursori di Gerusalemme. Infine, l'esercito tedesco fece la sua apparizione al comando di Federico di Svevia, secondo figlio dell'Imperatore defunto. Appena arrivato, egli decise di prendere l'ospedale tedesco sotto la sua protezione ma ormai, il vento aveva cambiato direzione. Nel 1192, papa Celestino III confermò la nuova confraternita sottraendola a qualsiasi autorità diversa da quella della Santa Sede. Nel 1197, Enrico VI di Hohenstaufen, successore del Barbarossa, le concesse il suo appoggio. Alle cinque nuove case che la comunità possedeva in Terra Santa, a Gaza, Jaffa, Rama, Ascalona e Zamsi, una donazione dell'Imperatore aggiunse il monastero della Santa Trinità a Palermo, pietra miliare del primo baliato teutonico in Europa. Nel 1198 avvenne un fatto decisivo, proprio quando, ancora una volta, la sfortuna sembrava accanirsi sui crociati tedeschi. Una potente armata germanica era appena sbarcata in Terra Santa per riaccendervi la fiaccola della crociata. Si aspettava soltanto l'arrivo dell'Imperatore, quando la morte improvvisa di Enrico VI, a Messina, costrinse le truppe a tornare indietro. Fu allora che i principi tedeschi decisero, prima di lasciare la Palestina, di trasformare la giovane confraternita teutonica in un vero e proprio Ordine cavalleresco. La cerimonia ebbe luogo nella Domus dei Templari, in presenza di undici vescovi, nove principi tedeschi, nonché dei Grandi Maestri del Tempio e dell'Ospedale. Il sigillo teutonico avrebbe rappresentato la Vergine e il Bambino, montati su un asino guidato da S. Giuseppe. Secondo la tradizione, sarebbe stato il Gran Maestro del Tempio in persona, avvicinatosi al suo nuovo emulo teutonico, Heinrich Walpot von Bassenheim, a deporre sulle sue spalle il gran mantello bianco dei Templari. Investito di una doppia funzione, ospedaliera e militare, il nuovo Ordine, al quale era stata attribuita d'ufficio la regola degli Ospitalieri per quanto riguardava l'assistenza, e quella dei Templari, per l'organizzazione bellica, condivideva, con gli altri ordini cavallereschi, l'ambiguità che sarebbe stata fatale ai Templari: ossia quella tra lo spirituale e il temporale. Un'altra ambiguità, propria dell'Ordine Teutonico, era il criterio etnico che il suo stesso nome sembrava sottolineare, in contraddizione con l'universalismo cristiano delle crociate. Alcuni vi hanno visto il segno di un nazionalismo, o perfino di un razzismo ante litteram: "L'Ordine Teutonico" scrive Erich Maschke, storico del III Reich "era senza dubbio al servizio della fede e dei precetti morali e cristiani. Ma li serviva come Ordine tedesco, in vera e propria simbiosi con il popolo e l'impero". In realtà, la regola teutonica, ricalcata, come abbiamo visto, su quella dei Templari, non indicava affatto che fosse necessario essere tedeschi per essere ammessi nell'Ordine. E, difatti, furono ripetutamente accolti cavalieri stranieri: Francesi, Italiani, un fratello del re di Danimarca, Waldemar IV, e persino Polacchi. Che i Teutonici fossero, in gran prevalenza, se non di nazionalità, termine che non ha significato nel Medioevo, perlomeno di lingua tedesca, non fu dovuto, almeno in origine, a volontà di potenza, ma, al contrario, a una situazione di inferiorità. Prima di tutto, c'era un senso di inferiorità nei confronti degli altri crociati: il fatto che, sfortunatamente, !'imperatore germanico Enrico IV (quello di Canossa) non avesse potuto partecipare alla prima crociata aveva finito per conferire a quella spedizione, fin dall'inizio e sotto la facciata di un'iniziativa che travalicava i nazionalismi, un orientamento in realtà nettamente francese. Giunti tardi, i Tedeschi soffrirono ogni sorta di disagi, in particolare linguistici, in tutte quelle azioni che, nel suo libro significativamente intitolato Gesta Dei per Francos, lo storiografo Guibert de Nogent non esitò a definire come una serie di grandi imprese compiute da Dio in persona, ma usando come strumenti gli eserciti della nazione francese. C'era, inoltre, un senso di inferiorità anche nei confronti diretti degli altri Ordini cavallereschi, che erano nati più di mezzo secolo prima. In verità, gli inizi dell'Ordine Teutonico sono contrassegnati dagli sforzi disperati che esso dovette fare per sottrarsi al predominio degli Ospitalieri di S. Giovanni, che erano riusciti, per qualche tempo, a porre il primo  ospedale tedesco sotto la loro tutela e che, in realtà, aspiravano ad avere la completa giurisdizione sul nuovo Ordine. Ma se, in Terra Santa, il fatto che l'Ordine fosse, allo stesso tempo, internazionale e tedesco era decisamente un freno, in altre condizioni questa doppia natura poteva trasformarsi addirittura in un vantaggio. Tutto stava nel sapersi inserire, nel grande gioco politico, tra impero e papato. Spostando in Occidente il centro d'attività dell'Ordine Teutonico, Hermann von Salza, quarto Gran Maestro, eletto nel 1210, sarebbe riuscito a proiettarlo nel cuore della storia europea. Tutto cominciò con un impegno azzardato. Ricevendo, nel 1215, ad Aquisgrana, la corona di Re dei Romani, in attesa dell'investitura imperiale, che dipendeva in tutto dall'assenso del Papa, Federico II aveva fatto un voto: si era pubblicamente impegnato a comandare una nuova crociata, destinata a liberare la Città Santa, riconquistata dai Musulmani trent'anni prima. Una promessa che il sovrano avrebbe forse voluto mantenere in tempo abbastanza breve, poiché, sotto sotto, sperava di annettere un giorno il Regno di Gerusalemme all'Impero. Ma, in quel lasso di tempo, non era in grado di radunare le truppe necessarie. Trascorrono tredici anni prima che Federico possa muoversi verso la Palestina e quando poté farlo, aveva ormai sulle spalle la scomunica papale, che lo aveva colpito proprio a causa degli indugi, dei quali, in realtà, era in parte colpevole. V'era dell’altro naturalmente: la contrapposizione tra il potere imperiale e il potere pontificio era oramai più che centenaria, e già si era manifestata in mille modi. Basti riandare al drammatico incontro di Canossa, quando Enrico IV nel pieno inverno, a piedi nudi e cinto di un cilicio, aveva dovuto attendere, per tre giorni, il perdono del terribile Gregorio VII. Quali le origini del conflitto? La pretesa "Donazione di Costantino", un documento falso, fabbricato nell'VIII secolo, diventato per Gregorio VII e per i suoi successori la base di una vera e propria dottrina politica che tendeva a fare del Papa, unico successore della potenza di Cristo, il