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giovedì 11 aprile 2013

ARALDICA MEDIEVALE 25: IL TITOLO DI PATRIZIO

Il titolo di patrizio è praticamente legato all’Italia. Non semplice denominazione di una classe nobiliare ma precisa distinzione aristocratica, legata alla struttura delle amministrazioni urbane. La nobiltà che aveva lasciato le campagne medievali per stabilirsi all’interno di mura cittadine dove era possibile venire a contatto con i nuovi centri del potere, aveva infatti acquisito diritti particolari nel governo delle comunità, e aveva operato una distinzione dalle nuove classi borghesi, mercantili e artigiane che stavano iniziando la scalata sociale ed economica. In molte città dal nord al sud della Penisola, i nobili cittadini erano riusciti ad occupare posizioni di rilievo che, caso per caso, superavano o affiancavano il governo feudale o statale in alcune particolari materie. Senato, sedili, consolato del mare, tavola pecuniaria, erano gli incarichi pubblici che venivano divisi tra nobili e civili o talvolta anche con i negozianti più doviziosi. A Messina era il Senato (diviso fra nobili, civili e poi negozianti di primo rango) a nominare i personaggi che dovevano rivestire le cariche necessarie a garantire la corretta amministrazione, cui concorrevano nobili e civili. Capitani delle Furie, Acatapani (addetto al controllo dei cereali e al prezzo del pane), Consoli di Mare e di Terra, Console del Regio Consolato dell’Arte della Seta (importantissimo impiego per una città che commerciava questo prodotto in tutto il Mediterraneo), Governatore della Tavola pecuniaria, , Rettore della pia Casa degli Orfani dispersi, Rettore della Devota Casa delle Vergini Riparate, Deputato della Pubblica Salute, della Sacra Lettera (addetto al culto della Patrona, la Madonna della Sacra Lettera), delle Pubbliche Acque, della Notturna Illuminazione, del Peculio frumentario. Tutti questi incarichi non conferivano distinzione: erano riservati a chi già era nobile o civile. Invece chi veniva eletto nel Senato cittadino, anche se dalla parte dei civili o dei negozianti, una volta che portava a termine il suo incarico aveva il diritto di passare nella nobiltà, anche se non sempre lo faceva, per poter più agevolmente rientrare in Senato. 
I nobili o i civili che facevano parte del Senato di Messina o delle amministrazioni (Sedili) dove esisteva una differenza tra nobili e non nobili diventavano patrizi. Così a Venezia, Genova, Pavia, Lodi, Napoli, Eboli, Bari, Cosenza e così via. A Roma dove i patrizi di alcune più importanti Case erano anche chiamati coscritti, avevano diritto ad entrare a far parte del patriziato anche le famiglie di coloro che diventavano papi. 

Articolo di Carmelo Currò Troiano. Tutti i diritti riservati

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