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martedì 23 aprile 2013

ARALDICA MEDIEVALE 26: IL TITOLO DI SIGNORE

Non è certo un titolo originale né poco usato, quello di Signore; una qualifica nobiliare che in Italia e in altre parti d’Europa è classificata al di sotto di quella di Barone. Nel Medioevo il Signore era colui che poteva apporre il suo sigillo, il “signum” che lo distingueva e faceva riconoscere la sua autorità. Ma il titolo è andato specificandosi nel corso dei secoli, e restringendosi a un piccolo possesso feudale, una volta che invalse l’uso di investire i nobili di ben più altisonanti titoli come quelli di conte, marchese o duca. A differenza degli altri titoli nobiliari che possono essere concessi anche sul cognome, è sempre legato ad un predicato. Questa specifica indica dunque la qualità di detentore di una terra nobiliare. E’ da precisare che in Italia un simile possesso non bastava certo a far considerare nobile chi avesse acquistato un terreno già feudale: per diventare signore o barone o conte di un feudo occorreva essere già nobile o ottenere il consenso reale; altrimenti il borghese o il contadino arricchiti rimanevano tali, senza possibilità di fregiarsi di qualsiasi titolo. In Francia si largheggiava distribuendo terre nobili a ultrogeniti che in genere ne assumevano immediatamente il predicato; ma comunque il titolo di signore di un possedimento rimaneva nelle mani di famiglie nobili. Al contrario, in Inghilterra il signore anche nato da una famiglia nobile non faceva parte della nobiltà titolata e pur aggiungendo la designazione di una terra al suo titolo di esquire (scudiero, gentiluomo), al massimo poteva essere considerato appartenente alla landed gentry; e il suo stemma, pur essendo quasi simile a quello del fratello o del cugino titolato non poteva essere sormontato da una corona. Anche se nei secoli passati si anteponeva spesso al cognome dei nobili l’appellativo di signore, questa denominazione non era titolo ma una denominazione di cortesia diversa dalla qualifica nobiliare che era sempre seguita dal nome del terreno feudale. Esistono titoli di Signore dal Nord al Sud della Penisola, dalla Lombardia alla Sicilia. Talvolta la comproprietà di un possedimento nobile aveva il corrispondente nel titolo di consignore, diffuso in Piemonte e in Lombardia (i Borromeo, per esempio, erano consignori di Omegna e della Pieve di Seveso).  A mio avviso, a parte queste denominazioni specifiche, il titolo andrebbe legato a tutti i possessori di un suffeudo, ossia di un terreno feudale già parte di una baronia che veniva legittimamente alienato in favore di un nobile da parte del Barone che voleva premiare un personaggio suo devoto o ricavare una nuova entrata. Infatti, il feudatario molto spesso smembrava un suo possedimento in modo da alleggerirsi di alcuni pesi che gravavano su di lui, in primo luogo dell’adoa feudale. Il concessionario godeva di quasi tutti i diritti (essendo il feudo un insieme di diritti e non certo di proprietà), e quindi delle tassazioni che ricadevano sui sudditi, dall’uso delle acque a quello dei mulini, alle donazioni. Ma il concedente si riservava alcune entrate, come l’uso di boschi e pascoli, delle tintorie e delle battiture, i diritti sugli appelli legali, a volte sui passaggi lungo alcune strade, oltre all’adoa del suffeudatario che consisteva in una esigua somma annua a lui riservata e che era in pratica un piccolo affitto. Si trattava di somme non elevate ma che messe insieme costituivano pur sempre un’entrata utile.  In Italia meridionale, in Francia, in Franca Contea, il suffeudo era la regola, e non si trovano feudi che non siano stati spesso frazionati in uno, tre, ottanta suffeudi. Non essendo costituiti titoli su queste proprietà, il concessionario nobile, e lui solo, poteva accampare il titolo di Signore. Si tratta dunque di un titolo legittimo, storicamente spiegabile, inferiore a quello di Barone e che è stato spesso poco studiato e compreso. 

Articolo di Carmelo Currò Troiano. Tutti i diritti riservati.

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