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venerdì 26 aprile 2013

IL BOTTINO DI GUERRA

Per saccheggio si intende quell’azione militare che mira a depredare e ad acquisire bottino portando allo stesso tempo lo scompiglio e la distruzione nel territorio dell’avversario. In epoche passate, non era desueto ricorrere alla guerra ed al saccheggio per invadere un territorio e depredarlo delle risorse di cui disponeva. Da questo punto di vista è possibile considerare la guerra come una forma di attività economica. Un’attività economica, a dire il vero, capace di procurare enormi profitti per i vincitori: non è del tutto corretto ritenere la guerra come pura “produzione negativa”; ciò al di là delle ovvie implicazioni morali. Il ricorso al saccheggio, alla razzia e al raid è molto diffuso, nel corso di tutta la storia bellica europea, a prescindere dalle epoche e dai luoghi, e il motivo è presto detto. La guerra generalmente, e indipendentemente dalle cause che l’hanno scatenata, si configura come una prova di forza in cui per risultare vincitori è utile indebolire l’avversario quanto lo è incrementare la propria forza. Gli studiosi di Storia della guerra e gli storici in generale tendono a distinguere tra razzia e raid. Per razzia si intende l’incursione in un territorio nemico, di solito limitata nel tempo, con il duplice scopo di prelevare la maggior quantità di risorse possibile e di devastare ciò che non è possibile portare con sé. Questo genere di azione militare era caratteristica, per esempio, delle zone di confine. La razzia è il tipo di azione militare di gran lunga più diffuso in tutta l’età medioevale. In ogni epoca, il semplice passaggio di un esercito per un dato territorio veniva a costituire una grave disgrazia per il luogo attraversato, senza differenza tra amici e nemici. Scrive Stettia: “in età medioevale ogni esercito, per il solo fatto di essere tale, sembra incapace di astenersi dalla preda in ogni possibile occasione”. C’è poi da considerare il problema dell’approvvigionamento di cibo e di mezzi per la massa di uomini che compongono l’esercito in marcia. Il mezzi pesanti che facevano parte dell’armamentario che l’esercito portava con sé (macchine belliche, cannoni, mezzi pesanti, ecc.) provocavano il danneggiamento delle strade, l’abbattimento di muri, alberi e di tutto ciò che poteva ostacolarne il passaggio. Per essere precisi, occorrerebbe operare una distinzione fra prelievi fatti per le necessità di sopravvivenza dei soldati e la rapina autorizzata. Nei fatti, tuttavia, una distinzione del genere è quasi sempre impossibile anche se consideriamo il punto di vista del contadino che si vede privato del proprio raccolto con le cattive maniere e a titolo gratuito. Non a caso l’abilità di condurre un esercito da un territorio a un altro senza causare gravi danni ai luoghi attraversati era caratteristica riconosciuta solo ai più grandi condottieri. Belisario e Guglielmo il Conquistatore erano amati sia dal proprio esercito, sia (cosa ben più rara) dalle popolazioni dei territori che attraversava con i propri soldati. Come è noto, le incursioni dei Vichinghi puntavano decisamente sulla sorpresa e sulla rapidità dell’azione. Inizialmente, le loro operazioni devastatrici e razziatrici erano mirate esclusivamente agli insediamenti sulla costa; ma ben presto grazie alle loro agili imbarcazioni risalirono i grandi corsi d’acqua per colpire le città dell’interno. Successivamente si trasformarono da pirati e marinari in abili e coraggiosi guerrieri, capaci di spostarsi rapidamente in sella ai cavalli che si procuravano sul posto. Anche i Saraceni, provenivano dal mare: dall’Africa settentrionale, dalla Spagna, dalla Sicilia e da Creta essi colpirono per circa due secoli le terre cristiane che si affacciavano sul Mediterraneo. I Saraceni sbarcavano in prossimità dell’obiettivo che saccheggiavano per diversi giorni. Dopo di che, o si reimbarcavano coi il bottino, oppure instauravano una base fissa e ben protetta in terraferma, dalla quale partivano per scorrerie anche verso i centri dell’entroterra. Gli Ungari, fra la fine del IX secolo fino alla metà del secolo seguente, devastarono molte zone dell’Europa orientale. La loro collaudata tattica consisteva nell’affrontare il nemico frontalmente, dopo di che fingevano la fuga attirando i nemici in agguati. Gli Ungari disponevano di una rapida e agile cavalleria leggera dotata di arco. Nelle azioni devastatrici condotte dagli Ungari e dai Vichinghi diversi erano i mezzi adottati per suscitare il terrore nelle vittime e ridurne la capacità di resistenza: la velocità e la sorpresa delle loro azioni, l’aspetto terrificante dei guerrieri, le loro urla di guerra, l’uso intimidatorio del fuoco, i loro gesti di deliberata crudeltà e brutalità. Una maniera per accumulare un bottino collettivo, era costituita dall’azione dei singoli che depredavano ognuno col proprio sacco. I combattenti iniziavano l’appropriazione sistematica dei beni altrui a cominciare dalla spoliazione dei nemici uccisi sul campo di battaglia. Non era affatto raro vedere uomini, anche non combattenti, che iniziavano a fare bottino ancor prima della fine della battaglia: le leggi bizantine punivano duramente questi individui che distoglievano l’esercito dal combattimento, permettendo ciò nonostante di appropriarsi dei beni degli avversari al termine degli scontri. Ben più rare, ma sicuramente più lucrative, erano le occasioni di prede collettive che si realizzavano, per esempio, dopo la conquista di una città o quando si batte l’esercito avversario costringendolo alla rapida resa e all’abbandono di tutti i suoi bagagli. Molto spesso i comandanti di un esercito consideravano una città conquistata, grande o piccola che sia, come un deposito di ricchezze di cui potersi appropriare liberamente. In questi casi, il bottino veniva radunato, e poi suddiviso fra i combattenti. L’esempio forse più clamoroso di una tale mentalità consiste nel grande saccheggio di Costantinopoli, durante la quarta crociata.

Fonte: Wikipedia

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