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venerdì 4 aprile 2014

LA SINDONE NEL VANGELO - 1


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La storia della sindone comincia nei vangeli: sono essi che ci informano sull’esistenza di questo oggetto. Per inquadrare meglio il mondo e l’epoca di cui parleremo, sarà utile fare una rapida panoramica su questi testi, visti con l’occhio dello storico e senza nessuna pretesa di addentrarsi nei complessi temi dell’esegesi o della teologia. Fra l’anno 60 e 90 della nostra èra, sotto il dominio di Roma imperiale, furono scritte quattro biografie che parlavano di un uomo noto come Gesù il Nazareno. Crocifisso in Gerusalemme dal governatore romano Ponzio Pilato in prossimità della festa ebraica di Pasqua, in un giorno che oggi chiameremmo il 7 aprile dell’anno 30, era stato condannato a morte dopo un processo-lampo molto controverso, durante il quale si era rischiata una sommossa di popolo. Alla base dei quattro resoconti stava un’esperienza concreta, diciamo pure sensoriale: c’erano delle persone che avevano visto tutto. Contro ogni previsione, l’aver eliminato questo scomodo personaggio non gettò allo sbaraglio la comunità di gente che lo aveva seguito per circa tre anni ascoltando i suoi insegnamenti spirituali, i quali invitavano a una conversione radicale nello stile di vita e annunciavano la venuta del Regno dei Cieli. I seguaci, al contrario, avevano formato una specie di grande confraternita religiosa nella quale i ricchi mettevano i loro beni a disposizione degli indigenti, e si aiutavano l’uno con l’altro nelle varie necessità della vita. Il cardine della comunità, che chiamavano “chiesa” (dal greco ecclèsia, cioè assemblea), era una riunione fissa il settimo giorno della settimana ebraica (oggi detto domenica, dal latino dies dominica, “giorno del Signore”). Si consumava una cena tutti insieme, accompagnando il pasto con certe benedizioni che per i partecipanti possedevano un valore fondamentale; si ricordavano alcuni insegnamenti del Maestro ritenuti anch’essi di vitale importanza per ottenere la vita eterna, cioè la salvezza dell’anima e la resurrezione del corpo quando sarebbe venuto l’Ultimo Giorno. I membri di questo gruppo erano stati soprannominati “cristiani” perchè identificavano il loro fondatore, il Nazareno, con il Cristo annunciato dai profeti che avevano parlato al popolo d’Israele per secoli. Il nome Cristo era la traduzione in greco della parola ebraica masiach che significa “consacrato con l’olio santo”, e nella civiltà giudaica del I secolo indicava un uomo con la U maiuscola, dalla fisionomia molto particolare, nato da una donna però strettamente legato alla sfera divina. In parole semplici, un personaggio che aveva un piede sulla terra e uno nei Cieli. Convinti che le profezie antiche si fossero avverate nella persona fisica di quest’uomo, i seguaci avevano aggiunto al suo nome di nascita, Gesù, in ebraico Yeshua, anche il titolo di Cristo: dopo appena dieci anni era ormai comunemente chiamato come Gesù Cristo, quasi dimenticando il nome di Gesù Nazareno con cui fu registrato a Gerusalemme dalle autorità romane che ne sancirono la morte.

Articolo di Barbara Frale, tratto dal blog http://www.loscrignodeitemplari.blogspot.it/

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