feudatario di tutti i principi, compreso l'Imperatore. A furia di interdetti e scomuniche, da parte pontificia, di nomine di antipapi, da parte imperiale, e di molto machiavellismo da entrambe le parti, ognuno dei contendenti aveva cercato di sopraffare l'avversario, ma senza che dal conflitto sortisse un vinto e un vincitore. Una volta ancora, lo scopo della lotta che stava per riprendere tra lo scettico, sconcertante Federico II e il Papa - o piuttosto i papi, perché poi ve ne furono tre, Innocenzo III, Onorio III e Gregorio IX, diversi tra loro, ma tutti uniti nella stessa idea della grandezza della Chiesa - era il dominio del mondo. Ma questa volta, un arbitro si interponeva fra gli avversari: il Gran Maestro teutonico,Hermann von Salza. La controversa crociata di Federico non poteva, a priori, lasciare Hermann von Salza indifferente. Non si trovava forse a capo di un Ordine, la cui missione si identificava con la liberazione della Terra Santa? Il Gran Maestro coltivava, inoltre, il sogno di ripristinare la concordia della Cristianità, riconciliando il Papa e l'Imperatore. Su questo tema, la doppia natura, religiosa e germanica, che caratterizzava l'Ordine Teutonico costituiva indubbiamente un vantaggio, rispetto agli altri Ordini cavallereschi. Allo stesso tempo, avendo legami sia con il Papa sia con l'Imperatore, all'Ordine non poteva sfuggire un importante ruolo di mediazione. Quanto a Federico II, l'interesse che egli aveva a servirsi, nel suo conflitto con il Papa, di un'istituzione che allo stesso Papa doveva obbedienza non poteva sfuggirgli. "Ciò che il Pontefice non riesce a realizzare di persona", scrive Paul Winkler, "lo farà realizzare da uomini comunque legati a severe regole monastiche, nei quali può avere totale fiducia". Che il primo incontro tra il monarca e Hermann von Salza sia avvenuto nel 1215, in occasione del IV Concilio ecumenico lateranense, quello stesso che condannò gli Albigesi e al quale il Gran Maestro avrebbe partecipato in veste di osservatore, o un anno dopo, nel corso di una dieta indetta da Federico a Norimberga, è ancora in discussione tra gli storici. In ogni modo, sin dal 1216, Federico decise che due cavalieri teutonici avrebbero fatto parte del suo seguito a titolo permanente e che, ogni volta che si fosse recato a corte, il Gran Maestro dell'Ordine sarebbe stato suo ospite personale. Nel 1217 , su richiesta di Salza, l'Ordine Teutonico venne posto, in Germania, su un piano di uguaglianza con i Templari e gli Ospitalieri. Semplice alleanza tattica all'inizio, la collaborazione tra Federico e i Teutonici non tardò a diventare una ferrea alleanza, a tal punto che uno storiografo ebbe a lamentare che l'Impero fosse ormai governato soltanto dai consigli dell'Ordine Teutonico. Hermann von Salza non era soltanto un consigliere insostituibile, l'uomo che sapeva sbrogliare meglio di qualsiasi altro gli innumerevoli intrighi che fiorivano in Oriente, sia tra i crociati sia tra i Musulmani, ma era anche il moderatore che temperava l'impetuosità giovanile del monarca. Sostituiva il padre che Federico aveva perso all'età di tre anni. La prima missione del Gran Maestro teutonico venne portata a termine con pieno successo in coincidenza con l'incoronazione a Re dei Romani del figlio maggiore di Federico. Si trattava, appunto, di far accettare al Sommo Pontefice, non a torto diffidente, un ragionamento un po' specioso: l'intento di Federico II non era di accerchiarlo unendo il regno di Sicilia all'Impero, ma era, come disse, "che, durante la nostra assenza al servizio di Gesù Cristo (sottintesa la famosa crociata), l'Impero potesse essere meglio governato" Nel 1220, nuova ambasciata di Salza presso il Papa. Questa volta, ottenne per Federico la corona imperiale tanto ambita; nel complesso patteggiamento figurava, in compenso, l'impegno del futuro Imperatore a partire in crociata entro un anno; il Papa non dimenticò di compensare il mediatore: il giorno stesso dell'incoronazione, Salza ottenne che i Cavalieri Teutonici, fino ad allora dotati di una semplice veste nera, avessero il diritto di portare il mantello bianco dei Templari. Non avrebbero più avuto da soffrire di un complesso d'inferiorità. Un anno dopo, vennero concessi loro gli stessi privilegi riservati fino ad allora dalla Santa Sede agli Ospitalieri e ai Templari. Da quel momento avrebbero potuto essere scomunicati soltanto dal Papa. Nel 1223, Federico II viene indotto a sposare Isabella di Brienne, erede, per i Cristiani, del Regno di Gerusalemme. Matrimonio squisitamente politico, sollecitato dal solito von Salza; le nozze, infatti, avrebbero dovuto far smuovere l'Imperatore, che, ancora una volta, aveva rinviato il suo imbarco per la Palestina. Hermann von Salza, nel corso dell'assedio di Damietta, aveva avuto la possibilità di fare un grosso favore al padre di Isabella: gli aveva consegnato metà del bottino dell'Ordine. Come emblematico compenso, "in riconoscimento del brillante ruolo svolto dai Cavalieri Teutonici durante la battaglia", Brienne aveva concesso ai membri dell'Ordine e ai loro successori di portare a mo' di fiorone, sulla croce teutonica, la croce d'oro di Gerusalemme. È dunque probabile che il Gran Maestro dell'Ordine fosse particolarmente interessato al progetto matrimoniale, perché, ponendo la Terra Santa sotto la diretta autorità dell'Imperatore, l'Ordine stesso ne avrebbe acquisito prestigio e potere. Von Salza partecipò quindi di persona all'incontro di Ferentino, dove Federico giurò di sposare Isabella e di intraprendere la crociata nel giorno di S. Giovanni del 1225. Nel frattempo, Salza si sarebbe recato in Germania per accelerare il reclutamento delle truppe. Nel 1225, Federico II, impegnato nel riordino della Sicilia, lascia scadere la fatidica data, senza mostrare alcuna intenzione di volersi recare a combattere gli Arabi, che, anzi, sono bene accolti alla sua corte. Salza deve nuovamente mettersi in moto per rabbonire là Santa Sede. A S. Germano, nei pressi di Cassino, si redigono nuovi, solenni accordi: l'Imperatore si impegna a fare trasportare in Palestina 2.000 cavalieri e a mantenerli a sue spese: resta inteso che altri 1.000 sarebbero partiti con lui. In compenso, ottiene di poter rinviare di altri due anni l'inizio della sua crociata. Papa Gregorio IX, appena eletto, succedendo a Onorio III, era convinto, dal canto suo, di essere riuscito in pochi mesi laddove il suo predecessore aveva fallito per ben dieci anni. Quanto al Gran