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giovedì 25 agosto 2011

LA PARENTELA CARNALE E IL SUO CONTROLLO DA PARTE DELLA CHIESA

Due fasi testimoniano l'interesse della Chiesa per le istituzioni familiari. Nel IV e V secolo molti elementi chiave delle antiche strutture della parentela si disgregano (adozione, concubinaggio, divorzio, levirato); di contro si sviluppano anche pratiche nuove come il padrinaggio. Anche la concezione del matrimonio si trasforma; bisogna ricordare che nei primi secoli del cristianesimo, la rottura con la morale giudaica della fecondità e soprattutto con il dovere del cittadino di dare figli all'Urbe conduce a svalutare il matrimonio legato all'atto sessuale e quindi al peccato. Solamente la continenza e la verginità dovevano essere esaltati.
Intanto Agostino coinvolge il cristianesimo in una moderata riabilitazione del matrimonio affermando che questo è stato istituito da Dio nel paradiso terrestre tra Adamo ed Eva. Una simile evoluzione è figlia della necessità di trovare un "accordo" con l'organizzazione terrestre della società; ne segue una concezione ambigua nella quale il matrimonio e riproduzione sessuale sono allo stesso tempo disprezzati in relazione alla castità e accettati a condizione di essere controllati ed associati ad un legame spirituale. Ciò sviluppa un modello di matromio che impone mopnogamia, indissolubità ed un'esogamia milto forte a Roma che si impone solo progressivamente. Tali costrizioni affermano la posizione della Chiesa che trasformano la possibilità di trasmissione delle eredità e favoriscono la concentrazione a vantaggio dalla Chiesa. . Le nuove regole dell'alleanza matrimoniale divengono oggetto di numerosi conflitti che costituiscono spesso per la Chiesa l'occasione di manifestare la propria forza dinanzi ai laici, come ad esempio al momento della scomunica di Filippo I nel 1094 e 1095 accusato da Urbano II di bigamia ed incesto. Tali termini servono a denominare le pratiche aristocratiche di concubinaggio, del ripudio della sposa e del secondo matrimonio, così come l'unione tra parenti prossimi. I Franchi praticavano accanto al matrimonio principale, anche un matrimonio secondario senza contare il concubinaggio: Eginardo, biografo di Carlo Magno, enumera le quattro spose e le cinque concubine dell'imperatore. Pier Damiani e papa Alessandro II nel 1065 riaffermano il divieto di alleanza matrimoniale fino al settimo grado canonico. Per un secolo e mezzo, la Chiesa brandisce questa regola nonostante sia inapplicabile ponendosi come censore della legittimità dei matrimoni in seno all'aristocrazia. Quanto ai dominati la pratica del matrimonio non si scontra con le regole stabilite dalla Chiesa; in seguito il IV concilio lateranense riporta i limiti dell'interdizione del matrimoniale al quarto grado canonico. Nel quadro matrimoniale la sessualità deve avvenire solo ai fini della crocreazione: l'inquadramento della sessualità matrimoniale è assicurato dall'elevato numero di giorni festivi durante i quali l'attività sessuale è proscritta insieme a pratiche ed atteggiamenti sessuali. Nello stesso tempo lo sviluppo della liturgia nuziale manifesta lo sforzo degli ecclesiastici per intervenire nel rituale dell'alleanza matrimoniale attraverso la benedizione o tramite la celebrazione del matrimonio alla porta della chiesa alla presenza di un prete che diventerà obbligatorio solo dopo il Concilio di Trento. Il processo di inquadramento del matrimonio laico va di pari passo con la riaffermazione del celibato dei preti che si afferma alla fine del VI secolo ma si realizzerà solo all'inizio dell'XI secolo. Da un lato i laici sono destinati al matrimonio, alla riproduzione; dall'altra gli ecclesiastici, caratterizzati dal celibato e dall'abbandono dei legali della carne, sono resi idonei per la riproduzione spirituale della società.



