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venerdì 19 aprile 2013

ICONOGRAFIA DELLA CROCIFISSIONE NEL MEDIOEVO

Nel V secolo è possibile vedere non solo il simbolo della croce, ma anche i primi esempi di rappresentazione della Crocifissione, con la figura del Redentore mostrata alla pietà dei fedeli. Esempio famoso di Crocifissione risalente a tale periodo è quella intagliata, assieme ad altre scene bibliche, nel legno dell'antica porta della basilica di Santa Sabina sull'Aventino, che mostra Gesù con le braccia distese, tra i due ladroni, con occhi aperti, senza nimbo e senza croce. C'era una certa prevenzione a rappresentare la crocifissione nel mondo tardo antico, poiché era ancora viva la memoria di come fosse la pena di morte inflitta agli schiavi.
Il Crocifisso si affermò in seguito sempre più come icona per antonomasia della fede in Cristo, sia che tale affermazione avvenga nei maestosi crocifissi lignei (che in antico erano dipinti) oppure nei grandi crocifissi in lamina di argento posti nelle cattedrali (come la Croce della badessa Raingarda, a Pavia ante 996, la Croce del vescovo Leone, nel Duomo di Vercelli ante 1026 e la Croce del vescovo Ariberto nel Duomo di Milano post 1018), sia che essa passi attraverso i più modesti artefatti destinati alle chiese di campagna o alla popolare devozionalità dei fedeli, come "memento alla preghiera", posto lungo i sentieri da essi percorsi (si pensi, per fare un esempio, ai tanti crocifissi in legno che troviamo ancor oggi nelle montagne tirolesi). Nell'Italia centrale del XII secolo nacque la tradizione delle croci dipinte, destinate ad essere appese nell'arco trionfale delle chiese o al di sopra dell'iconostasi, ovvero la zona che separava la navata adibita ai laici dal presbiterio adibito al clero; le tavole venivano dipinte direttamente su legno, oppure su fogli di pergamena o cuoio, successivamente incollati sul supporto ligneo sagomato a forma di croce. In esse il Cristo è in posizione frontale con la testa eretta e gli occhi aperti, vivo sulla croce e ritratto come trionfatore sulla morte (Christus triumphans), attorniato da scene tratte dalla Passione, e poteva presentare agli estremi dei bracci della croce figurine di contorno, che a partire dalla seconda metà del XIII secolo divennero le figure a mezzobusto della Vergine e San Giovanni evangelista in posizione di compianto. Talvolta si incontrano anche i simboli degli evangelisti e, nel braccio superiore (la cimasa), un Cristo in maestà. Tra gli esempi più antichi di Crocifisso triumphans si annoverano la croce firmata da Alberto Sotio nel Duomo di Spoleto, la Croce di Mastro Guglielmo nella Duomo di Sarzana, la croce di san Damiano nella chiesa di Santa Chiara ad Assisi e la croce di un anonimo maestro pisano nel Museo Nazionale di San Matteo a Pisa. Agli inizi del XIII secolo compare una nuova tipologia, quella del Cristo morto, l'iconografia deriva dal Christus patiens d’ispirazione bizantina, ma anche dalla coeva predicazione francescana. Il Cristo sofferente ha la testa reclinata sulla spalla e gli occhi chiusi e il corpo incurvato in uno spasimo di dolore. Forse uno dei primi a recepire questa novità iconografica fu Giunta Pisano, del quale restano tre crocefissi firmati e uno attribuitogli dalla critica, tra cui il Crocifisso della basilica di San Domenico a Bologna, dove il corpo del Cristo è inarcato sulla sinistra, invadendo il tabellone laterale, da dove spariscono quindi le scene della Passione. Tra Giunta e Cimabue irrompe Coppo di Marcovaldo, primo innovatore non solo dell'arte definita ancora grottesca da Longhi, ma primo vero pittore espressionista della storia. La recessione stilistica era già alle spalle, al contrario delle affermazioni di Longhi, Coppo non stava a Rouault, Rouault cercava un imbarbarimento del segno nel secolo scorso, Coppo al contrario una classicità, una forma di bellezza da qui l'importanza di Coppo come pittore di "frontiera", forme riprese da Cimabue nel Crocifisso di Arezzo del 1270 circa (che venne dipinto per la locale chiesa domenicana, quindi verosimilmente richiesto simile al Crocifisso della chiesa madre a Bologna) e sviluppate ulteriormente nel Crocifisso di Santa Croce del 1280 circa. Nel braccio più alto si diffusero nuove immagini tra cui quella del Padre Eterno, altre volte il simbolo del pellicano, che si sacrifica per nutrire i suoi figli, o altre immagini cristologiche; una analoga varietà di icone può essere posta ai piedi di Cristo, nel soppedaneo (la Maddalena, il teschio di Adamo, un santo protettore, o il committente). Giotto fu il primo a rinnovare questa iconografia in pittura nell'ultimo decennio del XIII secolo, prendendo spunto dai traguardi nel frattempo raggiunti dalla scultura gotica, in particolare da Nicola Pisano, già dal 1260. Egli compose il Cristo come realmente doveva mostrarsi sotto il peso del corpo, abolendo l'inarcatura e piegando le gambe, che venivano fermate da un unico chiodo (come nella lunetta del portale sinistro del Duomo di Lucca scolpita da Nicola Pisano).

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