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martedì 24 luglio 2012

ARTE LONGOBARDICA

L'arte longobarda comprende le manifestazioni artistiche realizzate in Italia durante il Regno dei Longobardi (568-774), con residuale permanenza nell'Italia meridionale fino al X-XI secolo (Langobardia Minor). Al loro ingresso in Italia, il popolo germanico orientale dei Longobardi portò con sé la propria tradizione artistica di matrice germanica, anche se già influenzata da elementi bizantini durante il lungo soggiorno del popolo in Pannonia (VI secolo); tale matrice rimase a lungo visibile soprattutto negli elementi ornamentali dell'arte (simbolismo, decori fitomorfi o zoomorfi). In seguito al radicarsi dello stanziamento in Italia, ebbe inizio un vasto processo di fusione tra l'elemento germanico e quello romanico (latino-bizantino), che diede vita a una società sempre più indistinta (quella che, da lì a breve, sarebbe emersa come sic et simpliciter "italiana"). In un simile contesto, per "arte longobarda" si intende genericamente l'intera produzione artistica prodotta in Italia durante gli anni del dominio longobardo, soprattutto durante il VII-VIII secolo ma anche più avanti, fino al IX secolo e oltre (soprattutto al sud): indipendentemente, quindi, dall'origine etnica dei vari artefici, tra l'altro spesso impossibile da definire. Un insieme di sette luoghi densi di testimonianze architettoniche, pittoriche e scultoree dell'arte longobarda, compreso nel sito seriale Longobardi in Italia: i luoghi del potere, è stato inscritto alla Lista dei patrimoni dell'umanità dell'Unesco nel giugno 2011. Già prima della discesa in Italia la principale espressione artistica dei Longobardi era stata quella legata all'oreficeria, che fondeva le tradizioni germaniche con le influenze tardo-romane recepite durante lo stanziamento in Pannonia (fine V-inizio VI secolo). Risalgono a questo periodo iniziale molte fibule e le crocette in lamina d'oro lavorata a sbalzo, che presero il posto delle monete bratteate di ascendenza germanica già ampiamente diffuse come amuleti. Le crocette, secondo una tipologia di origine bizantina, erano usate come applicazioni sull'abbigliamento. Gli esemplari più antichi presentano figure di animali stilizzati ma riconoscibili, mentre in seguito furono decorate con intricati elementi vegetali, all'interno dei quali comparivano talvolta figurine zoomorfe. Rientrano nella produzione di alto livello le croci gemmate, come la Croce di Agilulfo conservata al Museo e Tesoro del Duomo di Monza (inizio del VII secolo), con pietre dure di varie dimensioni incastonate a freddo in maniera simmetrica lungo i bracci. Un altro esempio simile è la copertura dell'Evangeliario di Teodolinda, dove sulle placche d'oro sono sbalzate due croci con un motivo decorativo simile (603, secondo la tradizione). Era in uso anche una tecnica di incastonatura a caldo, dove si usavano pietre e paste vitree fuse e versate in una fitta rete di alveoli. Altri capolavori, di datazione più discussa, sono la Chioccia con i pulcini e la Corona Ferrea. La produzione e la decorazione di armi prese in prestito alcuni stilemi dell'oreficeria e sviluppò anche caratteri propri. Grazie ai corredi funebri ritrovati, si è venuti a conoscenza di grandi scudi da parata in legno ricoperto di cuoio, sui quali potevano venir applicate sagome in bronzo: per esempio nello Scudo di Stabio (Berna, Historisches Museum) erano inchiodate figurine di animali e figure equestri senza precedenti, di immediato e raffinato dinamismo. Talvolta si cercava di recuperare modelli classici, come nella lastra frontale di elmo della Val di Nievole, detta Lamina di re Agilulfo, risalente agli inizi del VII secolo e oggi conservato a Firenze (Museo del Bargello), dove alcune figurine compongono una parata regale, che rappresenta simbolicamente il potere sovrano, con due vittorie alate quasi caricaturali, ma che testimoniano lo sforzo di riusare modelli antichi secondo il sintetico sentire longobardo. L'attività architettonica sviluppata in Langobardia Maior è andata in gran parte perduta, per lo più a causa di successive ricostruzioni degli edifici sacri e profani eretti tra VII e VIII secolo. A parte il Tempietto longobardo di Cividale del Friuli, rimasto in gran parte integro, altre costruzioni a Pavia, a Monza o