Maestro, venne nominato principale amministratore delle centomila once d'oro che Federico aveva dovuto versare come garanzia della sua buona fede. Il Papa minacciò che, qualora fosse venuto meno al suo impegno, l'Imperatore sarebbe stato scomunicato. Nuovo intermezzo. Nel 1226, molte città lombarde, emiliane, piemontesi e venete, segretamente sostenute dal Papa, rinnovarono la Lega del 1167 e, con le loro forze armate, impedirono a Federico II di superare i valichi che dal Trentino scendono in Italia. Per l'Imperatore non fu un grosso problema: Federico II fece semplicemente scomunicare, da un arcivescovo del suo seguito, le città italiane, con la motivazione che esse ritardavano la mobilitazione per la crociata voluta dal Papa. Come al solito, toccherà a von Salza fare accettare, al Sommo Pontefice, una "politica" cosi machiavellica. Ma tra tutte le missioni di Salza - sono cosi numerose che gli storici riconoscono di essere impotenti a sbrogliare i fili dei suoi itinerari tra Gerusalemme, l'Egitto, la Sicilia, Roma e la Germania - la più difficile dopo la riconquista di Gerusalemme (che, tra l'altro, portò ogni sorta di vantaggi materiali ai Teutonici a scapito degli altri Ordini) fu quella di far togliere la scomunica all'Imperatore. Ciò avvenne in occasione del secondo trattato di S. Germano. Federico dovette, questa volta, consegnare in garanzia otto fortezze, che furono affidate, naturalmente, alla custodia dei Teutonici. La riconciliazione fu sigillata qualche tempo dopo ad Anagni, in occasione di un incontro segreto tra il Papa e Federico, di cui il solo testimone, Hermann von Salza, non rivelò mai il tenore. Gregorio IX approfittò della circostanza per regolare le controversie sorte fra i Templari e i Teutonici a causa della rassomiglianza delle vesti. Ordinò ai maestri e fratelli del Tempio di non molestare più i fratelli di Santa Maria dei Tedeschi solo perché indossavano lo stesso mantello bianco, ma costrinse i Teutonici ad aggiungere, cucita sulla spalla sinistra, una croce nera in memoria della modestia del loro abito primitivo. Per tragica ironia della sorte, Hermann von Salza mori lo stesso giorno, il giovedi santo del 1239, in cui una nuova scomunica, questa volta definitiva, colpiva Federico II. Il Gran Maestro teutonico non aveva raggiunto lo scopo al quale aveva dedicato tutta la sua vita: "Agire per l'onore della Chiesa e dell'Impero". Era riuscito, in compenso, a fare dello strumento scelto per il suo grande sogno, l'Ordine Teutonico, un'indiscussa potenza. In Germania, la dinastia degli Hohenstaufen stava per scomparire, per essere seguita da un lungo interregno. A Roma, i papi non tardarono, a loro volta, a esiliarsi in Avignone. Terminava cosi un'epoca, quella  dell'universalismo cristiano; ne iniziava un'altra, quella dei nazionalismi e l'Ordine Teutonico era ormai pronto ad affrontarla. Nell'opera La Germania segreta, Paul Winkler sostiene che Federico II, che "si era chiaramente reso conto della potenza acquisita dai Templari e dagli Ospitalieri, capi che essa risiedeva nella loro rigida organizzazione, nelle loro regole austere e anche nella loro segretezza". Nel Medioevo, sempre secondo Winkler, il "segreto degli Ordini religiosi assicura la dedizione assoluta di tutti i loro membri agli scopi perseguiti. Non è tanto la natura del segreto che importa, anche se questo ha, in genere, un rapporto almeno simbolico con i progetti dell'Ordine, quanto l'esistenza stessa di un segreto. Uomini vincolati su alcuni argomenti da un voto di silenzio sono inclini a mostrarsi più ardentemente devoti alla causa comune di quanto lo sarebbero se i loro obblighi fossero di ordine razionale, privo di qualsiasi mistero". In realtà, l'Ordine Teutonico non era tanto una società segreta vera e propria, bensì un universo ermetico, dai riti carichi di simbolismo. La sua gerarchia risultava allo stesso tempo rigida e sconcertante per il non iniziato. Insomma, si era in presenza di un universo tanto più chiuso, in quanto i voti che si dovevano pronunciare, per potervi entrare, avevano un carattere irrevocabile.
Curiosamente, mentre l'unico modo per "uscire" dall'Ordine Teutonico era la morte (in attesa della morte, perfino i lebbrosi venivano posti in ospedali teutonici appositamente istituiti per loro), fu a lungo relativamente facile entrarvi. In origine, la condizione nobile non era neppure necessaria. Solo nel 1216 il Sommo Pontefice decise che il Gran Maestro non poteva essere plebeo e, nel 1284, che sarebbe stata necessaria un'autorizzazione speciale per l'ammissione dei non nobili. Ma una delle particolarità dell'Ordine Teutonico, rispetto agli Ospitalieri e ai Templari, era che non bastava aver pronunciato i voti per essere considerato un vero cavaliere. Per far parte dell' élite, cioè per essere abilitato a partecipare ai capitoli, alle grandi riunioni dell'Ordine, essere eletto ai gradi superiori, come quello di Commendatore, era necessaria un'iniziazione supplementare. I cavalieri venivano "addobbati" (termine antico per "vestiti delle armi") con un rituale, trasmesso un secolo dopo l'altro, che si rifaceva, secondo certi autori, ai misteri di Eleusi e anche al culto di Mitra. La parola stessa, tratta da una vecchia radice francona, dubban, significa" colpire", perché, dopo aver ricevuto la spada, l'elmo, il giaco, lo scudo triangolare, gli speroni (talvolta d'oro) e il budriere (la cinghia di cuoio che regge la spada), che avrebbero ormai fatto parte del suo abbigliamento di combattente, il postulante veniva colpito dal padrino con un colpo di piatto della spada sulla nuca, destinato a purificarlo. Ognuna delle fasi della vestizione aveva, d'altronde, un  significato simbolico. Nell'opera El libre del ordre de Cavayleria, il celebre alchimista Raimondo Lullo osservava che l'impugnatura della spada era a forma di croce non già casualmente, ma perché rappresentava la Croce di Cristo che abbatte i suoi oppositori. Robert de Blois precisava: "La spada deve essere levigata e brillante come l'anima deve essere onesta e diritta", "Lo scudo è la carità che protegge dai vizi" e "La lancia, che trafigge il nemico da lontano, è la prudenza". Per essere armato, un Cavaliere Teutonico doveva avere almeno dieci anni di anzianità. La cerimonia aveva luogo in occasione delle grandi feste liturgiche, in particolare a Pentecoste e nella ricorrenza di S. Elisabetta d'Ungheria, patrona tutelare dell'Ordine, il cui reliquiario d'oro, conservato nella chiesa