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mercoledì 14 novembre 2012

ARALDICA MEDIEVALE 5: I MOTIVI DELLE RIPARTIZIONI

L’araldica ha corso il rischio di veder tecnicizzate al massimo le proprie figure, con le descrizioni minuziose di ogni particolare, linea, partizione e si possono osservare negli stemmi . Tutto quanto viene descritto dai pazienti studiosi è indubbiamente corretto ma costituisce un bagaglio di cognizioni così difficile da essere seguito che sicuramente gli appassionati ed i curiosi si ritroveranno difficilmente a loro agio, e le persone indifferenti si spazientiranno rapidamente di qualsiasi lettura. Un po’ come un ragazzo non simpatizzante per la matematica venga costretto ad imparare a memoria formule e teoremi, provocando il completo abbandono della materia. Meglio, dunque, semplificare le spiegazioni e le cognizioni, in modo che quanti intendono avvicinarsi alla materia possano essere in grado di comprendere i processi storici e pratici che hanno condotto alla creazione di figure e decorazioni, in modo tale da spiegarsi anche la gran parte del significato delle armi. Per grandi linee dirò che ogni ulteriore figura venga inserita in uno stemma non è stata certo usata per ingentilire o abbellire le armi. Oggi si è soliti vedere stemmi che specialmente i non veri nobili, del tutto a digiuno di conoscenze araldiche e storiche, fanno disegnare senza alcun rispetto per le regole essenziali con cui si compongono le armi, per le tradizioni della propria terra, del proprio ceppo familiare, per lo stesso cognome che si porta e che potrebbe dare un suggerimento valido. Per esempio, chi si chiama Porta e della Porta, dovrebbe avere uno stemma che contiene una porta o un palazzo con una porta in evidenza; chi si chiama della Torre dovrebbe innanzitutto avere una torre nello stemma. Niente vieta poi che la torre o la porta siano accostate da due leoni o sormontate dal sole. Chi appartiene a una famiglia che a memoria d’uomo non ha mai vissuto in città marittime, non dovrebbe avere mare o navi nelle proprie armi. E chi non ha mai avuto tradizioni militari farebbe meglio a scegliere disegni che non prevedano lance, frecce, spade. Se non si hanno parentele nobili o illustri si farebbe meglio a non ripartire lo stemma, poiché la partizione è per lo più ricordo di grandi matrimoni o eredità. Fin dal Medioevo, invece, la scelta delle composizioni e degli inserimenti è dovuta a scelte politiche, a interessi pratici, a una propaganda sociale che nello stemma avevano un importante mezzo di diffusione. Prendiamo il caso dei Savoia che, nel tentativo di superare tutte le altre famiglie sovrane italiane, cercavano di assumere grande importanza vantando un titolo reale. Non si trattava solo di precedenze vane. Nella grande scacchiera della politica internazionale, una famiglia “minore” cercava di non sfigurare con le grandi Potenze europee (Impero, Stato pontificio, Spagna, Francia, Inghilterra, Polonia, Venezia, Cantoni svizzeri) che avrebbero potuto accordarsi alle spalle o a danno delle entità statuali minori e addirittura dichiarare la propria alta sovranità derivante da privilegi medievali e riappropriarsi di uno Stato considerato vassallo. Così avrebbe fatto più volte l’Impero (per esempio con il Ducato di Guastalla, tornato all’Austria alla morte senza eredi dell’ultimo duca), così la Chiesa con Ferrara, soppiantando gli Este. La guerra diplomatica di precedenze, onori, privilegi fra Medici, Farnese, Gonzaga, Este, assegnava punti ora all’uno ora all’altro. Gli antichi contadini, medici e banchieri che divennero Duchi di Firenze, furono nominati Granduchi dal Papa e finirono per arrotondare la loro corona, in segno di sovranità regale. Lo stesso granduca, poi, accresceva ancora ulteriormente la propria importanza diplomatica inserendo nelle armi lo stemma di Gerusalemme, perché subentrando nel dominio di Pisa pretendeva anche di arrogarsi i diritti medievali dell’antica città commerciale, fra cui quelli su Gerusalemme (e il suo Regno). 

Il Duca di Savoia, dunque, nella speranza di surclassare tutti i signori italiani, ricordava di essere discendente da Carlo I (1482-1490), lontano parente di Luigi di Savoia, principe consorte di Carlotta di Lusignano (morta senza eredi), cui la coppia reale cipriota legò i diritti al Regno di Cipro con le sovrane pretendenze collegate di Re di Gerusalemme e di Armenia. Si trattava, si badi bene, di titoli e diritti esclusivamente cartacei, cui si oppose immediatamente il doge di Venezia, perché l’ultima sovrana regnante di Cipro, Caterina Cornaro, aveva ceduto a Venezia i propri diritti alla corona, e reagiva chiudendo anche lui il cappello sul suo stemma, in segno di regalità. I Savoia adottarono dunque i titoli di Re di Cipro, Gerusalemme e Armenia che portano ancor oggi, senza tuttavia che nessuno li prendesse sul serio. Tuttavia, nelle loro armi essi introdussero gli stemmi dei loro Regni immaginari. Si tratta delle armi di “pretensione” che riempiono non solo le armi di sovrani, principi, grandi feudatari ma anche di nobili minori, in contesa con parenti, consanguinei, coeredi, per il possesso di diritti, castelli e terre. Dunque, nelle armi originarie essi introducevano le figure che avevano rappresentato le Nazioni, i paesi e le comunità su cui pretendevano di regnare o di avere diritti. Altro essenziale motivo di partizioni e ripartizioni (anche diverse decine) è l’alleanza matrimoniale. Quando di sposava l’erede di un titolo nobiliare o di una grande fortuna economica, era naturale che la famiglia erede ne assumesse le armi se non il cognome. E se a sua volta questa erede era a sua volta l’ultima discendente di altre famiglie importanti, il marito o i figli potevano assumere altri due, tre, quattro stemmi, tutti da inserire nelle proprie armi originarie. Se poi ci si imparentava con una stirpe la cui madre, nonna, bisnonna era figlia, nipote, pronipote di un re o di un componente di una famiglia reale, allora si inserivano senz’altro nel proprio stemma anche le armi reali, pur senza esserne eredi. Era in ogni caso una questione di prestigio, di eredità, di pretensione ad altri titoli più altisonanti che sovente la Corona finiva per concedere, come è avvenuto spesso nella storia dell’aristocrazia inglese. Abbiamo così stemmi 
troncati” (diviso orizzontalmente al centro), 
partiti” (diviso verticalmente al centro), 
trinciato”( se diviso trasversalmente da destra a sinistra), 
tagliato” (se diviso trasversalmente da sinistra a destra),
inquartato” (cioè diviso e partito). Se poi all’interno delle armi si trovano più colori e figure che fanno parte dello stemma originario, possiamo parlare di stemma “interzato in fascia” (è diviso in tre parti orizzontali), “interzato in palo” (è diviso in tre parti verticali), “interzato in banda” (tre parti trasversali a destra a sinistra), “interzato in sbarra” (tre parti da sinistra a destra). Continuare a citare nelle infinite divisioni sarebbe solo dimostrazione di erudizione inutile, perché si esperti si sono spremuta la fantasia per trovare definizioni per ogni figura. Meglio dunque spiegare le vicende che hanno portato alle più importanti partizioni.

Articolo di Carmelo Currò Troiano. Tutti i diritti riservati

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