in altre località sono state ampiamente rimaneggiate nei secoli seguenti. A Pavia, capitale del Regno longobardo, lo slanciato corpo centrale della distrutta chiesa di Santa Maria in Pertica (fondata nel 677) fu il riferimento per architetture successive; un esempio longobardo della stessa tipologia sopravvissuto fino a oggi è il Battistero di San Giovanni ad Fontes, nella vicina Lomello, mentre della chiesa di Sant'Eusebio oggi rimane solo la cripta. La principale testimonianza architettonica longobarda della Neustria al di fuori di Pavia è l'area archeologica di Castelseprio (Varese), della quale restano integri il Torrione di Torba e la Chiesa di Santa Maria foris portas, risalente all'ultimo scorcio dell'età longobarda e ospitante uno dei più raffinati cicli pittorici dell'Alto Medioevo. A Monza rimane una torre longobarda forse facente parte dello scomparso Palazzo Reale di Teodolinda e oggi inclusa nell'abside del Duomo. Altre tracce di architettura longobarda in area lombarda sono la basilica Autarena di Fara Gera d'Adda e la chiesa di Santo Stefano Protomartire di Rogno, in provincia di Bergamo, e a Brescia la chiesa di San Salvatore. In tutti questi edifici le vestigia longobarde costituiscono il residuo di quanto esisteva prima dei pesanti rimaneggiamenti avvenuti nei secoli successivi. Il monumento longobardo più famoso e meglio conservato si trova comunque a Cividale del Friuli, ed è il cosiddetto Tempietto longobardo, edificato verso la metà dell'VIII probabilmente come cappella palatina. È composto da un'aula a base quadrata, con presbiterio sotto un loggiato a tre campate con volte a botte parallele. La parte più interessante è il "fregio" con sei figure a rilievo di sante, in stucco, eccezionalmente ben conservate: le loro monumentali figure sono da collegare ai modelli classici, riletti secondo la cultura longobarda..
Testimonianze maggiormente fedeli alla forma originale si ritrovano, invece, nella Langobardia Minor, a Benevento, dove si conservano la chiesa di Santa Sofia, un ampio tratto delle Mura e la Rocca dei Rettori, unici esempi superstiti di architettura militare longobarda. A Spoleto, sede dell'altro grande ducato della Langobardia Minor, l'ispirazione monumentale dei duchi longobardi si manifestò nel rifacimento della chiesa di San Salvatore, già basilica paleocristiana del IV-V secolo e ampiamente rinnovata nell'VIII, e, a Campello sul Clitunno, il Tempietto del Clitunno. I migliori esempi di scultura longobarda si trovano a Cividale del Friuli ed a Pavia. Nel Museo Civico Malaspina di Pavia sono conservati due plutei dell'inizio dell'VIII secolo, provenienti dall'oratorio di San Michele alla Pusterla. Entro elaborate cornici con tralci ed elementi vegetali sono raffigurati dei pavoni che si abbeverano a una fonte sormontata dalla croce e dei draghi marini davanti all'albero della vita. Presentano un rilievo bidimensionale staccato incisivamente dal fondo, con un effetto calligrafico incisivo, che opera una stilizzazione altamente simbolica.
Sempre a Pavia è custodita la Lastra tombale del duca Adaloaldo, risalente al 718 e recante una lunga iscrizione arricchita da bassorilievi a soggetto vegetale.
Durante la cosiddetta Rinascenza liutprandea (inizio dell'VIII secolo, in particolare nel decennio 730-740 circa) furono scolpiti due opere di gran pregio ancora esistenti a Cividale:
  • L'altare del duca Ratchis, nel Museo Cristiano di Cividale, composto da un unico blocco di pietra d'Istria scolpito sulle quattro facce laterali con figure fortemente bidimensionali e con un netto distacco della parte scolpita, rispetto allo sfondo, come un disegno a rilievo. Questo effetto, assieme alla marcata stilizzazione delle figure e il senso calligrafico, fa assomigliare l'altare più ad un monumentale cofanetto eburneo.
  • Il Battistero di Callisto, sempre nel Museo Cristiano di Cividale, con due lastre scolpite molto simili all'altare del duca Ratchis (forse addirittura dello stesso autore) e figure simboliche legate al sacramento del battesimo (pavoni e grifoni alla fonte, leoni ed agnelli, simboli cristologici e degli Evangelisti, ecc.). Presenta una forma ottagonale ed è sormontato da arcate a tutto sesto sostenute da colonne corinzie. Anche sulle arcate si trovano iscrizioni e motivi decorativi vegetali, zoomorfi e geometrici.