di Marburg, in Germania, era affidato, dall'epoca di Federico II, alla custodia dei Cavalieri Teutonici. La cerimonia cominciava, dopo il capitolo mattutino, con una messa solenne celebrata da un prelato dell'Ordine che poi dava al postulante il bacio della pace, e terminava con ogni sorta di festeggiamenti. Ma ciò che indubbiamente costituiva la vera forza dell'Ordine Teutonico, in quel Medioevo caratterizzato dalla molteplicità e dalla polverizzazione dei poteri, era il fatto di essere un sistema totalitario ante litteram. Al momento di prendere i voti, ognuno dei cavalieri doveva fare giuramento, per iscritto, di obbedienza al Gran Maestro e all'Istituto, di cui si impegnava a difendere, a prezzo del proprio sangue e fino alla morte, non soltanto la fede spirituale, ma anche il territorio. Doveva considerarsi inoltre un semplice strumento nelle mani del suo superiore. Doveva essere disponibile corpo e anima, ventiquattro ore su ventiquattro. Doveva spezzare in sé ogni traccia di individualismo e sottomettersi interamente alla comunità. Codesta disciplina di ferro, in nome di un'idea superiore, in cui gli ideologi del III Reich vorranno ravvisare le qualità specificamente germaniche, sulle quali sognavano di fondare il nuovo ordine nazista, non aveva del resto, in partenza, nulla di germanico. Come quella dei Templari, la regola teutonica traeva origine dalle idee mistiche di S. Bernardo di Chiaravalle, che miravano a riunire le due figure ideali del Medioevo: il monaco e il cavaliere, per farne lo strumento perfetto delle crociate. Ma, man mano che l'impero teutonico si estendeva, quei precetti spirituali presero un aspetto temporale e pratico sempre più inquietante. Dei tre voti - di castità, povertà e obbedienza, adottati dai Benedettini - pronunciati dal Cavaliere Teutonico, sarà proprio l'ultimo a prevalere sugli altri. Obbedienza alla regola, obbedienza alla gerarchia, quest'ultima molto più accentuata che nei Templari e negli Ospitalieri. Obbedienza soprattutto al Gran Maestro. Vero monarca assoluto, con pieno diritto, sanzionato da vari sovrani, di vita e di morte sia per gli aspetti militari sia per quelli ospedalieri del suo Ordine, il Gran Maestro aveva per attributi la borsa e la sfera, in segno di potere sull'insieme delle persone e delle cose. Nel corso delle cerimonie, teneva il bastone pastorale sormontato dalla croce, emblema della sua sovranità, come il sigillo era il segno della sua autorità. Eletto a vita, secondo un sistema a vari gradi, con la caratteristica che ogni collegio comprendeva tredici membri, numero ideale che simboleggiava il Cristo e i suoi apostoli, il Gran Maestro teutonico era il capo degli eserciti. Il suo seguito comprendeva quattro cavalieri e sei frati serventi o "sergenti d'arma". Possedevaquattro cavalcature da combattimento e due da carico. L'unico suo obbligo era quello di consultare il capitolo per le decisioni piu gravi. Un codice disciplinarespietato costringeva, del resto, all'osservanza della regola. Per i Teutonici, in virtù di un principio secondo il quale perdonare il colpevole significava indebolire tutto l'Ordine, non era mai possibile riscattarsi. Per la più piccoladisobbedienza, il colpevole era condannato a lavorare per un anno con i prigionieri di guerra, e a prendere i suoi pasti con i servi. Nella sua opera dedicata ai Cavalieri Teutonici, Laurent Dailliez precisa d'altronde che la resistenza alla autorità fu molto rara presso di loro: "I Teutonici erano dei Germanici", scrive, dei Sassoni, e il Gran Maestro eletto dall'insieme del capitolo non era il rappresentante, ma l'incarnazione, nella sua veste di capo spirituale temporale, della potenza sacra della morte, comunione perfetta del ferro, del fuoco e del sangue, sotto il simbolo della Croce, quella Croce unica, tipica dei Germani, che fu poi usata da Hitler sotto il nome di "Croce di Ferro". Fino all'inizio del XIII secolo, i Cavalieri Teutonici erano soltanto uno sparuto gruppo di uomini isolati in mezzo agli altri crociati della Terra Santa. Ma, dal 1200 al 1300, le commende si moltiplicarono al ritmo di una, di due, talvolta di tre all' anno. E ciò non soltanto in Palestina, ma anche in Italia, in Armenia, in Boemia, a Cipro, in Germania, e perfino in Francia. L'Ordine divenne allora tanto più temibile in quanto la sua immunità giurisdizionale gli permetteva di immischia si in tutti gli ingranaggi civili e religiosi, pur dipendendo soltanto dal Papa. Il trasferimento dei Cavalieri Teutonici in Prussia, cioè in un territorio vicino all'Impero, diede alla loro volontà di potenza l'occasione di esercitarsi. Ancora una volta, Hermann von Salza era stato lungimirante. Per gli Ordini cavallereschi, non vi era più futuro in Terra Santa. Un primo tentativo per trovare un terreno d'azione più idoneo all' ambizione dei Teutonici non aveva avuto buon esito. Nel 1211, il Gran Maestro era stato abbastanza abile da indurre il re d'Ungheria, Andrea II, a fare appello ai Teutonici per difendere le sue frontiere orientali minacciate dai Cumani, tribù pagana venuta dall' Asia. Andrea II era peraltro padre della famosa S. Elisabetta, futura patrona dell'Ordine, a sua volta sposata con il langravio di Turingia, amico personale di Salza, per cui molti vantaggi erano stati concessi ai cavalieri. A priori, l'impresa sembrava confacente alla missione dell'Ordine, poiché si trattava di proteggere un luogo di passaggio tradizionale dei pellegrini germanici verso la Palestina. L'Imperatore e il Papa, quest'ultimo molto soddisfatto di affermare cosi la presenza cattolica di fronte all'Oriente ortodosso, avevano dato la loro benedizione. I Teutonici non avevano tardato a riportare importanti vittorie. Sfortunatamente, Andrea II si era accorto che, sotto la copertura della fede, i cavalieri nutrivano ambizioni territoriali precise. Quando essi, facendosi forti della loro dipendenza diretta dalla Santa Sede, avevano preteso di sottrarsi alla giurisdizione dei vescovi locali, il sovrano ungherese aveva ritrattato le sue donazioni. Nel 1225, i Teutonici avevano dovuto levare il campo, lasciando dietro di sé i coloni venuti dalla Germania al loro seguito, antenati dell' attuale minoranza germanica in Transilvania. Ma quando, nel 1226, un anno appena dopo quell' esperienza sfortunata, il duca Corrado di Masovia, uno dei palatini che si dividevano a quell'epoca il territorio polacco, implorò a sua volta l'aiuto dei Teutonici contro i Prussiani, altra popolazione idolatra