Il Monte di Pietà è una istituzione finanziaria senza scopo di lucro nata verso la fine del XV secolo in Italia su iniziativa di alcuni frati Francescani, per erogare prestiti di limitata entità (microcredito) a condizioni favorevoli rispetto a quelle di mercato in cambio di un pegno. I clienti dovevano presentare un pegno che valesse almeno un terzo in più di quanto volevano fosse concesso in prestito. La durata del prestito era, di solito, di circa un anno. Trascorso il periodo del prestito se la somma non era restituita, il pegno veniva venduto all'asta. La funzione del Monte di Pietà era quella di finanziare persone in difficoltà fornendo loro la necessaria liquidità. A tal fine per il loro funzionamento i beneficiari fornivano in garanzia del prestito beni di valore che si vedevano restituito quando ripianavano il debito. Per questa loro caratteristica si rivolgevano alle popolazioni delle città, dove tanti vivevano in condizioni di pura sussistenza. I contadini, infatti, di norma non avevano nulla da impegnare se non semenze ed utensili da lavoro. Da un punto di vista storico, i Monti di Pietà possono essere inquadrati nella tradizione delle fondazioni religiose nel Medioevo che, attraverso gli ordini militari (in primo luogo i Templari), non aveva soltanto sperimentato la combinazione inedita di esercizio della fede e di azioni civili e militari, ma avevano avviato la prima attività bancaria dell'Occidente. I Cavalieri templari, quelli Teutonici e diversi altri ordini infatti non avevano solo combattuto tenacemente contro i musulmani ma anche fornito servizi finanziari efficienti e capillari, inizialmente rivolti ai pellegrini in viaggio verso la Terrasanta e poi estesi a tutta l'Europa, erogando crediti ed impiegando il plusvalore delle loro attività economiche per finanziare gli avamposti combattenti e per il soccorso agli indigenti. Sotto l'aspetto economico-finanziario, i Templari costituirono una estesa rete finanziaria e, grazie anche ai privilegi concessi dal papa, arrivarono a rivestire un ruolo di tale importanza da "prestare" agli stati occidentali ingenti somme di denaro e gestire perfino "le casse" di Stati come la Francia. Nonostante fossero animati da nobili intenti e facessero un uso oculato delle ingenti ricchezze accumulate, senza perseguire scopi personali, questi ordini monastico-cavallereschi erano comunque divenuti troppo potenti ed erano malvisti da alcuni, anche per il problema morale posto dalla richiesta di pagamento del servizio. Forse anche per questo quasi nessun operatore cristiano li aveva sostituiti, lasciando campo aperto ai banchieri ebrei e a tanti usurai che non si ponevano problemi al riguardo. Quasi come reazione alla ricchezza degli ordini cavallereschi, tra il XII e il XIII secolo nacquero e si diffusero una serie di Ordini mendicanti, il cui voto di povertà non era solo individuale (come per i Templari), ma valeva anche per i conventi, richiedendo che quanto necessario per la sussistenza fosse frutto o del lavoro dei confratelli o delle elemosine. Questi nuovi ordini ben presto si posero il problema dei servizi di credito, sia per ampliare le possibilità di soccorso dei poveri, sia come alternativa ai prestiti ad interesse dei banchieri ebrei. Per rispondere a queste istanze, i Francescani Minori Osservanti, prendendo spunto dagli stessi banchi ebraici e con l'intento di soppiantarli, avviarono attività creditizie operanti con fini solidaristici e soprattutto senza scopo di lucro: i Monti di Pietà. Nel 1361 il vescovo di Londra Michael Northburgh, donava 1000 marchi d'argento per la fondazione di un banco che avrebbe dovuto prestare soldi senza interesse (le spese dell'istituzione si sarebbero sostenute con quel primo capitale donato per la fondazione). Un'altra testimonianza antica circa un prestito a pegno approvato ufficialmente dall'autorità ecclesiastica è la richiesta, fatta il 15 settembre 1431 dal re di Castiglia, Giovanni II (morto nel 1454) e da Don Pedro Fernandez Velasco conte di Haro a papa Eugenio IV, di approvare l'istituzione delle "Arcas de Misericordia" o "Arcas de Limosnas". Queste associazioni raccoglievano (in specie di arche) il denaro o cereali che servivano poi come credito da dare a chi si trovava in necessità e che avrebbe poi restituito entro un anno. L'amministrazione era affidata ai rettori delle chiese sotto la direzione dei francescani. Era un modo per combattere il problema dell'usura diffuso in quella regione della Penisola iberica. La bolla di approvazione fu emanata il 22 settembre 1431. Forse ispirandosi alle Arcas castigliane, gli inventori e diffusori dei Monti di Pietà furono i frati degli Ordini mendicanti, in particolare i Frati minori Osservanti. Tra