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martedì 1 aprile 2014

IL PROCESSO AI TEMPLARI - 6


File:Logis royaux vue du donjon Chinon.JPG


Nonostante la sorpresa e l’immaginabile ira del papa nello scoprire che i capi dell’ordine gli erano stati sottratti ancora una volta, Clemente V mostrò di accettare quello stato di cose e tenne comunque la sua inchiesta sull’ordine del Tempio con i soli frati che lo avevano raggiunto. Agli inizi di luglio gli imputati, dopo aver chiesto il perdono della Chiesa, ricevono l’assoluzione e il procedimento sembra concluso a tutti gli effetti.  Il pontefice dichiara che si riserverà in futuro una decisione finale, intanto indice le ferie estive con le
quali sospende l’attività della Curia. Il 20 luglio Filippo il Bello parte per tornare a Parigi e i suoi agenti presso la Curia lo seguiranno pochi giorni dopo, visto che tutto è fermo ed il pontefice ha cominciato la sua villeggiatura.  Ma nella notte del 14 agosto 1308 tre cardinali delegati, ai quali sono stati conferiti pieni poteri, partono in segreto diretti al castello di Chinon e lì realizzano quell’inchiesta pontificia sui capi del Tempio che il re di Francia aveva inteso impedire. Capo di questa Commissione è il cardinal Bérenger Frédol, nipote e braccio destro di Clemente V: è un uomo che conosce a fondo sia le abitudini degli eretici sia le tecniche dell’Inquisizione. Alcuni anni prima era stato inviato nella Linguadoca sulla base di certe denunce che accusavano alcuni inquisitori di crudeltà e abuso di potere. Egli fa comprendere a Jacques de Molay che una
dichiarazione di totale innocenza non può essere fatta: i Templari si sono comunque macchiati di una grave colpa, anche se solo per obbedire a un comando dei superiori, ad un rituale militare.  Secondo la dottrina della Chiesa chi rinnega Cristo si mette automaticamente al di fuori della comunione cattolica, anche se lo fa soltanto fingendo e persino per salvarsi la vita.  Piegandosi al loro cerimoniale d’ingresso, i Templari si erano in pratica scomunicati da soli; ora non restava che chiedere perdono alla Chiesa, e in virtù di questo pentimento ricevere l’assoluzione. 

Articolo per gentile concessione della dott.ssa Barbara Frale. 

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