di origine slava che aveva appena devastato i suoi stati, Hermann von Salza era ben deciso a sfruttare fino in fondo questa occasione. La nuova missione oltrepassava, per ampiezza, tutto ciò che l'Ordine aveva compiuto fino ad allora. Il duca polacco era pronto a concedere ai Cavalieri la città di Kulm e altri territori da riprendere al nemico. In breve, si trattava di una vera conquista territoriale, completata dalla conversione di un intero popolo. L'Imperatore, per di più - e Salza era nelle migliori condizioni per saperlo - non poteva che rallegrarsi alla prospettiva di espandere, come protettore della Chiesa e della fede, la sua sovranità sulla Polonia. Federico II non si limitò, infatti, a confermare le donazioni del principe polacco, ma creò un nuovo stato. Con un atto, munito solennemente del suo sigillo d'oro, la famosa "bolla d'oro di Rimini", che Paul Winkler non esita a ritenere "la carta permanente di tutte le conquiste prussiane e dell'espansione politica tedesca fino ai nostri giorni" , il monarca definì la natura e gli obiettivi del futuro Stato teutonico; questo avrebbe avuto il diritto di riscuotere le imposte, di legiferare, di creare delle marche, di battere moneta, e avrebbe trattato, in assoluta parità, con gli altri principi dell'Impero. I Cavalieri Teutonici fecero il loro ingresso in Prussia nel 1230. Applicando a quel nuovo Paese di laghi, di paludi, di foreste la strategia che aveva dato buona prova sulle sabbie roventi di Palestina, essi assicuravano le loro retrovie costruendo, via via, fortificazioni e castelli. Coloni venuti da tutte le regioni della Germania prendevano possesso delle nuove terre. La Santa Sede distribuiva senza lesinare indulgenze per incoraggiare i fedeli cristiani a sostenere i combattenti "in guerra contro i pagani di Prussia che uccidevano e sterminavano i Cristiani" . Nel 1231, i cavalieri attraversarono la Vistola e costruirono la cittadella di Torun, cosi battezzata in onore di Thoron, una delle sedi importanti dell'Ordine in Terra Santa. Nel 1232, toccò a Kulm, che diventò sede di una commenda, nel 1233 fu la volta di Marienwerder. Nel 1236, assorbirono, con la benedizione del Papa, un altro Ordine cavalleresco, i fratelli della Milizia di Cristo, chiamati anche Cavalieri Porta-spada, perché il loro mantello bianco era ornato di una croce rossa formata da due spade. Il territorio di quest'Ordine, la Livonia, venne cosi ad aggiungersi ai possedimenti sempre più estesi dell'Ordine Teutonico. Questa crescita troppo rapida, disperdendo gli sforzi dell'Ordine, corse il rischio di causarne la perdita. Nel 1242, la campagna intrapresa contro Novgorod sfociò nel disastro inflitto dall'esercito del principe russo Alessandro Nevskij sui ghiacci del lago Peipus, a nord di Riga, in Estonia. I Prussiani ne approfittarono per ribellarsi. Una volta ancora, il Papa, Innocenzo IV, predicò la crociata. L'insurrezione venne sedata con l'aiuto di re Ottokar di Boemia che guidò sessantamila uomini. Nel 1257 , i Teutonici fondarono K6nigsberg, la città del Re, cosi denominata in onore di Ottokar. Subito dopo avvenne un' altra insurrezione, seguita da una nuova crociata. I Prussiani attaccarono le fortezze teutoniche e, nelle campagne, incendiarono le fattorie dei coloni tedeschi. I loro villaggi di legno furono, a loro volta, dati alle fiamme. Alle porte dei castelli dell'Ordine fiorirono le forche. La conquista della Prussia fu, o no, un vero genocidio? I difensori dell'Ordine sostengono che, lungi dall'essere state sterminate, le primitive popolazioni della Prussia furono, poco per volta, assimilate dal nuovo Stato teutonico. A sostegno della loro tesi, fanno notare che, nel 1350, un frate teutonico venne perfino incaricato di redigere un dizionario dell'antica lingua prussiana. Stando invece allo storico tedesco Schleicher, "la storia di quella lotta mortale deve essere citata tra gli episodi più sinistri dell'umanità. Supera in dolore e in durata la conquista del Perù e del Messico" . Secondo un' altra testimonianza, "si battezzarono gli indigeni a centinaia per volta... spostando lungo le schiere dei pagani una pompa che annaffiava, simultaneamente, tutta la folla, mentre i preti cristiani recitavano la formula sacra". Rimane ammirevole, tuttavia, l'opera complessiva compiuta dai Teutonici. L'estuario della Vistola, un'immensa palude, venne trasformato in uno dei migliori granai d'Europa. La Prussia divenne il principale fornitore di legname, cereali, ambra, pellicce dell'Inghilterra e delle Fiandre. In un'epoca in cui, solo in Germania, oltre trecento monete erano in circolazione, in cui le grandi potenze soffrivano di una crisi di bilancio permanente, i Teutonici riuscirono a unificare le monete, i pesi e le misure. La cassa dell'Ordine, sempre piena, permetteva di finanziare le guerre continue, di realizzare vasti programmi di costruzione, di acquistare nuovi territori. Mentre i monarchi europei facevano una gran fatica a ingaggiare nuove truppe, l'esercito teutonico formava un corpo permanente, relativamente piccolo - cinquemila uomini - ma di altissima qualità. Un sistema di corrieri, ripartiti attraverso l'insieme del territorio, permetteva di porre riparo in tempi brevissimi a qualsiasi sorpresa. Per giungere fino a Marienburg, la notizia dell' arrivo di Giovanna d'Arco a Chinon impiegò tre mesi, una rapidità veramente eccezionale per quell'epoca. Per quanto riguarda l'amministrazione civile e militare - esercitata da cavalieri sottoposti a disciplina meno rigida, revocabili in ogni momento e che lavoravano gratuitamente – essa era senza pari in Europa. La cellula di base era il castellocommenda, che comprendeva un minimo di dodici cavalieri (numero che simboleggia gli apostoli). Gli unici che sfuggivano al sistema erano i quattro vescovadi insediati in Prussia dalla Santa Sede, malgrado l'opposizione teutonica. Ma si trattava di una indipendenza del tutto teorica, almeno per tre di essi, perché l'Ordine Teutonico conservava l'autorità sulle questioni militari e diplomatiche e, soprattutto, era riuscito a porre suoi uomini nelle posizioni di comando. Concludendo, quando terminò la conquista, nel 1283, la Prussia rappresentava, tra i ventuno baliati teutonici (tredici nell'Impero, tre in Italia, uno in Francia, uno in Grecia, uno in Siria, uno in Prussia e uno in Livonia), il fiore all'occhiello dell'Ordine. Le mancava solo, per diventare uno Stato, una capitale. La cosa non tardò a realizzarsi. Nel 1291, la