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sabato 3 novembre 2012

MEDIOEVO E CULTURA ELLENICA NEL SALENTO: NON SOLO CASOLE

La scarsità di fonti e le numerose leggende che sono nate attorno all’abbazia otrantina, la cui distruzione è iniziata durante l’invasione turca del 1480, hanno contribuito a creare un vero e proprio mito di Casole, ma i moderni studi condotti dal professor André Jacob hanno restituito a Casole quel che è di Casole, senza tuttavia sminuirne il ruolo di importantissimo centro religioso per tutta l’area greca della costa adriatica. 

Prof. Jacob, come e perché nasce Casole? 
In riferimento alla fondazione dell’abbazia di Casole, tradizionalmente attribuita a Boemondo  di Antiochia nel 1099, occorre riportarsi ai recenti saggi di scavo effettuati da Paul Arthur dai quali è emerso un insediamento bizantino molto ampio, antecedente alla fondazione del 1099, che può forse definirsi una rifondazione attuata da Boemondo per ottenere l’appoggio politico della popolazione greca di Terra d’Otranto.

Quali erano le attività dei monaci a Casole?
L’abbazia altro non era che un cenobio, dove i monaci greci (erroneamente definiti basiliani, nome attribuito per ragioni amministrative dalla Curia romana ai monaci greci) conducevano vita comune.
Spesso si sente dire che Casole era un’importante università del Mediterraneo. Orbene, a Casole non poteva esserci un centro di studi vero e proprio, dal momento che tale funzione non rientrava di norma tra le attività di un monastero bizantino, precipuamente preposto alla trascrizione di codici di letteratura religiosa di ambito liturgico, teologico e ascetico, utili alla formazione spirituale di ciascun monaco. 

Molte recenti pubblicazioni parlano di uno scriptorium a Casole, che sarebbe stato uno tra i più importanti centri culturali del tempo.
È ormai consolidato nella mentalità locale il convincimento che il monastero otrantino di San Nicola di Casole sia stato una specie di rinomata e assai frequentata università ante litteram. Da decenni diversi contributi apparsi su giornali parlano con insistenza dei numerosissimi codici trascritti a Casole e conservati in molte biblioteche. L’origine di questo fraintendimento va ricondotta al passo del De situ Iapygiae del Galateo, secondo il quale una folta schiera di monaci si dedicava allo studio delle lettere greche e quasi tutti anche a quello delle lettere latine. Chiunque desiderava imparare la lingua greca vi riceveva sine mercede vitto, alloggio ed insegnamento. Per ben quattro secoli queste affermazioni del Galateo furono accettate e ripetute dagli storici di Terra d'Otranto, quali, ad esempio, Marciano, Infantino, Tasselli, De Aste o ancora il calabrese Rodotà. 

E come è stato possibile che questo convincimento abbia potuto travisare la realtà dei fatti?
Col tempo si è erroneamente sovrapposta l’attività del più celebre abate casulano, di nome Nicola, del quale il monastero possedeva diversi libri di logica e di filosofia e che diventò abate di Casole (sempre secondo il celebre passo del Galateo, col nome di Niceta ma in realtà si tratta di Nicola-Nettario) con l’attività dell’intero monastero, della cui produzione si sa molto poco. Bisogna infatti distinguere nettamente tra il ruolo svolto dall'igumeno Nicola-Nettario e il ruolo dello stesso monastero, limitato quasi esclusivamente alla sfera religiosa e liturgica. Nel 1965 è stata pubblicata l’importante monografia del tedesco Hoeck e del lussemburghese Loenertz su Nicola-Nettario (anticipo che è imminente l’edizione italiana), questo è il testo a cui riferirsi per approfondire la figura dell’igumeno, che si muove soprattutto nell'ambito della corte federiciana, svolgendo missioni importanti a Costantinopoli e a Nicea sia per conto della Curia romana che per conto di Federico II. Egli portò dall’Oriente testi sconosciuti in Terra d’Otranto, soprattutto di letteratura profana, che nel Medioevo non apparivano nell’elenco dei prestiti del monastero, ma che si diffusero molto tempo dopo, in epoca umanistico-rinascimentale.

I prestiti, appunto. Non vi era una celebre biblioteca a Casole?
Alla fine dell'Ottocento, la scoperta del typikon di Torino, un libro liturgico che regola l’ufficiatura da recitarsi nel corso dell’anno e nel quale sono anche annotati i principali rendimenti dell’abbazia, fu accompagnata da molta enfasi. Essa spiega facilmente perché tutte le opinioni precedenti concernenti Casole furono ritenute valide dagli studiosi moderni. Ora, è sufficiente riprendere per prima cosa la lista dei prestiti librari contenuta nel typikon per constatare come i libri di letteratura profana non fossero affatto numerosi nella biblioteca del monastero (ad eccezione di quelli appartenuti a Nicola-Nettario). I prestiti riguardano per lo più codici liturgici -sono ben 41-, che i sacerdoti dei dintorni richiedevano con l'intento di copiarli per uso personale o per la loro chiesa, mentre i codici profani sono soltanto 7. 

Se quindi i manoscritti salentini medievali che sono stati attribuiti a Casole non venivano dall’abbazia, quale era la loro provenienza?
È altrettanto decisivo, al fine del nostro discorso, considerare che tra i libri di San Nicola di Casole non vi è la minima traccia dei molteplici autori greci classici, alessandrini e bizantini studiati nelle scuole sacerdotali di Terra d'Otranto, le quali, non a caso, si trovano tutte al di fuori della zona in cui circolavano i manoscritti casulani, limitata quest'ultima alla fascia adriatica, ad est della strada che collega oggi Lecce a S. Maria di Leuca passando per Maglie. Di contro, il territorio piuttosto ristretto in cui si ricopiava e si studiava tanta letteratura profana si estende sul versante ionico e sul suo entroterra e conta, tra i centri più rilevanti dal punto di vista culturale, Gallipoli, Nardò, Aradeo, Galatina, Soleto e Maglie.

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