questi emergono dapprima il beato Michele Carcano da Milano (morto nel 1484), fondatore nel 1462 del Monte di Perugia, e successivamente il beato Bernardino da Feltre (al secolo Martino Tomitano, morto nel 1494), che fondò i Monti di Mantova nel 1484, di Padova nel 1491, di Crema e Pavia nel 1493, di Montagnana e Monselice nel 1494. Tra i più antichi dei Monti di Pietà in Italia vi è quello di Ascoli Piceno fondato il 15 gennaio 1458. Un altro Monte di Pietà viene creato a Perugia nel 1462, dopo il ciclo di predicazione quaresimale di Michele Carcano. Il 13 aprile venne riunito a questo scopo il consiglio cittadino: si approvò il progetto e si decise di stanziare 3.000 fiorini. Un aspetto paradossale (dal momento che fino ad allora il prestito a pegno era esercitato dagli Ebrei) era che si decise di prendere 2.000 di questi fiorini proprio dagli ebrei. Nella predicazione di Michele Carcano questa banca con scopi caritatevoli doveva operare a favore della massa dei più bisognosi e poveri. Nel 1463 fu fondato il Monte di Pietà a Orvieto, nel 1471 a Viterbo, nel 1472 a Siena, nel 1473 a Bologna, nel 1479 a Savona, nel 1483 a Milano, nel 1484 a Mantova, Assisi, Brescia e Ferrara, nel 1486 a Vicenza, nel 1510 a Forlì, e ad Imola per impulso di Orfeo Cancellieri e ben presto altri ne seguirono negli anni successivi. A Velletri risulta che già prima del 1477 si costitui il primo Monte di Pietà non sponsorizzato dai francescani e uno dei primi dell’Italia centrale. A Firenze, nel 1493 Piero II de' Medici aveva vietato a Michele Carcano di predicare in città dopo le violenze ai danni degli Ebrei che erano seguite alle sue prediche. Ma Michele, figura molto popolare, sarebbe tornato in seguito a predicare anche a Firenze, perché Piero dovette ritirare la proibizione per non inimicarsi la popolazione. A Firenze il Monte comincerà ad esistere nel 1497, dopo la cacciata dei Medici, con l’appoggio diretto di Savonarola. A Verona si stabilirà addirittura una struttura a tre livelli: un "monte piccolo" che prestava senza interesse piccole somme, un "monte mezzano" che prestava sempre senza interesse somme fino a 3 lire, e un "monte grande" che prestava somme ingenti al 6% di interesse. Il sistema dei piccoli banchi di pegno gestiti dagli Ebrei venne rapidamente sgretolato dalla nuova istituzione. Questi Monti operavano, quindi, nelle aree urbane ed in questo erano complementari ai Monti Frumentari che invece operavano nelle aree rurali e conobbero una grande diffusione soprattutto nel XVII secolo. Con la loro opera tutti questi Monti si proponevano di dare accesso al credito anche ai poveri con un tasso di interesse relativamente contenuto. Tutte queste iniziative, inoltre, elargendo i loro prestiti caso per caso in funzione delle effettive necessità (microcredito), possono essere visti come i primi finanziatori del credito al consumo o anche come delle banche dei poveri ante litteram. Nonostante la proibizione ecclesiastica, anche prima dell'invenzione dei Monti di Pietà si prestava a usura anche tra cristiani: spesso si mascherava l’interesse reale dichiarando di concedere un prestito più elevato di quello effettivamente erogato. Alcune famiglie italiane giunsero al potere prestando denaro, abbandonando il settore una volta entrate a far parte della classe dirigente cittadina: i Medici di Firenze ne sono l'esempio più celebre. Nel Duecento l'Italia era disseminata di banchi di cambiatori, dove si esercitava grande varietà di operazioni, soprattutto il cambio di moneta, ma anche il prestito a usura. Ciononostante, con il progredire di un'economia mercantile, la risposta al bisogno di credito rimaneva insoddisfacente. È a questo punto, cronologicamente situabile tra la metà del Duecento e l’inizio del Trecento, che le città idearono il sistema di prestito a pegno affidato agli Ebrei, che vennero chiamati ad aprire banchi praticamente in ogni centro della penisola e con i quali la singola città stabiliva una vera e propria convenzione. I tassi di interesse praticati in questi banchi ebraici erano assai alti (a Bologna gli statuti comunali ammettevano interessi fino anche al 20%). La probabile ragione di questa prassi - al di là ovviamente dell'accusa antigiudaica che già allora cominciava a diffondersi, e che voleva gli Ebrei di per sé avidi di denaro, in quanto tutti paragonabili a Giuda Iscariota - è ragionevolmente che gli Ebrei rimanevano - nonostante tutto - estranei al gruppo sociale della città. Pertanto, erano molto alti i rischi che correvano: era sempre possibile che venissero scacciati, o che non trovassero nessuno pronto a comprare i pegni, o che - quando si fossero rivolti alla giustizia pubblica in un processo per la rivalsa sul debitore - perdessero la causa. L'alto saggio di interesse praticato era dunque motivato dal livello di rischio al quale si esponevano. Intorno alla metà del Trecento gli ordini francescano, domenicano e agostiniano si trovavano in una situazione di crisi e fiacchezza. In particolare, all’interno dell’ordine francescano già agli inizi di quel secolo si era creata una profonda spaccatura tra la maggioranza dei frati (la comunità) e una minoranza agguerrita che chiedeva un ritorno alla purezza originaria della regola francescana, gli Spirituali. Nella seconda metà del XIV secolo, Paoluccio Trinci di Foligno, raccogliendo l’eredità degli Spirituali ormai sconfitti, diede inizio a una esperienza di francescani eremiti, e il papa Gregorio XI Beaufort riconobbe a queste piccole comunità il diritto di autogestirsi in alcune materie: nasceva così la corrente dell'Osservanza francescana, il cui percorso verso il pieno riconoscimento istituzionale avrebbe impiegato oltre un secolo. In Italia, le colonne dell'Osservanza furono Bernardino da Siena, Giacomo della Marca, Giovanni da Capestrano. L’Osservanza passò intanto dall'esperienza di movimento eremitico alla scelta strategica della città; nel contesto cittadino i frati osservanti assunsero una molteplicità di funzioni: confessori, consiglieri, garanti della buona amministrazione di ospedali, talvolta persino incaricati delle finanze cittadini, arbitri della pacificazione tra partiti, ambasciatori, persino spie. L’Osservanza testimonia il passaggio dalla inquietudine culturale e religiosa tipica della seconda metà del Trecento (dopo l’inizio delle pestilenze), verso un grande progetto di instaurazione di una società cristiana tipico di tutto il Quattrocento: una straordinaria opera di disciplinamento della società attraverso lo strumento essenziale della predicazione. Il programma dei frati osservanti, ricostruibile per esempio attraverso le prediche di Bernardino da Feltre giunte fino a noi, era quello di dare alla società una forma compatibile con i valori e le regole morali del cristianesimo: una società "coercitivamente cristiana" (secondo la felice definizione di Rinaldo Comba). Il programma di predicazione degli osservanti portava in sé anche un forte invito e stimolo alla produzione e alla circolazione di ricchezza. Fino al Medioevo centrale ogni forma di arricchimento basata sul far circolare denaro a interesse era stata bollata come usura; la lezione del grande intellettuale Pietro di Giovanni Olivi aveva però avviato una nuova riflessione sul denaro (testi Sull’usura, Sulle vendite): le riflessioni dell’Olivi sul denaro erano molto spregiudicate, soprattutto se si pensa che questo frate era uno strenuo sostenitore della povertà (ma, si noti, soltanto della povertà volontaria nella Chiesa). Agli inizi del Trecento veniva così delineato in un modo nuovo il discrimine tra usura e giusto interesse nel prestare denaro. Fu a questo punto che cominciò a nascere una nuova razionalità economica. Nel Quattrocento si ritrova così, nei predicatori osservanti, una valorizzazione del mercante-banchiere e insieme una feroce condanna dell’usuraio (che nelle prediche si identificava con l'ebreo): un punto di forza degli osservanti fu proprio questa loro alleanza con il nuovo ceto emergente della borghesia. Esattamente in questo periodo, tra la fine del Trecento e l'inizio del Quattrocento, cambiò il rapporto con gli Ebrei e incominciò una nuova ondata, forte e violenta, di antigiudaismo: episodi di violenza scoppiavano in occasione del Natale, della festa di Santo Stefano, della Pasqua, e soprattutto in connessione con campagne di predicazione dei frati minori o dei domenicani. Gli osservanti (per esempio il domenicano Vincenzo Ferrer), all'arrivo in una città o in una regione, insistevano perché negli statuti fossero inserite norme per limitare l’attività degli Ebrei (in Savoia nel 1403, a Cuneo poco dopo, etc.): imposizione del segno distintivo, limitazione della libertà di insediamento e di movimento nella città. È così che, giunti alla seconda metà del XV secolo, le campagne di predicazione degli osservanti contro la ricchezza degli Ebrei si tradussero in un'azione concreta: l’istituzione dei Monti di pietà. Il principio del Monte di Pietà era l’asta. Fino ad un certo punto, il Monte di Pietà funzionava come un banco ebraico: concedeva piccolo credito su pegno; ma se il debitore non riusciva a saldare il debito, il pegno doveva essere messo all’asta in città, non venire rivenduto altrove. In questo modo il bene restava all’interno della comunità, che così - nel suo complesso - non si impoveriva.
Fonte: Wikipedia
Immagine tratta da Wikipedia, foto di Dorgeas
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