perdita di S. Giovanni d'Acri costrinse i crociati a lasciare definitivamente la Terra Santa. Dopo un intermezzo a Venezia, il Gran Maestro teutonico, Siegfried von Feuchtwangen, decise di trasferire a Marienburg la sede dell'Ordine. Ciò avveniva nel 1309, quando erano passati esattamente due anni dall'inizio del famoso processo contro i Templari. Meno di un secolo dopo, nell'anno di grazia 1404, tutto lo Stato teutonico volgeva gli occhi verso Roma, dove veniva istruito il processo di canonizzazione della prima santa prussiana, certa Dorotea di Montau, che aveva trascorso gli ultimi quattordici mesi della sua vita murata in una cella attigua alla cattedrale di Marienwerder, immersa in ogni sorta di visioni mistiche, e la cui tomba aveva fama di avere proprietà miracolose. Erano stati gli stessi grandi dignitari teutonici a segnalare il caso alla Santa Sede. Una santa nazionale non costituiva forse il mezzo ideale di conferire allo Stato creato dai cavalieri-monaci un' aureola spirituale? Mancava solo la decisione di Bonifacio IX, quando un colpo di scena provocò il ritiro precipitoso della pratica. Prima di morire, comunicata dalla mano stessa di Cristo, la visionaria aveva, in una estrema estasi, visto il Gran Maestro teutonico bruciare in mezzo alle fiamme dell'inferno, mentre i suoi eserciti venivano annientati nel corso di una sanguinosa battaglia. Che i Cavalieri Teutonici non fossero, tutti, modelli di Cristianesimo non era ormai un segreto per nessuno. Da molto tempo, la voce pubblica li accusava di ogni sorta di stupri, brigantaggi, uccisioni e si mormorava perfino che alcuni dei superiori dell'Ordine non erano altro che briganti. Ma che lo Stato teutonico - di cui una nuova conquista, l'isola di Gotland strappata agli Svedesi, aveva ancora ingrandito il territorio - potesse essere vinto sarebbe stata pazzia pensarlo o profetizzarlo, in quell'inizio del XV secolo. Con un'estensione di oltre 800 chilometri di lato, dall'estuario della Vistola al golfo di Finlandia, con una superficie di 235.000 chilometri quadrati, quasi quanto la vecchia Germania Federale, lo Stato teutonico contava circa millequattrocento villaggi e novantadue città, l'una più fiorente dell' altra. La capitale vantava il più grande castello del mondo cristiano: un monumento ispirato al palazzo dei Papi di Avignone, allo stesso tempo fortezza-convento, città amministrativa e residenza, in cui regnava, con' un fasto più principesco che monacale, il sovrano temporale di quello strano Stato teocratico, militare e feudale: il Gran Maestro teutonico, circondato dai principali dignitari dell'Ordine, il Maresciallo di Konigsberg, il governatore di Elbing (oggi Elblag), il Drappiere di Christburg. Continuamente abbellito e ingrandito nel corso degli anni, il castello di Marienburg, con la sua porta d'oro, le sue centoundici arcate ricoperte di affreschi che ricordavano le grandi scene dell'Antico e del Nuovo Testamento, era la cornice di una vita corte che non aveva nulla da invidiare, salvo la presenza femminile, alle più brillanti monarchie dell'epoca. Rallegrate da musici e menestrelli senza contare il giullare personale del Gran Maestro, le feste si susseguivano per accogliere i visitatori venuti non soltanto dalla Germania, ma da tutto il mondo cristiano. Perché, nel crepuscolo del Medioevo, la Prussia era diventata uno degli ultimi luoghi in cui, sotto la copertura di combattere i "Saraceni", in realtà Lituani ancora pagani che avevano dato il cambio con ottimo tempismo ai Prussiani convertiti, i cavalieri potevano ancora ritrovare l'avventura e, chi lo sa, anche guadagnare la ricompensa suprema: un invito al tavolo d'onore di Marienhurg. Questo, organizzato secondo l'immagine della Tavola rotonda di Re Artu, riceveva solamente dodici cavalieri scelti, al di fuori di ogni considerazione di rango, unicamente per il loro valore. Una spedizione in Prussia rappresentava un po' il coronamento di ogni carriera. Tra i crociati più illustri vanno notati, per esempio, il futuro re d'Inghilterra Enrico IV, Gaston Phébus, conte di Foix, il Maresciallo Boucicaut, che soggiornò ben tre volte nello Stato teutonico, durante la guerra dei Cent'anni. Il duca di Borgogna, Filippo l'Ardito, si accontentò invece di informarsi presso il Gran Maestro della migliore stagione per partire. Non ricevendo risposta soddisfacente, non si mosse. Esisteva del resto una sorta di fratellanza tra i veterani di Prussia. Uno storiografo racconta che, nel 1346, durante l'assedio di Caen da parte del re d'Inghilterra Edoardo III, uno degli assediati, riconosciuto tra gli assedianti un cavaliere che era stato suo compagno durante una spedizione in Prussia “si buttarono fra le braccia l’uno dell’altro e l’assedio fu tolto”. Le spedizioni in Prussia assomigliavano sempre più ad allegre partite di caccia. Nel 1394, un gruppo di Francesi, giunti a loro volta per combattere nello Stato teutonico, propose perfino di sostituire la spedizione prevista con un torneo. Fu in quell' occasione che il Maresciallo dell'Ordine fece notare che "non stava bene battersi in torneo contro i nemici del1a fede". Già più militare che caritatevole, l'Ordine Teutonico era, a questo punto, diventato pi6 profano che religioso. Per difendere il suo territorio, era sempre più spesso costretto ad attaccare altri Stati cristiani, salvo fare appello, in mancanza di crociati, a mercenari. Strettamente coinvolto negli affari della Lega Anseatica, aveva finito per creare una propria organizzazione commerciale, con a capo i grandi economi di Marienburg e di Konigsberg. Capitava perfino che l'Ordine prestasse denaro ad alcuni sovrani stranieri, prendendo come pegno ampi territori. Finché rimanevano popoli pagani da convertire, le autorità superiori dell'Ordine potevano sempre proclamare che il fine giustificava i mezzi, e che tutto veniva compiuto per la salvezza della fede. Ma, nel 1381, un evento inatteso modificò la situazione: vale a dire il matrimonio, per ragion di Stato, della bella erede di Polonia, Edvige, con il granduca di Lituania, Iagellone. La damigella sognava di sposare il duca d'Austria, Guglielmo d'Asburgo. La Dieta polacca le aveva invece imposto, pena l'esclusione dal trono, questo nuovo partito che aveva provato il proprio valore lottando contro i Teutonici. Iagellone aveva dovuto impegnarsi, da parte sua, a convertirsi insieme al suo popolo. La conversione della Lituania doveva essere spettacolare. Una volta ancora, si battezzava in