Notevole è anche la raffinatezza esecutiva della lastra tombale di San Cumiano, presso l'Abbazia di San Colombano di Bobbio: risalente agli anni del regno di Liutprando, reca un'iscrizione centrale, racchiusa da una doppia cornice a motivi geometrici (serie di croci) e fitomorfi (tralci di vite). Inoltre all'interno della basilica abbaziale vi è un'antica vasca battesimale con decorazioni laterali (motivi a vimini). Ma le opere più importanti si trovano nella cripta ai lati del sepolcro di san Colombano, ossia due lastre tombali (plutei) dei due abati successori al santo irlandese sant'Attala e san Bertulfo; la prima raffigura un albero della vita con decorazioni celtiche femminili e maschili dei frutti dell'albero, il secondo pluteo è più complesso è definito anello della vita è costituito da due cerchi decorati raffiguranti la vita terrena e quella ultraterrena racchiusi da un ulteriore cerchio a forma di otto simboleggiante l'infinito e l'universo ed altri decori longobardi-celtici. Un esempio particolarmente interessante del rapporto tra committente e artefice in epoca altomedievale è il paliotto del duca Ilderico, databile intorno al periodo in cui Ilderico fu duca di Spoleto (739-742) e attribuita allo scultore Orso dall'iscrizione Ursus magester fecit. 
Alcune straordinarie testimonianze si trovano in alcuni monasteri della Langobardia Minor, in particolare in Campania, Molise e Puglia, risalenti soprattutto tra la fine dell'VIII e il IX secolo, avendo avuto i ducati longobardi di questa zona una sopravvivenza più lunga che nei territori a nord degli Appennini. Tra centri monastici più importanti vi furono il Santuario di San Michele Arcangelo sul Gargano (fondato nel VI secolo), la potente abbazia di Montecassino (fondata nel 529 e molto attiva nel periodo dell'abate longobardo Gisulfo, 797-817), San Vincenzo al Volturno (fondato alla fine dell'VIII secolo). Nella cripta di San Vincenzo si è conservato un importante ciclo di pitture del tempo dell'abate Epifanio (797-817), con uno stile legato alla coeva scuola di miniatura beneventana, con colori luminosi e ricchi di lumeggiature, dal disegno piuttosto sciolto. Altri esempi di pittura nell'area campana si trovano nella chiesa di San Biagio a Castellammare di Stabia, la chiesa dei Santi Rufo e Carponio a Capua, nella Grotta di San Michele a Olevano sul Tusciano e nelle chiese di Santa Maria de Lama, Sant'Andrea della Lama e San Pietro a Corte a Salerno, ma i resti più importanti si trovano nella chiesa di Santa Sofia a Benevento, fondata nel 760 da Arechi II. Caratterizzata da una pianta centrale, con un'originale struttura con nicchie stellari, possiede tre absidi e notevoli resti di affreschi sulle pareti. Tra i rari esempi di arte di epoca longobarda sopravvissuti ai secoli, alcuni collocano anche gli affreschi della Chiesa di Santa Maria foris portas di Castelseprio, anche se la loro datazione è molto dibattuta ed oggi sembra propendere per un artista bizantino. Anche dal punto di vista dei contenuti simbolici il ciclo esprimerebbe una visione della religione perfettamente congruente con l'ultima fase del regno longobardo: eliminata, almeno nominalmente, la concezione di Cristo ariana, dove viene ribadita nelle scene dipinte la consustanzialità delle due nature, umana e divina, del Figlio di Dio.

Fonte: Wikipedia

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