Il Basso medioevo ha visto la
riconquista dei territori occidentali da parte dell'esercito Romano d'Oriente. Se la guerra gotica è citata da numerosissime
fonti, la riconquista dell'Africa è meno nota. Voglio ricordare il momento
finale della guerra quando la potenza dei Vandali fu spezzata. Una premessa i Vandali urna una
popolazione germanica fortemente cristianizzata con una visione integralista
della religione, in particolare seguivano la corrente ariana. tale corrente era
oramai vista dai cattolici come eretici e per tanto da estirpare.
Ci tengo a sottolineare questo
contesto in quanto le guerre di Giustiniano avevano il sottofondo (mai troppo
enfatizzato) della guerra di religione. In effetti la chiave di interpretazione della
guerra gotica (ad esempio) è proprio la religione, i goti governavano si
autonomamente la penisola, ma nella forma lo facevano nel nome dell'Imperatore
unico che sedeva a Costantinopoli. Fu il loro rifiuto ad abbandonare l'eresia ariana una delle molle
formali per intraprendere la guerra. Così come fu in Africa la completa
intolleranza religiosa imposta dai vandali alle popolazioni autoctone che se
non divenivano ariane erano perseguitate, con deportazioni, eccidi e
distruzioni della vegetazione (furono i costanti disboscamenti operati dai
vandali a innescare la desertificazione dei territori nord africani). Il momento finale della guerra
romano-vandalica fu la Battaglia di Ad Decimum. L'esito di questo scontro segnò
l'inizio del declino dei Vandali e il primo passo della riconquista dei
territori occidentali da parte dell'Imperatore Giustiniano. La battaglia fu combattuta il 13 settembre 533 tra
l'esercito dei Vandali, comandato dal Re Gelimero, e quello Romano sotto il
comando del Generale Belisario. Ad Decimum (dal latino a dieci miglia), è la semplice
indicazione topografica del punto in cui fu combattuta la battaglia, posta
appunto dieci miglia a sud di Cartagine. Le forze Vandale erano inferiori
di numero, ma la tattica militare che utilizzavano era più efficace di quella
romana e la cosa avrà un peso nell'evolversi del combattimento. La tattica di Gelimero è quanto mai
semplice avanzare sino al punto più favorevole della strada di comunicazione
per Cartagine un luogo stretto ove è necessario procedere incolonnati, e li
attendere l'arrivo dei 15000 romani. A questo punto il re divide le sue truppe
in tre tronconi 7000 uomini restano sul posto sotto il suo comando; 2000 uomini
marciano, al comando del nipote
Gibamondo, per attaccare la lunga colonna romana sul fianco sinistro; altri
2000 effettivi al comando del fratello del Re: Ammata avevano il compito di
contenere in questa gola le truppe romane di Belisario. Se il piano fosse riuscito i
romani si sarebbero trovati in trappola attaccati da tre lati e senza la
possibilità di manovrare per la conformazione del terreno. Gimabondo fallì tuttavia nel
porre a termine la sua missione: una forza di Romani e di mercenari Unni respinse
i suoi 2.000 uomini disperdendoli; lo stesso Gibamondo fu ucciso nel
combattimento. Contemporaneamente le truppe di
Gelimero si scontrarono frontalmente con l’esercito romano, le truppe di
Belisario videro i contingenti mercenari messi in rotta dai Vandali che, anche
se inferiori sul piano numerico, combattevano in maniera più efficace, tanto
che il centro composto dalle truppe romane subiva incessanti perdite. Tutto
faceva propendere per una vittoria vandala. Ma ecco l’imprevisto; quando le
truppe di Ammata e Gelimero si ricongiunsero il Re e iniziarono il combattimento per annientare
le spossate forze romane il fratello del Re venne ucciso. Gelimero si perse
d’animo e abbandonò il combattimento per cercare le spoglie del nipote,
sottrarle alla furia del luogo e dargli sepoltura. La relativa pausa fi
immediatamente recepita e sfruttata da Belisario che raggruppando il suo
esercito approfittò della strada libera per porsi in nuovo schieramento più a
sud. Effettuate queste manovre Belisario lanciò un contrattacco respinse i Vandali e li mise in
fuga. Tanto inaspettato il contrattacco che
Gelimero fu costretto addirittura ad abbandonare Cartagine. Belisario si accampò vicino al
campo di battaglia, non volendo avvicinarsi troppo alla città durante la notte.
Il mattino dopo marciò su Cartagine, ordinando ai propri uomini di non uccidere
o ridurre in schiavitù la sua popolazione (com'era normale pratica di quel
periodo) poiché abitata prevalentemente da cittadini romani sottoposti al giogo
vandalo. Trovando le porte della città aperte e la popolazione che lo
acclamava, il generale bizantino si diresse immediatamente al palazzo reale
sedendosi sul trono dei Re Vandali. Decise inoltre di ricostruire le
fortificazioni intorno a Cartagine. Da quel momento furono scaramucce
che portarono al disfacimento della forza militare vandala e della loro
scomparsa dalla storia.
Articolo di Luigi Caliendo. Tutti i diritti riservati.
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