massa. Per stimolare l'entusiasmo, vennero distribuite ai nuovi convertiti vesti di lana bianca. In un solo giorno, vi furono fino a 30.000 battesimi. Lo Stato teutonico, con questo succedersi di eventi, aveva perso la sua ragione di essere e aveva trovato un avversario della sua misura. La Lituania e la Polonia, ormai riunite sotto la stessa corona, aspiravano a conquistare libero accesso al mar Baltico dal quale erano state escluse dall'espansione dello Stato teutonico (già si profilava la questione del "corridoio polacco"). Questa volta la lotta sarebbe stata implacabile. II nuovo re di Polonia voleva la guerra. A fianco degli Slavi, dei Lituani, dei Samogiziani (abitanti dell'antica provincia lituana, Samogizia), dei Russi, aveva accolto circa trentamila Mongoli che coltivavano terre loro assegnate nei pressi di Wilna. Tra i mercenari che combattevano nel campo lituano-polacco, vi erano anche Ungheresi, Boemi, Slesiani, in tutto centosessantamila uomini, che si snodavano in lunghe colonne sulle sponde della Vistola in direzione della Prussia. Per quanto il Gran Maestro teutonico, Ulrich von Jungingen, mandasse messaggeri in tutte le province dell'Impero germanico e perfino in Svizzera e nei Paesi Bassi, non riuscì a modificare in suo favore l'equilibrio delle forze. Il 15 luglio 1410, il sole bruciava già la pianura tra Tannenberg e Grunwald quando gli araldi del Gran Maestro consegnarono, secondo il rituale cavalleresco, due spade al re di Polonia, che le accettò, dando cosi il segnale del combattimento. Per qualche tempo, la sorte sembrò favorevole ai Teutonici. Per ben tre volte, Ulrich von Jungingen riuscì a fare breccia nei ranghi dei suoi avversari. Ma il tradimento dei cavalieri della regione di Kulm, il cui capo, Nickel von Renys, mise la propria bandiera a mezz'asta in segno di ritirata, rovesciò la situazione. Riconoscibile dal cavallo bianco, il Gran Maestro venne assalito da una moltitudine di Mongoli e di Polacchi. Tre cavalieri tedeschi caricarono per liberarlo. Troppo tardi. Era già stato abbattuto, colpito due volte, un colpo alla fronte che gli ruppe l'elmo, l'altro in pieno petto. La sera del 15 luglio, i principali dignitari teutonici, undici Commendatori, duecentocinque cavalieri e quarantamila mercenari giacevano sul terreno. Molte furono le città prussiane che aprirono le loro porte all'invasore, abbandonando i castelli di cui avevano la custodia. La disfatta di Tannenberg fu vendicata solo cinque secoli dopo, quando, nell'agosto 1914, il maresciallo von Hindenburg sconfisse nello stesso luogo gli eserciti russi. Un colossale monumento venne allora eretto in onore degli eroi di Tannenberg, ma fu a sua volta distrutto durante l'invasione del III Reich da parte dell' esercito sovietico. Eppure, mentre i Polacchi si apprestavano a marciare sulla capitale dello Stato teutonico, sopraggiunse un uomo provvidenziale, Heinrich von Plauen, Commendatore di Schwetz, incaricato della difesa della Pomerania. Questi riuscì a rinchiudersi nel castello di Marienburg dopo aver, per maggior sicurezza, dato la città alle fiamme. Con quattromila cavalieri sopravvissuti e quattrocento marinai di Danzica, come forza di appoggio, cercò di tener testa a tutto 1'esercito coalizzato dei Polacchi e dei Lituani. L'assedio durò esattamente 57 giorni. Alla fine, la discordia divise gli assedianti. Il 19 settembre, il re di Polonia, scoraggiato dalla defezione di parte del suo esercito, decise di togliere 1'assedio. Marienburg rimaneva invitta. Il trattato di pace firmato il 10 febbraio successivo a Torun non fu eccessivamente duro per i Teutonici. La Polonia rinunciava a tutte le sue conquiste a eccezione della Samogizia, una striscia di terra che le permetteva infine di aver libero accesso al Baltico, ma che costituiva ormai un corpo estraneo in mezzo allo Stato teutonico, tagliato a metà. Ormai, a Heinrich von Plauen, eletto nel frattempo Gran Maestro dell'Ordine, non restava che raccogliere i duecentomila fiorini di Praga, cifra dell' enorme riscatto chiesto dai Polacchi come indennità di guerra. In un primo tempo, il Gran Maestro si accontentò di fare appello ai propri fratelli Teutonici. In nome del dovere di obbedienza, esigeva da loro che consegnassero tutto l'oro e l'argento detenuto nei castelli dell’Ordine Il tesoro cos’ raccolto si rivelò tuttavia insufficiente. Per la prima volta si doveva ricorrere ad un’imposta che colpiva tutti. Il Malcontento si diffuse. La città di Danzica si ribellò. Per consentire alla Prussia di rialzarsi dalle sue rovine era necessario imporre nuove tasse. Il Gran Maestro capì allora che l’unico modo per salvare lo Stato teutonico era far passare la ragione di Stato prima della Regola dell’Ordine. Si impegnò solennemente a consultare in avvenire, le assemblee della borghesia e della nobiltà ogni volta che avesse giudicato necessario percepire nuove imposte o dichiarare guerra. Era una rivoluzione nella natura stessa dello Stato Teutonico, un primo passo dalla teocrazia verso la monarchia parlamentare. Questo primo passo sarebbe costato caro al Gran Maestro. Rinunciando, per non legarsi le man, a riunire il Gran Capitolo dell’Ordine, che secondo la regola doveva dare il suo parere su tutte le decisioni importanti, Heinrich von Plauen aveva violato i suoi impegni nei confronti dei fratelli Teutonici, i quali non glielo perdonarono. Il Gran Maestro non osava più uscire dai suoi appartamenti nel castello di Marienburg. Guardie armate vegliavano notte e giorno, ad ogni porta, con l’ordine di vietare l’accesso a qualsiasi dignitario dell’Ordine. I Cavalieri mormoravano che Heinrich von Plauen si circondava solo di maghi e astrologi e che fossero quest’ultimi a dettare praticamente legge nello Stato teutonico. Nel 1413, i Cavalieri deposero Heinrich von Plauen. Qualche tempo dopo il salvatore di Marienburg venne gettato in prigione sotto l’accusa di tradimento a favore nientemeno che dei Polacchi. Il processo di disgregazione del mondo teutonico era ormai inarrestabile. Nel 1440, una “Lega” prussiana di borghesi e di nobili malcontenti si formò a Marienwerder. Scoppiò una rivolta contro l'amministrazione del Gran Maestro Ludwig von Erlichlusen. Questi fece appello al Papa e aIl’Imperatore, invocando le disposizioni della famosa "Bolla Imperiale Rimini" e il diritto canonico. I leghisti prussiani, a loro volta, inviarono emissari a Federico III d'Asburgo. Essi vennero assassinati in presenza dell'Imperatore, che ordinò lo scioglimento