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domenica 14 aprile 2013

SIGIERI DA BRAMANTE

Sigieri da Brabante (Brabante, prima metà del XIII secolo – Orvieto, 1282) è stato un filosofo fiammingo. Nacque nella regione del Brabante attorno all'anno 1235. Compì gli studi all'Università di Parigi nella facoltà delle arti tra l'anno 1255 e il 1257. In seguito fu professore presso la stessa università. Di spirito sovversivo e grande conoscitore di Aristotele, attraverso gli studi compiuti sui testi di Averroè che in quegli anni, anche grazie alle crociate, cominciano a circolare nelle università europee, si pone in contrasto con la corrente filosofica Scolastica, guidata dal domenicano Tommaso d'Aquino. Sigieri si pone nella corrente filosofica detta degli Averroisti latini che contestano il rettore dell'Università Alberico di Reims. Venne condannato per 13 proposte eretiche, contenute nei suoi scritti, dal vescovo di Parigi Etienne Tempier nel 1270. Nel 1277 gli venne proibito l'insegnamento all'università e venne convocato dall'inquisitore di Francia Simon du Val. Per sfuggire all'inquisizione parte per Orvieto, in quel tempo residenza del Papa, dove si appellò al pontefice Martino IV. Rimasto a Orvieto, in attesa della sentenza papale, venne pugnalato a morte dal suo segretario. Molti sussurrarono che fosse stato eliminato su istigazione degli Ordini mendicanti (francescani e domenicani)[senza fonte], che gli erano sempre stati tenacemente avversi. La sintesi del pensiero di Sigieri è contenuta in questa sua affermazione Coloro che intraprendono l'esposizione delle opere di Aristotele non ne debbono nascondere il pensiero anche se contrario alla verità. Egli infatti nei suoi scritti porta a conoscenza di un grande pubblico idee in completo contrasto con le teologie della Chiesa. Tra queste idee, l'idea che il mondo è eterno e che l'uomo è un semplice animale, che l'anima nell'uomo non ha una vera e propria identità valida per ogni singolo individuo, ma che secondo il pensiero aristotelico, essa è in realtà collettiva e, solo in questa veste, è eterna. Idee sicuramente eretiche, forse Sigieri nemmeno le condivideva, ma rivendicava per sé il diritto di farle conoscere. Di fatto i suoi scritti permisero a Tommaso d'Aquino di scrivere pagine di altissimo valore teologico appunto per confutare queste idee nel suo De Unitate Intellectus contra Averoistas. Nel 1269 scrive Questiones in tertium de anima, dove sostiene il monopsichismo, l'idea filosofica aristotelica che ritiene l'anima un soggetto collettivo. Gli attacchi seguiti a questo scritto in particolare da parte di Etienne Tempier, permisero a Sigieri di rielaborare questa teoria nel lavoro Quaestiones de anima intellectiva e Quaestiones super librum de causis, dove affermava che quello che è valido in filosofia, non necessariamente deve esserlo in religione. La religione come verità rivelata aveva comunque un valore superiore. Nel 1270 scrive Quaestionnes in Physicam, nel 1272 Tractatus de aeternitate mundi e nel 1273 Quaestiones super Metaphysicam. Dante mette il filosofo in paradiso e singolarmente lo fa presentare e lodare dal suo acerrimo avversario Tommaso d'Aquino:
« Questi onde a me ritorna il tuo riguardo,
è 'l lume d'uno spirto che 'n pensieri
gravi a morir li parve venir tardo:
essa è la luce etterna di Sigieri,
che, leggendo nel Vico de li Strami,
silogizzò invidiosi veri »
(Paradiso, Canto X, 133-138).
Quest'ultimo verso che vuol dire verità che lo misero in cattiva luce, viene anche scritto sillogizzò insidiosi veri che significherebbe colui che argomentò verità pericolose (per la Chiesa).

Fonte: Wikipedia

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