Trasmissione dei patrimoni e riproduzione feudale


In molte società la sistema di parentela è tale che vengono riconosciuti come parenti di un individuo solo gli ascendenti di suo padre o di sua madre. Ogni individuo ha quindi un parentado che comporta la riorganizzazione della nobiltà e della società feudale nei secoli XI e XII. Nasce così il lignaggio aristocratico evocando anche il passaggio da una organizzazione come la Sippe germanica dell'alto medioevo costituita da ampio gruppo familiare, ad una organizzazione che restringe il gruppo familiare ponendo l'accento sulla trasmissione genealogica di generazione in generazione. Nascono delle topodiscendenze, catene di trasmissione di uno stesso potere territoriale.  La nozione mira ad esprimere la dipendenze delle strutture di parentela nei confronti della strutturazione spaziale della società feudale. Nasce così una letteratura genealogica in cui ci si ricollega ad un antenato il più lontano e prestigioso possibile ritenuto ad essere il fondatore del castello e dei possedimenti che costituiscono il cuore del suo potere. Inoltre dagli anni 1050-1150 prende forma un nuovo sistema antroponimico; soprattutto per i nobili un toponimo associato al territorio in cui si esercita il potere diviene il marcatore dell'identità del gruppo.. Infime gli stemmi gentilizi apparsi alla fine del secolo XI come mezzo di identificazione si generalizzano e si trasmettono ereditariamente. Successivamente, cambia anche le regole di trasmissioni dei patrimoni che vedeva nella primogenitura la soluzione più praticata. La trasmissione privilegiata dell'eredità tende a creare numerosi gruppi di esclusi tra i discendenti: le figlie, i cadetti e i figli illegittimi.
Le figlie non sono così escluse come si pensava: in assenza di un discendente maschio la successione avverrà più volentieri a beneficio di una figlia piuttosto di un fratello o nipote. Non è raro quindi che una donna assuma il governo di una signoria, contado o regno. Inoltre a partire dal secolo X e XI le figlie ricevono una dote al momento del matrimonio che la esclude dal diritto dell'eredità e la sua generalizzazione contribuisce alla concentrazione della parte principale del patrimonio nelle mani di un solo erede.
I cadetti hanno una condizione meno vantaggiosa: sebbene alcune volte venga accordato un risarcimento in denaro per l'esclusione dall'eredità essi sono separati dal tronco familiari. Spesso, dall'infanzia, sono offerti ad un monastero o spesso entrano nella carriera ecclesiastica. I cadetti che rimangono laici si lanciano in cerca di avventura come Roberto il Guiscardo e Ruggiero di Sicilia che riprendono ai musulmani la Sicilia e l'Italia del Sud. I cadetti avranno un ruolo importante anche nelle imprese in Terrasanta, nella penisola iberica e persino nella conquista dell'America. In questo modo il cadetto crea dinamismo nella società anche a vantaggio della Chiesa che può annoverare nelle sue file persone provenienti da importanti élite signorili.
I figli illeggittimi sono spesso assiciati all'eredità allo stesso titolo dei figli legittimi. Ma dal XIII secolo la loro situazione peggiora divenendo in alcuni casi membri esclusi dall'eredità subendo disprezzo e discriminazioni. Questa è una logica conseguenza dell'imposizione del mondo clericale del matrimonio che condanna l'adulterio e il concubinaggio e riconosce legame legittimo solamente nel quadro dell'unione matrimoniale. La ferma opposizione all'endogamia, al concubinaggio e al ripudio si scontrava con la preoccupazione di trovarsi senza dipendenza; ma l'affermazione del matrimonio monogamo ed indissolubile, limitavano il numero degli eredi. COmplessivamente l'intervento della Chiesa è molto costrittivo su ciò che concerne le regole dell'alleanza matrimoniale controllando la riproduzione fisica della società.

Fonte: La Civiltà Feudale, Gerome Baschet, Newton & Compton

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