della lega prussiana. Il capo di questa associazione si rifiutò di piegarsi e i suoi partigiani si misero sotto la protezione del re di Polonia che proclamò la riunificazione della Prussia al suo territorio. Il 6 marzo 1454, re Casimiro di Polonia ricevette l'omaggio degli Stati Prussiani a Torun, città costruita nel 1231 dai Cavalieri Teutonici. Iniziava cosi la guerra dei Tredici Anni (Dreizehnjähriger Krieg – 1454/1466) l’ultima battaglia dei Teutonici. Alla Pentecoste del 1457, il vittorioso re di Polonia fece finalmente il suo ingresso a Marienburg e si insediò nel castello dei cavalieri, che avevano, nel frattempo, trovato rifugio nella città di Konigsberg, nuova sede dell'Ordine, in attesa di diventare prima capitale della Prussia, poi città russa, sotto il nome di Kaliningrad. Il 19 ottobre 1466, un secondo trattato, firmato a Torun, consacrava la rovina dello Stato teutonico, che dovette cedere tutta la metà occidentale della Prussia e non poté riconoscere ormai altra sovranità che quella della Santa Sede e del re di Polonia. Un'ultima condizione, che in realtà non fu mai rispettata, prevedeva che la metà dei Cavalieri Teutonici assumesse da quel momento la nazionalità polacca. Cinque Grandi Maestri si susseguirono ancora alla testa dell'Ordine, fino all' elezione del margravio Alberto di Brandeburgo, un Hohenzollern, che, in seguito a un incontro con Lutero, nel 1523, decise di sottoporre al riformatore di Wittenberg la regola dei suoi cavalieri affinché questi la migliorasse. Su consiglio di Lutero: "Lasciate perdere la falsa castità e prendete moglie", il Gran Maestro decise di abiurare il Cattolicesimo e di arricchirsi delle spoglie dell'Ordine. La parte della Prussia rimasta fino ad allora teutonica fu trasformata in ducato ereditario sotto la sovranità del re di Polonia. La cerimonia d'investitura del nuovo duca di Prussia ebbe luogo il l0 aprile 1525 sulla piazza del mercato di Cracovia. Rivestito di tutte le insegne della sua dignità di Gran Maestro teutonico, Alberto di Brandeburgo si prosternò davanti al monarca seduto su un trono improvvisato. Il sovrano, dopo averlo spogliato del grande mantello bianco a croce nera, lo rivesti personalmente della sua nuova veste ducale. Alcuni giorni dopo, il primo duca di Prussia fece il suo ingresso a Konigsberg per ricevervi l'omaggio dei suoi sudditi. L'anno seguente, il duca sposò la principessa Anna Dorotea, figlia del re di Danimarca. Suo pronipote sarebbe stato Federico il Grande, re di Prussia. Ormai lo Stato teutonico apparteneva al passato. Incominciava ora il mito teutonico. Dopo la defezione dei loro fratelli prussiani, i cavalieri della provincia di Germania, la più potente dopo lo Stato teutonico, rimasti fedeli a Roma e ansiosi di riprendere la fiaccola, avevano eletto nuovo Gran Maestro Walter von Cronberg, e avevano trasferito la sede dell'Ordine a Marienthal, oggi Bad-Mergentheim, nel Wurttemberg. Poiché Napoleone aveva, a sua volta, abolito l'Ordine facendolo confluire nella Confederazione Renana, i cavalieri austriaci avevano preso l'iniziativa di porsi sotto la protezione diretta degli Asburgo. Da quel momento, i Grandi Maestri furono tutti arciduchi. Nel 1923, dopo la morte dell' arciduca Eugenio, Gran Maestro per cinquantasette anni, il "Gran Capitolo" decise di modificare gli statuti, facendo dell'Ordine un'istituzione puramente religiosa e benefica. Uscito dalla fusione, nel 1618, del ducato di Prussia e del Brandeburgo, il regno di Prussia si considerò anch'esso successore dello Stato teutonico. I suoi "Junkers" (classe dominante) pretenderanno di essere i discendenti dei monaci cavalieri. Sotto l'impero degli Hohenzollern, il culto dello Stato teutonico assunse un carattere ufficiale, in particolare in occasione del costoso restauro del castello di Marienburg, e gli storici tracciarono audaci paralleli tra il concetto prussiano del funzionario e del militare al servizio dello Stato e i doveri di obbedienza del Cavaliere Teutonico. Il mito teutonico prese del resto, nel corso dei secoli, le forme più svariate, a seconda del carattere dei gruppi che si richiamavano a esso. Tipico il caso dell'Ordine "Stretta Osservanza Templare", fondato in Germania nel 1756 dal barone Von Hund und Altengrotkau, a cui alcuni storici attribuirono origini teutoniche. Nel 1918, il ricordo del Drang nach Osten, iniziato dai Teutonici, animava gli avventurieri dei "corpi franchi" del Baltico. Pili tardi, Hitler si ispirò alla croce nera, che figurava sui mantelli dei Teutonici, per creare la "Croce di Ferro", la sua decorazione favorita. In verità la croce di ferro era una decorazione militare istituita dal re di Prussia Federico Guglielmo III nel 1813 che veniva consegnata solo in tempo di guerra. Attualmente rappresenta simbolicamente le forze armate della Germania (Bundeswehr) ed è presente su aerei, navi e mezzi corrazzati tedeschi. Il mito teutonico nutri anche il pensiero di teorici del nazismo, come Alfred Rosenberg, nato a Reval, una delle pili antiche città dello Stato teutonico. Himmler ricalcò l'organizzazione delle S.S. (Schutzstaffel “squadre di protezione”) sulla gerarchia teutonica. ed erano un'unità paramilitare d'élite del Partito Nazista. Una divisione della Waffen S.S. portava, simbolicamente, il nome di Hermann von Salza. Gli Ordensburgen, castelli-scuola ideati sul modello delle fortezze teutoniche, uno dei quali aveva per cornice il palazzo di Marienburg, erano destinati a formare le élites bionde dagli occhi azzurri che avrebbero dovuto popolare, dopo la vittoria finale, la Borgogna, quell'utopico Stato S.S. di cui Himmler sognava di diventare il Gran Maestro.

Ho raccontato a grandi linee la storia forse meno conosciuta ma certamente affascinante del più aggressivo e autoritario Ordine Cavalleresco. La sua influenza sulla Storia non è ancora terminata visto che la regola fondamentale di austerità e segretezza sta permeando molti movimenti revisionisti sparsi per il mondo. La croce dell’Ordine Teutonico è la decorazione più ambita da coloro che vorrebbero rigenerare l’irriducibile natura rapace dei guerrieri dai bianchi mantelli. Qualcuno forse la riconoscerà al centro di un minuscolo bottone sul bavero dei blazer indossati dai sobri signori della borsa di Francoforte. In questo caso il mio consiglio è di far finta di niente e dimenticare una fuggevole visione di una regale utopia sopita.

Articolo di Ald Ciaralli

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